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Fossalto e il suo dialetto

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3. La trascrizione fonetica

Dalle fin qui illustrate diversità sostanziali (a fronte di una identità formale), comuni, per un grafema o per un altro, a tutte le lingue del mondo, si avvertì, oltre un secolo fa, l’esigenza di servirsi di un alfabeto fonetico in grado di sostituire al grafema polivalente (ambiguo) un simbolo grafico che rispecchiasse, il più fedelmente possibile, il suono di quella lettera in quel preciso contesto.

3.1. L’alfabeto fonetico internazionale (IPA)

I linguisti, dalla fine del 19° secolo in poi, molto si adoprarono per escogitare  sempre nuovi alfabeti fonetici che rispondessero all’esigenza di rendere leggibile a tutti qualsiasi linguaggio.

I più fallirono perché i loro alfabeti erano troppo complicati, eccessivamente pieni di segni diacritici.

Secondo i più accreditati linguisti, il requisito principe di un buon alfabeto fonetico deve essere quello di fornire «un solo segno per ciascun suono, un solo suono per ciascun segno 9».

Nel 1888 l’Associazione Fonetica Internazionale creò l’«alfabeto fonetico internazionale» (I.P.A.), che è ancor oggi, in virtù dei successivi aggiornamenti e perfezionamenti, il più autorevole e il più accettato dalla vasta categoria dei fonetisti.

Tale alfabeto fa uso di lettere degli alfabeti greco e latino, con l’aggiunta di alcuni “simboli” appositamente disegnati come [ ʃ ] e [ ʒ ].

Per rimanere nel nostro orticello dialettale, i segni “speciali” che noi abbiamo scelto per la trascrizione convenzionale corrispondono, nell’Alfabeto fonetico IPA, ai seguenti simboli: ǽ = [ æ ], š = [ ʃ ], ž = [ ʒ ] ż = [dz]; a questi esempi vanno aggiunti, per una corretta e completa trascrizione fonetica del fossaltese, altri simboli come [ k ] per il suono velare della /c/ di <casa>, [ tʃ ] per il suono palatale della /c/ di <céna>, [dʒ] per il suono palatale della /g/ di <ggəlatə>, [ts] per il suono sordo della /z/ di <zambittə>, [ɔ]per il suono aperto della /ò/, [ɛ] per il suono apertp della /è/, [ɲɲ] per il digrafo <gn>, [ʎʎ] per il nesso <gl> (gli ultimi due, nella trascrizione IPA, risultano sempre geminati perché, come abbiamo detto più sopra, nel comune parlare sono sempre pronunciati rafforzati), ecc.

Per pura curiosità di chi ci legge ecco, qui sotto, tra parentesi quadre [ ] alcune trascrizioni fonetiche secondo l’IPA (seguono, tra parentesi tonde ( ), le trascrizioni usando la nostra trascrizione convenzionale):

['kasa] (casa); ['tʃena] (cena); ['gwollə] (guóllə); [d'dʒəlatə] (ggəlatə); 'kwoʃə] (quóscə); ['zbulli] (sbullì); ['ʃtalla] (štalla); [ʃ'ʃæmə] (šcǽmə); ['ʃkjɛffə] (šchièffə); [tsam’bittə] (zambìttə); [ʎ’ʎɔmmərə] (gljòmmərə), [ɲɲəttə’ki] (gnəttəchì). ecc.

N.B. Il segno <'> indica la sillaba accentata e si pone prima di essa.

3.1. La trascrizione fonetica convenzionale

Senza dubbio, la trascrizione fonetica effettuata con l’Alfabeto fonetico internazionale IPA rappresenta il massimo che finora è dato di fare per adattare i grafemi ai fonemi (ossia le lettere dell’alfabeto ai suoi).

Ma la sua conoscenza, e, quindi, il suo uso sono ancora limitati agli specialisti, e restano, invece, ignoti alla gran parte dei lettori comuni. Per di più sono pochi, ancora, le tipografie in possesso dei caratteri di stampa necessari; l’avvento del computer ha facilitato il compito sia degli scrittori che degli editori, ma non ancora universalmente.

Si deve, allora, ricorrere ad una trascrizione fonetica “convenzionale10, ossia l’uso di segni grafici che corrispondano al massimo alle lettere del nostro alfabeto, integrandole con pochissime lettere prese da lingue straniere. Il solo simbolo IPA a cui non si è voluto rinunciare, è quello della “schwa”, ossia il simbolo che contraddistingue nell’IPA il suono del vocoide indistinto /ə/.

Dunque, per scrivere il fossaltese adopreremo l’alfabeto italiano /a, b, c, d, è, è, f, g, h, i, j, l, m, n, ó, ò, p, q, r, s, t, u, v, z/ più 4 “simboli” costituiti da lettere di lingue slave e del nord-europa, che in quelle parlate fedelmente riproducono i suoni che ci interessano: /ǽ, š, ż, ž/; e, naturalmente, la “schwa” /ə/.

Vediamo qualche parola fossaltese trascritta con il nostro metodo:  

<bbǽštia>, <bb«dǽndə>, <bbuscìa>, <bbəllézza>,

<casa>, <cuónə>, <cchìsia>, <chiummə>, <cəràsa>,
<ciabbòtta>, <ciunghə>, <cumənżà>,

<dièvulə>, <détə>, <ducaziónə>, <dəlluvjə>,

<fasciùlə>, <fatəiè>, <fərmìca>,

<gabbìna>,  <ggəlatə>, <ggǽndə>, <ggiarra>,
<gliòmmərə>, <gnurandə>,

<hiumə>, <hiurì>, <hièmma>, <hiuhhiatùrə>,

<ləscǽrta>, <luóccə>, <ləggìttəma>, <làżżəra>,

<mǽlə>, <malə>, <milə>, <mulə>, <mòlla>,
<mmalàtə>, <mušcə>, <muscə>,

<napulətàna>, <nazzəchəjè>, <ndrəcandə>, <nguiatàrzə>,
<nguócchjə>, <nnammuràtə>, <nniènżə>,

<panə>, <pànża>, <pəcciónə>, <purchə>, <pədalə>,

<quarajésəma>, <quaccòsa>, <quógljəra>,

<rasciagnùlə>, <randinjə>, <rəspòšta>,

<sàvəza>, <šchièffə>, <šcǽmə>, <šciambagnónə>, <štatǽra>,
<ždərrupə>, <ždrǽuzə>,

<taməndà>, <timbə>, <tənàglia>, <travillə>, <tuccuó>,

<uósənə>, <vascə>, <vizjə>, <vasanəcòla>,

<zàppa>, <zazièmbərə>, <zavòrra>, <zənièta>, <zòcchəla>,

<żżinghə>, <żżirrə>, <żżurrəiè>.  

Ci auguriamo che, dopo un logico primo momento di perplessità, i nostri lettori si familiarizzino presto con questi segni e possano leggere e scrivere speditamente il nostro dialetto.

3.2. L’accento

In considerazione del fatto che il vocoide /ə/ è sempre àtono, e che esso compare molto nella grafia delle parole fossaltesi, si porrà l’accento tonico, quello, cioè, che individua la sillaba sulla quale la voce si ferma con maggiore intensità, solo su alcuni monosillabi, sulle parole tronche o ossitone, sulle forme verbali omografe (cioè parole che si scrivono nello stesso modo ma sono di significato diverso) e sui polisillabi dove ci siano almeno due sillabe con vocali diverse da /ə/.

Si scriverà, dunque: <> (verbo), <pəcché>, <sapé>, <carùsə>, <ummìšcə>; non si accenteranno, invece, <timbə>, <pəštillə>, <pəlliccə>, <gabbə>, ecc.

Molti polisillabi recheranno, in ogni caso, l’accento “grafico”, che quasi sempre coincide con quello “tonico”, al fine di qualificare il “timbro”, acuto o grave (grado di apertura) delle vocali /e/ e /o/: (/è/, /é/, /ó/, /ò/), e della /ǽ/ che è sempre tonica: <dócə>, <esǽmbjə>, <còcə>, <bbómma>, <bbòccia>, <aréfəcə>, <ggéssə>, ecc., mentre, di norma, non si accenteranno le parole dove, non comparendo nessuna delle 4 vocali ballerine, l'accentazione tonica rispecchia, 98 volte su cento, quella della lingua nazionale.

 

9 J. Dubois et alii, Dizionario di linguistica, Zanichelli, 1979, p. 13

10 L'A., nella sua opera «Ipotesi di Lessico fossaltese» (Samnium, 1990), è dovuto ricorrere a questo escamotage perché lo stampatore non possedeva il set di caratteri con i simboli IPA

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