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  DA NÔTRE DAME A ENRICO V
di Daniele Timpano, 23.05.2002
RACCE AMNESTICHE
The Rocky horror...
King Crimson

LINÀMI
Ben Watson


IVACE INQUISIZIONE
Da Nôtre Dame a Enrico V
Tristan und Isolde

O EHIUOI
Intervista a Scarlini
Luci e ombre...

 

NÔTRE DAME DE PARIS
regia di Gilles Maheu
di Riccardo Cocciante e Luc Plamondon

Un bel pacco di lusso riempito di merda. Si sente che l'ha scritto Cocciante e non un musicista vero: un po' di canzonette deplorevoli accatastate una dietro l'altra ma gradevoli. Una scenografia vasta e arrogante, una compagnia affiatata, giovane,complessivamente capace etc. ma la sostanza è intimamente mediocre. Venti passi avanti al provincialismo della coppia Garinei-Giovannini comunque, qui troviamo un respiro internazionale, un impianto scenico grandioso, coreografie meno televisive della media italiana…Sempre purtroppo rimanendo nella piena volgarità del melodramma all'Italiana però. Probabilmente la colpa non è nemmeno di Cocciante o dell'autore del testo o del regista, la colpa è nei limiti di un "genere", il musical, che sta ritornando di anno in anno, dopo la troppo breve e lontana stagione delle opere rock, pop e simili (Tommy, Jesus Christ Superstar, Orfeo 9, ecc.), sempre più conformista e vigliacco, sempre più vicino ai Film Disney che alla musica.
Daniele Timpano


ELETTRA
regia di Piero Maccarinelli

Una Elettra sin troppo sentimentale. Un Oreste che è distrutto molto prima che di fronte al fatto compiuto. Una regia che abbatte quanto di Euripideo c'è nel testo di Euripide. Bella la traduzione utilizzata. Mediocre lo spettacolo, a partire dalla locandina, che potrebbe essere la pubblicità di un negozio di oggettistica africana. Meno male il finale, anche quello un po' sentimentale ma molto simpatica ed efficace e -soprattutto- Euripidea l'idea di un Deus ex Machina a pupazzi: Castore e Polluce, due burattini dorati, spuntano dall'alto di una torre cianciando le loro quattro cazzate in playback, inutili e posticci; Elettra li aggredisce e butta via, praticamente strillando loro in faccia "Ma non potevate venire prima? Che venite a fare adesso che non servite a niente?". Bello. La cosa peggiore in assoluto comunque resta lo squallore, la a-musicalità, la banalità pedissequa delle parti corali: praticamente quattro stronze (leggi: malcapitate e maldirette) e una corifea più stronza, a-musicale, banale, squallida e pedissequa di loro (una malcapitata, maldiretta, innocente Leda Negroni) che sfaccendano in scena le miserrime partiturelle fisiche da recita scolastica che il regista ha -con molto cattivo gusto- montato loro addosso. Senz'altro suggestiva e funzionale la scena, con l'unica colpa forse di offrire una limitante prospettiva frontale che assieme al piano luci piuttosto elementare , alla fine era una noia pure quella. Suggestivo anche l'inizio e molto brava Elisabetta Pozzi, soprattutto quando soliloquia (quando parla con gli altri personaggi scade un po' nella sensiblerie). Interessante l'Oreste di Tommaso Ragno, sempre cupo, triste, un po' gobbo. Così così gli altri, grigi e bigi con qualche eccezione.
Daniele Timpano


EDIPO RE
regia di Alessandro Vantini

Banale. Orribile. Lungo. Partiture fisiche da filodramma, mai ironia, mai contrasti, freddezza dall'inizio alla fine spacciata per intensità. Gli attori bighellonano sulla scena quasi sempre in modo casuale, solo il protagonista-regista-traduttore, sebbene a tratti, ci offre almeno un po' di pathos; pathos che evidentemente era l'obiettivo principale dello spettacolino (obiettivo discutibile in partenza che comunque lo spettacolo manca clamorosamente). Musiche dal vivo a metà tra gli stereotipi del classico e Battiato, ostentate come "mediterranee" (pseudo-filologiche, cantate in greco, ecc.) ma poi spunta un violino anacronistico che distrugge tutto. Simpatiche le serio-ridicole micro-coreografie del coro ma più ispirate alle Bangles che alla ritualità di cui si parla nel programma di sala e, come al solito, si capisce troppo bene che il coro parla ma non sa di che sta parlando, soltanto parole parole parole, e nemmeno molto musicali. In sostanza uno spettacolo ( l'ennesimo) che sembra voler programmaticamente dimostrare che i tragici greci è meglio lasciarli sui banchi di scuola o nell'armadio del grecista, uno spettacolo che meriterebbe la pena di morte.
Daniele Timpano & Valentina Cannizzaro


Enrico V
Branagh aveva 27 anni quando girò il suo primo film, Enrico V, ed era già conosciuto a teatro. Ciò non toglie che Enrico V sia orrendo. Qualcuno di voi pensa sia un bel film? L'ho appena rivisto. La prima volta non mi era
piaciuto molto ma pensavo di non essere obiettivo perché avevo visto da poco il bell'Enrico V di L. Olivier. Bene, rivisto oggi senza pregiudizi confermo: banalotto, sempliciotto, nazionalpopolare e un po' squallido. I flashback con
Falstaff in particolare. Il doppiaggio italiano alla Ken il guerriero non aiuta. Tonino Accolla qui, a doppiare Enrico V, non è proprio un granché. Divulgare, semplificare, vuol dire per forza idiotizzare e nullificare?
Daniele Timpano

 


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