Un’idea per la domenica 

Scopriamo Pescina dei Marsi Patria di Mazzarino e Silone

di Livio Jannattoni

 Domenica 24 Agosto 1986 - ROMA METROPOLI - CRONACA - PAESE SERA

La VALLE dell’aniene ci accompagna radiosa, a lungo, ma a Carsoli abbiamo già passato il confine abruzzese, e scendiamo verso la Marsica. Tanto sole, sempre, in accompagno ai grandi colori della stagione. Viaggiamo in treno, ma l’autostrada Sulmona-Pescara sembra non voglia discostarsi di molto dal tracciato dei binari. Li segue ed insegue, li soprapassa con incredibili viadotti, se ne discosta nei pressi di Tagliacozzo per riprendere ad affiancarsi a loro sotto Avezzano, in vista della impressionando distesa del Fucino, segnata dagli impianti avveniristici di Telespazio. La piana del Fucino fu lago fino a poco più un secolo fa. Un lago che aveva dato sempre guai, fra decrescenze e inondazioni non riuscendo mai a far defluire regolarmente le proprie acque. Claudio imperatore (52 d.C.) aveva provveduto a far scavare nella roccia un emissario che ovviasse all’inconveniente, ma l’abbandono che seguì alla caduta dell’Impero fece ritornare tutto come prima. Finché a metà del secolo scorso non si decise di finirla veramente con l’indomabile lago. Un emissario, si, ma per vuotarlo del tutto e fare del suo alveo bonificato uno sconfinato produttivo. Si iniziò nel 1854, quando il,territorio apparteneva ancora al Regno delle due Sicilie. L’impresa venne lasciata ai privati, e Alessandro Torlonia finì per accollarsene interamente l’onere. Una lotta di oltre vent’anni. Fatica, lavoro, e uno straordinario impegno finanziario. Tanto da far passare in proverbio il minaccioso detto allora corrente: “Il principe Torlonia vuole prosciugare il Fucino, ma il Fucino prosciugherà lui”. Si terminò invece, felicemente nel 1876. Quando il Fucino era entrato da tempo a far parte del territorio italiano. L’impresa quasi epica, verrà tramandata oralmente dalle popolazioni locali alle generazioni future, mentre Torlonia provvederà a consegnarla ai posteri attraverso due monumentali volumi, divenuti ormai di eccezionali rarità. Quanto a lui, don Alessandro, oltre a ricavarne un’aureola di celebrità, e perfino un Principato del Fucino, entrò in possesso di tutta la terra liberata dalle acque, salvo pochi lembi lasciati ai Comuni limitrofi. Quanta ne rientrava cioè nell’anello stradale di 52 Km, tracciato tutto attorno alle ex sponde. Non furono certamente tutte rose i rapporti dei lavoratori, dei contadini di quella terra, con la proprietà Torlonia. Ignazio Silone, marsicano purosangue e moderno cantore in prosa della sua terra, porterà con se per tutta la vita la memoria dolorosa di quei conflitti, acuiti sotto il regime fascista, dei quali anche suo padre era stato protagonista. E il feudo Torlonia cesserà di esistere soltanto nel 1951, con l’entrata in vigore della Riforma Agraria. Era nato a Pescina, Silone, il 1° Maggio del 1900, ma all’anagrafe figurava come Secondo Tranquilli. Sceglierà quello pseudonimo in ricordo di Poppedius Silo, capo della resistenza dei Marsi nella guerra sociale contro Roma. E vi aggiungerà poi il nome di Ignazio, alfine chiarirà lo scrittore stesso, “di battezzare il cognome pagano”. Pescina dei Marsi è servita da una stazione ferroviaria, e dà pure nome ad uno svincolo di quella autostrada. A 735 metri di altezza, si trova in posizione leggermente arretrata rispetto alle sponde dello scomparso lago, verso il quale continua tuttavia ad essere raccordata dalle acque del fiume Giovenco. Arrivando dall’alto rivela subito la sua duplice fisionomia urbana. Prima e dopo il terribile terremoto del 1915, che proprio dalla Marsica e da Avezzano doveva prendere nome. La parte vecchia è in gran parte in abbandono, sotto i ruderi del Castello. Case, chiese, edifici civili. Proprio qui invece, si ritrovano l’alfa e l’omega di certa notorietà pescinese. Innanzitutto la casa natale di Giulio Mazzarino (1602/1661), il potente cardinale che diresse la politica della Francia succedendo a Richelieu. Ne resta soltanto una aggraziata soggetta a bifore, mentre una indovinata iniziativa italo-francese ha fatto sorgere accanto una nuova casa museo dalle dignitose quanto robuste linee. A pochi passi, inoltre, sono sepolti i resti mortali di Ignazio Silone   (morto a Ginevra il 22 Agosto1978). Secondo precise disposizioni testamentarie, volle che proprio qui, “ai piedi del campanile della chiesa, ora abbandonata, di S. Berardo, venissero sotterrate le sue ceneri. Senza alcuna epigrafe. “Basterà una pietra della montagna con nome e cognome; sul muro accanto  una piccola croce”. Tutto esaudito. E da lì lo scrittore sembra ancora vigilare, con gli occhi dei suoi protagonisti sulla ideale Fontamara, titolo e scenario del suo primo romanzo. Un villaggio senz’altro marsicano, “fabbricato” col materiale dei suoi “amari ricordi e dell’immaginazione”. Non si farà certamente torto al nome e alla memoria di lui, e di Mazzarino, se, sospinti anche dalla gran calura e una volta attraversata la città nuova andremo a rifugiarci sotto le grandi ali di cemento dell’ Hotel – Ristorante “Valle del Giovenco” (Tel.0863-81187 e 82191). Un’insegna che il pescinese Emmo Angelone ha fatto sua da quindici anni. E dal ricco repertorio di cucina, merito soprattutto della moglie signora Anna Maria, si scopre con ogni evidenza una cucina marsicana, che si affianca e al tempo stesso si differenzia da quella tipica abruzzese. Accanto alle fettuccine con i funghi porcini, o gli spaghetti con tartufo nero, troviamo così i piatti “poveri” di un tempo. Pasta e fagioli, e per pasta si intendono i “quagliatelli”, specie di maltagliati acqua e farina senza uovo. O le “sagne”, pappardelle al basilico e pomodoro fresco, e i Fusilli al cartoccio, gli Gnocchetti fatti in casa con ceci. Non mancano le normali paste e minestroni. Quanto ai “secondi”, l’intonazione è in “maggiore”. Bistecche straordinarie, Agnello locale, alla brace o in crosta, Funghi porcini. Il pesce da Pescara, mercoledì e venerdì. Verdure e frutta locali. Gelato di produzione propria. E una prodigiosa carta dei vini, concordata con un’altra ventina di locali abruzzesi e molisani, e impeccabilmente stampata. Da parte mia, ho goduto molto un Trebbiano d’Abruzzo DOC, Bianco della Quercia, della Vinicola Casacanditella. Splendido vino, dal sapore lievemente acidulo e appena frizzante. Potrebbe dare parecchio filo da torcere alla concorrenza.Ne resta soltanto una aggraziata soggetta a bifore, mentre una indovinata iniziativa italo-francese ha fatto sorgere accanto una nuova casa museo dalle dignitose quanto robuste linee. A pochi passi, inoltre, sono sepolti i resti mortali di Silone (morto a Ginevra nel 1978). Secondo precise disposizioni testamentarie, volle che proprio qui, “ai piedi del campanile della chiesa, ora abbandonata, di S. Berardo”, venissero sotterrate le sue ceneri. Senza alcuna epigrafe. “Basterà una pietra della montagna con nome e cognome; sul muro accanto una piccola croce”. Tutto esaudito. E da lì lo scrittore sembra ancora vigilare, con gli occhi dei suoi protagonisti sulla ideale Fontamara, titolo e scenario del suo primo romanzo. Un villaggio senz’altro marsicano, “fabbricato” col materiale dei suoi “amari ricordi e dell’immaginazione”. Non si farà certamente torto al nome e alla memoria di lui, e di Mazzarino, se, sospinti anche dalla gran calura e una volta attraversata la città nuova andremo a rifugiarci sotto le grandi ali di cemento dell’ Hotel – Ristorante “Valle del Giovenco” (Tel.0863-81187 e 82191). Un’insegna che il pescinese Emmo Angelone ha fatto sua da quindici anni. E dal ricco repertorio di cucina, merito soprattutto della moglie signora Anna Maria, si scopre con ogni evidenza una cucina marsicano, che si affianca e al tempo stesso si differenzia da quella tipica abruzzese. Accanto alle fettuccine con i funghi porcini, o gli spaghetti con tartufo nero, troviamo così i piatti “poveri” di un tempo. Pasta e fagioli, e per pasta si intendono i “quagliatelli”, specie di maltagliati acqua e farina senza uovo. O le “sagne”, pappardelle al basilico e pomodoro fresco, e i Fusilli al cartoccio, gli gnocchetti fatti in casa con ceci. Non mancano le normali paste e minestroni. Quanto ai “secondi”, l’intonazione è in “maggiore”. Bistecche straordinarie, Agnello locale, alla brace o in crosta, Funghi porcini. Il pesce da Pescara, mercoledì e venerdì. Verdure e frutta locali. Gelato di produzione propria. E una prodigiosa carta dei vini, concordata con un’altra ventina di locali abruzzesi e molisani, e impeccabilmente stampata. Da parte mia, ho goduto molto un Trebbiano d’Abruzzo DOC, Bianco della Quercia, della Vinicola Casacanditella. Splendido vino, dal sapore lievemente acidulo e appena frizzante. Potrebbe dare parecchio filo da  torcere alla concorrenza.

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