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DIVENTARE INTELLIGENTI? SI PUO'!

LE RIFLESSIONI DI UNA DOCENTE 

di Erika Francioli

 

E’ forse capitato a tutti, almeno una volta, di porci domande relativamente a questi argomenti:

  • Perché è così difficile cambiare?

  • Perché non impariamo dalle esperienze?

  • Perché non riusciamo a trovare un collegamento fra quello che impariamo a scuola e l’utilizzo di quanto conosciamo per la risoluzione delle varie situazioni problematiche che ci si presentano nel corso della  vita, oltre che nei successivi passi negli studi?

Se queste domande ce le siamo poste, sappiamo che se le pongono anche i giovani della cui preparazione noi abbiamo la responsabilità, e forse, per loro, in età giovanile non è così facile dare risposte a queste difficili domande. Alcuni di essi non se le pongono con questa chiarezza, perché non sono capaci neanche di formularsele. Provano però un senso di disinteresse e hanno un atteggiamento apatico nei confronti delle proposte provenienti dalla scuola. Hanno dei bisogni, ma non ne sono consapevoli.

E noi, come insegnanti, come educatori, come genitori, notiamo la demotivazione, anche in alunni intelligenti o che, pur con una serie di problemi scolastici, potrebbero comunque con un minimo di sforzo uscire del loro atteggiamento di estraneità al mondo della scuola che pure è il loro.

Questo senso di estraneità è già il segno di un disagio, che va poi ad influire sia a livello scolastico, con l'abbandono, sia a livello psicologico e poi sociale con i fenomeni patologici del disadattamento propri di un gran numero di giovani. Il fenomeno della tossicodipendenza, sicuramente non l'unico, ma certamente il più preoccupante, fra le patologie del comportamento che affliggono il mondo giovanile, è legato a problemi che hanno la loro origine in età precedenti il loro effettivo manifestarsi.

Nelle nostre scuole, nei ragazzi, sempre più frequenti sono i casi in cui rileviamo un rifiuto delle regole e delle proposte didattico-educative. Questi alunni poi esercitano un'influenza negativa nei confronti di altri compagni. Diventano dei leader negativi. Bisogna imparare a indirizzare queste energie a nostro favore, a loro favore, cosa non semplice.

 

Individuare le cause

Le cause di questi atteggiamenti sono spesso individuabili in difficoltà di apprendimento iniziali, spesso non adeguatamente trattate a scuola, spesso non valutate attentamente. Spesso non diagnosticate perché scambiate per altro: c'è una soverchia attenzione per lo psicologico, mentre si tendono a sottovalutare fattori neurologici.
Che cosa fare quindi per questi giovani che già vediamo più deboli, poveri di interessi e di risorse, e quindi più facilmente esposti ai pericoli di scelte facili, all'adozione di presunte scorciatoie per un benessere che non trovano, perché incapaci di progettualità e di voglia di impegnarsi, segnati dalla sfiducia nelle proprie possibilità, dovuta agli insuccessi scolastici?

 

Che cosa fare

La risposta, a mio parere, sta nello studiare percorsi formativi che rafforzino le loro competenze cognitive, il bisogno di evidenza logica, la capacità di saper progettare percorsi e di vedersi proiettati in un futuro che loro stessi possono, se lo vogliono, costruirsi. Che rafforzino il loro saper porsi davanti ai molti problemi nuovi che ogni giorno il mondo ci chiede di risolvere, non adottando schemi di soluzione rigidi, ma imparando a escogitare percorsi nuovi e mai esplorati, a essere perciò flessibili.

La metodologia di  Reuven Feuerstein  ha come finalità proprio quelle sopra delineate e può rafforzare nei giovani quelle consapevolezze e sicurezze che permettano di adottare delle scelte non dettate dall'impulsività, ma originate da una riflessione attenta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Per contribuire alla riflessione relativa al senso che può assumere la scelta di applicare il PAS in ambito scolastico - o in altro specifico contesto - inviare un contributo intitolato 

(massimo una cartella dattiloscritta), tramite posta elettronica, all' indirizzo: gaiamente@tiscali.it scrivendo nella casella "oggetto": Riflessioni sul PAS.

 

 

I contributi possono essere inviati in forma anonima oppure essere accompagnati da alcune righe di presentazione dell'autore. 

Per ulteriori informazioni si veda la pagina "gentili collaboratori".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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