Prima Guerra Mondiale
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La Stampa e la Gazzetta del Popolo

 negli anni della prima guerra mondiale

 

Se si può ritenere che i giornali a larga diffusione abbiano svolto un ruolo efficace nel formare l’opinione pubblica torinese i due quotidiani più letti in città “La Stampa” e la “Gazzetta del Popolo” hanno assunto questo ruolo con una consapevole strategia. Rivolti ad un pubblico di lettori solo in parte socialmente coincidenti – la Gazzetta più attenta ai ceti medi e popolari di modesta cultura, ma proprio per questo più disponibili ad una visione acritica - i due quotidiani assumono posizioni diverse e contrastanti quando non esplicitamente opposte nel rapporto con la guerra, con i problemi della politica internazionale e nazionale, con le questioni al centro della vita e della società urbana. Un segno palese di differenza già nei toni e nell’impostazione, prima ancora che nei contenuti e nella posizione politica, consiste nell’atteggiamento assunto nei confronti della guerra combattuta al fronte, delle operazioni militari, della vita in trincea. La censura condiziona, riducendo l’autonomia informativa dei quotidiani – ma non per caso colpisce con minore acribia la filogovernativa Gazzetta, che sceglie l’autocensura evitando di protestare vivacemente come la rivale per il controllo poliziesco – e tuttavia si rileva con facilità la maggiore cautela e attendibilità della Stampa, non avvolta al pari della Gazzetta nell’eccitata retorica propagandistica all’insegna di un ridondante patriottismo risorgimentale, non sempre pronta a sdrammatizzare e giustificare. I toni rimangono moderati, lontani da una visione idealizzata del conflitto;comunque durante la guerra La Stampa non si discosta da un sostegno convinto all’impegno militare, non si chiama fuori dal coro della solidarietà nazionale a maggior ragione dopo la tragedia di Caporetto. Rimane attenta però a mantenere nei limiti del possibile una certa veridicità ed equilibrio di valutazione senza cedere al rassicurante ottimismo privo di incertezze di un Mario Sombrero l’inviato della Gazzetta. Dalle vittoriose avanzate del 1915 alla Strafexpedition austriaca nella primavera del 1916 e alla presa italiana di Gorizia dell’estate, fino alla disfatta di Caporetto e alla ritirata sul Piave dell’ottobre-novembre 1917 come in occasione della ripresa vittoriosa del 1918 la Stampa non trascura di sottolineare alle difficoltà della guerra, la durezza dello scontro e dell’impegno richiesto, ammonisce contro i facili entusiasmi, si discosta dall’iniziale diffusa convinzione di un conflitto rapido, trionfale e senza grandi perdite. Al contrario la Gazzetta di Delfino Orsi, anche quando non può astenersi dal fornire notizie negative come nel caso di Caporetto non rinuncia ad un ottimismo retorico e incrollabile, mentre sollecita e organizza il contributo dei civili al più aperto patriottismo che sembrerebbe avere effetto sui risultati finali. Un’azione continua, tesa a favorire l’interventismo con una crescente propensione per i nazionalisti e che si connota di atteggiamenti marcatamente “antisovversivi”, di vigilanza contro i “sabotatori”dell’impegno nazionale a partire dai socialisti, i primi veri nemici sul fronte interno. La differenza di toni nel rapporto con le vicende belliche e i loro esiti è il risultato di due diversi modi di fare giornalismo ma al tempo stesso di due altrettanto diverse collocazioni politiche dei quotidiani. La Stampa di Trassati è ancora vicina a Giolitti mentre la Gazzetta si mantiene sempre filo governativa, prima a scoperto sostegno di Salandra, poi certo non contraria a Borselli, è sfavorevole a Orlando, ma pronta a sostenerlo dopo Caporetto; è vicina senza esitazioni a Sonnino. La Gazzetta abbandona ormai definitivamente il liberalismo moderato d matrice risorgimentale per accostarsi sempre di più al più aperto nazionalismo, a favore dell’uso della forza come unico strumento idoneo a tutelare gli interessi nazionali individuati nelle integrali rivendicazioni espansionistiche  e in una gestione ferrea e antisocialista della politica interna che porterà la Gazzetta ad appoggiare il fascismo

Tra i problemi cittadini all’ordine del giorno della stampa torinese si propone a più riprese quello grave e decisivo degli approvvigionamenti. La Gazzetta gli presta particolare attenzione, con un atteggiamento propositivo verso le autorità locali e azionali per evitare lentezze e disfunzioni, anche se moderatamente critico per il ritardo nell’assumere i provvedimenti necessari, come calmieri, tessere annonarie, miglioramento dei trasporti, apertura di spacci pubblici. Non vengono risparmiati i commercianti speculatori, di cui si arriva a pubblicare nomi e indirizzi. Il giornale è però ancora una volta attento a non entrare in rotta di collisione con il governo, evita critiche frontali troppo dure nella consapevolezza che un atteggiamento più drastico potrebbe fare il gioco dei “nemici interni”. Ambedue i quotidiani colgono senza incertezze la gravità e il progressivo deteriorarsi della situazione, la Stampa denuncia le autorità municipali accusandole di imprevidenza e inettitudine, prevede i disordini locali che si sarebbero manifestati dovuti al rincaro del pane e degli altri generi di prima necessità.