Memorie di uno della Reno   un racconto di Domenico Cardona

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28 Gennaio 1975. Mattina gelida. Neve e ghiaccio sulle strade, ma dobbiamo andare.

L’appuntamento è all’Antistadio, ore 8.00.

Sono là con la mia Mini rossa appena in tempo.  Luigi, il mio amico e compagno di seconda linea nel Torneo Riserve arriva 2 secondi dopo, con la sua A112, nella quale non ho mai capito come facesse a incastrare il suo 1.98 per 140 Kg.. Io, con mio metro e novanta per 105 di peso sembro minuto, ma sono l’unico che riesca arpionarsi con la sinistra ai suoi pantaloncini sul fianco sinistro, mentre mi chino inserendo la testa fra il culi del pilone destro e del tallonatore, e con la destra vado ad arpionare, fra le sue gambe, la maglia del pilone. Sembra un kamasutra, ma quando poi arriva l’urto con la mischia avversaria c’è poco da ridere. Ti aggrappi disperatamente a quello che puoi, mentre spingi con tutte le forze. Se lasci la presa, precipiti faccia a terra e tutta la mischia ti passeggia sopra. Allora puoi solo sperare di aver fatto a tempo a piegare braccia e gambe, prima di sentire un crac sinistro che ti dice che la tua stagione è finita. Ma di solito ti fai male così  in allenamento. In partita qualche santo ti aiuta (quasi) sempre.

Sono già arrivati tutti. La prima squadra al completo, “Dedo” Morri, l’allenatore, gli altri 3 delle Riserve che , come me, oggi vengono aggregati alla prima squadra.

Arriva , ultimo, Cavallini , accompagnato dal padre.  E’ il più giovane . ma già titolare , un treno. Quest’anno manca Stipcevich, quello da 10,9 sui 100 e Cavallo ha preso il suo posto all’ala.

Il vapore ghiacciato del fiato si vede fin troppo bene, forse solo per questo Pasti e Dalla Casa si limitano nei loro soliti commenti su tutto e su tutti.

Il Dott. Frezzotti , il Pres., non c’è. Ma ci raggiungerà  direttamente al campo, a Este.

E’ un’amichevole organizzata per provare la nuova squadra , dopo le defezioni di alcuni dei “vecchi”. Per questo ci siamo anche noi cinque. Per me si tratterebbe dell’esordio, con la Prima squadra. Finora solo torneo di serie D, con la squadra Riserve , fusa con la Under 21  per la cronica, drammatica mancanza di giovani.

Eh, sì, siamo nei primi anni 70 e il rugby non ha una gran presa sui giovani. Anzi, è venuto di moda in questi giorni il Football Americano: Warriors e Dovers fanno proseliti, e quei pochi ragazzi che vogliono avere a che fare con la palla ovale più grande (quella del football è una saponetta…) se li pappa il Bologna Rugby. Per non parlare poi dell’Istituto Serperi. Lì se vuoi sopravvivere DEVI fare rugby col Bologna , altrimenti è meglio se chiedi l’esonero da Educazione Fisica.

Invece qui siamo alla Reno Rugby. La mitica Reno: mai una volta sul giornale (ci riuscirò solo una volta io, per la vittoria di un torneo estivo, ma solo perché il mio futuro suocero lavorava  a Stadio..) . Qui a fine partita facciamo la colletta per pagare la lavanderia per le maglie. Pantaloncini, scarpe, calzini ce li portiamo da casa.

Il Dott. Frezzotti paga tutto:  le iscrizioni, tesseramenti, trasferte , anche il panino quando sei fuori casa e il the caldo dell’intervallo , lui e due o tre dirigenti accompagnatori matti quasi come lui.  Ma per togliere il fango e il nostro sudore  paghiamo noi.

Le maglie ufficiali sono poche, due mute sole , contate e devono durare campionati interi. L’anno scorso un maglificio ce ne ha regalate una trentina , ma pensavano a sport da signorine quelli, le abbiamo messe  e si sono tutte strappate alle prime mischie, sono durate al massimo tre incontri. Solo le vecchie maglie, quelle inglesi, sono resistenti, ma chissà quando mai ne avremo di nuove.

Delle borse non parliamo : le abbiamo, o meglio le avremmo : blu con il nostro logo : un ovale giallo con la caricatura di un giocatore che si tuffa in meta. Ce le siamo pagate da soli. Anzi, se le sono pagate. Io ho commesso l’errore di mancare due allenamenti i giorni in cui quelli della prima squadra hanno organizzato tutto, e sono rimasto senza. Del resto, mica gioco in prima squadra, che voglio ?

Per inciso: pochi giorni fa (quasi trent’anni dopo, quindi …n.d.r.) mi è capitato di trovare su Internet il Sito della Reno Rugby – Settore Giovanile (!) . Hanno tutti non solo le maglie, ma la divisa completa , borse , nome , cognome, numero di maglia , ruolo e foto sul sito (anche l’ultima riserva!). Mi sono commosso, come se un vecchio garibaldino potesse ora assistere alla Parata  del 4 Novembre a Roma.

Ma via, torniamo in cronaca : partiamo .

Chiaramente , con le nostre auto. Ci stipiamo in 4-5 per macchina. Il pullman qualcuno di noi l’ha visto, una volta , ma si trattava della (unica) trasferta in Francia. Fu una bolgia. Le “matricole” tornarono col sedere istoriato da pennarelli, obbligate a mostrarlo ai finestrini un centinaio di volte.

Narrano che nell’unica notte passata in terra straniera, accampati in un hotel equivoco, ci fu una storica battaglia a scoregge.  Vinse uno biondino, ricciuto, con la barba. Non lo nomino perché ora sarà uno stimato professionista, e ormai avrà cancellato il ricordo. Ma dicono che col soffio riuscì ad alzare mirabilmente il lenzuolo, e per questo fu portato in trionfo fin dentro alla doccia che fece gelata, non senza essersi dimenato come un capitone. En passant : là perdemmo, ma il nostro campione si esibì in un placcaggio « alla francese » che riscosse gli applausi del pubblico avversario. Prendete voi, con le mani, al volo, la punta del piede avversario, in tuffo …senza ricevere un  calcione in faccia, possibilmente.

Ma io a quell’epica spedizione non ho partecipato, parlo per sentito dire. Buona grazia essere stato convocato stamattina per l’amichevole con l’Este. Io e Luigi saliamo da soli sulla mia Mini. Espongo il cartello “completo”, ma la sacca con le maglie me la buttano dentro. Così dovrò occuparmene io…porca miseria.

Tangenziale , autostrada per Padova. Strada bianca di neve , con un doppio binario di poltiglia ghiacciata. Tutto bene , con la mia mini : sembra un Cooper con le Hydrolastic completamente scariche . ma sono studente universitario, credete che abbia altri soldi, oltre a quelli della benzina? Le gomme , fortunatamente , sono nei “nuovi” ricoperti, quindi via alla Rally di San Remo !

Viaggio non avventuroso, se non quando una Kadett decide di piroettarci davanti. La evitiamo per puro culo, e quelli, con culo ancora maggiore , si fermano contromano ma in corsia di emergenza , senza neppure sfiorare il guard-rail.

Uscita di Este. Ci si aspetta : solo in due conoscono la strada per arrivare al Centro Sportivo. Il primo successo della giornata è che arriviamo , tutti. Quando ci guardiamo intorno, sbianchiamo. Una vera e propria cittadella dello sport: spogliatoi, piscina, campo da rugby con intorno anello per l’atletica , ma mica in terra rossa!  Oserei dire tartan, dalla cura con la quale sono state piazzate delle passatoie perché non lo danneggiamo con i tacchetti delle scarpe. Già. Perché hanno spalato la neve ma il campo, pur tutto verde (non sabbia, come il nostro Antistadio)  è pieno di zone gelate nelle zone d’ombra , fangose al sole e dobbiamo usare i tacchetti di alluminio. I miei, stra-usati, sono ormai a forma di zanna. Se scalcio qualcuno gli porto via mezza coscia. Ma l’arbitro è comprensivo: non controlla.

E pubblico ! All’Antistadio, a casa,  abbiamo una tribunetta in tubi Innocenti costantemente vuota , qui dietro la rete ci saranno almeno 300 persone. Fa impressione. Ma siamo in Veneto.

Dentro agli spogliatoi. La prima squadra su veste con studiata calma , mentre il padre di Cavallini passa a distribuire le maglie. Per noi riserve : le nostre tute. I Consigli di Dedo sono per  il gruppo degli Avanti. (per chi non se ne intende : il pacchetto di mischia, quelli più grossi che se le danno di santa ragione da fermi, gli altri sono quelli devono solo correre e le botte le prendono in velocità).

C’è un problema : Arnò ha ancor male alla spalla, dopo la botta di domenica , Dedo preferisce non rischiarlo. E chiama Luigi per completare la seconda linea. Porca miseria , un po’ di invidia ce l’ho. Ma Luigi, ammettiamolo è più robusto di me , poi io a sinistra non riesco a giocare.

Via dall’arbitro, con i cartellini. Beh, almeno sono a referto. Speriamo solo di giocare qualche minuto.

Entriamo in campo accolti dalla musica. Niente trionfi. Il centro sportivo è dei preti e ci accolgono musiche da chiesa. Diciamo che il mix fra sacro e profano proseguirà tutto l’incontro, ma noi ne metteremo molto, di profano.

L’inizio della partita è immediato. Quando sei fra il pubblico ti pare non comincino mai, ma se devi giocare ti accorgi che non hai neppure il tempo di entrare in campo e schierarti per il saluto. “Per la Reno Hip Hio Hurrah !” Rispondiamo “Per l’Este, hip hip hurrah !” E’ noto che tanto più forte fai questo grido, tanto più stai sfottendo l’avversario (De Coubertin , perdonaci ! ma gli anni settanta erano tempi duri, non solo in piazza !).

Siamo già al fischio dell’arbitro.

Quando ti dicono (almeno in quei tempi là) che i primi minuti sono di studio, sono balle. I primi minuti sono di botte. Non plateali, ma ripetute, a freddo. Chi riesce ad intimidire l’avversario da subito, ha già mezzo vinta la partita.

Il Dott. Frezzotti è là in panchina. Non l’abbiamo visto arrivare, non lo vedremo mai neppure seduto.

Un altro dirigente, ex giocatore  poi arbitro internazionale che da quando ha attaccato il fischietto al chiodo per accompagnare questa giovane squadra non ha mai finito un campionato senza 4 – 5 espulsioni dal campo e altrettante giornate di squalifica, grida a tutti di stare calmi e di pensare a giocare la palla.

Gli altri , spinti dal pubblico, attaccano continuamente , ma i miei compagni resistono. Spicca per mole il mio amico Luigi, un po’ spaesato per l’esordio, ma si dà da fare. Non passa inosservato con la maglietta per lui troppo corta che non riesce a coprilo del tutto , e l’ombelico è bene in vista. Forse per questo Dedo insiste a incitarlo chiamandolo “Mostro”.  Teniamo, come mischia.

E nonostante quello che sembrerebbe e che vi ho scritto fin qui, al solito i colpi proibiti sono pochissimi. Basta il normale gioco a fare male.  Recuperiamo terreno con raggruppamenti spontanei, rotazioni (una volta permesse) ,  e Dedo incita. Quando invece cerchiamo spazi con calci in avanti, quello si incazza. O li sai fare davvero bene  guadagli touche importanti, o stai regalando la palla agli avversari.

Il gioco delle ali è più stentato: il campo, sia pure bellissimo rispetto al nostro, è fin troppo morbido: buono quando ti placcano, ma se devi scattare ti taglia le gambe. Non ci riescono più di tre passaggi alla mano , in velocità, poi qualcuno la perde o viene stoppato da un muro di avversari. Stiamo dentro la nostra linea dei 22 per troppo tempo,  e infatti becchiamo una meta. Due cambiamenti di fronte consecutivi sbilanciano i nostri Avanti: la terza linea centro avversaria si fionda in direzione dei pali. Placcato, ha tempo di lanciare il mediano di apertura , che vede i suoi schierati. Un passaggio lungo, direttamente al secondo centro e questo scavalca la nostra linea difensiva. Pasti, il nostro estremo, non può che evitare la segnatura fra i pali precipitandosi addosso all’uomo. Ma la meta è inevitabile. La trasformazione è abbastanza facile.

Ripartiamo da centro campo: ora o li teniamo un po’ pressati dalla loro parte o può finire male. Sono gasatissimi loro. Azioni alterne , con tanti palloni persi, due contatti duri obbligano a brevissime soste. A quei tempi non c’erano le sostituzioni temporanee, quindi o riprendevi o uscivi del tutto, spesso lasciando nella mera i compagni. Da noi i sostituti non erano all’altezza dei titolari , lo dico per conoscenza diretta !

Un passaggio in avanti volontario, reale ma visto chissà come dall’arbitro, ci regala una punizione a 25 metri dalla linea di meta. Le urla di tutto il pubblico ci confermano che l’infrazione c’era stata davvero: sono incazzati perché l’arbitro ha osato fischiarla!. A noi , in D, la farebbero giocare quella palla, ma qui abbiamo Cappelli che ha una gittata notevole. Piazza bene la palla a terra, conta i passi, breve rincorsa e segna fra i pali. Finalmente.

Intanto , in panchina , solita pantomima : Frezzotti chiama il più giovane fra noi riserve ,e con viso serio chi chiede : “Vuoi giocare ?”  E quello “Ma certo !” “Allora prendi qua e corri al bar a farti fare il the caldo per tutti”  gli dice, allungandogli una banconota e indicando la cassa delle bottiglie vuote. Quello arrossisce, capisce di essere stato fregato e di aver fatto la figura del fesso, ma si muove. Mi viene da sorridere. E’ capitato anche a me , l’anno scorso, e, nonostante la mia corsa affannosa (in pantaloncini e scarpe bullonate lungo via A. Costa fino al bar più vicino) il risultato è stato che ancora NON ho esordito in prima squadra. Il malcapitato questa volta viene graziato dall’accompagnatore dell’Este che ha sentito tutto e ci indica a gran voce che hanno preparato tutto loro, anche per noi. Ma allora è proprio un’amichevole !

Finisce il primo tempo, quarantesimo esatto, Qui su recupera solo se c’è stato il morto.

Tutta la squadra intorno alla panchina , girano i bicchieri di carta col the-limonata bollente, qualcuno si lamenta di chissà cosa , in campo. Morri urla “Silenzio e respirate”. Qualcuno si siede per terra. Istruzioni tattiche poche, e comunque niente accuse per nessuno, solo richiede maggiore attenzione quando loro ripartono dal lato chiuso “hanno sfondato troppe volte”, e una richiesta ai tre quarti : “State più in linea, e pronti a scattare insieme . E che qualcuno raddoppi !” Effettivamente  le nostre terze linee poche volte sono andate in aiuto. Ma la spinta avversaria è potente.

L’arbitro fa cenno che si ricomincia. Rientrano gli stessi 15. Dedo mi passa davanti senza vedermi, ma l’accompagnatore mi chiama  mi dice : inizia a scaldarti.

Lo prendo alla lettera e mi metto a correre in su e in giù lungo il lato lungo del campo.

Non faccio in tempo a rompere il fiato che sento un grido : qualcuno è rimasto a terra. In pochi secondi l’allenatore entra, guarda cosa è successo e mi urla di entrare. Piana, pilone destro, è rimasto sotto a un raggruppamento spontaneo ed ha preso un calcio , non so quanto involontario, mentre scivolava a terra. Non ce la fa. Devo entrare io, sostituendo la seconda linea titolare che , già un po’ in difficoltà per la stazza del compagno di oggi, Luigi, passa pilone al posto di Piana. Così il e Luigi riformiamo in prima squadra la seconda linea della D. Che Dio ce la mandi buona se non spingiamo abbastanza.

Non faccio neppure in tempo ad entrare : l’arbitro ha chiamato un mischia, e i due schieramenti sono già fatti. Il nostro di emergenza con una terza che ha preso il mio posto. Sono sette contro otto, ma io, ormai in ritardo, non posso rientrare nello schieramento, non posso neppure toccarli. Me lo ricorda urlando il nostro mediano. Proseguo la corsa e mi schiero dietro alla nostra apertura. Lì sono pressoché inutile, vista la loro velocità. Ma almeno ho evitato di esordire regalando un calcio di punizione facilissimo agli avversari.

Vendo salutato da uno “Svegliati !” dei Mediani.

Cerco di non pensarci e, appena l’azione ha inizio, mi butto in avanti a prendere finalmente posto nello schieramento. C’è subito un’azione confusa,  spinte , strattoni. Sento vicina la palla e spingo assieme ai miei. Guadagniamo qualche metro, poi la palla esce , tenuta dal nostro Mediano che chiama le Ali. Tentativo di passare la linea avversaria, veniamo ributtati indietro. Le nostre terze linee stavolta sono andate in appoggio e la palla non l’abbiamo persa, ma perdiamo terreno. Il secondo centro si libera all’indietro della palla , verso il nostro estremo. Questo si trova in difficoltà, con gli avversari che sbucano da tre  lati. Si rifugia in touche,  con un bel calcio, per la verità. Morri non gradisce, troppi errori in questa azione, e urla, ma c’è poco da fare.  Intanto li abbiamo riportati nella loro metà campo, anche se di pochi metri. Assieme agli altri Avanti non sto li a guardare : dobbiamo subito guadagnare la posizione della touche , o gli avversari ci fregano con una veloce. Ci schieriamo su due line parallele. Troppo vicini, e l’arbitro passa in mezzo comandando le corrette posizioni. Gli avversari optano per una palla corta, le due mischie si raggruppano sul lato chiuso, si spinge da ogni lato, poi i piedi di qualcuno toccano la linea bianca. L’arbitro fischia una nuova touche , a nostro favore. Di nuovo schierati. Il nostro mediamo chiama “12” :  palla lunga sul penultimo uomo , allora. Tocca a me. I due compagni che ho davanti e dietro sono molto più bassi e cercheranno di proteggermi. Io dovrei saltare. Sarebbe più comodo, con una spinta in alto dei compagni (il cosiddetto “ascensore”), ma  a quei tempi la cosa era vietatissima.  Il terreno pare mi trattenga, quando alla partenza della palla cerco di staccarmi. Vado su poco, troppo poco, e vedo che il mio avversario mi è già addosso. Riesco a  schiaffeggiare la palla con la mano destra, prima che quello mi colpisca allo zigomo con una gomitata. Mi tengo la bocca, stordito, mentre i compagni proseguono l’azione che si allontana. Mi passa di fianco il nostro Mediano che mi sibila “Dovevi tenerla un po’ quella palla, se la schiaffeggi subito, quando la ricevo mi sono già addosso”. Il concetto è quello, ma espresso in modo molto più conciso e colorito.

Io sono già contento di non averlo mancato, quell’ovale. Per fermarlo avrei dovuto salire su con le due mani, e proprio non ci sarei arrivato, Buona grazia che l’ho schiaffeggiata.

Mentre penso questo sto già correndo. Dovrei essere dietro la linea degli avanti, in raddoppio per raccogliere eventuali palloni persi, e invece sono stato lì a pensare alla gomitata. Fortunatamente sono lontano dalla panchina e non posso sentire i commenti di Morri.

Quando li raggiungo sono già stati fermati: mischia aperta. Mi butto con tutto il mio peso a sostenere in compagno sulla destra, attento a non mettere neppure un piede oltre la linea immaginaria di attacco. Cioè, devo immaginarmi dove sia il pallone, sperare che sia ancora in nostre mani e non superarlo, anche se non lo vedo. Stando lì posso dare tutte le spinte che voglio, un passo più avanti e regalerei un calcio di punizione agli avversari. Continuo a spingere e fra mille gambe vedo finalmente cosa sta succedendo : Biolchini è caduto sotto la mischia, palla in mano, ma ha avuto la prontezza di lasciarla a terra e di proteggerla col proprio corpo, schiena agli avversari. Ora dovranno spingerci via per conquistarla, non possono allungare le mani a terra. Sento che qualcuno cede, la mischia spontanea inizia  girare su se stessa. Non vorrei essere Biolchini, là sotto. Ma l’altro pericolo è che l’arbitro giudichi non più giocabile la palla e fischi una mischia. La palla per ora l’abbiamo noi, ma dopo ? Quelli hanno un tallonatore che riesce ad arrivare oltre i piedi della nostra prima linea.

Finalmente il nostro mediano di mischia grida un comando : non riconosco il significato, ma due compagni si aprono, si vede la palla a terra,  qualcuno la raccoglie e correndo lungo la mischia mi passa accanto dandomi un colpo. Devo seguirlo e proteggerlo. Lui però è già in velocità, io ero fermo. Si apre uno spazio fra noi , e questo è pericoloso: se lo fermano arrivo troppo tardi per sostenerlo,  a quel punto, se riesce, mi può solo passare la palla, poi devo proseguire io lo sfondamento. E , credetemi, ci vuole incoscienza per precipitarsi contro a 2 , 3 uomini che ti aspettano. Ma il gioco è così , se non riesci a passare (nel mio caso, perché sei troppo lento) devi almeno impegnarne il maggior numero possibile, proteggendo la palla e aspettando appoggio. Così succede, ma l’appoggio lo ricevo subito : appena ho preso la palla e ricevuto il contatto duro degli avversari (che fortunatamente hanno deciso di fermarmi, non di placcarmi, forse anche io ne ho impressionato qualcuno) , sento un colpo al fianco destro, quello dove tendo la palla, più lontana possibile dagli avversari. E’ il gomito di un mio compagno , che entra con tale violenza da togliermi il fiato, ma prende la palla e prosegue , mentre altri due, poi tre lo seguono e si sostituiscono a lui in una rotazione che ci fa guadagnare metri. Non devo stare a guardare: se voglio avere speranza di nuove convocazioni in prima squadra questa è l’unica occasione che ho. La fatica inizia a farsi sentire, ma cerco di tener dietro ai compagni. Faccio bene perché la palla di nuovo scompare in un gruppo di braccia e gambe. C’è il rischio che qualcuno si faccia del male davvero e l’arbitro stavolta interviene comandando una mischia sul punto dove la palla era morta. La palla però è nostra perché stavamo ancora avanzando.

Ho pochi istanti per precipitarmi nella mia posizione. Sono seconda linea destra: devo farmi trovare pronto , col mio compagno, legarci bene fra noi e chinarci dietro alla prima linea. Le terze si inseriscono di colpo, Ancora non spingono ma solo appoggiandosi ci sbilanciano in avanti : le prime linee sono ancora dritte , devono attendere il segnale dell’arbitro prima di entrare in contatto con gli avversari, così spingono all’indietro per controbilanciare la nostra pressione. Sei chinato verso terra , ma devi preoccuparti subito di trovare un buon appoggio per entrambi i piedi. Quando i due piloni e il tallonatore si chinano, devi iniziare a spingere, ma non troppo, se sbilanci in questo momento gli avversari l’arbitro fischia e fa rialzare tutti, per riprendere con una nuova mischia. Però devi far sentire agli avversari che ci sei, evitare che con qualche spostamento ti facciano trovare sbilanciato al momento dell’introduzione dell’ovale. La palla però è nostra: sentiamo la voce del nostro mediano che chiama “Reno”. Sappiamo che dopo due secondi esatti lancerà la palla lungo la linea che passa fra i due schieramenti di mischia, possibilmente un po’ di traverso verso i compagni, ma quel minimo che l’arbitro possa far finta di non aver visto. Se vede che lo schieramento non è a posto, che il tallonatore avversario ci ha preso il tempo, può attendere ancora qualche istante, ma non troppo, Di solito ripete il richiamo. Potrebbe lanciare la palla con un certo “giro” cercando di farla venire verso di noi al primo rimbalzo, ma è troppo pericoloso. Il loro tallonatore ha mostrato di essere troppo veloce. Meglio un’introduzione rapida , ben sincronizzata col nostro impulso. Appena vediamo ( o sentiamo) che la palla è lanciata, via! La spinta più forte possibile, mentre il nostro tallonatore si aggrappa ai due piloni e lancia le gambe in avanti per arpionare il cuoio. Ci riesce , e la palla  passa fra le gambe mie  di Luigi. Dobbiamo stare ben attenti a non scalcarla fuori, mentre proseguiamo la spinta per guadagnare qualche centimetro.
La palla mi supera, finalmente , ora è compito della terza linea centro tenerla fra i piedi , ancora abbracciato al mucchio, fino a che il mediano di mischia non comanderà un gioco. Ora noi dobbiamo tenere su la mischia, preoccuparci solo di non arretrare minimamente , anzi, cercando di avanzare ancora , ma senza permettere che gli altri, per difendersi, facciano cadere tutti cedendo con uno dei due piloni. Se l’arbitro se ne accorge e ritiene sia volontario la caduta,  è fallo per noi, se invece lo ritiene un momento di gioco, allora ci fregano il vantaggio di avere la palla. L’arbitro comanderebbe un’altra mischia: tutto da rifare.

La nostra terza centro improvvisa: si stacca, raccoglie la palla e si lancia sulla sinistra, dal lato opposto a quello scelto dal mediano avversario per posizionarsi. E’ il lato chiuso: pochi metri alla linea del fallo laterale, di fronte però ha solo un’ala avversaria e il mediano di apertura che accorre : la mischia è ancora legata. Ci stiamo però alzando tutti : il gioco è sul lato opposto al mio e posso fare ben poco, se non andare in sostegno. Anche i miei compagni si sono lanciati.  Cozzo contro le gambe di qualcuno : un avversario della mischia è caduto e mi fa rotolare a terra. Accidenti !. Ho perso il contatto con i compagni. Quando mi rialzo e scatto, vedo che arriverei tardi : hanno impegnato gli avversari all’estrema sinistra e l’azione ora sta per ripartire: apriranno sicuramente ai tre quarti. Allora corro verso la mia destra, per andare in raddoppio a questi. Sono molto più veloci di me, inutile che cerchi di inserirmi nel loro schieramento. Un uomo in più farebbe comodo, ma solo se veloce e  lanciato. Sto dietro al portatore di palla, cercando di non perderlo,  scattando ad ogni passaggio per cambiare la copertura. Ma sono stanco, mi pare di andare al rallentatore. Ecco, li hanno fermati, ma ormai ben oltre la linea dei 22. Si forma un mucchio, gli avversari sono in numero maggiore… perché ? Capisco : i nostri due mediani hanno fatto in tempo a comprendersi. Il nostro estremo si è buttato in avanti ed ha sostenuto il secondo centro, mentre gli altri cercavano di schierarsi nuovamente sul lato opposto, verso sinistra.

Decido di inserirmi, stavolta , sono tutti fermi in attesa che la palla esca, il mediano di apertura è proprio dietro agli uomini impegnati e con un cenno ci ha detto di stare schierati, la palla è ancora nostra, ben protetta dall’estremo.

Via ! La palla passa dalle mani dell’estremo all'Apertura : tutti iniziamo a salire , mentre il passaggio immediato, in tuffo, raggiunge il primo centro. Un’occhiata a sinistra e vedo che i miei compagni della mischia stanno facendo ostruzione agli avversari che stanno cercando di rientrare, sorpresi da questa azione veloce. E’ scorretto, ma l’arbitro sta guardando avanti. C’è un varco sulla sinistra, dove stiamo andando. Di tutto me stesso in uno scatto per mantenermi in linea , quando vedo il primo centro che ondeggia col corpo, sta per essere placcato ma , in tuffo, mi passa l’ovale. Ce l’ho ! L’ho fermato con la sola sinistra , contro al corpo, continuando lo scatto. Davanti non vedo nessuno. Per un attimo il sogno : la mia prima meta in C.  Due falcate che mi paiono leggere: la linea di meta è lì. Ma  sento, senza vederlo, l’avversario che mi sta rimontando. Ho preso meglio la palla , con la destra, e so che non arriverò più alla linea bianca. Mi butterà a terra. So di essere troppo lento rispetto a lui, posso solo sperare che questo abbia però permesso a qualche mio compagno di passarmi dietro a sinistra. Un’occhiata e lo vedo. Ma sento anche il contatto subito sotto la vita. Fra un istante sarò a terra. Col solo braccio destro lancio la palla verso sinistra: un lancio troppo forte, con l’ovale che vortica su se stesso. Poi le braccia che mi hanno raggiunto  scendono a bloccarmi sopra alle ginocchia e cado. Mi pare che la spalla destra esploda, al contatto col terreno, il braccio è ancora in avanti, dopo il colpo di frusta dato alla palla. Non riesco a rotolare per attutire l’impatto, lo prendo tutto sulla spalla, sto per urlare dal male.  Ma sento delle grida. La nostra ala, ormai libera, con un ultimo scatto è entrata in meta ed ha appoggiato il pallone a terra. Dovrei essere felice , ma ho male, porco giuda che male !

Mi rialzo a fatica, ora non ho più energie neanche per respirare. Vedo facce contente intorno a me, in tanti corrono incontro alla nostra ala. Ci vado anch’io, piano. Quello mi vede e mi raggiunge :”Che cazzo di fucilata mi hai tirato ? Sei stronzo ? Abbiamo rischiato di buttare via una meta già fatta. Passa meglio, la prossima volta! “ Bene , ciao alla gloria ed al posto in prima squadra, mi sa. Comunque la spalla fa male. Nessuno mi chiede niente e non ho certo voglia di dire a Dedo che non ce la faccio. Se già solo mi avvicino alla panchina chissà quante me ne dice.

Vado a riprendere la mia posizione oltre la metà campo. Intanto Cappelli non sbaglia la trasformazione. Stiamo vincendo !

Temo solo una cosa, ora. Gli avversari sanno che sono uno delle riserve, quindi fra i più deboli, e mi hanno visto tenermi la spalla.  Infatti alla ripresa del gioco mi cercano. Il loro mediano prende la palla a centrocampo e con un calcio preciso e alto la indirizza verso di me. Inutile chiamare assistenza , i compagni si stanno già muovendo, ma la palla la devo prendere io. Mi giro un po’ sulla destra, per evitare , se la palla mi sfuggisse, di fare un "in avanti" involontario. Seguo con gli occhi la parabola, arriva, allungo le braccia e sento un urto sordo. Non ho avuto tempo di dare un’occhiata gli avversari che si avvicinavano correndo. Tanto so che stanno arrivando ma devo stare lì, Appena ho la palla fra le mani mi sento schiacciare a terra. Il pilone destro avversario si è totalmente disinteressato della palla, mi si è precipitato addosso e, più basso di me, ha spiccato un salto, colpendomi all’altezza delle spalle. Cado, il dolore alla spalla è di nuovo fortissimo, resto giù stordito. Un mio compagno ha recuperato l’ovale  si è buttato in avanti, gli altri l’hanno seguito. Cerco di rialzarmi, ma non ne ho la forza.

Guardo in avanti. Una nuova mischia spontanea si è formata, quindici metri più avanti. Veniamo bloccati, la palla è loro. Vedo un ragazzino giovane scattare, ricevere e infilare due dei miei che stavano per abbrancarlo. Si dirige nella mia zona , provo a sollevarmi ma mi sembra di muovermi al rallentatore. Fatica e dolore mi schiacciano. Sono in piedi, piegato ma sulle mie gambe. Provo a intercettarlo, allungo le braccia, ma quello con uno scarto minimo mi evita. E finita , per me. Proprio non ce la faccio e sono diventato un peso per la squadra.  E’ una amichevole, quindi possono fare ancora sostituzioni.

Mi volto verso la panchina e provo a richiamare l’attenzione. Morri sta guardando preoccupato l’azione , fino a che non ci salviamo spingendo fuori dalla line di touche l’avversario con la palla. Ma gli altri mi hanno visto e hanno già capito, segnalano il cambio all’arbitro che da l’OK. Mi avvio verso la panchina col morale a terra. Non ho giocato neppure un tempo, ho rischiato di far perdere una meta già fatta. Ho preso accidenti dai due mediani ed ora non ce la faccio più, la spalla mi batte dal male.

Nonostante tutto devo usarla un’ultima volta : mi sfilo la maglia col numero 32 e la passo a Taffurelli che entra al mio posto. Lui in realtà è una terza linea, dovranno rivoluzionare ancora la mischia, ma io in questo stato non servo più.

La maglia : maledetta , vedo le stelle per sfilarla, ma stiamo giocando con la muta migliore, e ce ne sono solo 20 ormai. Le avevano distribuite fra titolari e primi cambi soltanto.

Passo a testa china davanti alla panchina ,  l’accompagnatore mi passa la chiave degli spogliatoi. Posso andare a farmi la doccia. No voglio seguire il gioco fino in fondo. Frezzotti si avvicina a me , da un’occhiata alla spalla e mi dice : “Solo una botta , non è uscita , neanche sublussazione”. E’ un bravo medico, peccato solo che ci abbia da tempo avvertiti: quando è al campo ci dichiara abili a continuare il gioco anche se rantoliamo. Ma avrà ragione lui.

Mi siedo per terra, dopo aver infilato alla meno peggio la casacca della tuta, senza infilare il braccio infortunato nella manica. Sembro un Grande Invalido.

Nessuno mi dice niente , tutti seguono il gioco. Stiamo ancora vincendo ma mancano ancora dieci minuti. Morri cammina avanti e indietro, urla, incita. Mi volta sempre le spalle, fino alla fine.

Se Dio vuole i tre punti di vantaggio sono bastati. Ma una punizione anche a un secondo dalla fine avrebbe potuto fregarci. Amichevoli ? E chi ci tiene a perderle?

Mi avvio per primo, ho le chiavi degli spogliatoi, mentre i compagni si schierano per il saluto finale. Passo dietro a Morri, questo si volta e fa “Bene bene , abbiamo un altro Mostro. Vedi di curare la spalla e tieniti pronto, che ho bisogno anche di te”.

Non è una promessa , ma neppure una bocciatura. Negli spogliatoi mi si avvicina il padre di Cavallini, che era in panchina con noi. “Bene” mi fa “A Morri sei piaciuto. In mischia hai tenuto, ha detto, e quando sei stato a terra si è preoccupato. Pensava già alla formazione di domenica. Ti portano con loro”.


Nico