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Se lo scopo è salvare ogni embrione
l’unica strada è il divieto totale

Un modello matematico dimostra che pochi cambiamenti sarebbero bastati a migliorare una legge
che impone ai medici la malpractice ed è così confusa da negare le sue stesse premesse ideologiche

GIUSEPPE BENAGIANO, LUCA GIANAROLI

opo più di un decennio di accesi dibattiti e contrapposizioni e dopo una dozzina di proposte di legge, il 19 febbraio 2004 il Presidente della Repubblica Italiana ha promulgato la Legge 40/2004 «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»(nota 1). Dopo un’attesa così lunga l’Italia avrebbe avuto diritto a una legislazione migliore. Ciò che è stato creato invece è uno strumento che impone procedure che sarebbero considerate malpractice, cattiva pratica medica, nella maggior parte degli stati occidentali(nota 2).
L’inizio della vita è considerato, in termini assoluti, l’argomento più delicato ed eticamente complesso da regolare e ai parlamenti eletti democraticamente è riconosciuto il diritto di fare leggi sull’ambiente socio- culturale in cui le tecniche di riproduzione assistita devono essere praticate(nota 3). Ma questo diritto non può arrivare a imporre pratiche mediche che sono deleterie per le pazienti perché limitano severamente le possibilità di ottenere una gravidanza e, allo stesso tempo, aumentano il numero e la complessità delle procedure a cui le donne devono sottoporsi, esponendone alcune a un aumento inaccettabile del rischio di gravidanze multiple. L’estrema delicatezza della materia da regolamentare avrebbe dovuto promuovere un dibattito ampio e dettagliato all’interno e all’esterno del Parlamento, per giungere a una rifinitura delle disposizioni di legge anche all’interno della filosofia complessiva che l’ha ispirata. Quello che si è verificato invece è esattamente l’opposto. Il dibattito nella società civile è stato ampio e dettagliato, ma il testo proposto è passato attraverso la Commissione Sanità e i due rami del Parlamento senza alcuna modifica. In altre parole il testo è rimasto totalmente blindato e impenetrabile a ogni cambiamento durante l’intera procedura che è durata due anni. I sostenitori della legge hanno difeso questo approccio di chiusura argomentando che aprire il testo agli emendamenti avrebbe significato rimandare la sua approvazione indefinitamente. Questo ragionamento è carente per il semplice fatto che il testo è chiaramente impreciso e confuso, perfino se viene giudicato tenendo fermi i suoi principi ispiratori.
La legge presenta tre ordini di problemi, che riguardano i suoi risvolti sociali, il rispetto dei diritti umani fondamentali e le applicazioni delle tecniche. Questo articolo non intende discutere le conseguenze sociali della legge – in particolare il problema dell’accesso alla riproduzione assistita – sebbene esse siano importanti e di vasta portata, ma vuole piuttosto concentrarsi sul fatto che le nuove regole contrastanocon diritti umani fondamentali e con l’adeguata applicazione delle tecniche di fecondazione in vitro (Fiv).
C’è una filosofia generale che ispira e condiziona la nuova legge: la santità della vita umana sin dal suo inizio. Si tratta di una posizione lodevole che in linea di principio potrebbe essere condivisa dalla maggioranza degli italiani. In linea di principio però, perché non solo l’Italia ha una legge liberale sull’aborto, ma questa è stata sottoposta a un referendum popolare circa venti anni fa uscendone confermata. Il problema dell’armonizzazione della legge sulla Fiv con quella sull’aborto si pone nell’articolo 14 al paragrafo 1, che specificamente afferma: «È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194». La legge 194 concede alla donna il potere di richiedere l’interruzione di gravidanza entro 90 giorni dall’ultimo periodo mestruale. Questo significa che oggi c’è una legge che protegge gli embrioni prima dell’impianto e un’altra che ne permette la loro «soppressione » dopo. È certo che trovare il modo di applicare contemporaneamente due concetti totalmente opposti diventerà un incubo legale.


Una premessa ideologica

Come abbiamo già sottolineato la nuova legislazione mira a prevenire la perdita di ogni embrione umano ai primi stadi di sviluppo, sebbene non dica niente riguardo allo stato dell’ovulo fecondato. L’obiezione fondamentale a questa filosofia è di natura teorica: la fecondità umana raramente eccede lo 0,3 (note 4,5,6) e questo significa che la natura seleziona negativamente, negli stadi molto precoci, l’assoluta maggioranza degli ovuli umani fecondati(nota 7). Poiché almeno il 60% degli embrioni umani non raggiunge mai lo stadio di gravidanza “riconosciuta”, come si può pretendere che la riproduzione assistita venga praticata senza sprecarne neanche uno? In queste circostanze l’unica scelta possibile per i legislatori sarebbe stata quella di vietare tout court la fecondazione assistita, cosa che, ovviamente, non hanno avuto il coraggio di fare(nota 2). A questo riguardo la legge del Costa Rica che proibisce del tutto la Fiv è più coerente(nota 8).



Quindi i legislatori si sono rifiutati di trarre l’unica logica conclusione che discende dalla loro premessa ideologica e i risultati sono stati disastrosi. Solo pochi esempi saranno sufficienti a convincere della necessità di modificare questo testo qualunque persona in buona fede, indipendentemente dal suo punto di vista etico.
L’articolo 6 al paragrafo 3 è intitolato «consenso informato» e riguarda le procedure che devono essere utilizzate per assicurare che entrambi i partner esprimano la volontà di sottoporsi alla procedura «per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura». Questo articolo continua affermando: «La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell’ovulo». Ciò significa che la legge 40/2004 priva la donna (e in realtà entrambi i partner) del diritto a cambiare idea dopo il prelievo dell’ovocita in aperta violazione di un diritto fondamentale, la libertà di sottoporsi o meno a un trattamento, mentre contemporaneamente la legge 194 concede alla stessa donna il diritto di abortire più tardi. Le linee guida che, è importante ricordare, sono solo un atto amministrativo, rimuovono solo parzialmente la coercibilità del trasferimento.
Un’altra apparente violazione di un diritto umano fondamentale, quello alla privacy, è contenuta nell’articolo 11, che al paragrafo 1 afferma: «È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l’Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell’applicazione delle tecniche medesime ». L’intero articolo non dice niente sulla protezione dell’identità dei nati, i quali apparentemente non hanno diritto all’anonimato, poiché i loro nomi devono essere inseriti in un registro nazionale. Allo stesso modo non si dice niente sulla protezione dell’identità delle donne che si sottopongono a Fiv. In aperto contrasto con questa mancanza di attenzione da parte dei legislatori italiani, il British Human Fertilization and Embryology Act prevede che la rivelazione di informazioni che identifichino chi si è sottoposto a un trattamento in una clinica di fecondazione assistita è proibita perfino quando il paziente la consente(nota 9).
L’articolo 16, intitolato «Obiezione di coscienza », esonera in maniera specifica «il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie» dal partecipare «alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita»: in altre parole autorizza il personale medico e paramedico a rifiutare di prendere parte a qualunque procedura di riproduzione assistita verso la quale si abbiano obiezioni etiche. Questa disposizione è stata inserita per proteggere le persone che, su base etica, sono contrarie alla Fiv nel suo complesso. Una clausola identica esiste anche nella legge che nel 1978 ha legalizzato l’interruzione di gravidanza. Nel caso di aborto indotto, tuttavia, la procedura è abbastanza semplice da essere eseguita da qualsiasi ginecologo. Perciò a quel tempo era stato ipotizzato che, senza il diritto all’obiezione di coscienza, i medici avrebbero potuto essere costretti dall’amministrazione dell’ospedale a fare qualcosa a cui erano eticamente contrari. Quando ci si occupa di riproduzione assistita la disposizione può essere valida in linea teorica nel caso di personale paramedico. Per gli specialisti coinvolti nella Fiv, però, questa clausola è chiaramente superflua, perché si tratta di una tecnica che richiede assolutamente una specifica formazione. Sembra altamente improbabile che gli oppositori della Fiv diventino così competenti da poter essere costretti a eseguire le procedure. Quindi, per ironia della sorte, gli unici specialisti che potrebbero avvalersi della clausola sull’obiezione di coscienza sono quelli che credono che, applicando la legge, potrebbero danneggiare le pazienti. Molti di questi specialisti ora si trovano in una situazione impossibile. Sono specializzati in tecniche che non possono essere applicate in modo adeguato, quindi in alcune circostanze potrebbero essere costretti a rifiutarsi di eseguire la Fiv e a indirizzare all’estero le coppie per cui le restrizioni imposte dall’attuale legislazione creano un problema medico. L’articolo 16, tuttavia, non permette una «obiezione di coscienza selettiva»: o si accetta la legge com’è e la si applica a tutte le coppie, o non si può praticare la Fiv.
La differenza fra l’obiezione di coscienza nel caso dell’aborto volontario e in quello della Fiv è evidenziata da un fatto: nel 1978 circa l’80% dei ginecologi ha esercitato questo diritto. Sebbene i tre mesi concessi dalla nuova legge per fare obiezione di coscienza non siano ancora scaduti, al momento in cui scriviamo non si segnalano casi di esercizio di questo diritto rispetto alla Fiv.
L’articolo 14 ai paragrafi 1 e 2 vieta: «la crioconservazione degli embrioni», «la soppressione degli embrioni» e di «creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario a un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre». La conclusione inevitabile, per chiunque abbia anche solo una vaga familiarità con le tecniche Fiv, è che la legge italiana permette la fecondazione di tre ovociti soltanto e obbliga il trasferimento di tutti e tre i possibili embrioni. Questo è inaccettabile dal punto di vista medico. Da una parte, fecondando solamente tre ovociti si compromettono le probabilità di successo per le donne non più giovani, poiché i tassi di fecondità decrescono con l’età(nota 10) e i migliori risultati si ottengono prelevando un numero di ovociti che va da sei a dieci(nota 11). Dall’altra il trasferimento di tre embrioni può essere eccessivo nel caso delle donne giovani(nota 12). La legge non cita gli zigoti, forse perché chi ha scritto il testo presumeva che uno zigote fosse un embrione mentre ovviamente non è così. In realtà come sottolinea Ford(nota 13), un ben noto e stimato teologo, persino in termini filosofici c’è a malapena una continuità ontologica tra uno zigote e un embrione. Quindi, in tutta onestà, è difficile sostenere che la clausola della legge che vieta la crioconservazione degli embrioni si applica automaticamente al congelamento degli zigoti.


Un modello matematico

Le direttive definite dalla nuova legge non hanno chiarito questo punto; comunque, non si può riempire il vuoto legale creato da un testo impreciso.
Al fine di illustrare le conseguenze tecniche dell’applicazione della nuova legge è stato creato un modello matematico per simulare una situazione in cui 1.000 ovociti sono prelevati da 100 donne. La simulazione è basata su reali risultati ottenuti al Sismer di Bologna e memorizzati nel corrispondente database (Ferraretti, Gianaroli e Magli, dati non pubblicati). Usando questo modello sono state analizzate un certo numero di ipotesi. Il primo test è servito a valutare l’effetto di un aumento da tre a cinque del numero di ovociti che può essere fecondato. I dati mostrati nella tabella 1 indicano che questo incremento sarebbe sufficiente a far crescere in modo sostanziale il numero atteso di nati vivi con un rischio minimo di ottenere embrioni in eccesso. Questi potrebbero essere facilmente crioconservati, con un rischio minimo di non essere utilizzati. Anche se per 100 donne le differenze non sono significative o, al più, di significatività incerta, quando i calcoli sono eseguiti su un campione di 200 pazienti le differenze diventano significative dal punto di vista statistico.
La seconda ipotesi ha preso in considerazione la possibilità di crioconservare ovociti, che non è proibita dalla legge. Come ben sa chiunque sia coinvolto nella Fiv, sfortunatamente questa procedura non porta a risultati soddisfacenti(nota 14). I dati presentati in tabella 2 confermano i risultati assai modesti che ci si può attendere quando si congelano ovociti sovrannumerari. Anche se i risultati dovrebbero essere notevolmente migliori congelando 70 ovociti piuttosto che 50, la differenza nel numero di nascite previste per i due gruppi sarebbe solo una media di 2,3 e 1,6 rispettivamente. È interessante osservare come in questa simulazione la percentuale cumulativa di coppie con bambino in braccio sia significativamente più alta nel gruppo con un minor numero di ovociti soprannumerari crioconservati. Questo dato dimostra che il numero di nascite associato al trasferimento di embrioni generati da ovociti crioconservati è del tutto trascurabile.
La terza ipotesi è servita per cercare di verificare le conseguenze del congelamento di zigoti. Si tratta di un’opzione interessante poiché, come abbiamo già detto, la legge ignora il fatto che zigoti ed embrioni sono due entità separate. I calcoli mostrano che sarebbe stato sufficiente permettere espressamente la crioconservazione degli zigoti allo stadio di due pronuclei per aumentare significativamente l’efficienza della procedura. Se si mette a confronto il numero di nascite attese a partire da 100 ovociti scongelati con quello calcolato per lo scongelamento di 100 zigoti, i risultati sono chiaramente migliori per gli zigoti scongelati (4,6 nascite contro 0,33) e il dato raggiunge una significatività statistica quando il calcolo viene effettuato su 200 ovociti e 200 zigoti, visto che è necessario avere numeri relativamente grandi per un valore statistico.
In realtà il congelamento di zigoti allo stadio di due pronuclei fornisce risultati sufficientemente buoni per giustificare un confronto tra la crioconservazione di embrioni e quella di zigoti. Perciò è stato simulato un caso in cui i 10 ovociti prelevati a ogni donna vengono fecondati tutti; nel modello metà degli embrioni risultanti vengono immediatamente trasferiti e i cinque che restano sono crioconservati. Questa situazione è stata confrontata con quella alternativa in cui, dopo la fecondazione di tutti gli ovociti, una media di 3,5 per ciclo sono tenuti in coltura, mentre i rimanenti sono crioconservati allo stadio di pronuclei. I risultati sono mostrati in tabella 3: nel caso del congelamento di ovociti sovrannumerari la percentuale cumulativa di nascite, derivata dal trasferimento di embrioni freschi e da quelli originati da ovociti scongelati, sarebbe il 33,6%. Questo risultato è significativamente più basso di quello che può essere ottenuto congelando zigoti allo stadio di due pronuclei. In quest’ultimo caso, che rappresenta una situazione ammessa dalla legge tedesca, la percentuale cumulativa di bambini che nascerebbero è un ottimo 55%. Questi calcoli mostrano che, con piccole variazioni, l’attuale legge avrebbe potuto essere migliorata in modo sostanziale senza tradire il principio guida di rispetto per l’inizio della vita.


Gli embrioni in eccesso

C’è, infine, un amaro commento da fare: perfino coloro che hanno avuto un ruolo centrale nello scrivere il testo e nel portare a termine la sua approvazione si sono mossi per far sì che la legge non fosse applicata secondo l’interpretazione più coerente. Un esempio può illustrare quanto sia confusa questa posizione: la legge consente il ricorso alle tecniche di procreazione assistita solo nei casi in cui sia accertata la sterilità o l’infertilità (art. 4) e prevede che la ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni sia permessa solo se lo scopo è terapeutico e diagnostico (art. 13), ma le coppie portatrici di malattie genetiche trasmissibili al concepito non possono usufruire delle tecniche se non sono sterili.



Durante lo stadio finale del dibattito parlamentare, nove giorni prima che il testo diventasse legge, la Camera dei deputati ha approvato una mozione(nota 15) che impegna il Governo ad adottare, nell’ambito delle linee guida previste dall’articolo 7, opportune iniziative per permettere l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche alle coppie non sterili, portatrici di malattie genetiche trasmissibili al concepito e per consentire a queste coppie il non trasferimento in utero degli embrioni malati. Come abbiamo già notato l’articolo 14 al paragrafo 1 afferma: «È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194». Quindi se si assume che il paragrafo 1 dell’articolo 14 permette l’applicazione della legge sull’aborto nel caso di embrioni malati, ci si sente obbligati ad accettare che lo stesso articolo permetta, allo stesso modo, il «non trasferimento» degli embrioni soprannumerari, a patto che la coppia dia il suo consenso. Questo perché l’articolo 14 non contiene alcuna limitazione.
Sembra quindi che, applicando la disposizione del paragrafo 1 dell’articolo 14 nel modo definito in questa mozione, gli specialisti potrebbero facilmente fecondare 5 ovociti perché, anche se la procedura produce 5 embrioni, tecnicamente, col potere conferito dalla legge 194/1978 la donna potrebbe semplicemente decidere di «non trasferire» gli embrioni prodotti in eccesso. A ogni modo dovrebbe essere messo in evidenza che questa e altre mozioni approvate dal parlamento hanno in realtà scarso peso e sono ignorate dalle linee direttive. Anche il paragrafo 4 dell’articolo 14 è connesso all’applicazione della legge 194. Esso afferma: «Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194». Ancora una volta non c’è indicazione che la legge 194/78 ponga restrizioni sulla riduzione degli embrioni durante il primo trimestre. In conclusione, l’Italia si confronta oggi con una nuova legge che non solo limita gravemente la capacità dei medici di applicare correttamente le tecniche di riproduzione assistita, ma è così confusa che, a seconda dell’interpretazione, chiunque può cercare di confutare la principale premessa ideologica su cui l’intera legge è stata costruita. Come ha evidenziato Schopenhauer, l’umanità non può andare avanti senza una buona dose di assurdità.

Note
1) Repubblica Italiana, Legge 19 febbraio 2004, Norme in materia di procreazione assistita. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Serie generale 45, 5-12, 24 febbraio 2004.
2) Benagiano G. 2002. Una legge che impone la malpractice? Osservazioni di un ginecologo sulla proposta di legge. Bioetica 10, 561-563.
3) Benagiano G., Farris M. 2003. Public health policy and infertility. Reproductive BioMedicine Online 7, 606-614.
4) Vessey M., Doll R., Peto R. et al. 1976. A long-term followup study of women using different methods of contraception. An interim report. Journal of Biosocial Science 8, 373-385.
5) Wang X., Chen C., Wang L. et al. 2003. Conception, early pregnancy loss, and time to clinical pregnancy: a populationbased prospective study. Fertility and Sterility 79, 1517-1521.
6) Balakrishnan T.R. 1979. Probability of conception, conception delay and estimates of fecundability in rural and semi-urban areas of certain Latin-American countries. Social Biology 26, 226-236.
7) Benagiano G., Pera A. 1992. Il destino dell’uovo umano fecondato nei primi giorni del suo sviluppo. In: Quale statuto per l’embrione umano: problemi e prospettive. Mori M. (ed.), Bibliotechne, Milano, pp. 45-51.
8) Republica de Costa Rica, Decreto de la Reproduccion assistida 24029-S 1995. Gazeta Oficial 45, del 3 marzo 1995.
9) Human Fertilization and Embryology Authority 1993 Code of Practice. Human Fertilization and Embryology Authority, Londra.
10) Lim A.S., Tsakok M.F. 1997. Age-related decline in fertility: a link to degenerative oocytes? Fertility and Sterility 68, 265-271.
11) Melie N.A., Adeniyi O.A., Igbineweka O.M., Ajayi R.A. 2003 Predictive value of the number of oocytes at ultrasounddirected follicula aspiration with regard to fertilization rates and pregnancy outcome in intracytoplasmic sperm injection treatment cycles. Fertility and Sterility 80, 1376-1379.
12) Jones H.W. 2003. Multiple births: how are we doing? Fertility and Sterility 79, 17-21.
13) Ford N.M. 1988. When did I begin? Conception of the Human Individual in History, Philosophy, and Science. Cambridge University Press, Cambridge, Regno Unito.
14) Picton H.M., Golden R.G., Leibo S.P. 2002. Cryopreservation of oocytes and ovarian tissue. In: Vayena E., Rowe P.J., Griffin P.D. (eds) Current Practise and Controversies in Assisted Reproduction (report of a WHO Meeting). World Health Organization, Ginevra, pp. 142-151.
15) Camera dei Deputati 2004. Ordine del Giorno presentato da Giuseppe Palombo martedì 10 febbraio 2004 nella seduta 421. ODG in Assemblea su P.D.L. 9/00047-EDABB/018, Tipografia della Camera del Deputati, Roma.



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