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Il
ritratto dell’italiano
A “fare gli italiani” ci si erano provati in
molti da quando fu fatta l’Italia. Nella scuola e nel giornalismo, nelle
istituzioni culturali e nei comitati patriottici le fasce intermedie di cultura
umanistica provvedevano alla programmazione dell’italiano nuovo, alla
restaurazione dei privilegi del ruolo dell’intellettuale, all’edificazione
del partito nuovo della borghesia. La borghesia diviene esponente della classe
dirigente, dei fermenti popolari e delle tensioni interne, portando avanti il
“volto dell’italiano”. Il popolo d’Italia ha trovato l’occasione per
essere protagonista del suo tempo: il conflitto mondiale. Ecco il popolo-soldato
recitare la parte del soggetto, neutralizzare e risarcire dubbi, dissolvere
recriminazioni e contrapposizioni antiche. E’
noto che un “ritratto dell’italiano” è pur sempre uno degli strumenti
caratteristici elaborati e gestiti dalla classe dei colti, dagli intellettuali
organici, che attraverso quel ritratto promuovono e garantiscono se stessi, la
propria continuità ed espansione. In questo senso, tutta la storia
postrisorgimentale e prefascista è un seguito di programmazione e di modelli. La costruzione del modello dell’italiano nei
giornali del ’18 rivela una scelta del materiale ideologico che non esaurisce
le possibilità offerte dall’epoca, ma le seleziona con significative
esclusioni. Tra le componenti fondamentali dell’interventismo italiano
troviamo il futurismo, e movimenti grafici ai fogli per le trincee. La vera
impronta dell’ideologia futurista la troviamo però come ideologia, stile,
politica. Alcuni singoli artisti legati al futurismo consegnarono disegni,
scritti, effetti nella campagna di mobilitazione ideologica tra il ’14 e il
’15. La scena
futurista è
dominata dalla conflittualità. La scena nazionalpopolare dei fogli di trincea
è viceversa dominata dal patto sociale tra le classi, dal trasformismo degli
uomini e dei partiti riformulato come fedeltà alla gran madre comune, la
Patria. I giornali per le truppe tentano una sorta d’azione
pedagogica attraverso i giornali: sovrapporre una logica del quotidiano – la
logica della casa, della famiglia - al mondo sinistrato della guerra.
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