" Lungo i sentieri della follia"

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Storia della Psichiatria

L’era moderna

Neuropsichiatria

Sebbene l’era moderna abbia inizio, in un certo senso, nel 1858 e 1859 con le opere di Virchow e Darwin, la medicina aveva già cominciato ad utilizzare i principi della fisica e della chimica nei due decenni precedenti.

Avvenimenti significativi furono: la legge di conservazione dell’energia nella materia, l’isolamento delle componenti principali della molecola proteinica, la descrizione della struttura dell’ovocellula umana e dello sviluppo del midollo spinale, la teoria batterica delle malattie; in questo periodo furono accuratamente descritte sindromi e malattie che ancora oggi portano i nomi dei loro scopritori.

Wilhelm Greisinger (1817- 1868) scrisse un trattato di psichiatria e uno sulle malattie infettive e molti importanti articoli sulla diagnosi e terapia psichiatrica; era particolarmente attento ai rapporti significativi tra fenomeni anatomici e psicologici e compì ricerche nel campo della neurofisiologia. Egli riteneva che la sua missione fosse di liberare la psichiatria tedesca dalle speculazioni dei romantici. Ci furono dimostrazioni concrete d’alienazione mentale dovuta a cause organiche o a lesioni cerebrali. La domanda comune era: quale organo deve essere necessariamente e invariabilmente ammalato perché si abbia la pazzia?

Greisinger riteneva comunque che tutte le malattie mentali fossero dovute ad un’azione diretta o indiretta sulle cellule cerebrali. È però riduttivo dire che la sua psichiatria sia senza psicologia; si occupò, infatti, del concetto di "me" e compì osservazioni sui sogni, comprendendo che l’appagamento del desiderio era fondamentale sia per i sintomi mentali che per i sogni; per l’individuo afflitto da disturbi fisici o mentali, il sogno realizza ciò che la realtà ha rifiutato. Diceva che, nella malattia mentale, il problema dell’individuo era strettamente correlato alla sua perdita d’amor proprio e al suo estraniamento da se stesso. Fece notare che il senso di colpa era di gran lunga più importante dell’effetto fisico diretto. Nell’approccio terapeutico, Greisinger condannava qualsiasi misura inumana, appoggiava l’uso di bagni sedativi e narcotici per alleviare gli stati d’eccitazione, sosteneva che l’attività occupazionale fosse spesso essenziale per la guarigione del paziente, e che l’attività cerebrale potesse essere modificata efficacemente. Egli tentava di correlare la terapia psicologica con quella fisica, affermando che i metodi terapeutici psicologici e fisici meritavano la stessa attenzione. Si rese conto che lo psichiatra doveva tentare di rinvigorire le funzioni integrative precedentemente sane della personalità. Forse il più importante contributo di Greisinger alla psichiatria non consisteva in profonde teorie psicologiche, ma nel rafforzare la speranza che la psicologia sarebbe alla fine diventata una solida disciplina fondata su basi scientifiche, in modo che la psichiatria potesse stare alla pari con le altre specializzazioni mediche.

Ormai i viaggi e i mezzi di comunicazione erano migliorati al punto che gli scienziati di tutto il mondo potevano mettersi in contatto quasi immediatamente fra di loro, e venivano pubblicate delle riviste che descrivevano gli esperimenti effettuati in tutti i campi della medicina; la ricerca non era solo incoraggiata, ma anche finanziata dalle nazioni potenti che gareggiavano per la supremazia scientifica. Così vennero compiute scoperte nel campo della neurofisiologia sperimentale: con l’elettrostimolazione del cervello dei cani si scoprì che la stimolazione di una parte del cervello produce il movimento in una parte del corpo del lato opposto; si scoprì che il lobo temporale comprendeva l’area della parola, delineata precisamente da Paul Broca (1857-1880); si dimostrò che un nervo tagliato muore, ma solo per la parte separata dal corpo cellulare; i nuovi metodi di colorazione portarono a formulare il concetto di neurone, l’unità strutturale del tessuto nervoso; molte teorie psicologiche si basarono sul concetto di “riflesso condizionato”; si arrivò ad una classificazione dei tipi di personalità basata sul modo in cui gli individui reagiscono a stimoli irritanti, con atteggiamenti di reazione definiti quali “malinconia”, ”collera”, ”flemma”; ci si rese conto dell’inutilità della stimolazione elettrica nelle terapie, dato che non garantiva risultati duraturi.

Si postulò che tutte le malattie mentali fossero causate da una patologia cerebrale; gli stati della demenza senile furono studiati con accurati metodi istologici e fu dimostrata la presenza di ben definite lesioni. Importanti ricercatori in questo campo furono Alois Alzheimer (1864-1924) e Arnold Pick (1825-1924), che trovarono condizioni istologiche simili in alcuni pazienti precocemente senili; si tennero inoltre accurati studi sull’epilessia e si spiegarono molte delle sue principali manifestazioni. Grande era il fermento in tutte le branche della medicina.

I neurologi stavano raggruppando i sintomi neurologici in sindromi e infine in malattie; i neuropatologi localizzavano le lesioni per spiegare questi fenomeni clinici; e i neuropsichiatri, debitamente impressionati, cominciavano ad applicare principi analoghi allo studio del comportamento. Si parlò di “complessi sintomatici”, ”ciclotimia" (alternarsi di stati di depressione e d’euforia) e “catatonia”.

Altra pietra miliare nel progresso della medicina fu l’opera di Jean Baptiste Lamarck (1744-1829): in “Filosofia zoologica” (1809), si affermava che un mutamento nella funzione di un organo trasforma la sua struttura, e che questa modificazione sarà trasmessa alla generazione successiva. A seguito di tale affermazione i medici cominciarono a studiare la vita emotiva dei genitori dei pazienti e conclusero che effettivamente particolari individui soffrivano di una malattia ereditaria. Nonostante tutto ciò, la convinzione in voga fin dall’epoca illuminista, che pazienti malati di psicosi maniaco-depressiva o di demenza precoce fossero degli incurabili, rimase immutata. E per la società, una volta che una persona era classificata con una di queste etichette, diventava un numero in attesa del fatale esito del deterioramento.

Sviluppi psicologici.

Durante la seconda metà del XIX secolo, la filosofia e la letteratura diedero forte impulso ai progressi in psicologia. Stendhal, Flaubert, Balzac, Maupassant, Dostoevskij, Shaw, Ibsen seppero penetrare meglio dei medici stessi nelle problematiche psicologiche. Herbart, Lotze, Fechner, Herbert Spencer, Schopenhauer e Nietzsche contribuirono a creare un clima intellettuale in cui fu possibile un importante lavoro psicologico. In questo clima avvennero le conquiste delle scienze naturali e l’avviamento di forme di psicoterapia fino ad allora sconosciute.

Gustav Theodor Fechner (1801-1887) fu il primo psicologo ad affrontare il problema cruciale del rapporto tra lo stimolo fisico esterno e le risultanti sensazioni ottiche, acustiche o tattili provate soggettivamente. Fechner divenne pioniere della trasformazione della psicologia in una scienza naturale. Cercava di stabilire il rapporto fra lo stimolo sensoriale fisico e la risultante sensazione psicologica.

Jean Martin Charcot (1825-1893) si occupò di un vasto gruppo eterogeneo di pazienti che non poteva essere classificato in nessuna delle categorie cliniche tradizionali.

Egli classificò i malati di questo gruppo come malati d’isteria o di nevrosi; essi comprendevano casi d’attacchi isterici, paralisi isteriche, mancanza di sensazione del tatto, spasmi muscolari, certe coree (malattie che provocano malattie incontrollabili degli arti), mutismo, balbuzie ed astasia-abasia (incapacità di stare ritti e di camminare in modo coordinato). Classificò come isterici anche coloro che soffrivano d’anoressia mentale (disturbo maligno dell’appetito), di disturbi nervosi dello stomaco o d’incontinenza grave. Le sue osservazioni su costoro destarono interesse per il ruolo che i fattori psicologici hanno nei disordini psichiatrici e anche in alcune malattie croniche; tuttavia Charcot aveva solo un interesse limitato per la psicologia ed era convinto che l’isteria fosse una malattia organica del sistema nervoso. S’interessò del fenomeno dell’ipnosi, ancora in discredito fra la maggior parte degli uomini di medicina, e mediante l’ipnosi provocò sperimentalmente la paralisi degli arti su pazienti isteriche, riuscendo anche a guarire tali sintomi sempre mediante l’ipnosi.

Sospettò inoltre il ruolo degli impulsi sessuali nell’origine dei sintomi isterici.

L’importanza di Charcot per la storia della psichiatria sta nel fatto che rese accettabile la sperimentazione con l’ipnosi, preparando così la strada alle scoperte di Freud (1856 – 1939)[1].

Venne accettato anche il fatto che i fenomeni sessuali avessero un posto nella medicina, benché la cosa non assurgesse ancora alla dignità di un serio argomento scientifico. Per evitare per quanto possibile di affrontare il problema fondamentale della forza sessuale, gli psichiatri giunsero ad un compromesso, rivolgendo il loro interesse verso le eccezioni: lo psicopatico, il pervertito, il genio degenerato; ciò che conforta di questi studi era che i risultati a cui pervennero rivelarono che ciò che era vero per queste eccezioni non lo era per i comuni individui “normali”.

Alla fine del XIX secolo e nei primi decenni del XX molti psichiatri rivolsero la loro attenzione dagli psicotici ai meno appariscenti nevrotici. Infatti la mentalità del nevrotico è più vicina alla normalità di quanto non sia quella dello psicotico.

Uno dei più sistematici tentativi di trattare i disturbi nevrotici su queste basi fu la terapia della persuasione di Paul Charles Dubois (1848-1918): secondo lui il compito del medico era di convincere il paziente che il suo comportamento, i suoi pensieri e i suoi sentimenti nevrotici erano irrazionali. Questo metodo, simile a quelli di Pinel, consisteva nella rieducazione secondo la ragione e i principi morali comunemente accettati; si presagirono tuttavia le convinzioni attuali sull’estrema importanza dell’interazione tra paziente e psicoterapeuta.

Al volgere del secolo Edouard Claparede (1837-1940) fu uno dei più interessanti psicologi medici. Il suo maggior contributo fu una legge fondamentale, la "legge dell’interesse momentaneo", la quale afferma che il pensiero o la coscienza è una funzione biologica al servizio dell’organismo. Solo quando sorgono delle difficoltà nella soddisfazione di un bisogno biologico, noi diventiamo coscienti del bisogno stesso; solo allora, perciò, si deve risolvere il problema della giustificazione. I desideri insoddisfatti sono l’origine della consapevolezza e del pensiero. Un bisogno diventa cosciente quando non può essere soddisfatto mediante un’azione automatica. Il fenomeno del sonno lo affascinò enormemente, e lo studio su di esso lo portò ad esaminare l’isteria, con la conclusione che anche i sintomi isterici sono reazioni difensive.

 

E’ quindi chiaro come alla fine dell’era moderna fossero ormai mature le condizioni affinché si sviluppasse la medicina psichiatrica così com’è poi giunta fino a noi. Le basi scientifiche e culturali perché potesse operare Freud erano poste. La psichiatria entrava nel mezzo secolo che avrebbe segnato il punto massimo del suo sviluppo di studio e cura legata al manicomio. Infatti, a partire dagli anni ’60 tutta la vecchia impostazione della psichiatria venne rivista e fu inaugurata una nuova era della psichiatria.



[1] Per quanto concerne la figura e l'opera di Freud si rinvia alla parte ad esso dedicata, in cui il celebre medico viennese viene presentato con la dovuta completezza.

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