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Storia dell'Ecstasy Psicosi e MDMA Attacchi di Panico
Neurodegenerazione Fenomenologia Overdose da Ecstasy
  Ecstasy dall'Olanda  
ECSTASY E NEURODEGENERAZIONE
Gli effetti a lungo termine dell'MDMA sono potenzialmente più dannosi della sua tossicità acuta dell'immediatezza
   
    Le informazioni diffuse sia dalla stampa popolare che delle riviste mediche sui danni dell'uso di ecstasy (3-4metilene-diossi-metamfetamina) si e' concentrata esclusivamente sui problemi della tossicita' acuta. Mentre gli inutili decessi di persone giovani sono giustamente deplorati, e' strano che cosi' poca attenzione sia stata rivolta agli effetti a lungo termine di questa droga ricreativa. Questa mancanza di attenzione e' particolarmente sorprendente poiche' sono disponibili da numerosi anni prove che l'ecstasy induce neurodegenerazione nei cervelli degli animali da esperimento.
    La somministrazione di ecstasy a vari animali si e' dimostrata causa di distruzione a lungo termine degli assoni e dei terminali assonici serotoninergici nel cervello. Questo danno si verifica  nei cervelli dei roditori e in numerose specie di primati. La reinnervazione si puo' in parte verificare dopo parecchi mesi, ma nelle scimmie "scoiattolo" molte regioni del cervello non mostravano alcun recupero perfino dopo un anno, mentre nelle aree dove si era verificata l'innervazione spesso era assai anomala. Questo danno a lungo termine dei neuroni serotoninergici puo' verificarsi in ratti e primati dopo una singola dose elevata di ecstasy (20 mg./Kg.) o molte dosi piu' basse (4x5 mg/Kg.). Un recente studio sui ratti, tuttavia, rivela una considerevole degenerazione dopo una singola dose di 10 mg/Kg., la quale produceva concentrazioni plasmatiche dello stesso range di quelle osservate in pazienti ricoverati per reazione tossica acuta alla droga. Soltanto 5 mg/kg del maggior metabolita dell'ecstasy, la 3-4-metilene-diossi-amfetamina, era sufficiente per produrre un danno simile.
    Molti degli effetti tossici acuti dell'ecstasy probabilmente sono dovuti al composto analogo ed al suo effetto di rilascio serotoninergico dei terminali nervosi. La neurodegenerazione, pertanto, sembra essere il risultato dei metaboliti dell'ecstasy; questi ossidano a prodotti che determinano l'aumento di radicali liberi, che a loro volta inducono uno stress ossidativo e danneggiano le membrane. Tucker ed al. hanno usato una preparazione microsomiale di lievito che esprimeva enzimi umani per fornire prove che il tasso di metabolismo dell'ecstasy e' probabilmente legato alla persona che assume la droga a secpnda che sia un alto o basso metabolizzatore di "debrisoquine" (via enzima CYP2D6). Essi hanno ipotizzato che gli alti metabolizzatori potevano essere a minor rischio per reazione tossica acuta all'ecstasy ma in maggior pericolo per neurodegenerazione a lungo termine.
    Il primo esempio di droga ricreativa che ha prodotto degenerazione neurotossica a lungo termine si e' verificato in un gruppo di soggetti che aveva ingerito un analogo della meperidina, che era contaminato con MPTP (N-metil-4-fenil-1-2-3-6-tetraidropiridone). Dopo l'ingestione questo veniva metabolizzato a MPP+ (1-metil-4-fenilperidinio), un composto che produce radicali liberi.
    L'ingestione accidentale di MPTP da parte di questi individui apparentemente determinava una forma di  Parkinsoniano grave ed irreversibile, indotta dalla degenerazione neurotossica di neuroni dopaminergici nel sistema nigrostriatale. Il danno neurotossico prodotto dall'MPTP non solo e' dimostrabile sui roditori e sui primati ma si verifica anche, a dosi piu' basse, negli umani. Negli umani grandi ingestioni di MPTP producono rapidamente segni di danno neurologico, ma ora sussistono evidenze del fatto che basse dosi o esposizioni transitorie producono effetti occulti rivelati solo dalla tecnica delle "immagini cerebrali"..
    Una prova non inequivocabile che gli assuntori regolari di ecstasy sono portatori di un danno cerebrale gia' esiste, ma gli studi che sono stati realizzati non forniscono alcun tipo di certezza. McCann et al. hanno rilevato che 30 assuntori regolari di ecstasy avevano concentrazioni del metabolita serotoninergico, l'acido acetico 5-idrossi-indolo, piu' basse nel liquor cerebrospinale, un cambiamento segnalato anche nei primati con dannocerebrale indotto da ecstasy. Stante il ruolo preponderante che la serotonina gioca nel controllo dell'umore, ci si potrebbe aspettare che l'uso regolare di ecstasy conduca a disturbi psichiatrici. Esistono casi clinici che supportano queste aspettative, ma l'interpretazione di tali dati e' difficoltosa. Cio' che e' di grande interesse e' la possibilita' che la neurotossicita' negli umani possa essere lenta ed insidiosa e che problemi quali la depressione maggiore possano comparire solo dopo alcuni anni.
    Un recente editoriale argomentava contro la legalizzazione dell'ecstasy a causa dei problemi di tossicita' acuta. A cio' noi aggiungiamo che nessuno dovrebbe seriamente considerare di legalizzare un composto che si dimostra essere la causa della neurodegenerazione a lungo termine nei roditori e nei primati a dosi che differiscono poco da quelle usate a scopo ricreativo dagli umani.
(di A.R. Green, G.M. Goodwin)
 

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