anno ii #2 tracce Inviate gli articoli a questo individuo il lettore ideale... Home


  RECENSIONI
di Marco Maurizi, 13.03.2002
RACCE AMNESTICHE
Tom Waits...
Il mestro e Margherita


LINÀMI
Popper...
Zappa, Barba,...


IVACE INQUISIZIONE
Bruckner...
Il Malinteso...
Calore, gravità...


O EHIUOI
Tra musica e...
Damiano Tavoliere...


TOM WAITS - Swordfischtrombones (1983)

T. W. è uno di quei cantanti che ho sempre snobbato. Mi piaceva la voce ma non ho mai sentito un disco tutto intero. Questo disco è molto bello. E' del 83 ma potrebbe essere stato registrato dieci anni prima o dieci anni dopo. Comincia in modo indefinibile, assolutamente disorientante: una canzoncina strampalata (Underground) voce grossa grossa, tromboni e marimbe. La seconda traccia è un recitativo con sottofondo atonale di percussioni, flauto e le amate marimbe che ogni tanto inciampa in un ritornellino orecchiabile. Poi una musichetta da circo suonata su un organetto da fiera, pestando i tasti come un bambino deficiente. Frammenti di Casablanca. Bluesacci al catrame. Una marcia meravigliosa che si intitola In the Neighborhood. Peccato che dopo l'inizio assolutamente scioccante e imprevedibile, tutto si assesti su una forma strana ma tuttosommato prevedibile di jazz intimista e blues. Ascoltando le prime tre canzoni sembrava un disco di avanguardia; poi diventa musica surreale da night-club che imita il pianoforte nero dei bei tempi andati. Ricorda un po' certe cose di Beefheart (soprattutto i blues e la voce)ma sembra Paolo Conte impazzito. Penso che gente come Vinicio Capossela dovrebbero nascondersi per quanto gli hanno rubato. Tom Waits riempie le sue canzoni con un senso di "vita vissuta" e di "autenticità" molto forte; in questo sta tutta la potenza persuasiva della sua musica. Ma anche lui talvolta sembra un imitatore e questo stona con la sincerità che cerca di venderci. Soprattutto negli arrangiamenti. Ci sono troppi colori. Una foto autentica è una foto in b/n.

NIRVANA - 20 great songs (1996)

Lo so, è un greatest hits del cazzo. Dei Nirvana conoscevo molto bene Nevermind e Incesticide. Il primo mi era piaciuto tanto, lo trovavo molto "nuovo" e "inusuale" quando uscì. Incesticide non mi piacque; c'era troppo rumore per nulla e per me all'epoca il rumore era ancora solo rumore. Questa antologia non è fatta male. Presenta in ordine quasi cronologico 20 brani dai quattro album pubblicati: Bleech, Nevermind, Incesticide e In Utero. Bleech sembra una cagata. Delle cinque canzoni presentate solo About A Girl ha una sua personalità (e infatti la riproposero all'MTV unplugged). Le altre sono i tipici pezzi insignificanti che tonnellate di giovincelli di tutto il mondo suonano nelle loro puzzolenti cantine: quattro giri stronzi di accordi, urla e distorsioni caricate con l'orologio. Riascoltato oggi (e paragonato agli altri) Incesticide suona molto più estremo e forse ingenuo, ma anche più vero; si capisce che Nevermind è stato un disco costruito in fase di "produzione", molto arrangiato, con i suoni iper-curati. Tutto il contrario di quello che erano i Nirvana dal vivo. Incesticide è più rozzo e impreciso ma è più bello e coraggioso. Aneurism è davvero una grande canzone. In Utero è un disco fiacco e sbiadito; Kurt Cobain aveva trovato un suo stile di scrivere canzoni (infatti Dumb sembra proprio On A Plain!) e forse qualcosa da dire ce l'aveva. O forse no, sennò non si sarebbe sparato. Comunque a ragion veduta mi pare che l'uso del rumore dei Nirvana è molto ostentato e superficiale. Tutte le canzoni finiscono con qualche schitarrata di sbieco, qualche rumorino e ronzio. Ci sono feedback qui e lì, ma - davvero - sembra tutto così orchestrato e di maniera.

LEONARD COHEN - I'm your Man (1987)

Snobbato pure lui. Non solo perché un cantautore (e si sa - dicono i musicisti - che i cantautori di musica capiscono ben poco) ma anche perché il disco è degli anni 80 e si sa - dicono sempre i musicisti - negli anni 80 si è fatta solo musica di merda, con batterie elettroniche e tastierine. Pure i dischi di Zappa degli anni 80 si sente che sono stati fatti negli anni 80! Beh, questo disco è stato fatto con batterie elettroniche e tastierine. Però è proprio bello. Che cos'è che lo rende così bello, cos'è che mi fa superare il ribrezzo per i suoni sintetici, le vocine femminili decorative, i ritmetti ghiutti? Leonard Cohen. Una voce bassa, piena, diretta che vibra di su frequenze sessuali. Tutto all'altezza delle palle. Le sue e le nostre. Non so come sia a letto Leonard Cohen ma ha l'aria di uno che porta le donne nel ristorante più caro della città e poi se le tromba in una bettola. Sembra una persona viva che ti racconta la sua vita. E non è interessante perché dorme in una camera iperbarica o perché è andato in Tibet dal Dalai Lama. Sarà anche una maschera, ma ti pare di poter dire che è davvero la sua, quella che indossa di solito. E cazzo che belle canzoni che scrive. Chi ti terrebbe sei minuti incollato a sentire First We Take Manhattan con sei o sette strofe e due misere variazioni? Oggi di strofe se ne scrivono al massimo tre e l'ultima è una ripetizione della prima. Ricordo che quando la sentii allora non la sopportavo...ma già ero affascinato dal suo cappotto. Un uomo affascinante che scrive musica affascinante; forse sto diventando gay. Ma queste canzoni sono affascinanti e non solo perché sono "strane" e i testi "profondi". Certe le leggi e pensi "che stronzata", poi le senti e ti conquistano. A chi concederesti di dire "non c'è cura per l'amore"? Solo a uno che intitola un pezzo Jazz Police e le cui melodie anche quando sono banali sembrano scritte per la prima volta. D'altronde quando scrive melodie originali ti pare di averle già sentite. E pochi avrebbero il coraggio di dire "pago l'affitto e me ne sto qui sulla torre della canzone"?

 


torna alla rivista