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Dagli ovociti agli embrioni
il congelamento non è uguale per tutti

I bambini nati con la sperimentazione italiana sono tredici ma la crioconservazione delle cellule uovo
non rappresenta ancora un’alternativa alle procedure consolidate vietate dalla legge

ANDREA BORINI

a possibilità di congelare, conservare e poi recuperare gameti vitali è di estrema importanza in medicina della riproduzione. Già dai primi esperimenti di Polge(nota 1) sugli spermatozoi nel 1949 è apparsa evidente l’importanza del congelamento nella conservazione della fertilità dell’uomo. Per la donna questa possibilità si è aperta molto più tardi e per di più solo conservando embrioni. Infatti è del 1983 il primo successo che ha portato alla nascita di un bambino a partire da un embrione che era stato congelato allo stadio di 8 cellule(nota 2).
Questo risultato è stato raggiunto grazie a metodiche di fecondazione assistita che avevano consentito la formazione di embrioni fuori dal corpo della donna. La necessità di non distruggere ma di poter conservare gli embrioni in sovrannumero per un utilizzo successivo aveva spinto i ricercatori a scoprire un metodo di congelamento che consentisse agli embrioni di essere vitali dopo lo scongelamento. Da allora migliaia e migliaia di bambini sono nati grazie a questa metodica. Il congelamento aveva quindi una motivazione ben precisa: aiutare le coppie che si sottoponevano a trattamenti di fecondazione assistita ad avere risultati migliori con un unico ciclo di stimolazione. Non poteva certamente essere pensato come metodo per preservare la fertilità delle donne. Per formare embrioni infatti sono necessari un uomo e una donna, quindi sono escluse, ad esempio, tutte le ragazze che chiedono di conservare la propria fertilità prima di sottoporsi a una chemioterapia e non hanno un partner stabile con cui formare embrioni da congelare per il futuro. Solo recentemente si è avuta la nascita di un bambino dopo congelamento e scongelamento di ovociti umani(nota 3). Nel giro di qualche anno sono state descritte altre gravidanze, ma l’efficienza del metodo si è rivelata più bassa di quella ottenuta con gli embrioni, per cui il congelamento degli ovociti non è stato molto utilizzato nella pratica clinica quotidiana. Questa review si occuperà essenzialmente dell’utilizzo del congelamento di ovociti, ootidi (ovociti allo stadio di due pronuclei) ed embrioni come supporto a trattamenti di fecondazione assistita dove l’elevato numero di ovociti prelevati consente di poter utilizzare gli ovociti stessi, gli ootidi o gli embrioni sovrannumerari in cicli successivi, senza dover iniziare una nuova terapia di induzione multipla dell’ovulazione.
Il congelamento degli ovociti consente di superare i problemi legali, morali ed etici che si pongono con il congelamento degli embrioni. Infatti la possibilità di congelare i gameti femminili e la loro eventuale distruzione nel caso si ritenga di non doverli più utilizzare non comportano particolari problemi. Di contro, però, i risultati che si ottengono dopo lo scongelamento sono peggiori rispetto a quelli relativi allo scongelamento degli embrioni. L’ovocita infatti, per le sue caratteristiche di cellula grande e con alto contenuto di acqua, incontra maggiori problemi di sopravvivenza nei vari passaggi del congelamento e scongelamento. Inoltre gli ovociti, prelevati dopo stimolazione ovarica, sono nella metafase della seconda divisione meiotica. In questa fase i 23 cromosomi sono legati ai microtubuli del fuso mitotico e pertanto sono molto sensibili ai cambiamenti di temperatura. L’eventuale depolimerizzazione dei microtubuli dovuta alle basse temperature può portare a un’alterata separazione dei cromosomi al momento della fecondazione e quindi a un aumento delle aneuploidie. Gli embrioni con aneuploidie difficilmente si impiantano e danno una gravidanza.
Recentemente abbiamo riportato la nascita di 13 bambini sani dopo congelamento e scongelamento di ovociti(nota 4). Questo approccio è stato utilizzato per coppie che non volevano avere embrioni sovrannumerari, recuperando tutti gli ovociti presenti dopo stimolazione, fecondandone solo tre e congelando gli altri. La paziente aveva perciò fino a un massimo di tre embrioni da trasferire e, se non otteneva la gravidanza, rimanevano un certo numero di ovociti congelati da poter utilizzare successivamente. Dopo l’entrata in vigore della legge 40, questo è quello che possono fare tutte le pazienti.
Se guardiamo i risultati dopo scongelamento, però, vediamo che solo il 37% degli ovociti sopravviveva ed era utilizzabile per l’inseminazione. Anche la percentuale di fecondazione era bassa: solo il 45,4% degli ovociti veniva fecondato in maniera normale. In confronto la percentuale di fecondazione di ovociti freschi nel nostro centro è in media del 65%. Era del tutto normale, invece, la percentuale di divisione a embrione: l’86,3%. La tabella 1 illustra come gli embrioni creati dopo scongelamento di ovociti abbiano una buona performance una volta trasferiti in utero. Delle 68 pazienti che abbiamo trattato solo 59 hanno effettuato il trasferimento di questi embrioni, ottenendo 15 gravidanze con l’impianto di 17 embrioni. Tre gravidanze sono andate incontro ad aborto e 13 bambini sono nati, di cui 5 maschi e 8 femmine. Le percentuali di gravidanza per paziente e per trasferimento sono state rispettivamente del 17% e del 25,4%.
Un calcolo che si usa fare in medicina della riproduzione per verificare l’efficacia di una tecnica di congelamento è il calcolo della percentuale di gravidanza cumulativa. In pratica si analizza un gruppo di donne che hanno eseguito un trasferimento di embrioni “su fresco” e o sono rimaste gravide, o hanno scongelato gli ovociti fino a ottenere una gravidanza o fino a esaurire gli ovociti congelati. Su 86 pazienti, trattate 24 gravidanze sono state ottenute su fresco con una percentuale del 27,9%. Le altre donne sono tornate per scongelare gli ovociti e, in totale, sono state ottenute altre 14 gravidanze su 75 cicli di scongelamento effettuati, con una percentuale di gravidanza del 18,6%. Se andiamo a sommare le gravidanze ottenute su fresco (24) e quelle ottenute su scongelamento (14), otteniamo 38 gravidanze totali. Considerando che le pazienti erano 86 si ottiene una percentuale di gravidanza cumulativa del 44,2%. Questa percentuale è bassa rispetto a quelle che si possono ottenere cumulativamente dopo scongelamento degli embrioni, ma molto buona se si considera che queste pazienti per motivi etico-religiosi non avrebbero mai accettato di generare più embrioni di quelli necessari a un unico trasferimento.


Il congelamento degli ootidi

Quando si parla di ootide si intende un ovocita che è stato fecondato da uno spermatozoo ma presenta i corredi cromosomici materno e paterno ancora separati. In pratica non si è ancora verificata la opposizione sulla piastra metafasica dei due corredi cromosomici che denota la formazione dello zigote. Si parla di embrione, invece, quando il processo di fecondazione è terminato e si è verificata la prima divisione cellulare. Il congelamento degli ootidi è utilizzato in Germania, Austria e Svizzera dove la legge sulla protezione dell’embrione impedisce di congelare a qualsiasi stadio di divisione. Questa scelta è puramente etica, perché nell’ootide non si è ancora formato il nuovo genoma che caratterizza l’embrione. Di conseguenza nel caso non si dovessero più utilizzare questi ovociti fecondati, li si potrebbe distruggere senza incorrere nei problemi di ordine etico che caratterizzano la distruzione dell’embrione.
La metodica prevede che si scongelino non più di 2 o 3 ootidi per volta, se sopravvivono e danno origine a 2 o 3 embrioni si procederà al trasferimento, altrimenti si procederà allo scongelamento di altri ootidi e così via, fino a ottenere 2 o 3 embrioni da trasferire in utero. L’ootide ha una migliore resistenza al congelamento e allo scongelamento e quindi il tasso di sopravvivenza è più alto rispetto agli ovociti prima della fecondazione. Questa differenza sembra dovuta al fatto che nell’ootide non è più presente una struttura particolarmente delicata, il fuso mitotico, e i cromosomi sono protetti all’interno di ciascun pronucleo. In letteratura quasi tutti i lavori che riportano dati sul congelamento di ootidi dimostrano un’alta percentuale di sopravvivenza dopo scongelamento, che va dall’87% al 90%(note 5,6,7).
Il gruppo di Damario(nota 7) riporta gli stessi risultati in termini di sopravvivenza e gravidanza per ootidi ottenuti con fecondazione in vitro standard (90,4% e 40,6% rispettivamente) e iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo o Icsi (91,1% e 44,1% rispettivamente). In Italia è stato recentemente pubblicato un lavoro di Gangitano(nota 8) che dimostra come il congelamento di ovociti allo stadio di due pronuclei sia una metodica affidabile ed efficace. In 171 cicli effettuati sono stati scongelati 770 ootidi e trasferiti 657 embrioni con una sopravvivenza dell’86%. Si sono ottenute 57 gravidanze con 70 embrioni impiantati, con una percentuale di gravidanza del 35% e di impianto del 10,6%. In questo studio si comparavano anche i risultati ottenuti con il congelamento di embrioni allo stadio di 4-8 cellule e di blastocisti. Le percentuali di sopravvivenza per le varie metodiche sono risultate praticamente sovrapponibili mentre la percentuale di gravidanza era a favore del congelamento degli ootidi.


Il congelamento degli embrioni

Sebbene la prima gravidanza ottenuta a partire da embrioni congelati sia del 1983, fino a metà degli anni ‘90 non erano tantissimi i centri che utilizzavano questa metodica. Si pensi ai risultati della Società di Medicina della Riproduzione Americana riportati da Fugger(nota 9) nel 1989: in 25 centri erano stati congelati un totale di 4.460 embrioni a 2-8 cellule e 341 blastocisti con una percentuale media di gravidanza per trasferimento del 13,4%. Dieci anni dopo, nel 1999, i risultati riportati dal registro americano erano di 348 centri, con un totale di oltre 12.000 cicli di scongelamento effettuati e una percentuale di gravidanza del 24,1%(nota 10).



Il fatto che il follow-up dei bambini nati da embrioni scongelati non abbia evidenziato un aumento di malformazioni o anomalie cromosomiche ha reso la procedura sempre più utilizzata(note 11,12). Il congelamento degli embrioni infatti si è rivelato estremamente utile in diverse situazioni. In primo luogo assicura un aumento della percentuale di gravidanza senza dover ripetere successive stimolazioni ovariche. In secondo luogo riduce il rischio di gravidanze multiple poiché consente di trasferire pochi embrioni – massimo 2 nelle donne al di sotto dei 35 anni e massimo 3 nelle donne oltre i 36 anni – e conservare gli altri. Infine riduce il rischio di iperstimolazione ovarica. Infatti se si effettuasse il trasferimento degli embrioni nelle donne che hanno subito il prelievo di un elevato numero di ovociti e presentano un volume ovarico aumentato e si ottenesse la gravidanza, si avrebbe un’incidenza maggiore di sindrome da iperstimolazione ovarica.



La possibilità di congelare e conservare gli embrioni, invece, consente di non procedere al loro trasferimento e di utilizzarli il mese successivo, quando non c’è più il rischio di iperstimolazione.
Nella pratica clinica quotidiana, al di fuori dell’Italia dove la legge non lo consente, si inseminano più ovociti per ottenere più embrioni tra cui scegliere. Quelli con la morfologia migliore vengono trasferiti nel ciclo fresco e quelli con una morfologia accettabile vengono congelati. In caso di mancata gravidanza è quindi possibile scongelare questi embrioni e trasferirli in utero. Tutto questo porta a una percentuale di gravidanza cumulativa maggiore del singolo trasferimento di embrioni freschi. I risultati di un nostro studio ci aiutano a capire quale è il vantaggio di poter congelare embrioni in termini di gravidanze cumulative e di riduzione delle gravidanze multiple sulla base del numero di embrioni trasferiti e dell’età della donna. La tabella 2 mostra ciò che avviene quando si trasferiscono 2 o 3 embrioni freschi nei due gruppi di età. È facilmente intuibile che trasferendo 2 o 3 embrioni nel gruppo di età 30-35 anni non si ha un aumento significativo della percentuale di gravidanza (26,5% contro 32,2%) né di gravidanze gemellari (22,8% contro 26,4%), mentre aumenta significativamente la percentuale di gravidanze trigemine (0% contro 8%). La percentuale di impianto nei due gruppi è simile a dimostrazione del fatto che gli embrioni sono di pari qualità nei due gruppi studiati (16,3% contro 15,7%). Nel gruppo di età 36-40 anni, invece, trasferendo 2 o 3 embrioni la percentuale di gravidanza è più bassa nel gruppo con 2 embrioni, mentre la percentuale di gravidanze gemellari non differisce statisticamente. In nessuno dei due gruppi si sono verificate delle gravidanze trigemine.
Quando andiamo a valutare i risultati con gli embrioni congelati (tabella 3) vediamo che nel gruppo di età 30-35 anni non vi sono differenze in termini di gravidanze (24,9% contro 25,8%) e gravidanze gemellari (10,6% contro 8,1%), mentre anche in questo caso aumentano le gravidanze trigemellari quando si trasferiscono 3 embrioni (0,6% contro 2%). Nel gruppo di età 36-40 anni abbiamo percentuali simili nei due gruppi e, anche con gli embrioni congelati, non si ottengono gravidanze trigemine. La tabella 4 mostra la percentuale di gravidanza cumulativa e anche quella di gravidanze aspettate, cercando di prevedere cosa può accadere con gli embrioni ancora congelati sulla base delle percentuali ottenute nei cicli già effettuati.



Come si vede, nel gruppo di età 30-35 anni la percentuale di gravidanza cumulativa resta simile quando si trasferiscono 2 o 3 embrioni (44,9% contro 0,3%), così come simili sono le gravidanze gemellari (17,8% contro 19,8%), mentre rimane più alta la percentuale di trigemine quando si trasferiscono 3 embrioni. Nel gruppo 36-40, invece, la percentuale di gravidanza cumulativa e aspettata è più bassa nel gruppo con 2 embrioni trasferiti.
La conclusione che si può trarre da questi dati è che nelle donne dai 30 ai 35 anni bisogna trasferire 2 embrioni e congelare gli altri, perché così facendo aumenta la percentuale di gravidanza – dal 26,5% che si ottiene su fresco, al 44,9% cumulativo dopo gli scongelamenti, fino addirittura al 55,8% quando si considerano anche le gravidanze aspettate – e diminuisce in maniera significativa la probabilità di gravidanze trigemine, mantenendo la stessa probabilità di gravidanza cumulativa. Nelle donne dai 36 ai 40 anni invece si possono trasferire fino a 3 embrioni e congelare gli altri. Questo consente di aumentare la percentuale di gravidanza – dal 33,8% al 40,8% dopo scongelamento fino addirittura al 46,3% quando si considerano le gravidanze aspettate – e di tenere comunque bassissima la probabilità di avere gravidanze trigemine. Inoltre si riduce il rischio di iperstimolazione ovarica senza diminuire le probabilità di gravidanza. In un nostro lavoro del 1995 abbiamo dimostrato che, differendo il trasferimento degli embrioni e congelandoli, nei casi di elevato rischio di iperstimolazione ovarica si mantenevano elevate probabilità di gravidanza dopo scongelamento senza incorrere in casi di iperstimolazione ovarica severa(nota 13).
In conclusione il congelamento ha un ruolo fondamentale in medicina della riproduzione, come completamento dei trattamenti di fecondazione assistita. Oggi in Italia la metodica più sperimentata e utilizzata nel panorama internazionale, il congelamento degli embrioni, non è più praticabile. Nel nostro paese è consentito soltanto congelare ovociti, una metodica molto nuova che non conta più di 100 bambini nati nel mondo.
L’auspicio è che il congelamento degli embrioni torni a essere possibile fino al momento in cui quello degli ovociti non sarà diventata una metodica più utilizzata e avrà dato vita a diverse migliaia di bambini. In quel momento è probabile che il congelamento degli ovociti sarà preferito dai pazienti. Un nostro lavoro(nota 14) dimostra infatti che per chi ha già ottenuto una gravidanza ma ha ancora degli embrioni congelati è difficile decidere il destino dei propri embrioni. Il 25% delle coppie lascia che scadano i termini del congelamento senza assumersi la responsabilità della decisione, solo il 6% decide di donarli ad altre coppie e il 30% di prorogare la conservazione. Il congelamento degli ovociti, ovviamente, solleverebbe i pazienti da queste difficili decisioni.

Note
1) Polge C. et al., Revival of spermatozoa after vitrification and dehydration. Nature 164:666 (1949).
2) Trounson A. et al., Human pregnancy following cryopreservation, thawing and transfer of an eight-cell embryo. Nature 305: 707-9 (1983).
3) Chen C., Pregnancy after human oocyte cryopreservation. Lancet I:884-886 (1986).
4) Borini A. et al., Pregnancies and births after oocyte cryopreservation. Fertil. & Steril. 82(3): 601-605 (2004).
5) Hoover L. et al., Clinical outcome of cryopresrved human pronuclear stage embryos resulting from intracytoplasmic sperm injection. Fertil. & Steril. 67: 621-624 (1997).
6) Macas E. et al., Impairment of the developmental potentia of frozen-thawed human zygotes obtained after intracytoplasmic sperm injection. Fertil. & Steril. 69: 630-635 (1998).
7) Damario M.A. et al., Pronuclear stage cryopreservation after intracytoplasmic sperm injection and conventional IVF: implication for timing of the freeze. Fertil. & Steril. 72(6): 1049-1054 (1999).
8) Gangitano R.A. et al., La crioconservazione di embrioni umani: situazione attuale e risultati. Contracc Fertil Sessual 30: 199-212 (2003).
9) Fugger E.F. et al., Clinical status of human embryo cryopreservation in the United States of America. Fertil. & Steril. 52: 986- 990 (1989).
10) Society for Assisted Reproductive Technology, American Society for Reproductive Medicine. Assisted reproductive technology in the United States: 1999 results generated from the American Society for Reproductive Medicine/Society for Assisted Reproductive Technology Registry. Fertil. & Steril. 2002 78: 918-931.
11) Wada I. et al., Birth characteristics and perinatal outcome of babies conceived from cryopreserved embryos. Human Reproduction 9: 543-546 (1994).
12) Sutcliffe A.G. et al., Minor congenital anomalies, major congenital malformations and development in children conceived from cryopreserved embryos. Human Reproduction 10: 3332-3337 (1995).
13) Cattoli M. et al., Delayed frozen-thawed embryo transfer in a group of patients at high ovarian hyperstimulations risk. In: IX world congress on In Vitro Fertilization and Assisted Reproduction Eds: A. Aburumieh al. Monduzzi Editore: 443-446 (1995).
14) Cattoli M. et al., Fate of stored embryos: our 10 years experience. European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology 115S: S16-S18 (2004).

Andrea Borini
Responsabile del centro Tecnobios Procreazione di Bologna e presidente del Centro Studi e Conservazione Ovociti e Sperma Umani (Cecos Italia)

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