Quindi lei crede nel cinema come luogo di sperimentazione musicale…
 >Il cinema dà la possibilità di sperimentare perché mette a disposizione dei compositori orchestre e mezzi di registrazione il giorno dopo che la partitura è finita, laddove nostri colleghi molto più geniali di noi, da Schubert in giù dovevano aspettare mesi prima di sentire eseguire una loro partitura.

   L' elasticità che la aiuta a sperimentare consente anche alla sua musica di essere minima nell'utilizzo degli strumenti avvicinandola più alla musica da camera che alla grandezza delle orchestre tipiche dei raddoppi all'americana…
 >Quello che si può eseguire con dodici strumenti è inutile farlo con ventiquattro, perché per me più l'esecutore è un solista e più è vicino allo spirito del canto. 

Mi piacerebbe che anche dalla musica più astratta, anche da una nota fissa, anche da un intervallo di seconda venisse fuori lo spirito del canto. Concerto fotogramma è proprio questo: con il gruppo che ho fondato dieci anni fa, I solisti dell'orchestra da ciechi, siamo nove in scena ed è affascinante quando un pianoforte, o persino un percussionista coi timpani, canta. Cosa che diventa più difficile quando si fanno i concerti di musica da film con orchestra sinfonica, dove la massa elefantiaca del suono è più adatta ad uno spirito di canto ottocentesco e molto meno alle mie corde.

   Nella sua carriera ha collaborato con grandi cantautori come De André e De Gregori per la composizione di canzoni, ha inoltre scritto canzoni per il teatro. Cosa cambia nell'approccio teatrale alla canzone?
 >Con De André ho scritto canzoni all'inizio della mia carriera, mentre De Gregori aveva scritto un pezzo in cui sentiva bisogno di un intervento più complicato, e per divertimento ho scritto un controdisegno di pianoforte lasciando la canzone intatta. Il teatro è probabilmente l'arte più sperimentale di tutte, permette addirittura le correzioni di rotta in corso d'opera. Per il teatro ho scritto canzoni poco discografiche, noi le chiamiamo Canti di scena (come lo spettacolo scritto con Cerami, ndr) perché sono canzoni scritte per essere cantate in scena e suonate dal vivo. Scrivendo canzoni per il teatro ho cercato di lavorare di più sull'affrettato, sul rallentato, sul crescendo, sul diminuendo, variando quelli che nella musica di mercato sono costanti, i ritmi e i volumi della musica ballabile.

  Che rapporto ha con i suoni della musica elettronica?
 >L'elettronica mette a disposizione delle possibilità che erano impensabili fino a dieci anni fa, quindi apre degli orizzonti tutti da indagare. Per farlo bisogna avere la mente libera, per essere liberi bisogna cercare di non imitare gli strumenti sinfonici, che restringerebbe il campo d'indagine. Noi siamo più contenti quando troviamo un suono nuovo. Adesso abbiamo appena finito di musicare Nowhere di Sepùlveda e nell'orchestra di archi, fiati e percussioni c'è una tastiera elettronica che riproduce dei suoni di flauto come se fossero delle bottiglie soffiate, con tutta la duttilità dei passaggi cromatici di quella tastiera. Mi piace molto la ricerca di nuovi suoni, soprattutto metterli in un orchestra classica e farli interagire, magari è una frescaccia però è ricerca…per quanto riguarda la sperimentazione per me vale sempre la frase di Petrolini: gli esperimenti si fanno in privato e poi si pubblicano quelli riusciti; noi ci auguriamo che i farmacisti facciano così e forse anche gli artisti dovrebbero rendere pubblici quegli esperimenti che hanno dato dei frutti.

Autore:

Renato Chiocca

 

 
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