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di David Rossi - Apr. 2001

Parlare dei potenti è sempre abbastanza complicato. Si corre il rischio di essere troppo cattivi per ostentare la propria onestà intellettuale, oppure di essere troppo teneri nella speranza che un giorno qualcuno si ricordi della tua benevolenza. Nel caso di rosso&giallo questo rischio non si corre, dato il passato fatto di contrasti, piccole battaglie e critiche scomode puntualmente pubblicate. Quindi è con grande serenità che possiamo permetterci un commento sui recenti propositi di abbandono del presidente della Roma Franco Sensi. "Vinco e me ne vado" ha detto il numero uno di Trigoria. Fino a qualche anno fa una frase del genere avrebbe reso felici gran parte dei tifosi romanisti. Per anni gli sforzi del presidente marchigiano si sono risolti in cocenti delusioni e in tanti hanno sperato in un passaggio di consegne tra lui e un Berlusconi de' noantri che con la bacchetta magica risolvesse gli atavici problemi della società che fu di Viola. Era facile allora commentare con un "meno male!", come sarebbe facile commentare adesso con un "ma no presidente, resti con noi", sulla scorta della fantastica stagione fin qui condotta da Totti e compagni, delle scelte di mercato importanti operate negli ultimissimi anni, dello sbarco in Borsa che ha conferito alla società visibilità sui mercati finanziari e un'impressione di potenza sul piano della politica calcistica.
È probabilmente più giusto andare oltre le contingenze storiche per esprimere un giudizio sulla spinosa alternativa: meglio un presidente alla Sensi con i suoi pro e contro o una multinazionale con tutto quello che ne consegue? La Roma ha sempre avuto un'identità ben precisa, fatta di passione, spesso di sofferenza per mancanza di risultati, ma comunque basata sul forte senso di appartenenza della squadra alla propria tifoseria. La figura del presidente è sempre stata emblematica, nel bene e nel male e spesso ha rappresentato il punto di riferimento delle invettive o dell'affetto più grande dei tifosi. Solo per ricordare la storia recente basta pensare alle disavventure di Anzalone o alle vittorie di Dino Viola, ottenute dopo tantissime battaglie. Nel caso di Sensi, l'amore tra lui e la tifoseria non è mai sbocciato completamente, un po' per una non grandissima capacità comunicativa dell'ex sindaco di Visso, un po' per la sua testardaggine nel voler fare tutto da solo senza avvalersi dell'aiuto di collaboratori capaci, un po' per presuntuose affermazioni del tipo: "Dove lo trovate uno meglio di me?". L'alternativa che ci verrebbe posta, nel caso di acquisto della Roma da parte di una multinazionale o comunque di un gruppo imprenditoriale di prestigio, sarebbe costituita da un oscuro gruppo di manager pagati dagli azionisti, che sicuramente farebbero faville a suon di comunicati stampa. Non impiegherebbero degli anni per attuare strategie faraoniche per il calciomercato e si occuperebbero con profitto della diffusione dell'immagine vincente della squadra e della società nel mondo, non solo calcistico.
Però... però non potrebbero essere contestati direttamente in caso di sconfitte brucianti, magari i tifosi avrebbero a che fare con un portavoce del Consiglio d'amministrazione. Nessuno sarebbe imitato da Teocoli in maniera così esilarante da farci cadere dalle poltrone e a nessuno riuscirebbe più a mettere insieme una rima per un coretto da stadio. Infine, i tifosi non avrebbero più la possibilità di identificare una vittoria con un uomo al comando, un ciclo col nome di un presidente. Probabilmente anche ai più accaniti detrattori di Sensi non suonerebbe benissimo "l'era Coca-Cola" o "l'era Nestlè". Dopo aver preso in giro per anni gli juventini schiavi della Fiat e i laziali trattati come litri di latte da Cragnotti, il boomerang sarebbe terribile. Conclusione? Per il futuro immediato non ci sono cambiamenti bruschi in vista, questa stagione, comunque vada a finire, avrà la firma di Franco Sensi accanto a quella di Capello, Totti, Batistuta e via dicendo. Quando l'età gli consiglierà di passare la mano, Sensi deciderà se dopo la Borsa la Roma dovrà trasformarsi ancora e diventare la costola di qualche organizzazione multistrutturata. Oppure trovare l'ennesimo ricco scemo (nel senso più benevolo dell'espressione) che avrà voglia di spendere soldi, tempo e pazienza nella ricerca di un sogno mai realizzato da nessuno: vivere una vita tranquilla da presidente rossogiallo.

 


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