Al Negher (l'imbianchino)

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Di Piero Garuti

Al mio paese c’era un imbianchino. Mario Dondi per tutti " Al Negher " era un artigiano rinomato,conosciuto in tutta la provincia. Ogni mattina usciva di casa con la sua 850 carica all’inverosimile. Tuta rigorosamente blu. Vernice pennello e tutto l’occorrente per lavorare.

Si diceva fosse il migliore. Non solo parete bianche o carta da parati ma anche piccole decorazioni e lavori di fino. Ricercato dai signori della zona perché Al negher non sbagliava mai una tinta. Una Marlboro perennemente accesa e via di pennello

Passava tranquillamente da una villa di Anzola ad una casa di campagna di Gaggio. Quando un contadino costruiva la casa dei suoi sogni al momento della tinteggiatura non si badava a spese e si chiamava Al negher

"Conosci la geometria Zitè ?"

La domanda mi colse impreparato

"Certo che la conosco. Oddio conosco l’ho studiata alle elementari"

"Bene zitè prendi un compasso e traccia un cerchio che poi ti spiego"

Feci quello che mi aveva chiesto. Si accese una sigaretta ed inizio una storia talmente incredibile che ancora oggi faccio fatica a pensare che sia vera.

Mario Dondi il 9 settembre del 1943 fece una scelta. Era giovanissimo amava la patria ed il tricolore, non si era mai interessato troppo di politica. Roma , Palazzo Venezia e tutto il resto erano cose lontanissime dal mio paese. Una sola volta erano partiti per partecipare ad un Sabato fascista a Castelfranco e Mario si divertì un sacco. Divise esercizi ginnici e soprattutto bandiere al vento. Centinaia di bandiere. Mario amava le bandiere

Comunque per farla breve il 9 di settembre Mario si arruolò , non ricordava se fosse proprio il 9 o il 10 ma resta il fatto che a piedi raggiunse Bologna e si arruolò nelle file di ciò che restava dell’esercito Fascista

Salò e le brigate nere furono solo l’epilogo di quella scelta ed il ragazzo che amava le bandiere divenne un fervente repubblichino. Odiava i rossi , i banditi che dalle montagne scendevano al paese per portare la parola di Stalin e bruciare il tricolore.

Ne uccise molti in quegli anni e molti suoi camerati furono uccisi. Il sangue scorreva a fiumi ed aveva lo stesso colore per i rossi e per i neri. Le lacrime delle madri avevano lo stesso sapore amaro da una parte e dall’altra

E l’odore della morte impregnava i muri del mio paese. Un tanfo insopportabile come l’odore delle bestie gettate nel letamaio.

Ma Mario non era mai tornato al paese. Era stato a Milano e poi addirittura a Salò, poi seguendo le orme della sconfitta era salito fino a Belluno per poi ritrovarsi a Bologna.

Odiava essere a Bologna. Sua madre l’ultima volta che si erano visto gli aveva raccontato che molti dei suoi amici erano saliti in montagna e che avrebbe potuto incontrarli. Ma non poteva farci nulla ed ora si aggirava tra i portici di una città vicina al suo paese

Tutto fu molto veloce e lui non si ricordava i particolari. Un rumore forte , un esplosione un tuffo all’interno del primo portone aperto e li l’incontro con due occhi

Si trovarono di fronte la bandiera tricolore di Mario ed il fazzoletto verde di Stenio. Non c’era il tempo di pensare e di dire nulla.

Uno sparo ed il fazzoletto verde era senza vita

All’improvviso il puzzo della morte avvolse Mario, vomitò. Vomitò le decine di morti che aveva fatto e visto negli ultimi due anni , vomitò le partite di pallone con Stenio in mezzo ai campi laggiù al paese. Vomitò il tricolore , Stalin , la patria il duce e la guerra.

Poi si riprese. Nessuno aveva visto , nessuno avrebbe potuto raccontare. Nessuno sapeva quello che aveva fatto…tranne lui.

 

" Vedi Zitè "

" Sono ritornato a casa solo nel 1949. Un po’ perché ero prigioniero di guerra, un po’ perché in quegli anni il mio paese non era un posto dove stare per quelli come me"

Quando sono ritornato il mio paese era li. Come prima della guerra. La miseria c’era prima e c’era dopo. Le case erano diroccate prima ed lo rimanevano dopo. Non c’era bisogno di parole. Entrai al bar "quello degli altri" e tutti capirono. Mario Dondi era tornato e basta.

Solo dopo qualche giorno un vecchio amico mi salutò

" Addio Negher "

Il nero.

Al mio paese la miseria è di casa ma ci sono due cose che non abitano qui : il perdono e la pietà.

"Da quel giorno fui < Il nero> e pian piano imparai a voltarmi quando qualcuno mi rivolgeva la parola Il tempo passava e decisi che era ora di iniziare a lavorare. Ero sempre stato bravo con i pennelli e pensai che forse l’imbianchino poteva essere il mio mestiere. Partì bussando alle porte del mio paese, non quelle dei rossi naturalmente ma pensavo che al mio Bar qualcuno potesse darmi una mano"

Niente lavoro per al Negher neppure in parrocchia. Niente di niente al mio paese. Brutta cosa i ricordi….

" Vedi zitè..io sono stato un bastardo tanti fa ma ho cercato di rimediare per quel che potevo ma come dite voi che avete studiato.. il rimedio a volte è peggiore del male. Tutte le mattine che il signore mandava sulla terra andavo al cimitero quando era ancora chiuso e portavo un fiore sulla tomba di Stenio. Il cimitero era deserto ed io per qualche secondo mi scrollavo da dosso l’odore della morte che mi accompagnava durante la giornata"

Il mio paese è un piccolo paese

" Per farla breve Zitè la notizia si sparse in giro e qualcuno fece due più due"

Al mio paese nessuno dimentica

" Da allora- se guardi il cerchio che hai fatto col compasso – sono passati quasi trent’anni. Al centro del cerchio c’è il mio paese e li non ho mai lavorato. Dopo un po’ ho smesso di chiedere. Mi sono allontanato e ritorno al paese solo la sera. Al bari si chiacchiera di sport di donne di tutto insomma una vita normalissima. Però l’odore della morte ce l’ho sempre addosso. Penso che anche al mio paese lo sentano e forse per questo nessuno mi ha mai fatto lavorare."

 

Al mio paese tutti sanno tutto di tutti. Bisogna esserci nati però. Io al mio paese non ci sono nato e questa storia non la conoscevo

Al negher morì dieci anni dopo, aveva 60 anni e nessuno andò al funerale. Lo seppellirono di fianco a Gig e nessuno mancò mai di notare che se al Gig non mancavano mai fiori sulla tomba, quella del Negher era sempre spoglia

Al mio paese non esiste la pietà