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La
mobilitazione patriottica:
istituzioni, attività pubbliche e private L'immagine
di Torino, neutralista e pacifista si è conservata nel corso del tempo e ha
finito per cancellare la mobilitazione sia pubblica che privata di assistenza
civile e di propaganda patriottica che si era dispiegata negli anni della
guerra. Si
corre il rischio che prevalga l'immagine di una città molto fredda, estranea ai
doveri umani di solidarietà verso i suoi soldati e le loro famiglie, verso i
feriti, verso i profughi. Soltanto
alcuni tra i vari richiami difensivi permettono di sfatare questa immagine di
Torino come estranea all'impegno patriottico in negativo e perdente in confronto
al dinamismo delle altre città. A
Torino i mutevoli aspetti della mobilitazione civile esprimono una nuova
dinamica sociale e istituzionale con evidenti risvolti politici in tutto il
paese. Il
Comune ha una posizione di centralità nell'ambito della mobilitazione civile:
esso, infatti, cerca di mantenere un'azione attiva e coordinatrice. L'élite
politica locale di governo è consapevole del fatto che la mobilitazione sia un
terreno privilegiato di formazione del consenso cui non è opportuno rinunciare,
con un'attiva presenza operaia in netta maggioranza schierata su posizioni
pacifiste, contro la guerra. La
Giunta Comunale si costituisce come Comitato permanente di assistenza pubblica a
favore delle famiglie. Si cercò presto lo scioglimento di tale Comitato ma
quando venne fatta tale proposta l'idea interventista e nazionalista si batté e
vinse per evitare la fine del Comitato e si formò un nuova Commissione
Esecutiva che non comprendeva nemmeno un membro della vecchia. Il
nuovo Comitato era ora formato da importanti avvocati, professori, soprattutto
di presenza nazionalistica e si dedicava con una gran cura all'attività di
mobilitazione propagandistica soprattutto a sostegno dell'esercito. Il
Comune oltre che le spese di amministrazione richieste dal continuo stato di
guerra stanziò non poco denaro per i bilanci di assestamento dal 1915 al 1918. Le
famiglie bisognose sono in Torino ben 25.000 e per distribuire i fondi la città
viene divisa in 24 zone corrispondenti a 24 sezioni delle guardie municipali
dove i commissari predisposti ricevono due o tre volte alla settimana le domande
valutando e deliberando sui referti delle indagini condotte dagli agenti
erogando i fondi attraverso un contatto personale con i cittadini che ne fanno
richiesta. Il
Comune riuscì a dare strutture di assistenza basate sul contatto diretto sulla
popolazione: sono decine le associazioni volontarie per bambini, malati, feriti,
mutilati. Il
tutto costituisce una testimonianza di un grande volontario impegno personale e
collettivo sia di un numero cospicuo di individui raggiunti da una mobilitazione
assistenziale che richiama e riscopre antiche tradizioni cittadine di
beneficenza. Come
spettro di iniziative si affiancarono anche le attività assistenziali promosse
dalla Chiesa Cattolica come il Cottolengo, l'Opera Diocesana di assistenza ai
profughi. Richelmy promise a proposito numerose funzioni propiziatorie e di
ringraziamento con ampia partecipazione popolare. Frequenti sono le preghiere
per i soldati di guerra o le cerimonie per i soldati sopravvissuti al fronte. Grande
risonanza le feste per la beatificazione del Cottolengo così come grande fu la
partecipazione ai tridui solenni in occasione dell'entrata delle truppe alleate
a Gerusalemme e della vittoria finale nel 1918. Il Gruppo di Lavoro per tale relazione si
è avvalso del libro: "La grande guerra" (1914-1918) di Castronovo. |