Francesco Sobrini   un racconto di Domenico Cardona

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Francesco Sobrini, di Nonantola, 42 anni. Vice allenatore della Remolese, campionato Promozione Emilia Romagna, Girone D.
Paese di due incroci e quattro case lungo la Provinciale, immerso nella nebbia per 140 giorni all’anno. Squadra di tanti giovani, qualche “vecchia gloria” locale, con trascorsi-lampo in serie superiori e ben quattro extracomunitari. Ragazzi del Marocco, tranne un albanese. Dopo quattordici campionati uno uguale all’altro, fra la mediocrità e il centro classifica , e 8 giornate, oggi quinti in classifica, dodici gol fatti, 13 subiti. Nessun rigore a favore , tre contro.
E tu ogni volta seduto al limite destro della panchina, per quattordici campionati e 8 domeniche. Non una parola, parla solo lui, Armaroli, l’Allenatore. Tipo collerico quello. Calmo, in apparenza , tu. Non fumi, non urli, parole sussurrate all’orecchio del ragazzo che sta per entrare, un consiglio a chi appena si è tolto la tuta dopo il riscaldamento. Questa è la tua vita, sul campo. Neppure durante la settimana ti fai sentire molto. Nessuno ricorda di averti mai visto agitato, alzare la voce: forse per questo, a 42 anni sei ancora allenatore in seconda.
La concessionaria Piaggio ti impegna le giornate, ti da quella stabilità economica che ti permette di perdere le serate al campo, ascoltando l’ansimare nella corsa dei ragazzi, il colpo sordo dei tackle, gli incitamenti, pochi, le urla, tante, di Armaroli. Ma perché lo fai, quando potresti permetterti una vita più divertente ?
No, sei un solitario, malinconico, solo questo desideri : passare le serate al campo, poi attendere che l’ultimo esca dalle docce, chiudere gli spogliatoi e vagare con la tua marea weekend per le strade della campagna, in attesa che il sonno ti raggiunga, per qualche ora prima di riprendere il lavoro. Lo ami, quel lavoro ? Dà da vivere, bene , darebbe anche di più, ma tu non sei interessato. La Concessionaria te l’ha lasciata tuo padre, mancato otto anni fa, e tu hai proseguito, ora da solo, l’attività. Routine, quattro vetrine in piazza Bellei, a 200 metri dal centro di Nonantola, ma, più importante per te, a soli tre chilometri dal campetto della Remolese. Tribunetta in tubi Innocenti, e quel cartellone pubblicitario “Piaggio Sobrini a Nonantola da 35 anni” che fascia per intero la tettoia. Ti è costato più di quanto ti abbia reso, ma lo desiderava tuo padre, primo tifoso della squadretta dei tuoi esordi, è lì è rimasto.
Già, perché ci hai anche giocato nella Remolese, mediano destro, prima del grande salto dalla Promozione alla C2 , col Viadana, quindi riserva a Mantova per due anni, senza mai vedere il campo, infine Brescello. Titolare per due tribolatissime salvezze, poi la promozione insperata in C1.
Paesone anche Brescello, ti ci eri trovato bene. Non sembra, ma di calcio, in C2 si può già vivere. E sognare. Un piccolo sogno, Laura, conosciuta ad una delle tante feste cui la squadra è invitata. Laura , segretaria d’azienda alla GDM Import, subito fuori Brescello, verso Guastalla , che conosce le lingue, che ha viaggiato : Africa, Sud America , e che si sente rinchiusa nella bassa Reggiana. Avete iniziato a frequentarvi per scoprirvi così diversi, ma così vicini. Lei sfrontata ma timida , tu introverso sempre. Non le piacevi perché eri un calciatore, anzi, se avesse voluto pensare a un futuro assieme forse sarebbe stato più interessante parlarle dell’attività di tuo padre, non dei compagni e delle trasferte, delle avventure nei locali notturni della provincia di Modena, nei quali vi rifugiavate di ritorno dalle trasferte, quando eravate certi che il Mister non vi avrebbe controllati per 24 ore. Ma tu e lei vivevate tutti e due per l’oggi, contenti della vicinanza l’uno dell’altra, senza progetti o idee sul futuro. Tu col tuo calcio, col torneo di C1 più duro del previsto, con una serie di piccoli infortuni mai ben curati, lei col suo lavoro che sempre di più la prendeva.
Quando le sue assenze per fiere , visite a fornitori esteri col figlio del titolare si sono fatte più frequenti, quando la domenica non trovava più il tempo per seguirti, quando in settimana le ore di straordinari si accumulavano, hai capito e senza chiederle nulla hai dato un taglio. Lei è venuta a cercarti due volte, al campo. Tu non le hai voluto parlare, troppo orgoglioso per dirle che senza di lei non vivevi. Ma chi voleva aveva già provveduto ad avvertirti, ridendo.
Lei era rimasta incinta. Caduta bene, col figlio del titolare che non si era tirato indietro e le aveva promesso che l’avrebbe sposata. Controvoglia , forse, ma l’azienda era nota ed il padre, all’antica, non voleva scandali.
Tu ormai pensavi a chiudere con tutto, tornare a Nonantola. Lì a Brescello sentivi che la tua avventura calcistica, durata ormai 12 anni, avrebbe potuto terminare in gloria, prima che qualcun altro, non te , dicesse che forse era l’ora di smettere. Ora avevi l’urgenza, di smettere.
Finire il campionato e salutare tutti : un taglio netto, ma voluto, programmato.
E invece quel platano alla curva del ponte sul canale Mazzotti, ridicolo, 600 metri da casa tua, che avevi sforato fin da bambino in bicicletta , in volate urlanti e forsennate con i compagni di gioco, ti ha fermato.
Auto, una R5 già stanca, scassata, tu solo una grossa botta al ginocchio. Due mei fra operazione e gesso. Ti era andata bene. Ma poi quel ginocchio non è più andato a posto. Zoppicare in campo non era il caso, così via. Hai dovuto anticipare, controvoglia il taglio netto col calcio, e ti sei rinchiuso nella concessionaria, finalmente davi una mano a tuo padre che ti aveva aspettato, e aiutato, per anni.
Ma dal calcio non hai saputo stare lontano. Così la Remolese, di nuovo. Serviva un accompagnatore, poi si sono accorti che qualche tuo consiglio non poteva che fare bene ,a quei ragazzi. Campioni non ce ne sono, ma, anche se ci fossero, le urla di Armaroli , lì da sempre, li avrebbero già allontanati. Sopratutto quei ragazzi del Marocco, taciturni chiusi. Lavorano alla Fonderia Guidetti, un lavoro che nessuno vuole più fare : troppo calore , troppa fatica per i ragazzi della Bassa. Invece Hasan , Jajed e Ibrahim hanno accettato. Al loro paese era la miseria, qui lavoro, e da un po’ anche uno svago, col calcio. Hasan ha la ragazza che lo aspetta a casa. Ancora un anno e potrà farla venire su. Jajed non ha il carattere facile, rissoso, irascibile. Se è ancora in squadra è merito tuo, che hai mediato, l’hai fatto ragionare, Una buona ala, velocissimo ma incostante. Sono ragazzi come sei stato tu, ma finora non hanno potuto avere sogni. Ora uno piccolo, e tu li aiuti a farlo durare.
Per te pochi sogni ormai. Laura non c’è più da tanto, neppure nei sogni. Qualche ragazza l’hai conosciuta, ma quel tuo leggero zoppicare ti frena sempre. Stanno con te perché ti trovano simpatico, sentono qualcosa, o la concessionaria fa gola, a donne di 35 - 40 anni ancora in cerca ?
Così ufficio, campo, cena da solo, a volte il bar Brunetti, ma per pochi minuti, che a giocare a briscola con i pensionati non ti ci vedi. E a parlare di calcio sono già in troppi, là dentro, anche quelli che invece dovrebbero correre di più, la domenica.
Sedici anni sono passati uguali gli uni agli altri. Prima non c’erano Hasan e Ilie, l’albanese, ma sono passati in tanti , i nomi si sono confusi. Anche sul lavoro, routine: il reparto accessori à diventato un negozio a parte, due vetrine sul marciapiede di fronte, ma diciamo che gli affari non sono, comunque decollati. Te e tre ragazzi fra officina-magazzino e negozio , ricavate di che campare, al massimo qualche risparmio. Ci sapevi fare di più col pallone , fin che è durata.
Stasera dopo l’allenamento della squadra hai un altro impegno : visionare i soliti 3-4 ragazzini che , una volta ogni due mesi, i procuratori – maneggioni della zona sottopongono.
Armaroli si fida dei soliti 14 – 15 vecchi , li farebbe giocare anche zoppi, tocca a te guardarti intorno, cercare qualche nuovo giocatore, abbastanza bravino da meritare una chance, ma non troppo bravo da fuggire subito via. Con i nuovi regolamenti nessuno è legato alla squadra che lo scopre, e sanno vendersi meglio loro delle prostitute della Provinciale, che anche tu, qualche sera , hai frequentato per nostalgia più che per bisogno. Soprattutto la rossa, quella che ti lascia parlare.
Stasera c’è poca nebbia d i fari già accesi riescono mostrare tutto il campo, fino alla rete di recinzione. Dietro, i soliti pensionati , non più di dieci, e due ombre sconosciute. In campo tutte le riserve e quei pochi titolari che Armaroli ha punito per scarso rendimento, oggi : dovranno farsi un supplemento giocando con i nuovi.
Si comincia. Falsetti , Tellerini , Brachi . Sono pronti ? Allora via, fateci vedere. Tellerini. Lo stesso cognome di Laura. Ma beh ? Allora ? Sai quanti Tellerini ci saranno ?.Poi ha 15 anni. Beh , potrebbe essere suo figlio, ma con un altro cognome. Come si chiamava pure il titolare della GDM , e quel suo stronzissimo figlio, bastardo ? Guidetti.
Lanfranco Guidetti, non Tellerini, si dovrebbe chiamare, se davvero fosse…
Ma basta , guardiamoli giocare e basta. Avete bisogno di un difensore veloce ma robusto , questi qui invece sono i soliti ragazzini, lampi di velocità ma fisico ancora da formare, tecnica approssimativa. Non avresti il tempo di insegnargliela.
Stai per mandare tutti a casa, quando ti si avvicina una donna. Laura. La riconosci subito, anche se sedici anni sono stati tanti, impietosi con lei. Sembra più vecchia di te , anche se il suo viso è ancora minuto e pallido come lo ricordavi. “Ciao” ti dice . E tu “Ciao”.
“Ho portato qui mio figlio “ e tu sai già quale è” solo perché ho saputo che c’eri te come selezionatore” mi dice piano “Lui sogna il pallone, ha già provato per tante squadre, ma finora niente da fare. Li vogliono già bravi, robusti, nessuno ha più la pazienza di prepararli. E lui ci soffre, non pensa ad altro. Di te mi fido, so che gli darai un’occhiata e lo capirai”.
Silenzio, non hai nulla da dirle. Lei prosegue “Se anche tu gli dirai di lasciar perdere, io me ne farò una ragione , lui non so. E non ho altri che lui“.
“Come ?”.
“Ma cosa credevi, che mi sposasse davvero quello là ? Promesse per sei mesi, poi non l’ho più visto. Ho dovuto ricominciare, da sola, no non da sola, con lui nella pancia. E quando è nato neppure mio padre ha voluto vederlo, il piccolo bastardo”.
E’ un fiume di parole, mai dette a nessuno, fra piccole lacrime che le solcano il viso. “Quando sono tornata alla GDM, per me di lavoro non ce n’era più. In capo a trenta giorni, licenziata per ristrutturazione . Ho trovato un nuovo lavoro, prima a Suzzara, poi qui vicino , dove nessuno mi conosceva e per tutti ero la vedova Tellerini, rimasta sola con un figlio da crescere.”.
La interrompi “Mi dispiace” , che frase che ti è venuta. Lei comunque sorride. Forse neppure quel minimo di comprensione si aspettava, ormai.
“Sì, è stata dura , ma adesso sono qui. Me ne sono fatta una ragione , lavoro , guadagno abbastanza. Ho lui. Lo vorrei felice. Più di quanto io lo sia stata”.
Sorridi anche tu, hai deciso “Si, hai ragione , guardiamoci avanti, è meglio. Guarda, il ragazzino non ha in gran fisico ma … beh, si, ci sa fare abbastanza. Se abitate da queste parti poso prenderlo in prova per quest’anno, Vedremo di formarlo. L’anno prossimo potremo decidere con più calma.”
“Grazie, lo sapevo che non mi avresti voltato le spalle, anche se mi avresti dovuto dire che per il calcio Lanfranco non è tagliato” . Sorride di nuovo. “Ciao, ci vediamo”.
E adesso come spiegare a Armaroli del ragazzino nuovo in squadra ? Buona volontà, pochi fondamentali, troppa poca cattiveria in corpo. Ma hai promesso.
Beh , vecchio Francesco, non è mai troppo tardi per iniziare a fare l’allenatore. Finora eri più il guardiano dello spogliatoio che il secondo di Armaroli.
Da domani si cambia. Le riserve le guiderai te. Doppia dose di campo e pallone e vediamo di tirare fuori due o tre buoni. Non puoi sapere se fra questi ci sarà Lanfranco, ma te lo auguri.
In fondo lei ti ha sorriso di nuovo.


Nico