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Il genere letterario Vangelo

A un terzo livello, il termine designa degli scritti, e cioè un genere letterario. Come mai si è giunti a chiamare "vangeli" i quattro libretti attribuiti rispettivamente a Matteo, Marco, Luca e Giovanni?
Naturalmente non a caso. Se tali scritti sono detti "vangeli" è anzitutto perché la chiesa vi ha colto una profonda continuità con l'evangelo da essa annunciato.
Negli antichi manoscritti non si legge: "il vangelo di Matteo, di Marco, di Luca...", bensì:
"il vangelo secondo () Matteo..." quasi a sottolineare la viva coscienza dell'origine orale dei vangeli dalla predicazione apostolica.
Inoltre, benché si conoscano i quattro scritti, si continua l'uso del termine vangelo al singolare: così in Eusebio, dove indica la collezione dei quattro vangeli: Hist. Eccl. V,24,6.
Il raccordo con la caratteristica "orale" del vangelo è facilmente costatabile nei Vangeli. Ma come spiegare il passaggio dalla oralità al genere letterario? Oggi è abbastanza diffusa tra gli esegeti la convinzione 'che Marco sia l'ideatore di questo genere letterario nuovo che pone in stretta relazione il racconto su Gesù con l'evangelo:


Marco avrebbe dato forma letteraria alla tradizione di Gesù facendone al contempo un racconto e un nuovo annuncio.
Un genere letterario che nel mondo ellenistico ha delle somiglianze (ma nessun vero parallelo) con i racconti popolari che narrano le gesta di uomini famosi (le praxeis), e nel giudaismo, con i "Detti dei Padri" (Pirké Abot) e soprattutto con l'haggadà pasquale. Si tratta solo di somiglianze. Praticamente nell'ambiente biblico-giudaico si ritrovano tutti gli antecedenti necessari, ma non sufficienti (Fusco, Logos V, 80).
Se poi si confronta il genere "vangelo" con la biografia classica di Plutarco o di Svetonio, balzano subito agli occhi almeno due notevoli differenze:

- la persona dell'autore non e in primo piano, troviamo semmai qualche discreta allusione (vedi Mc 14,51-52);

- la narrazione della vita e dell'opera del protagonista (Gesù) non coincide con una biografia completa e coerente. In Marco manca qualsiasi notizia precedente il ministero pubblico. Mc si interessa di Gesù in quanto Messia (Christos) e figlio di Dio. Tale prospettiva è dichiarata fin dal primo versetto.

Secondo E. Schweizer (Marco, pp. 403-410) il nostro evangelista avrebbe operato una sintesi originale di tre componenti del cristianesimo primitivo, legate rispe-ttivamente a tre ambienti:

1. nell'ambiente giudaico prevaleva l'aspetto di inse-gnamento: Gesù era visto come Rabbi (Q e vangelo di Tommaso);

2. nell'ambiente siriano (regioni Nord-Est della Palestina fino all'Eufrate) Gesù era visto come il "theios aner", l'uomo divino, operatore di miracoli;

3. nell'ambiente ellenistico (regioni evangelizzate da Paolo) godevano particolare favore le religioni misteriche (misteri di Eleusis, orfismo, ecc.) ed ecco che il cristianesimo si presentava come religione iniziatica centrata sul mistero della morte e risurrezione del Cristo (battesimo, eucaristia).

Marco avrebbe tenuto insieme questi tre elementi: insegnamento, miracoli, liturgia, mostrando che essi non vanno dissociati, che non deve prevalere un unico aspetto. Il vangelo è insegnamento, ma non solo; è manifestazione della potenza di Dio, ma non solo; è anche religione con il suo mistero e la sua iniziazione, ma non solo.
In ogni caso prima di Marco non sarebbe esistito un racconto su Gesù chiamato "vangelo". E' questa l'opinione più diffusa.
Per citare una voce autorevole, Josef Ernst:

Marco "è il primo a inserire la compo-nente narrativa nell'annuncio stesso. Il Vangelo del Figlio di Dio crocifisso e risorto viene inteso come la storia di Gesù di Nazareth.
L'annuncio di salvezza predicato, il kerigma, l'appello a credere in Gesù Cristo, si amplia per diventare la narrazione di una vita"
(Marco, Un ritratto teologico, Morcel-liana, Brescia 1990, 19)

Per la comprensione del genere neotestamentario di "vangelo" è utile un confronto tra un vangelo canonico e un vangelo apocrifo (in appendice alla Smossi di K. Aland è riportato il vangelo di Tommaso. Si potranno facilmente costatare gli elementi novellistici e fantastici introdotti nei cosiddetti "apocrifi".

 

 


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