La Filosofia e il Romanticismo

  Il "Romanticismo"  indica il movimento letterario, filosofico e artistico nato in Germania tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento e si è diffuso rapidamente in Europa, investendo tutti gli aspetti della vita e della cultura.

  Il motivo su cui si è maggiormente insistito nel tentativo di individuare il concetto di R. è quello del primato del "sentimento", e romantico è stato spesso inteso come sinonimo di sentimentale. Con ciò non ci si riferisce soltanto a un atteggiamento psicologico individuale (che fu un elemento nella fase declinante del R.), ma in primo luogo a una posizione filosofica, a determinare la quale concorrono tanto l'eredità della Critica del giudizio di I. Kant, che aveva lasciato intravedere una conciliazione "sentimentale" tra scienza e moralità, tra natura e spirito, quanto la polemica contro l'astratto razionalismo illuministico, ritenuto incapace di penetrare e comprendere l'essenza nascosta e i profondi legami reciproci delle cose. Questa eccellenza del sentimento, che costituisce l'eredità più vistosa dello Sturm und Drang, si lega strettamente con la convinzione che la realtà sia una totalità organica (l'Uno-Tutto di B. Spinoza) che continuamente si sviluppa, si accresce e si arricchisce superando ogni meta e ogni fine, essendo, il finito incapace di esaurire completamente l'infinito e di realizzarlo. Da ciò derivano gli atteggiamenti, opposti e complementari, del Titanismo e dell'Ironia; il primo esprime l'insofferenza e la ribellione contro il finito, lo sforzo vano, drammatico e doloroso di attingere l'infinito che sfocia in atteggiamenti di nostalgia e di compiacimento del dolore; il secondo esprime il distacco da ogni determinazione finita in quanto sempre provvisoria e quindi tale da non meritare di essere presa sul serio.

  Sul piano filosofico, il primato del sentimento si traduce nella sopravvalutazione dell'arte e della religione, rispetto alla conoscenza filosofico-razionale (J.G. Hamann, J.G. Herder, F.H. Jacobi, F.E.D. Schleiermacher, F.W.J. Schelling) : arte e religione sembrano assai più idonee a mettere l'uomo in rapporto con l'infinità di quanto non lo possa essere la ragione. Il maggior teologo del R., Schleiermacher, definì la religione come il "sentimento dell'infinito"; e Schelling ritenne che il mondo fosse una specie di poema o di opera d'arte di cui l'Assoluto è l'autore e l'esperienza artistica il solo mezzo di interpretazione per l'uomo.  Connessa con questo modo di sentire è anche la filosofia romantica della natura, che considera tutte le forme di esistenza inorganica e organica come momenti o simboli dello sviluppo dello Spirito. L'esaltazione dei valori del sentimento costituisce l'aspetto prevalente sotto cui il R. si diffuse al di fuori della Germania. Nello stesso tempo maturava nella cultura romantica, a opera dei filosofi idealisti J.G. Fichte, F.W.J. Schelling e G.W.F. Hegel, una istanza che condusse a un nuovo concetto di ragione intesa come sapere assoluto e come manifestazione di quella medesima creatività, libertà e attività che opera nella realtà; e poiché la realtà, nel suo libero sviluppo, è sempre sintesi di una opposizione immanente di finito e infinito, anche la ragione non può non essere dialettica, cioè capace di cogliere l'unità nell'opposizione e l'opposizione nell'unità. In tal modo l'Infinito (Autocoscienza, Assoluto, Ragione), lungi dal contrapporsi al finito, si identifica con esso, cioè con il mondo e vi si realizza; questo è il senso dell'affermazione hegeliana che "ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale", e anche il presupposto della sua polemica contro il "falso infinito" e il primato del sentimento.

  Da qui derivano altri aspetti importanti del R., come quelli dell'Ottimismo, del  Provvidenzialismo e dello Storicismo: se la realtà è razionalità ed è dialettica, cioè unità negli opposti e superamento del negativo, il dolore e il male sono momenti necessari e ineliminabili; ma in quanto sono destinati a essere continuamente superati in una sintesi positiva, la realtà è considerata come una totalità pacificata che nel suo svolgimento, cioè nella sua storia, si realizza sempre più compiutamente. Questo atteggiamento ha avuto due esiti opposti : da un lato ha condotto a propugnare o attendersi sintesi sempre più avanzate attraverso la negazione delle determinazioni presenti; dall'altro ha messo capo alla esaltazione della razionalità del presente e alla ricerca nel passato e nella tradizione dei suoi fondamenti positivi. Entrambe queste concezioni favorirono il sorgere di una nuova storiografia, che superò la prospettiva erudita e documentaria e cercò di cogliere il senso generale dello svolgimento storico, e di nuovi ideali, come quello di nazione, intesa come organismo vivente spirituale e morale, oltre che politico.