Indice 5.1 Introduzione 5.1 Introduzione In tale sezione effettueremo sostanzialmente una disamina ed un confronto dei risultati ottenuti attraverso le diverse metodologie utilizzate. In prima istanza saranno verificati i modelli agli elementi finiti. Successivamente si metteranno in evidenza l'accordarsi dell'andamento dei risultati analitici con quelli sperimentali, ottenuti a partire dal modello molla-massa passando ai modelli più evoluti che mettono in gioco fenomeni (rottura di fibre, delaminazioni, rottura di matrice) di cui il modello di partenza non tiene conto. 5.2 Modello di indentazione: verifica in campo elastico Il primo confronto a cui il nostro modello di indentazione agli elementi finiti può essere sottoposto è quello, in campo elastico, sostenibile con le espressioni Hertz e quelle modificate di Sun, prendendo come riferimento lo schiacciamento nella zona di contatto. I corrispondenti valori di rigidezza valgono:
Abbiamo caricato il nostro provino fino a 3750N con step di 125N (dove ogni step viene percorso attraverso una serie di 5 substeps intermedi) ottenendo i seguenti risultati: Figura V.1. Confronto fra risultati analitici e numerici in campo elastico. Da una prima analisi si nota subito come gli spostamenti ottenuti con la metodologia FEM siano inferiori a quelli ottenuti con le espressioni Hertz. Queste ultime sono delle espressioni ricavate da Hertz per materiali isotropi a contatto, e successivamente riconvertite per i materiali compositi. Inoltre tali ipotesi di applicabilità si rifanno al contatto di un corpo su un piano infinitamente esteso. Stante l'esiguo spessore del nostro provino (2.2mm) si può pensare come esso sia la causa dell'aumento di rigidezza riscontrato. La prova FEM è stata così ripetuta con un provino di spessore maggiore (11mm) in modo tale da ridurre al minimo tale influenza. I risultati così ottenuti meglio si accordano con le espressioni Hertz. Per quanto riguarda il confronto tra i valori di indentazione ottenuto con il valore di rigidezza di contatto introdotto da Sun con quelli precedenti, si nota subito come tali valori di indentazione siano subito inferiori sia a quelli sperimentali che a quelli ottenuti con la rigidezza di Hertz. Figura V.2. Confronto fra i risultati di Hertz e quelli FEM (spessore di 11mm). 5.3 Modello di indentazione: verifica in campo plastico Verificata l'efficienza del modello di indentazione agli elementi finiti in campo elastico, in questa sezione verrà svolto il confronto tra tale modello, in campo plastico, con i risultati sperimentali. Verranno inoltre confrontati con i risultati delle espressioni di Hertz in modo tale da dimostrare come esse siano inadeguate in campo plastico. Come per il campo elastico, abbiamo caricato il nostro provino da 0 a 3750N con step di 125N prendendo come riferimento lo schiacciamento nella zona di contatto. Dall'analisi dei seguenti grafici riportati si nota subito come risultati ottenuti con il modello ad elementi finiti siano molto vicini a quelli ottenuti sperimentalmente. Lo scarico invece avviene con la stessa caratteristica della fase di carico elastica, opportunamente traslata, non essendo intervenuti, all'interno del materiale, danneggiamenti sostanziali. Dall'analisi delle figure riportate in Appendice sulla distribuzione di sforzi e deformazioni, si nota come la zona di influenza dell'impatto abbia una forma troncoconica in accordo con la teoria di Clark. Tale zona poi si espande al crescere del carico incidente. Inoltre si nota come l'estensione della zona plasticizzata sia molto esigua, praticamente confinata nei dintorni della zona di contatto con l'indentatore. Figura V.3. Confronto fra risultati analitici, numerici e analitici 5.4 Modello di flessione: verifica in campo elastico Il primo confronto per il modello di flessione agli elementi finiti, che ricostruisce tutta la piastra e parte dellindentatore, può essere effettuato, in campo elastico, con i risultati ottenuti con il modello Energy-Balance. Il riferimento risulta essere la deflessione della piastra nel suo punto centrale. La risoluzione del nostro problema può essere affrontata con due metodi risolutivi diversi:
Con il metodo standard lineare caricando la struttura si ottiene una
caratteristica carichi-spostamenti perfettamente lineare, comportamento proprio di una
struttura caratterizzata da deformazioni estremamente ridotte. Questo non è lecito nel
nostro caso in quanto al crescere del carico si determina una deformazione non-lineare
apprezzabile della struttura: si è così attivata l'opzione NLGEOM [ANSYS Vol.III] che
tiene appunto conto degli effetti dovuti alle grandi deformazioni.
La rigidezza di taglio e flessione è data dalla pendenza della
tangente riferita all'origine della curva carichi-spostamenti P-w e, decurtando da
quest'ultima tali effetti si ottiene una curva che rappresenta appunto l'incremento di
rigidezza all'aumentare del carico dovuto all'effetto membranale. Tale rigidezza è data
dalla pendenza di tale curva nel piano P-w^3 ove diventa una retta.
In riferimento ai risultati analitici ottenuti con le formule di
Gresczuch, i valori ottenuti con il metodo FEM non se ne discostano di molto. Le medesime
considerazioni possono essere effettuate se confrontiamo i risultati ottenuti introducendo
nel modello Energy-Balance la rigidezza di contatto proposta da Sun, la quale risulta
essere inferiore rispetto alle due precedenti, ma non determina alcuna variazione
apprezzabile della deflessione della piastra.
Figura V.4. Grafico Forza-Spostamento per il modello di flessione. 5.5 Cedimento nel modello di flessione Analizzando i risultati sperimentali di una prova d'impatto, si nota come, al crescere del carico, la pendenza della curva Forza-Spostamento non si mantenga costante. Se infatti aumenti di essa siano da ascrivere all'effetto membranale (che si determina a causa della nascita degli sforzi superficiali), a partire da alti valori di carico si determinino delle diminuzioni, talvolta brusche, di rigidezza. Ciò è sostanzialmente dovuto all'insorgere ed al procedere del danneggiamento in seno al materiale. Tale comportamento può essere ricostruito con la tecnica degli elementi finiti attraverso la procedura descritta nel paragrafo 3.8, la quale permette di introdurre le rotture ( di fibra e matrice) allinterno del materiale. Si nota come le prime rotture di matrice si determinino già a partire da carichi di 1500N, mentre le rotture di fibre si determinano a partire da carichi di 3000N. La zona interessata dal danneggiamento risulta essere quella che si trova sotto la zona d'impatto. Figura V.5. Confronto diagramma Forza-Spostamento sperimentale e FEM con rottura.
INDICE | INTRODUZIONE | CAPITOLO 1 | CAPITOLO 2 | CAPITOLO 3 | CAPITOLO 4 | CAPITOLO 5 | CONCLUSIONI | BIBLIOGRAFIA | RINGRAZIAMENTI |
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