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"L'uomo
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by/prefazione di: Jeremy
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Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Biografie
dell'Inconscio
Anno/Year:
2015
Pagine/Pages:
350
ISBN:978-88-97479-07-9
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"Neuroscience
and Psychoanalysis" (English Edition)
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Georg Northoff
Writings by/scritti di: D. Mann
A. N. Schore R. Stickgold
B.A. Van Der Kolk G. Vaslamatzis M.P. Walker
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 300
ISBN:978-88-97479-06-2
Prezzo/Price: € 49,00
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
educazione"
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz
Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 248
ISBN:978-88-97479-05-5
Prezzo/Price: € 29,00
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
ISBN:978-88-97479-04-8
Prezzo/Price: € 37,00
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
Prezzo/Price: €
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price: €
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
Prezzo/Price: € 23,00
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
Prezzo/Price: € 39,00
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
Prezzo/Price: € 19,00
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
Prezzo/Price: € 38,00
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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La “verità
privata” a cui si riferisce il titolo di questo libro è quella del
delirio. Una “verità” alla quale la persona si aggrappa facendone
l’asse portante della sua vita: per tutta la vita o almeno per un
tratto di essa. In questo volume Arnaldo Ballerini raccoglie una serie
di riflessioni elaborate intorno al delirio, nelle sue varie possibili
declinazioni: dal delirio schizofrenico, che è delirio per
eccellenza, al delirio melanconico, al problema del delirio in quelle
psicosi in cui manca una esperienza di rivelazione che frantuma gli
abituali modi di stare con gli altri e nel mondo, al rapporto tra
ossessioni e delirio e, ancora, tra identità e delirio. Una serie di
contributi che trasporta all’interno di un sapere psicopatologico
che si colloca alla base di ogni possibile ulteriore riflessione sul
delirio e di ogni possibile intervento terapeutico. Nonostante i
recenti contributi della psicopatologia cognitiva forniscano una serie
di dati utili alla conoscenza dei meccanismi che sono alla base dei
deliri, ogni approccio terapeutico ha bisogno di una rappresentazione
del mondo nel quale il delirante vive e, appunto, delira. La
rappresentazione di questo radicale cambiamento nel modo di esperire e
concepire il rapporto con gli altri, se stessi ed il mondo non si può
fondare solo su conoscenze parcellari relative a distorsioni di
specifici meccanismi cognitivi. Se anche si esprime sul piano della
credenza – ricordava Jaspers - il delirio nasce sul piano della
esperienza. Alla conoscenza di questo piano la psicopatologia di
ispirazione fenomenologica ha portato il suo contributo.
Da oltre 30 anni
Arnaldo Ballerini, come psichiatra e psicopatologo che ha lavorato nei
servizi di psichiatria comunitaria, confronta e mette in tensione le
conoscenze e le intuizioni della psicopatologia di ispirazione
fenomenologia con la clinica. Ma non con una clinica rarefatta,
lontana dalla gestione dei casi multiproblematici che si incontrano
nei Servizi. Al contrario, una clinica psichiatrica che emerge dalla
presa in carico diretta da parte di un Servizio di Psichiatria
comunitaria di una determinata area geografica. Una area geografica ed
una utenza che confrontano con tutta la gamma possibile dei “pazienti
gravi”: termine generico e un po’ confusivo oggi invalso per
indicare quell’insieme di fenomeni clinici che si colloca tra i più
gravi disturbi di personalità e l’area delle psicosi funzionali.
Questo è il terreno sul quale Arnaldo Ballerini ha coltivato la
psicopatologia di ispirazione fenomenologica ed, in particolare, un suo
modo di intendere questo approccio alla clinica. Insomma, la
psicopatologia fenomenologica di cui ci parla Arnaldo Ballerini non è
una psicopatologia “sognata” a tavolino, ad occhi chiusi. A
tavolino – ricordava anni fa Gaetano Benedetti – si può avere
ragione di qualsiasi psicosi, riconducendola con successo in uno
schema comprendente-esplicativo apparentemente congruo. Senza i limiti
che la presenza concreta del paziente e della sua tragica condizione
ci impone, la psicopatologia fenomenologica (come anche la
psicoanalisi) possono librarsi in volo alla volta di qualsiasi meta. E
conseguire dei successi: comprendere e/o spiegare quasi tutto. Chi
segue questa strada, tuttavia, tradisce la vera origine di queste
discipline. Discipline che sono nate, per così dire, “al letto del
paziente” o, nel caso della psicoanalisi, nella relazione con un
paziente sdraiato su un “lettino”. Se si perdono i contatti con
questa dimensione della clinica, che ha bisogno della testimonianza
del paziente e delle sue stesse parole, si rischia davvero di rimanere
impigliati, come Freud scriveva polemicamente a Binswanger, negli
artigli del diavolo filosofico. Una psicopatologia (fenomenologica o
psicoanalitica) che invece di valorizzare e proteggere il patrimonio
di conoscenze originato dalla ricerca intorno alle esperienze vissute
tipiche delle forme più gravi, ne disperda i contenuti per
suggestionare, attrarre o sedurre aspiranti psicopatologi si condanna
alla esclusione dalla ricerca, dalla formazione e dalla prassi.
Nella psichiatria
comunitaria le ipotesi, le idee, i concetti devono trovare una loro
declinazione operativa. Se la trovano sono utili e sopravvivono. Se
non la trovano, dovrebbero cadere in disuso. La psicopatologia
fenomenologica, nella misura in cui non è riuscita a confrontarsi con
la operatività dei Servizi e con la formazione, è spesso rimasta ai
margini del panorama psichiatrico. Anche per l’immagine che ne
veniva proposta da parte di alcuni dei suoi autorevoli esponenti, la
psicopatologia si offriva come disciplina di carattere prevalentemente
estetico, atta ad abbellire e nobilitare il lavoro psichiatrico. Ma
non a modificarne la sostanza. Allo psicopatologo illustre si chiedeva
di inaugurare congressi di psichiatria. Ma raramente gli si chiedeva
di assumere la gestione di una clinica o di un servizio. La
psicopatologia di ispirazione fenomenologica ha finito per essere da
un lato ammirata e idealizzata, dall’altro svilita a inutile
esercizio di riflessione filosofica privo di legami con le pratiche
della psichiatria: una psicopatologia non idonea ad incidere sul
lavoro psichiatrico o meglio ancora a tradursi in lavoro
psichiatrico.
E’ questa
invece la declinazione della psicopatologia alla quale Arnaldo
Ballerini ha dedicato il suo lavoro, clinico e di riflessione,
sviluppando una sua accezione di psicopatologia di ispirazione
fenomenologica: una psicopatologia che fa delle psicosi il suo ambito
privilegiato e che costituisce un recinto di anomalie, a contatto con
incoerenze, zone grigie, aree problematiche che sollecitano la ricerca
di strumenti per avvicinare e conoscere esperienze e mondi molto
lontani da quelli della vita psichica normale. Uno psicopatologo
eterno principiante, ma anche, allo stesso tempo, guastafeste: nel
senso che si interroga e mette in questione tutto ciò che viene
troppo frettolosamente dato per risolto. A partire dalla stessa
nozione di delirio. Una nozione che la psichiatria clinica da sempre
liquida in maniera superficiale e generica. Il delirio sarebbe una “credenza
falsa e incorreggibile”. Ma questa definizione non contenta nessuno,
sempre che si abbia una qualche coscienza epistemologica e sia
incuriositi dai fenomeni che si osservano. Si tratta di una
pseudo-definizione che serve solo a trasmettere false rassicurazioni:
l’illusione di sapere di cosa stiamo parlando, quando invece,
evidentemente, continuiamo a non saperlo. Una definizione insomma
della quale non ci si deve accontentare. Ne sono, del resto,
insoddisfatti gli psicopatologi cognitivisti che in questi ultimi
dieci anni hanno fortemente investito in termini di ricerca sui
modelli esplicativi del delirio. Ma una definizione della quale non si
possono accontentare nemmeno gli psichiatri o gli psicologi clinici
che lavorano sul campo: poiché prendere per buona questa sbrigativa
definizione lascia in ombra tante sfaccettature del fenomeno delirio
che rappresentano invece altrettante “maniglie” attraverso le
quali entrare è possibile entrare in relazione con persone fortemente
disturbate e sofferenti. In questo senso, non si tratta solo di una
questione di definizione. Si tratta piuttosto di farsi una idea del
delirio che sia utile nella relazione con una persona delirante.
Prendere per buona la definizione tradizionale di delirio, vuol dire,
da questo punto di vista, lasciare cuocere i nostri nel loro brodo!
La psicopatologia
fenomenologica che Arnaldo Ballerini propone ha perso quell’aria di
mistero che affascina tanti giovani. Ma ha acquistato in termini di
strumenti conoscitivi e operativi. Strumenti davvero indispensabili ad
un serio lavoro psichiatrico. Diventa insomma un modo per comprendere
meglio le esperienze ed il mondo in cui vivono le persone di cui ci
occupiamo. Una comprensione che non è fine a se stessa. Che non serve
a rassicurare lo psicopatologo rispetto alle sue capacità di
comprensione e di empatia. Ma che serve piuttosto come guida nell’avvicinamento
e nell’accompagnamento del paziente in un percorso terapeutico. Un
percorso che ha bisogno di una bussola: sia per quanto riguarda il
versante farmacologico, sia per quanto riguarda il versante
psicoterapeutico, sia per quanto riguarda il versante riabilitativo.
Questi sono i versanti sui quali la psicopatologia di ispirazione
fenomenologica ha da giocare un suo ruolo. Un ruolo fondato su una
preliminare assunzione di responsabilità: la presa in carico del
paziente e del suo progetto terapeutico.
Attraverso il
tema del delirio Arnaldo Ballerini torna ad uno dei suoi primi amori.
Quando lo ho conosciuto ero un giovane studente di medicina che
aspirava a diventare uno psichiatra. Avevo iniziato un tirocinio, come
studente di medicina, nella prima metà degli anni ‘70, nel reparto
dell’Ospedale Psichiatrico di Firenze (S.Salvi) che lui dirigeva. Si
chiamava “reparto aperto”. Una definizione che ne metteva in
risalto la particolarità, all’interno di un manicomio chiuso. Un
reparto assolutamente diverso dai tradizionali reparti manicomiali.
Era appunto “aperto”: le porte non erano chiuse a chiave e, ai
miei occhi di studente ancora ignaro di psichiatria, sembrava qualcosa
che stava a metà strada tra una pensione marina a gestione familiare
e una clinica svizzera. Non era però un reparto per pazienti meno
gravi o selezionati, come quelli che riempiono le cliniche svizzere.
Lì ho conosciuto i primi pazienti psicotici. Tutte persone che mi
sono rimaste in mente perché sono state le prime figure di una
galleria di persone che mi ha accompagnato nella formazione e nel
lavoro clinico: una giovane donna che riusciva con estrema angoscia e
sofferenza a mettere in fila poche parole sconclusionate; una ragazza
che viveva in un mondo popolato da figure diaboliche dalle quali aveva
cercato più volte di fuggire buttandosi dalla finestra; un giovanotto
verboso e appiccicoso, intellettivamente poco dotato; una donna di 60
anni che diceva di non avere più nessuno e di essere condannata a
vivere così per l’eternità.
La psicopatologia
delle psicosi era al centro degli interessi e delle pratiche degli
psichiatri che lavoravano in quel reparto. I riferimenti teorici erano
in primo luogo rappresentati dalla Psicopatologia Generale
jaspersiana e dalla Psicopatologia Clinica di Kurt Schneider.
Un piccolo libretto che cominciai a leggere in quegli anni e che ho
riletto tante volte in questi anni (fino a riproporlo in questa stessa
collana). Il modello jaspersiano – schneideriano delle psicosi, all’epoca,
appariva come l’unico in grado di garantire un qualche rigore
diagnostico, in un’epoca in cui troppo spesso la psicosi veniva
ridotta alle sue sole determinanti sociali. Chi non si basava sui
presupposti metodologici della psicopatologia finiva per assumere i
comportamenti come elementi guida per la diagnosi. Si utilizzavano
termini vaghi, sfuggenti (poco operazionalizzabili, diremmo oggi) come
sindrome dissociativa o autismo che potevano essere tirati, come la
trippa, in tutte le direzioni.
Per lungo tempo
ho pensato di avere conosciuto il pensiero di un autore come Kurt
Schneider attraverso Arnaldo Ballerini. Molti anni dopo mi sono
accorto che lo Schneider che avevo conosciuto non era Schneider ma
Schneider letto ed interpretato da Ballerini. Uno Schneider nel quale,
in maniera inapparente, Arnaldo Ballerini aveva inoculato concetti e
intuizioni che ne trasformavano l’impostazione, piegandola alla
prassi operativa dei Servizi. Questa capacità di vedere dentro il
pensiero di un autore fino a trascenderne i limiti ha permesso ad
Arnaldo Ballerini di declinare la psicopatologia clinica di Kurt
Schneider in una dimensione nuova, adatta alla clinica che si
praticava nei servizi. Quali erano gli aspetti della clinica di
Schneider che Arnaldo Ballerini aveva sviluppato in maniera personale?
Mi limito a citarne due:
1) La
psicopatologia di Kurt Schneider è marcata da radicali differenze e
dure dicotomie. La percezione delirante segna uno di questi
invalicabili confini: dove c’è percezione delirante c’è vero
delirio, dove non c’è percezione delirante non c’è vero delirio.
Ancora, la distinzione tra personalità psicopatiche e psicosi
endogene non ammette equivoci né punti di passaggio. E si potrebbe
continuare. La psicopatologia schnederiana che Ballerini trasmetteva
era invece una psicopatologia attenta alle gradazioni, ai punti di
articolazione e di passaggio. Che non rinunciava certo alle differenze
ma che ammetteva ed anzi valorizzava le zone grigie, i casi di mezzo,
le aree problematiche capaci di stimolare una riflessione. Quindi non
una psicopatologia statica e fissista ma una psicopatologia dinamica,
interessata alle forme cliniche in evoluzione. Nella quale non si
adottano tanto contenitori ermetici che impongono un ordine irreale,
quanto piuttosto - per riprendere una immagine cara ad Arnaldo - boe
di galleggiamento che orientino la navigazione. Uno dei termini
chiave, introdotto da Araldo Ballerini, in questa sua accezione della
psicopatologia clinica è il termine “percorso”. Un termine che
incontrerete in molte delle pagine che seguono e che Arnaldo Ballerini
ci ha insegnato ad usare non solo per cogliere la concatenazione delle
esperienze interne (sulla scia della comprensione genetica jaspersiana)
ma anche il carattere di convenzionalità e provvisorietà dei limiti
che le moderne nosografie si affannano a tracciare e ri-tracciare tra
un quadro nosografico e l’altro. Ed ancora per cogliere le
possibilità trasformative insite in ogni essere umano, e quindi anche
nelle sue manifestazioni psicopatologiche. Le esperienze interne dei
pazienti che avevamo potuto seguire negli anni nel lavoro territoriale
ci avevano infatti messo di fronte una varietà di fenomeni clinici
ben più ampia di quella chiusa nelle categorie alle quali i nosografi
consegnano la clinica. Persone seguite nel tempo per disturbi della
serie nevrotica venivano incontrate, in momenti successivi della loro
vita, nel pieno di un esordio psicotico acuto, con sintomi di primo
rango schneideriani. Una volta guariti dall’episodio psicotico
(allora si parlava di bouffée delirante), tornavano a mostrare il
loro assetto nevrotico. I confini della nosografia, rigidamente
intesi, si rivelavano spesso un limite che impediva di cogliere in
tutta la loro portata alcuni percorsi clinici. Il concetto di percorso
permetteva invece di recuperare una visione laica della clinica,
libera da un atteggiamento di venerazione dei dogmi della nosografia.
Un concetto utile a valorizzare la dimensione nosodromica insita in
ogni quadro clinico. Quindi non semplice comorbidità, intesa come
descrizione un po’ ipocrita di fenomeni paralleli, ma sforzo di
comprendere le concatenazioni tra differenti livelli di funzionamento
mentale in ambito psicopatologico.
2) Schneider
aveva con grande lucidità tracciato i limiti della sua operazione
conoscitiva, limitandosi ad una definizione pragmatica dei sintomi di
primo rango. Una definizione operativa ante litteram,
assolutamente aliena da ogni aspirazione a sviluppare una teoria della
schizofrenia. Arnaldo Ballerini, sottolineando come questi sintomi
siano in realtà esperienze, ha fatto dei sintomi di primo
rango non soltanto un indicatore diagnostico, ma anche il primo punto
di repere di un modello di funzionamento mentale psicotico. I
sintomi di primo rango diventavano così (e sono diventati nella mia
mente e in quella di molti altri colleghi che hanno avuto la fortuna
di lavorare con lui) il segnale dell’affiorare di un modello di
mente psicotico, molto diverso da quello della vita psichica normale.
Un modello di mente i cui organizzatori Ballerini illustra nel primo
capitolo di questo volume: Psicosi e delirio. Il delirio come
icòna della psicosi ? I sintomi di primo rango restano così,
nella accezione di Ballerini, schneideriani in senso pieno, in quanto
indicatori pragmatici per la diagnosi, ma diventano anche una
sollecitazione a pensare i modi di funzionamento della mente
psicotica.
Nel complesso i
sintomi di primo rango in quanto sintomi-esperienze fissati nella loro
definizione da Schneider erano visti come punti in un continuum,
sulla scia della sollecitazione di John Strauss della fine degli anni
’60. Inseriti in un contesto dinamico i sintomi di primo rango si
rivelavano come qualcosa di molto diverso da ciò di cui parlava
Schneider. Diventavano fenomeni da considerare in una visione
dimensionale. In questo continuum lo snodo centrale era
rappresentato dalla esperienza del come-se, individuabile sia nella
fase di ingesso al delirio, ma anche nella fase di uscita e guarigione
dal delirio. Uno snodo che ha sempre rappresentato per Arnaldo
Ballerini un punto di repere fondamentale della psicopatologia
“dinamica” del delirio. Attraverso il concetto di percorso, la
serie di esperienze che va verso la psicosi può essere pensata nei
due sensi: verso la esternalizzazione psicotica estrema, ma anche a
ritroso, verso il recupero della dimensione del “come-se”. I
modelli elaborati da Koehler e più recentemente da Klosterkoetter
hanno dato forma a questa intuizione clinica, mostrandone le più
sottili articolazioni, all’insegna della comprensione genetica. Ma
questa concezione dinamica dei sintomi schneideriani di primo rango
Arnaldo Ballerini la proponeva, sommessamente, in un’epoca in cui la
concettualizzazione di Klosterkoetter sul continuum di
esperienze che va da esperienze “come se” a sintomi psicotici di
primo rango era ancora di là da venire. Di questa capacità di
elaborazione di concetti complessi, come quello di percezione
delirante o di esperienza di rivelazione, troviamo molti esempi nelle
pagine che seguono. Pagine che testimoniano della originalità e
profondità del contributo di Arnaldo Ballerini, uno dei maestri della
scuola di psicopatologia di ispirazione fenomenologica in Italia.
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