Clasja   un racconto di Domenico Cardona

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Solita giornata di lavoro, alla Primex Sport. Sono arrivato col mio solito quarto d’ora di ritardo, ma come responsabile dei sistemi informativi mi posso permettere questo. No, non perché io sia un dirigente con tanto potere. E’ che sarò quasi sicuramente l’ultimo a lasciare gli uffici, la sera, dopo aver completato le procedure informatiche serali e cambiato le cassette magnetiche dei backup.
Salgo la scala che porta agli uffici della direzione, mi fermo un attimo davanti alla vetrata che permette una vista d’assieme del reparto produttivo : 30 ragazze lavorano qui al confezionamento e magazzino, altre 12 fra amministrazione e uffici commerciali. Uomini, pochi. Oltre al Presidente, il vecchio Bresciani, suo genero, Sergio Tinti, il biondino dal sorriso sempre stampato su un viso da bambino mai cresciuto, non fosse per quella mascella quadrata che lo fa sembrare un duro, quando scende dal suo Porsche Carrera.
Rappresentante di articoli cosmetici, fino a qualche anno fa, e li sarebbe rimasto, se a Riccione non avesse trovato il modo di mettere incinta una delle figlie di Bresciani. Stranamente si è affrettato a sposarla. Si capisce fin troppo bene che mi è antipatico. E invece, in fondo, mi ha assunto lui, un anno fa. Poi c’è Danielli, il Direttore Commerciale. Chiudono il gruppo degli uomini il Responsabile della produzione , Breviglieri, e il capo magazziniere Negrini. Innamorato solo della bicicletta: non parla mai con nessuno, sembra che ogni respiro che non spende sul lavoro debba essere sacrificato in sella.
Tante donne, qua dentro, dalle due figlie di Bresciani, Fabiana all’Amministrazione, la moglie di Tinti, e la più vecchia Diana, la stilista. Già, perché di abbigliamento sportivo ci occupiamo. Un giro d’affari non male, se non fosse per la stagnazione dell’economia egli ultimi tempi. I mercati da noi sono ormai saturi, Danielli e Tinti da un po’ si stanno muovendo sui mercati dell’Est. Ma che fatica. Strani paesi , quelli dell’ex comunismo. Vai a vendere, ma , se vuoi durare, anche a produrre. La manodopera costa un niente là, se sai come muoverti, se conosci le persone giuste.
E Danielli, chissà come ha scovato la persona giusta: Diatmolic. Il nostro miglior cliente dell’Europa Orientale, con la sua Sportdiffusion, una catena distributiva che va dalla Serbia alla repubblica Ceca, rappresentanze di vari manche occidentali, da sedici mesi anche la nostra. Ma Diatmolic è anche di più, è l’uomo che ha fatto la seconda fortuna di Tinti, quando gli ha fornito l’opportunità di spostare , in modo non ufficiale, alcune produzioni in Romania. Ah, Tinti fino a due anni fa era solo il genero del padrone , aveva incarichi più di rappresentanza che effettivi. Ma quella sua improvvisa simpatia per Diatmolic, quel loro comprendersi al volo, trovare (accettare solo, forse) nuovi modi di fare affari , legandosi sempre più l’uno all’altro, l’hanno portato alla Direzione Generale effettiva. Il comando, con la recente malattia di Bresciani. E Danielli si è trovato messo in disparte, non ha gradito ma ha dovuto fare buon viso, per il momento.
Proprio Diatmolic è in visita da noi, in questi giorni. La Fiera non se la perde mai. M a, in ogni caso, tre volte l’anno è qua. E’ un uomo sanguigno, giovane ma dal viso e dallo sguardo ottuso, a volte volgare. Non ha mai studiato le lingue, caso strano per un uomo d’affari dell’Est. Se lo può permettere. Ama sfoggiare ad ogni viaggio una nuova segretaria – interprete – accompagnatrice. Ragazze che dallo sguardo al corpo non fanno venire alcun dubbio sulla loro principale occupazione. Belle, sempre. A volte sfrontate, ma mai volgari. Del resto, che aspettarsi in paesi dove ancora c’è la miseria, e una ragazza con un bel corpo sa di avere una maledizione o una miniera d’oro, fra le gambe. Basta intendersi con la propria morale.
Non sono mai le stesse, queste ragazze, ad ogni visita in Italia di Diatmolic. Sorridendo mi chiedo a quale agenzia si rivolge ogni volta, per trovarle tutte così … esperte. Ma devo ammettere che l’inglese lo parlano benissimo, loro, ed anche un italiano decente. Quest’ultimo per compiacere il vecchio Bresciani, Diatmolic pensa a tutto.
Sorpresa. Questa volta la ragazza che lo accompagna è diversa, o almeno a me così sembra: bionda , al solito, vestita in modo vistoso, abiti assolutamente provocanti, ma lo sguardo non è sfrontato e sicuro come ci eravamo abituati. Direi timida , se non sentissi di prendermi in giro da solo, con quella definizione.
Si chiudono subito nell’ufficio di Tinti: lo vedo solo perché è quello vicino al mio, al di là della rampa. Danielli sarà chiamato solo dopo un’ora. Passando davanti al mio ufficio mi strizza l’occhi, ma si vede che è teso.
Sono ormai le tredici, quando la porta dell’ufficio si riapre. Andiamo tutti alle auto.
La pausa pranzo è un rito per il vecchio Bresciani. Ama trattarsi bene e a dire la verità ne beneficiamo tutti. Macché mensa. Ha preso una ex casa colonica a meno di 500 metri dall’azienda, l’ha ristrutturata e fatta arredare con due sale da pranzo, una grande, una seconda più piccola, più accogliente, per sé, i collaboratori più diretti e gli ospiti. L?altra per tutte le impiegate e le operaie. Breviglieri e Tinti pranzano con loro. Il primo, dicono, ci “razzola”.
La cucina occupa due stanze al piano terra, dove domina la Giada, cuoca dei Bresciani da una vita.
Ci sediamo al grande tavolo quadrato della saletta del primo piano. Bresciani e le figlie, poi il genero e un rappresentante di passaggio, dall’altro lato del vecchio la Diletti, braccio destro in amministrazione , Danielli ed io. Sull’ultimo lato gli ospiti : Diatmolic e la ragazza. Clasja , imparo.
Il pranzo fila via come al solito. La Giada , avvertita degli ospiti importanti, ancora una volta si è superata, ed io ne so risentendo : negli ultimi mesi ho messo su 4 chili, dopo lo stress dell’uscita dall’azienda precedente e del nuovo lavoro.
La conversazione la tengono su Tinti e Danielli . Si parla italiano, per rispetto a Bresciani, quindi Diatmolic più che altro ascolta la traduzione veloce sussurrata da Clasja. A volte interviene, e quel suo parlare senza pulirsi la bocca , dire frasi veloci inframmezzate da grugniti, quelle sue mani che troppe volte scendono otto al tavolo a toccare le cosce di Clasja mi disgustano.
Si parla sempre di affari, ma presto si passa ai viaggi all’Est fatti da Tinti e Danielli, ospiti di Diatmolic. Le serate nei night dell’Est, che non ho mai visto ma che ormai mi sembra di aver frequentato fin troppo.
E di nuovo ammiccamenti, riferimenti a cose che non vogliono dire, lui e Tinti, solo accennare fra loro, complicità di maschi. Bresciani non mi pare gradisca, così davanti alle figlie, ma è l’anfitrione , deve sopportare.
Finalmente i discorsi prendono un’altra piega , meno pesante. Io assisto in silenzio. Lo spettacolo non mi piace , ma , mi ripeto, anche quello è il mio lavoro. Dalle 9 alle 19 sono obbligato ad accettare quello che vedo.
La Diletti interviene nei discorsi. Cercando di mettere a suo agio Clasja, visibilmente insofferente, le rivolge la parola. Dove ha studiato l’Italiano, del suo paese. Lei risponde , come a fatica , guarda quasi impaurita il suo boss. Difficile proseguire una conversazione. Ma ormai Gli altri tacciono, cortesemente assistono allo scambio di battute. La Danielli non sa che dire, le viene fuori un banalissimo “Allora , le piace l’Italia ?”
Domanda stupida , fatta così, per pura cortesia.
Ma la risposta è ghiacciante: “Non, non mi piace …. Voglio tornare a casa” e i suoi occhi non sono più solo velati, si arrossano. Piange, ma solo due lacrime che subito nasconde.
Lui la sta guardando: deve fingere, fingere di nuovo di apprezzare questa vita, questa schiavitù. Ricordare che è qui per favorire gli affari del padrone , e lei sa bene come.
Io, ancora, no. E la guardo stupito per la sua risposta, per quel suo improvviso manifestarsi, così debole, così triste, così sola, così disperata.
Il pranzo finisce in fretta. Ora in pochi hanno voglia di parlare. Il vecchio Bresciani cerca di mantenere vivo un briciolo di conversazione , con pena. Tutti, o quasi, abbiamo capito. Il genero no. Continua a scambiare battute con Diatmolic , come se nulla fosse. E quello risponde, ora in uno stentato inglese. Clasja non fiata più, gira solo la forchetta, inutilmente, nel piatto che neppure ha assaggiato, quasi a nascondersi.
Più tardi mi ritrovo in ufficio, da solo, a pensare a quegli occhi pieni di paura. Ma c’è qualcosa d’altro in quello sguardo che mi turba : schifo, schifo di se stessa, della gente che le sta intorno. E questo mi fa star male , vorrei non capire , ma temo di si. Anch’io faccio parte di quel suo schifo.
Mi alzo e vado da Danielli. Nel suo ufficio fortunatamente non c’è nessun altro. Anche la segretaria è fuori, impegnata a giustificare in Amministrazione alcune spese della struttura.
Mi siedo senza parlare, Danielli mi guarda da sotto in su. Entrambi sappiamo già cosa sto per chiedere.
“Quella ragazza, Clasja, mi ha fatto pena” , dico in un soffio. E lui, che di solito mi ascolta con cortesia ma parla con una certa riservatezza, mi dice cose che non avrei voluto sentire.
“MI fa schifo, quell’uomo. Le altre erano prostitute. Con una certa cultura ma puttane di professione. Questa ragazzina è diversa. Non doveva.” Credo che parli di Diatmolic, e assento, sto per dire che ha lo sguardo da porco. Posso parlare. I Bresciani e gli ospiti sono andati a Bologna , un po’ di shopping prima del volo per Parigi.
Danielli mi fa cenno di tacere e prosegue lui : “ No, non quel maiale di Diatmolic, là sono tutti così: è il solo modo di fare affari. Ma Tinti. Due mesi fa siamo andati a Kratkja , loro ospiti. C’era già Clasja. Era davvero una segretaria. La sera siamo andati al night, abbiamo tutti bevuto, poi lui glie l’ha buttata fra le braccia. Lei non voleva , ma Sergio non si è fatto scappare l’occasione, e quando mai sa limitarsi, quello. Ha cominciato a toccarla dappertutto, e anche se li si era bloccata, schifata, ha continuato. Poi se l’è portata via. Il giorno dopo era tutto un ammiccamento, fra Sergio e Diatmolic. E adesso quello glie l’ha portata fin qua. Vedrai che il povero Bresciani, che fa finta di non vedere ma ci sta male davvero, per la figlia, firmerà quel contratto.”.
Tace , ha detto anche troppo. Lui è qua a parlare con me , mentre Tinti sta facendo i suoi porci comodi alla faccia del vecchio, della moglie, del bambino.
Tre mesi dopo Danielli lascerà l’azienda. Solo il giorno dell’addio l’ho visto sorridere di nuovo.
Io ho resistito altri cinque mesi, poi me ne sono andato.
Ci siamo rivisti dopo un anno, al funerale di Tinti. Si era schiantato, da solo con la sua Porsche Carrera, una notte sull’A 14 , all’altezza di Rimini Nord.
Nessuno dei due ha pianto.

Nico