Il Lago Fucino 41 d.C.  

2000 Anni di Storia  

Il prosciugamento del “Lago Fucino” A. D. 2000

Short story di Andrea Cordischi  

   Tra le proposte per l’attuazione di un piano sistematico di opere pubbliche di Giulio Cesare era compreso il prosciugamento del Lago Fucino: vecchio sogno dei Marsi. I Marsi vedevano il Lago Fucino, nei giorni del disgelo primaverile, minaccioso per le acque che convogliavano dalle montagne facendo straripare le sue acque fangose che invadevano campi e paesi. Le aspirazioni dei Marsi ben rispondevano all’utile di Roma, vedendo nelle terre bonificate la possibilità di ovviare alle carestie. La morte di Cesare impedì di attuare il suo programma. I suoi successori - Augusto, Tiberio e Caligola non ritennero di raccogliere quell’eredità, nonostante le ripetute sollecitazioni dei Marsi. E nonostante che ai giorni di Tiberio, a Corte, il marsicano Quinto Nevio Cordo Sutorio Macrone capo dei pretoriani, facesse il buono e cattivo tempo; non fu fatta sua la causa dei Marsi; anche se fu lo stesso Sutorio a far costruire a sue spese l’anfiteatro d’Alba Fucense. A riprendere il progetto cesariano fu il quarto dei dodici Cesari di Svetonio, Claudio, il quale spalleggiato dal capo della sua segreteria Narcisso e dal capo della ragioneria Pallante, ciascuno avrebbe avuto la sua parte per quanto di competenza, espresse la volontà di finanziarlo a spese del suo patrimonio personale. Volendo, infatti, aspirare alla gloria di Cesare e spinto dall’avidità di possedere molta buona terra, che il prosciugamento del Lago Fucino avrebbe dato alle coltivazioni. Conosciuto il progetto a Corte, molti appetiti si scatenarono, ponendo la loro candidatura al finanziamento per l’ottimo affare che il prosciugamento avrebbe costituito. Molte le contrarietà da parte dei delusi aspiranti finanziatori con a capo l’imperatrice Messalina. Nel 41 d.C. i lavori iniziarono e a sovrintendervi fu incaricato Narcisso. Furono impegnati 30 mila schiavi, per un periodo di undici anni, così impiegati: 22.500 gli schiavi e 7.500 i lavoratori liberi tra carpentieri, muratori, fabbri, meccanici, sorveglianti ecc., vi furono molti incidenti gravi e molti i sacrifici delle anonime vite umane che l’iniziativa di Claudio costò. Si è certi che tutti questi schiavi erano accampati nell’ampia zona del Monte Salviano, al termine dei lavori del prosciugamento del Lago Fucino gli schiavi che uscirono salvi fondarono la città di Anxa oggi Avezzano. “”“E’ detto di popolo che, prima, Avezzano si chiamasse Avanzano; cioè avanzo di schiavi occupati nei lavori del traforo attraverso il Monte Salviano””” (da Malvino, Malvezio e Florinella (Romanzo) Editrice Stampa d’Oggi - Roma). L’inaugurazione dell’emissario avvenne nell’estate del 52 d.C. Tutta la narrazione dell’avvenimento c’è stata tramandata da Suetonio e Tacito. Da tutta la Marsica, dal Lazio e da Roma, folla di gente venne ad assistere alla naumachia - che era in programma nelle manifestazioni. Conclusasi la naumachia, si aprirono le cateratte che chiudevano l’imbocco dell’emissario. Non si è a conoscenza se fosse prevista la permanenza nel bacino di una parte delle acque, o fu un difetto di progettazione. Il giorno della seconda inaugurazione, le cateratte furono aperte le acque invasero il bacino per incanalarsi nel cunicolo. Sebbene l’emissario Claudiano fosse stato oggetto di giusta ammirazione, per mancanza di manutenzione si ostruì. La storia non fa più menzione del Lago di Fucino. Anche se nel 114/115 d.C. Traiano volesse perfezionare l’opera di Claudio, limitandosi allo spurgo del canale scoperto e della galleria sotterranea. Nessuna traccia rileva questi lavori, anche se ne deriva certezza da iscrizioni trovate verso la fine del secolo XVI/XVII nella Chiesa di S. Bartolomeo di Avezzano. Lapide andata persa, illustrata dal Febonio e dal Faretti. Si è certi che lo scolo delle acque del Fucino durò fino al VI secolo d.C.. Il Lago Fucino iniziò di nuovo con le sue decrescenze e escrescenze mettendo sempre in ansia tutti gli abitanti dei paesi posti sulle sue sponde: Luco, Marruvium, (San Benedetto) Ortucchio. Il precursore del prosciugamento del Lago Fucino del secolo scorso è a buon diritto l’abate don Giuseppe Lolli. Il suo impegno nella questione del prosciugamento del Lago Fucino fu vivissimo e forte, spendendoci, oltre alla sua opera, una sua modesta fortuna. Dal 1783 al 1793 il Lago era rimasto stazionario, nel 1816 aveva ricominciato ad aumentare. I Marsi erano piombati più che mai nella desolazione e nella miseria per le continue escrescenze del Lago, che nel 1816 aveva raggiunto l’altezza di metri 6,083 sopra il livello che occupavano le acque nel principio dell’escrescenza al finire dell’ultimo secolo. In data 2 Giugno 1853, vene costituita una Società con l’intendo di stipulare il contratto con le condizioni per il prosciugamento del Lago Fucino e la relativa concessione. Società di cui era possessore della metà delle Azioni il Principe Alessandro Torlonia. Il Decreto d’approvazione portava la data 15 Febbraio 1854; in questo stesso anno si diede il via ai lavori che risultarono non privi di difficoltà: sia per le cattive condizioni del contratto, sia per le enormi spese che cominciava ad assorbire il lavoro, così la Società si trovò presto ridotta in gravi condizioni. Il prosciugamento del Lago Fucino, iniziato nell’anno 1854, fu compiuto nell’anno 1876, dopo 22 anni di lavoro, con un costo di oltre 30 milioni. Vi hanno ben lavorato fino a 4 mila operai al giorno. I paesi che facevano cornice a questo immenso Lago Fucino erano: Avezzano, S. Pelino, Paterno, Celano, Aielli, Cerchio, Pescina, Marruvium, (Oggi S. Benedetto), Ortucchio, Trasacco e Luco. L’anno 2000 vede la Conca del prosciugato Lago Fucino grande fonte di benessere per tutta la Marsica. La grande attività agricola industriale che si è sviluppata; la cartiera; lo zuccherificio; l’impianto della Stazione “Telespazio del Fucino”, che ha portato tecnici da tutto il mondo; le varie fabbriche sul territorio che hanno prodotto uno sviluppo economico molto rilevante; l’autostrada A/24-A25 che ha consentito rapidi collegamenti con la Marsica e tra Roma-Pescara, permettendo facili spostamenti per poter raggiungere il “Parco Nazionale d’Abruzzo” e il “Parco Velino Sirente” incrementando così il turismo, stanno riscattando tutti i sacrifici dei nostri antenati. Tutti i paesi del circondario hanno preso sembianze cittadine permettendo ogni tipo di richiesta sul territorio.

         Andrea Cordischi  

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