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Fossalto e il suo dialetto

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4. La Morfologia

4.1. L’Articolo

Come in italiano, ci sono articoli determinativi ed articoli indeterminativi; i primi sono ru (davanti a consonante) e lu (davanti a vocale) per il masch. sing. (ru cuónə, il cane; l’àlbərə, l'albero), la per il femm. sing. (la ghallina, la gallina), per il neutro (lə panə, il pane). Le forme del plurale sono per il maschile (rə chiènə, i cani), per il femminile (lə ghallinə, le galline).

Sono indeterminativi: nu per il maschile (nu cuónə, un cane), na per il femminile (na fémməna, una donna) e per il neutro (nə ccónə, un po').

La, lə, lu, nu, nə e na si apostrofano sempre davanti a parola che cominci per vocale: l'àlma (l'anima), l'àlbərə (l'albero), n'ucchièta (un'occhiata).

L’incontro degli articoli determinativi la - - ru - con le preposizioni semplici ( - a - da - chə - ngòppa - ) non genera, come in italiano e in altri nostri dialetti (p. es. Ripalimosani, Colletorto), le preposizioni articolate. Si dirà, quindi, də ru cuónə (del cane), a la casa (a casa), da la vìgna (dalla vigna), chə la zàppa (con la zappa), ngòppa a lə chièsərə (sopra le case), pə la cambàgna (per la campagna).

4.2. Il Nome

Vi sono nomi propri (Dənatə, Donato; Ndònjə, Antonio; Lavìnia, Lavinia) e nomi comuni (òmə, uomo; pǽcura, pecora; prǽta, pietra).

4.2.1. Genere

I nomi propri sono di genere maschile (Ggiuónnə, Giovanni; Frangìschə, Francesco), o femminile (Cungǽtta, Concetta; Fəlumǽna, Filomena). I nomi comuni sono di genere maschile (ru cavàllə, il cavallo; ru fuchə, il fuoco), femminile (l’àsəna, l'asina; la fìcura, il fico) e neutro (lə panə, il pane; lə ramə, il rame).

4.2.2. Numero

I nomi propri sono solo e sempre di numero singolare; i nomi comuni, maschili e femminili, possono essere di numero singolare o plurale: la mundàgna, lə mundàgnə (la montagna, le montagne); la cràpa, lə cràpə (la capra, le capre); i nomi neutri sono invariabili. Anche molti nomi maschili sono invariabili, conservano, cioè, la stessa forma sia per il singolare che per il plurale e il numero si riconosce solo dall’articolo: ru fìgljə - rə fìgljə (il figlio, i figli); ru trappìtə - rə trappìtə (il frantoio, i frantoi).

Per la formazione del plurale non si possono dettare regole; di norma, i nomi che al singolare terminano in "a" hanno al plurale la terminazione "ə": ciàppa - ciàppə (gancio, ganci); fundàna - fundànə (fontana, fontane); ghulìa - ghulìə (voglia, voglie).

Molti nomi formano il plurale ricorrendo alla metafonèsi, cambiando cioè il suono della vocale tonica: uósənə - jèsənə (asino, asini), cuónə - chiènə (cane, cani), ghuóllə - ghièllə (gallo, galli), cafónə - cafùnə (cafone, cafoni); alcuni altri ricalcano la forma plurale dei neutri latini della 3ª decl. in "ora" con sviluppi della penultima vocale in "ə" o in "u": jənùcchjə - jənòcchjəra (ginocchio, ginocchia); àca - àcura (ago, aghi); bbùchə - bbóchəra (buco, buchi); détə - détəra (dito, dita); nìdə - nédəra (nido, nidi); nùtə - nótəra (nodo, nodi); anìllə - anǽlləra (anello, anelli); pərtùsə - pərtósəra (fóro, fóri) etc.

4.2.3. Alterazioni del nome 11

L'alterazione dei nomi avviene mediante i seguenti suffissi :

ónə, -óna, - per formare gli accrescitivi: cəllónə (uccellone, sciocco), dutturónə (gran dottore), fəmmənóna (donnone).

-ìllə, -élla, -ǽlla,-ùccə, per formare il diminutivo e il vezzeggiativo: puvərìllə (poverello), pəccərélla (piccoli-na); puvərǽlla (poverella), vəštarǽlla (vesterella); ghuagliungìllə (ragazzino), cacciunìllə, (cagnolino); cəllùccə (uccellino), cappəllùccə (cappellino)

4.3. L’aggettivo
4.3.1. Aggettivi qualificativi

Essi possono avere forme identiche per i generi (maschile, femminile e neutro) come cumbórmə (uguale) oppure forme distinte, una per il maschile e il neutro, e una per il femminile: bbìllə - bbǽlla (bello - bella).

4.3.1.1. Gradi dell’aggettivo qualificativo

Di comparativi sintetici alla latina si registrano solo mǽgljə, meglio e pǽjə, peggio (che ha anche la forma pǽggə). Per il resto, i comparativi di maggioranza si formano premettendo all'aggettivo l'avverbio comparativo di quantità cchiù (più): cchiù bbillə (più bello), cchiù àvətə (più alto), cchiù vìcchjə (più vecchio). Al contrario dell'italiano, è regolare abbinare cchiù con mǽgljə e pǽjə: cchiù mmǽgljə, cchiù pǽjə.

Per formare il superlativo relativo si premette l'articolo determinativo alla forma comparativa: ru cchiù àvətə (il più alto), ru mǽgljə scularə (il miglior scolaro) ; non si usa, se non nel linguaggio del ceto colto, formare i superlativi assoluti con il suffisso -ìssəmə. Si preferisce ricorrere all'ausilio dell'avverbio assiè (assai), posposto all’aggettivo: jǽ bbillə assiè (è molto bello).

Tra i superlativi irregolari si usano solo le forme sintetiche pǽssəmə (pessimo) e lùtəmə -anche ùtəmə- (ultimo)-, essendo, le altre, italianismi di più o meno recente acquisizione, disattesi dalla gente comune e fatti propri solo dal ceto colto. Si usa formare il superlativo assoluto anche ricorrendo al prefisso stra [lat. ĕxtra]: štrabbagniètə, bagnatissimo.

Come per i comparativi sintetici anche per il superlativo, diversamente dall'italiano corretto, sono regolari le forme rafforzate ru cchiù mmǽgljə e ru cchiù pǽjə.

Si registrano, infine, alcune forme di superlativo ottenute mediante raddoppiamento intensivo dell'aggettivo positivo: sanə sanə (intero), tisə tisə (irrigidito), cungə cungə (malridotto) etc. Questo accorgimento è, talvolta, esteso anche ad alcuni sostantivi per enfatizzarli: cìtərə cìtərə, bambino molto piccolo, etc.

4.3.1.2. Alterazioni dell'aggettivo

Gli aggettivi qualificativi possono subire le stesse alterazioni del nome.

4.3.2. Aggettivi possessivi

Gli aggettivi possessivi, sempre posposti al nome, sono i seguenti (tra parentesi le forme del femminile): mi (méia), ti (téia), sì (séia), nùštrə (nòštra), vùštrə (vòštra), sǽ , lòrə. Per i termini di

parentela o di affinità, i possessivi di prima e di seconda persona singolare assumono forma enclitica: pàtrəmə (mio padre), màmməta (tua madre), sòrəma (mia sorella), fìgliətə (tuo figlio), mógljəma (mia moglie) etc. In questi casi si omette l’articolo.

4.3.3. Aggettivi numerali

Gli aggettivi numerali si dividono in "cardinali" e "ordinali"; i cardinali sono quelli comunemente detti numeri: unə, ddu, trǽ …. ecc.; gli ordinali sono: primə, səcóndə, tǽrzə …. ecc.

4.3.4. Aggettivi dimostrativi

Gli aggettivi dimostrativi sono:

Italiano maschile femminile neutro
singol. plurale singol. plurale
questo quištə chištə chéšta chéštə chištə
codesto quištə chissə chéssa chéssə chéssə
quello quillə chillə chélla chéllə chéllə

 4.4. Il Pronome

4.4.1. Pronomi personali

I pronomi personali, rispondenti in tutto a quelli italiani, sono: jì, tu, jìssə, éssa o jéssa, nu, vu, lòrə, nelle forme soggettive; mǽ (mə), tǽ (tə), jìssə, éssa o jéssa, nu, vu, lòrə, nei complementi. In questi ultimi, se preceduti da alcune preposizioni, è usuale il raddoppiamento sintattico della consonante iniziale (a mmǽ (a me), chə ttǽ (con te), pə vvu, per voi).

4.4.2. Pronomi possessivi

Si dicono pronomi possessivi gli aggettivi possessivi quando sostituiscono un nome anzi che accompagnarlo.

La particolarità, nell’uso del pronome possessivo, è che esso, come del resto in gran parte dei dialetti meridionali:

1) si pospone al sostantivo: ru lìbbrə mi, il mio libro;

2) si accompagna sempre con l’articolo: ru lìbbrə jǽ ru mì.

4.4.3. Pronomi dimostrativi

Si dicono pronomi dimostrativi gli aggettivi dimostrativi quando sostituiscono un nome anzi che accompagnarlo.

4.4.4. Pronomi relativi (e interrogativi)

I pronomi relativi dialettali sono soltanto due: chə (che) e chìja (chi), spesso accorciato in chi, non essendo attestate forme corrispondenti alle italiane cui, il quale, la quale, i quali, le quali.

Tali pronomi, se usati in frasi interrogative, si considerano pronomi interrogativi; ad essi, nel caso specifico, vanno aggiunti anche i pronomi quólə (quale) e quóndə (quanto, pl. quónda): chə vviè cudǽnnə? (che vai cercando?), chìja scì? (chi sei?), quólə vù? (quale vuoi?), quóndə nə scì purtatə? (quanto ne hai portato?). Va notato, peraltro, che quólə è un italianismo di recente acquisizione con impiego non ancora generalizzato.

4.5. Il verbo

4.5.1. Coniugazioni

Nel dialetto i verbi possono essere raggruppati in tre coniugazioni secondo le terminazioni dell'infinito presente:

1ª coniugazione, verbi che escono in "à", "" e ""(""): candà (cantare), sunnà (sognare), calà (mandar giù), mannà (mandare), (fare); scutruó (scuotere), bbucuó (bucare), jucuó (giocare); cagnjè(cambiare), manəjè (maneggiare), abbəjè (avviare), fəcchjè (ficcare);

2ª coniugazione, verbi che escono in "ə" o in "é": córrə (correre), vévə (bere), rədùcə (ridurre), accìdə (uccidere), cóscə (cucire); vədé (vedere), sapé (sapere), təné (tenere);

3ª coniugazione, verbi che escono in "ì": jjì (andare), vəštì (vestire), səndì (sentire), mənì (venire), spədì (spedire).

I tradizionali modi del latino e dell'italiano sono presenti nel dialetto anche se in maniera incompleta. Mancano alcuni tempi e, tra quelli che sono ancora vivi, alcuni sono da considerare presenti ormai soltanto nella memoria storica; si usano sempre meno e sempre più malvolentieri.

Nell’indicativo, il presente e il passato prossimo sono certo i più usati; seguono l’imperfetto e il passato remoto; il futuro è del tutto assente, così come assente è il trapassato remoto.

Del congiuntivo si usa in modo prevalente l’imperfetto mentre è andato in realtà perduto il presente, tranne qualche relitto nelle esclamazioni: nżia mjè (nən sia mjè), non sia mai; scì bbənədìttə, sii benedetto; mannéja, mannaggia (male n'abbia), ed altre.

Del condizionale si usano sia il presente che il passato; è caratteristica anche del nostro dialetto una certa tendenza alla sostituzione delle forme del condizionale presente con quelle del congiuntivo imperfetto: facéssə invece di faciarrìa, dicéssə invece di dəciarrìa etc.

Sono poi presenti i verbi irregolari come jjì (andare), štà (stare), təné (tenere, avere), mənì (venire) etc.

Indichiamo tre verbi come modelli delle tre coniugazioni: gli altri verbi regolari seguono questo schema:

Modo Indicativo

Presente

cànd-ə

véd-ə

sǽnd-ə

tu

chiènd-ə

vid-ə

sìnd-ə

issə

cànd-a

véd-ə

sǽnd-ə

nu

cand-àmmə

vəd-émmə

sənd-ìmmə

vu

cand-àtə

vəd-étə

sənd-ìtə

chillə

cànd-ənə

véd-ənə

sǽnd-ənə

Imperfetto

cand-àva    

vəd-éva    

sənd-ìva

tu

cand-ièvə     

vəd-ìvə    

sənd-ìvə

issə

cand-àva     

vəd-éva    

sənd-ìva

nu

cand-avàmmə   

vəd-avàmmə    

sənd-avàmmə

vu

cand-avàtə    

vəd-avàtə    

sənd-avàtə

chillə

cand-àvənə   

vəd-évənə    

sənd-ìvənə

Passato prossimo

cand-àtə

sò vištə

sò sənd-utə

tu

scì cand-àtə

sci vištə

scì sənd-utə

issə

à cand-àtə

à vištə

à sənd-utə

nu

sémmə cand-àtə   

sémmə vištə

səmmə sənd-utə

vu

sétə cand-àtə    

sétə vištə     

sétə sənd-utə

chillə

énnə cand-àtə    

énnə vištə   

énnə sənd-utə

Passato remoto

cand-ièvə    

vəd-ìvə    

sənd-ìvə

tu

cand-ièštə     

vəd-ìštə    

sənd-ìštə

issə

cand-àttə    

vəd-ǽttə    

sənd-ǽttə

nu

cand-àmmə    

vəd-ǽmmə     

sənd-ǽmmə

vu

cand-àštə    

vəd-ǽštə    

sənd-ìštə

chillə

cand-ièrnə     

vəd-ìrnə    

sənd-ìrnə

Modo Congiuntivo

Imperfetto

cand-àssə

vəd-éssə

sənd-ìssə

tu

cand-ièssə

vəd-issə

sənd-issə

issə

cand-assə

vədéssə

sənd-issə

nu

cand-àssəmə

vəd-éssəmə

sənd-ìssəmə

vu

cand-àštə

vəd-éštə

sənd-ìštə

chillə

cand-àssərə

vəd-éssərə

sənd-ìssərə

Modo Condizionale

Presente

cand-arrìa

vəd-arrìa

sənd-arrìa

tu

cand-arrìšcə

vəd-arrìšcə

sənd-arrìšcə

issə

cand-arrìa

vəd-arrìa

sənd-arrìa

nu

cand-arrìmmə

vəd-arrìmmə

sənd-arrìmmə

vu

cand-arrìštə

vəd-arrìštə

sənd-arrìštə

chillə

cand-arrìənə

vəd-arrìənə

sənd-arrìənə

 Imperativo presente

cànd-a  

vid-ə

sind-ə

cand-àtə     

vədétə

sənd-itə

Gerundio Presente

cand-ànnə    

vəd-ǽnnə     

sənd-ǽnnə

Participio Passato

cand-àtə

vəd-ùtə (o vìštə)

sənd-ùtə

Un particolare caratteristico della coniugazione dei verbi è senza dubbio la metafonèsi (con o senza dittongazione) che interessa soprattutto la 2ª persona sing. del pres. ind.: tu chièndə (1ª p. jì càndə, io canto), tu miègnə (1ª p. jì màgnə, io mangio), tu pièrlə (1ª p. jì pàrlə, io parlo), tu pìsə (1ª p. jì pèsə, io peso).

 

 4.5.2. Verbi ausiliari: jǽssə, essere - avè, avere 12

Indicativo presente   

 

jǽssə

avè

sònghə o

éjə

tu

scì

jjǽ oppure è

issə

jǽ -oppure- è

à

nu

sémmə

émmə

vu

sétə

étə

chillə

su o sùnnə

jènnə o ènnə

Indicativo Imperfetto

    

jǽssə

avè

jǽva

avévə

tu

jìvə

avìvə

issə

jǽva

avéva

nu

javàmmə

avavàmmə

vu

javàtə

avavàtə

chillə

jǽvənə

avévənə

Congiuntivo Imperfetto

     

jǽssə

avè

fùssə

avéssə

tu

fùssə

avìšcə

issə

fùssə

avéssə

nu

fùssəmə

avéssəmə

vu

fùstə

avassìtə

chillə

fùssərə

avéssərə

Condizionale Presente

jǽssə

avè

sarrìa

avarrìia

tu

sarrìšcə

avarrìšcə

issə

sarrìa

avarrìa

nu

sarrìmmə

avarrìmmə

vu

sarrìštə

avarrìštə

chillə

sarrìjənə

avarrìjənə

 Participio Passato

štàtə

avùtə

I verbi jǽssə e avé hanno anche nel nostro dialetto la funzione di verbi ausiliari, ma i ruoli d'impiego differiscono molto dall'italiano, per una maggiore estensione delle competenze di jǽssə (essere), al posto di avé (avere), nella formazione dei tempi composti dei verbi transitivi, anche se limitatamente alle prime e alle seconde persone: sò fàttə, scì fàttə (sono fatto, sei fatto) ma à fàttə (ha fatto); sémmə dìttə, sétə dìttə (siamo detto, siete detto) ma ènnə dìttə (hanno detto) etc.

4.6. Avverbi

4.6.1. Avverbi di modo

Gli avverbi di modo terminano generalmente in -mǽndə, ma, anche per essi, come già osservato per i "superlativi", esiste l’alternativa del raddoppio del sostantivo o dell’aggettivo corrispondente: ràsə ràsə (pieno fino all’orlo), rǽndə rǽndə (rasente), chiènə chiènə (pian pianino), jèppəca jàppəca (lentamente), cùccə cùccə (mogio, con la coda tra le gambe), cùngə cùngə (malridotto), mùrə mùrə (rasente il muro), cricchə crìcchə (eretto), lǽstə lǽstə (alla svelta), ciucchə ciucchə (carponi), zìttə zìttə (in silenzio), e tanti altri.

Talvolta l’avverbio di modo è reso con l’espressione "alla maniera di" con il termine preceduto da un aggettivo o da un sostantivo in sostituzione della preposizione più il complemento di specificazione: a la crapàra manǽra (alla maniera del capraio); a la puttanégna manǽra (alla maniera della puttana); a la zəngarésca manǽra (alla maniera degli zingari). L’espressione è usata per lo più spregiativamente.

4.6.2. Avverbi di luogo

Gli avverbi di luogo più usati sono:

cquó, iǽcchə,    qui, qua, in questo posto;

llà, lòchə, là, lì, in quel posto;

lòchəsóttə, lòchəngòppa, là sotto, là sopra;

Lòcabballə, costaggiù;

ìccucia, qui vicino, qui intorno;

pəddəcquó, pəddəllà, per di qua, per di là;

ssə, costà, vicino a te;

iǽcchəsóttə, iǽcchəngòppa, qua sotto, qua sopra;

iǽssəsóttə, iǽssəngòppa, qui sotto, qui sopra.

4.7. Le preposizioni

  Le preposizioni, cioè quelle parti invariabili del discorso che servono a formare un complemento, sono presenti anche nel fossaltese. Esse sono: də, di; a, a; da, da; dèndrə, dentro, in; chə, con; ngòppa, su, sopra; , per.

Alcune di esse, come a, che e , comportano il rafforzamento della consonante iniziale della parola che segue: a mmǽ, a me; a Mməchǽlə, a Michele; chə mmamməta, con tua madre; chə ttuttə ru còrə, con tutto il cuore; pə ffòrza, per forza; pə ttǽ, per te.

 

11 Va osservato che, di regola, le alterazioni dei nomi non hanno una definizione di competenze, di poteri e di ambiti molto decisa, così un diminutivo può essere usato in senso vezzeggiativo: llucc« è un uccello piccolo ma appare anche grazioso e degno d’affetto; nello stesso modo il diminutivo e il vezzeggiativo possono celare (ma spesso non tanto) intenzione spregiativa: v«šstarÏlla è più spesso una vÏšta di scarso valore o di brutto aspetto che non solo un piccolo vestito. E, ancora, un accrescitivo può servire ad esprimere consenso, apprezzamento: dutturón« è un medico molto bravo e stimato.

12 Nel verbo “avé”, in tutte le sue flessioni, la <a> iniziale è ancora pronunciata, dai parlanti anziani e dalle donne, con suono fricativo velare sonoro (gha)

 

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