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Ti amo caro vecchio Commando

di Maurizio Catalani - Nov. 1999

Belli quegli Anni ottanta. Di porta ombrelli ne avevamo già due in casa, di scudetti uno e mezzo (chi lo scorda Turone) e giorni prima avevamo anche incamerato un allora "triste" terzo posto. Nulla mancava al cuore giallo-rosso... se non un solo piccolo impianto... la Lazio. Il cielo bianco-azzurro vagava per le praterie del limbo alla ricerca di un qualsiasi Caronte che la traghettasse in paradiso e la provincia puzzava di B da fare schifo. Eppure negli anni migliori qualcuno sentiva l'assenza di derby. Nulla da eccepire, c'è della magia in quella partita. Duri gli schieramenti: da una parte i nostalgici del tipo "...mo' se stavano in A li tritavamo... me manca il derby... te l'ho da dì...". Dall'altra i fautori del... "chisseli incula hanno da morì in promozione". Non nego e mai negherò la mia appartenenza al secondo schieramento. Quel 23 ottobre dell'83, volenti o no, tornava il derby e sfiga delle sfighe eravamo anche ospiti dell'odiato burino. I ragazzi iniziarono a pensarci almeno un mese e mezzo prima.Vittorio, Grazia, Franco, Roberto, Massimo, Gabriele, Luca, Stefano e quant'altri non ci dormivano la notte. Si voleva fare metà curva gialla e metà rossa con cartoncini bicolori che avrebbero continuamente a comando cambiato il colore della curva. Un'idea per carità, ma non bastava. Serve una scritta, si osservò, ma qualcuno annuiva non estremamente convinto. "Servono cinque lettere e basta, non servono mille parole per dire a qualcuno che l'ami". Era giusto così, non serve pensare o scrivere molto per dire Ti amo. Si iniziò a lavorare.
Arrivarono i primi impedimenti. La polizia per motivi di sicurezza legati a possibili incendi vietava l'ingresso di tanta carta nella curva. Era di lunedì e ne faceva 17 quell'ottobre. "Cazzo che si fa adesso, osservava qualcuno, il tempo stringe e che ci inventiamo?". "Calma ragioniamoci sopra e torniamo a lavorare". Era martedì pomeriggio e di soldi non ce ne erano moltissimi. 1200 mq di stoffa formata da 900 pezzi da incollare tra di loro, non sono pochissimi. Era arrivato il pomeriggio del sabato precedente la partita. Quattro i giorni e quattro le notti per incollare. Adesso bisognava svolgerlo e capire se la scritta era ben composta. Cerca un prato grande, una villa di amici e vai. La notte corre in certi casi, e l'interruzione per lo "spago" ci stava tutta. A tre ore scarse dall'alba tutti a dormire (chi ci riusciva), appuntamento domani alle nove fuori casa nostra... la vecchia cara curva sud. I ragazzi volevano ricontrollare, fremevano, ma fu vietato dall'allora padrone italo-americano la possibilità di svolgerlo in campo. Tutti fuori e pezzo per pezzo tornava l'amore giallo-rosso.
Quanti insulti e quanti cori in quella partita. Uno striscione cattivo in nord ed un applauso dalla sud. Schiumavano i nordisti e non capivano il perchŽ di tanta distaccata signorilità. Due cori "campioni... campioni" ed un solo striscione di risposta del popolo della sud: "La nostra certezza è grande come la vostra illusione". Erano sempre più incazzati e noi sempre più con le mani rosse ad applaudirli con ironia. Ai tempi scoccava l'ingresso preciso: ore 14.25. La nord agitava bandiere dai tristi colori e grida di gioia che sembrava paura. "Ago" faceva spuntare dal tunnel i suoi calzettoni rosso cuore e piano piano sfilava i muscoli fino a mostrare la fascia di capitano. Era il segnale. Lento saliva il bianco della stoffa ed il rosso della scritta: cinque lettere una storia solo lunga una vita... "Ti Amo". Per parecchi secondi lo stadio si mostrò muto anche alle nostre ossa. Qualcuno dei ragazzi muniti di scarpini sul prato verde dello stadio alzò il naso e di gomito in gomito passò parola. L'applauso del popolo giallo-rosso si confondeva con quello dei nostri giocatori. La partita al novantesimo segnava sul tabellone il nostro zero a due, ma forse per la "storia" era stata già vinta pochi secondi prima del fischio di inizio.
Tutto qui, nulla più. Ciao caro Commando, ti sei fatto vecchio e non è più tempo che qualcuno osservi con rispetto le tradizioni. Avanti gli altri, ci facciano sapere, se hanno qualcoda da dire o cento cose da fare. Non ci interessa neanche conoscere il come od il perchŽ. Io scavalcai quello stadio la prima volta nella mezza stagione del 1949 e non ne sono più uscito. Forse mi ci sposteranno da morto, ma a me, ai vecchi, alle nuove leve fresche e baldanzose sicuramente sopravviveranno quelle cinque lettere e le ha scritte un gruppo di ragzzi del 77: "Commando Ultrà Curva Sud" e questo sarà difficile che qualcuno lo possa cancellare. Tanto era da me dovuto, saluti cari ed estranei come prima... Zeman escluso.

 


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