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  Aridatece Pelagalli


 

Dino Viola, Cartoline dal paradiso

di Maurizio Catalani - Ott. 1998

Quando ho chiesto a Maurizio Catalani di trovare un nome alla rubrica che volevo affidargli, mi ha risposto secco: «Aridatece Pelagalli». Gli ho chiesto di spiegarlo, a me e ai lettori.
Ma la sua prolissa spiegazione avrebbe impedito la pubblicazione del suo primo pezzo. Così siamo costretti a metterla all'interno delle pagine della posta. Daniele Lo Monaco «Cosa pensi?». «Chi è... chi parla?». «Non riconosci più neanche la mia voce... Il tempo passa e si dimenticano gli amori...». «Ma chi è? E' uno scherzo...». «Ma no... sono io. Guardavi la foto e ho deciso di parlare...». Mi sentii come don Camillo. Ero lì ad osservare la foto dei miei ragazzi dell'82, quella grossa attaccata all'ingresso di casa, quando all' improvviso una voce... inconfondibile direi. «Ingegnè, ma è proprio lei?». «Sono io Maurizio...sono io». «Madonna mia presidente, un altro po' ci rimango. Ma non poteva avvisarmi?». «Qui le poste sono come in Italia, caro mio, non funzionano». «Violese?». «No, ho smesso. Qui non ce n'è bisogno, le bugie sono costretti a dirle solo al piano di sotto». «Senatò... ma la vede la Roma? Ce l'avete il televisore o state messi come nella pubblicità della Lavazza e vi trasmettono solo le partite di venti anni prima?». «No, no...siamo indietro solo di tre anni». «Allora si è salvato da Carlos Bianchi!». «Ne ho sentito parlare, sai da chi? Da Fabione, ci fa sempre fare un sacco di risate». «Eh già, lui è arrivato da poco... che le ha detto?». «Mi ha detto: "a dottò, visto che s'è dato 'na sarvata, startranno nun le veda 'e partite de a Roma, ce sta 'n argentino che è peggio dun lazziale". Ma è vero?». «E' vero ingegnè, è vero, c'ha pure detto di andare ar cinema e non allo stadio se ci volevamo divertire...». «E voi?». «Presidè... tutti allo stadio, sa come siamo fatti noi romanisti». «Come vanno adesso le cose?». «Debbo dirle che le passeggiate che mi faceva fare sotto braccio a Trigoria me le sono scordate da un pezzo...». «Perché il nuovo presidente non passeggia con te come facevo io?». «Lo farà pure senatò, ma non con me. Non c'ho la camicia coi baffi...». «Questo è violese... Maurizio da te non me lo aspettavo...». «Eh presidente mio, anche io non mi aspettavo un sacco di cose, eppure accadono, belle e brutte...». «Dimmi le belle». «...». «Beh? Che è questo silenzio? Va bene, ti conosco, passa alle brutte...». «Ma no senato' , né belle e né brutte... mediocri, così così... nulla di trascendentale». «Ti lamenti perché la Lazio è forte? Mi meraviglio di te. E' la Lazio, i deboli di natura, non danno mai più di tanto fastidio...».
«Grande ingegnè! Me le ero dimenticate le sue frasi famose... e poi sa che mi ricordo? Dopo Roma-Juve persa in casa 2 ad 1, l'anno dello scudetto per intenderci, la sua faccia dentro agli spogliatoi...». «Come era?». «Lei mi sorrise ed io le dissi: beato lei che ride presidente...». «E cosa ti risposi?». «Rido perché penso che dopo avere vinto questa partita ci rimarranno ancora più male quando perderanno lo scudetto. Sarà più bello battere gli uomini e le loro illusioni». «Bella frase mi faccio i complimenti da solo». «Ma lì chi frequenta?». «Qualche vecchio lupetto e qualche nuova amicizia. Gioco spesso a carte con il vecchio "Fuffo", Bernardini intendo, ma con lui è dura vincere anche a tresette». «Presidente ma lì è arrivata la storia del doping?». «Sono arrivate le prove e le provette, ma ai piani inferiori». «Cioé?». «Le hanno fatte sparire, le hanno mandate all'inferno». «C'era pure il suo vecchio Lipopill?». «Quello me lo porterà il pugliese...». «Violese?». «No, solo vecchi ricordi di uomini che sconfitti a fatti e parole, da chi pur essendo solo contro tutti era più bravo e più furbo di loro, hanno usato mezzucci infami per fregarti».
«Senato', ha senito parlare del boemo?». «Quello della Lazio che è passato alla Roma? Certo sono lontani i tempi di Manfredonia... lì me l'avete fatta pagare....». «Ingegnere, ma che cos'è che non le piace della Roma di oggi?» «Chi è grande pensa in grande. Se poi pensi di essere grande e ti comporti da piccolo, sei piccolo. La mia Roma era piccola, ma quanto era grande... Sai cosa altro aveva la mia Roma? Era Roma, la capitale e Roma è nata per vincere. Quanta superbia c'era sotto i colli e quanto gli seccava ai Savoia pensare che era più importante un tacco di Falcao, una bomba di Agostino, un dribbling di Conti o la testa di Pruzzo, più di due parole di Agnelli o di un sorriso ironico del vecchio Boniperti». «Presidé, che mi dice del 4-3-3 ?!». «E' un tram?». «No... è un modulo tattico...». «Non so...comunque ricomprerei sempre Cerezo». «Si ricorda quando ce l'avevano con lei? Le dicevano che era tirchio...». «Bravo! Questo è proprio il caso mio: il peggio non è mai morto».
«Certo ingegnè che dai suoi tempi non si è vinto più nulla». «Cesare aveva buone legioni, Maurizio, ma le legioni avevano Cesare». «Ingegnè mi scusi la domanda forse inopportuna... ma dove sta?». «Dove vuole che sia Maurizio, dove vanno tutti...».
«Presidè... Inferno, Purgatorio o Paradiso?». «Non sei cambiato, sei il solito ragazzino...». «Presidè, quale ragazzino... ho svoltato 'na quaranta...». «Sarai pure cresciuto, ma ancora dici stupidaggini: è chiaro, Paradiso». «Perché in vita è stato buono...?». «No, no. Perché so' della Roma».

 


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