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Edited
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W. Bohleber J. Deutsch
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N. Janigro R.K. Papadopoulos
M. Ritter S. Varvin H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Mediterranean
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Anno/Year:
2015
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"L'uomo
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Collection/Collana: Biografie
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Anno/Year:
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"Neuroscience
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Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
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Writings by/scritti di: D. Mann
A. N. Schore R. Stickgold
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Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
Anno/Year: 2014
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ISBN:978-88-97479-06-2
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
educazione"
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz
Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 248
ISBN:978-88-97479-05-5
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
ISBN:978-88-97479-04-8
Prezzo/Price: € 37,00
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price:
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
Prezzo/Price: € 23,00
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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In un film piuttosto divertente
di alcuni anni fa il Dr. Michael Hfuhruhurr, un eminente
neurochirurgo, si innamora perdutamente di un cervello appartenuto
alla dolce signora Anne Uumellmahaye, fino a decidere di trapiantarlo
sulla perfida moglie Dolores. Ho perso la testa per un cervello
(The Man with Two Brains, Rob Reiner, 1983) costituisce una
buona metafora di quanto sta accadendo in una parte degli studi sul
cinema: questi stanno effettivamente cercando di innestare alcuni
risultati delle neuroscienze contemporanee sul corpo un po’
invecchiato della teoria del film.
Si tratta in parte di un fenomeno
sintonizzato con il più ampio contesto delle humanities: il
successo incontrato negli ultimi venti anni circa dalle tecniche di brain
imaging ha portato come è noto a un fiorire di neuro-discipline,
dalla neuroestetica alla neuroetica. Nel caso degli studi
cinematografici tuttavia l’incontro tra neuroscienze e teoria va
oltre la moda del momento e si innesta su tre fenomeni di più ampio
raggio. In primo luogo, esiste una solida tradizione di confronto tra
teoria del cinema e studi sulla mente risalente agli studi di Hugo
Münsterberg all’inizio del Novecento e successivamente alla lezione
della filmologia franco-italiana degli anni quaranta e cinquanta. In
secondo luogo, l’avvento delle neuroscienze si collega a una più
ampia tendenza alla “naturalizzazione” della teoria del film che
nasce alla metà degli anni ottanta del Novecento in area anglosassone
con la contestazione dell’approccio semiotico-psicanalitico di
matrice francese. In terzo luogo l’attenzione neuroscientifica si
salda con l’emergere o il riemergere nella teoria del film
contemporanea di un consistente filone fenomenologico.
Il volume di Gallese e Guerra si
situa in quest’ultima area e costituisce forse il più compiuto
tentativo di collegamento tra fenomenologia del film e neuroscienze
attualmente presente nella teoria del cinema.
Il libro nasce dall’incontro
tra un neurobiologo (Gallese) e un giovane studioso di cinema
(Guerra), pienamente rispettosi l’uno delle competenze dell’altro.
Per un verso dunque molti luoghi e autori significativi della teoria
del cinema subiscono una proficua rilettura - dai teorici americani
degli anni dieci, ben conosciuti da Guerra (Münsterberg, Freeburg) a
quelli russi del montaggio (Kulešov, Ejzenstejn),
fino ai più recenti fenomenologi del film (Sobchack, Marks).
Per altro verso, il volume si basa su una conoscenza approfondita e di
prima mano dei più recenti risultati delle neuroscienze, con
particolare attenzione alla “scuola di Parma” (cui Gallese
appartiene) e alle scoperte legate ai neuroni specchio. Infine, non è
da trascurare il fatto che i due autori siano anche accaniti cinefili,
e che l’argomentazione si appoggi costantemente su illuminanti
esempi cinematografici - da Herzog a Kubrick, da Hitchock a Siodmak,
da Demme a Bergman.
L’idea centrale del volume è
che la nostra esperienza del mondo è incarnata, relazionale,
multisensoriale e pragmatico-motoria. I quattro termini sono
reciprocamente legati: non mi limito a “guardare” il bicchiere che
è di fronte a me, ma “immagino” il tipo di interazioni che posso
intrattenere con esso mediante il mio corpo (posso prenderlo, portarlo
alle labbra, ecc.) e le sensazioni non puramente visuali che ne
derivano (per esempio quelle tattili), ancor prima di agire; oppure,
se qualcun altro sta portando il bicchiere alle labbra, “vivo” l’azione
come se la eseguissi io. In altri termini noi adoperiamo una serie di
risorse psicologiche e neurali sia per interagire praticamente con il
mondo sia per “comprendere” quanto accade intorno a noi: gli
autori parlano a questo proposito di “simulazione incarnata” e,
nel caso della relazione intersoggettiva, di “consonanza
intenzionale”.
Nel caso specifico dell’esperienza
cinematografica, intervengono due aspetti qualificanti. In primo
luogo, se l’esperienza diretta del mondo è definibile zuhanden
(con termine heideggeriano: il mondo è direttamente soggetto alla
presa del soggetto), quella di una qualunque narrazione è vorhanden:
il mondo è in questo caso rappresentato “davanti” a lui. L’idea
degli autori è che i meccanismi di simulazione incarnata che operano
nel primo caso non vengono affatto meno nel secondo - anzi semmai si
rafforzano; solamente, essi sono ora riferiti alle coordinate di un
universo “altro” rispetto a quello ordinario. Gli autori parlano a
questo proposito di una simulazione liberata.
La simulazione liberata si
applica a ogni tipo di narrazione, sia essa orale, scritta, visiva o
audiovisiva; nel caso del cinema subentra tuttavia una seconda
particolarità: lo spettatore si trova di fronte al movimento
precostituito di una serie di “corpi”, e dunque entra in un regime
di consonanza intenzionale più o meno intensa con essi. Egli vede
muoversi infatti davanti ai suoi occhi i corpi degli attori, ma anche
quello della macchina da presa (espresso attraverso la dislocazione
del punto di vista), e infine quello del film nel suo complesso con i
suoi flussi sensibili e i suoi salti di montaggio. E in ciascuno di
questi casi lo spettatore coglie qualità e intenzionalità specifiche
dei movimenti, in quanto li riferisce alla propria esperienza in prima
persona della motricità intenzionale.
Sulla base di queste idee Gallese
e Guerra analizzano alcuni nodi dell’esperienza di visione del film.
Vengono anzitutto presi in considerazione i movimenti di macchina “soggettivi”,
che cioè incarnano (o sembrano incarnare) il movimento di personaggi
del film adottandone il punto di vista e l’andamento motorio. In
secondo luogo, vengono analizzati gli stacchi di montaggio come
possibili attivatori di continuità o discontinuità. Su questi due
argomenti gli autori riportano alcuni importanti esperimenti condotti
con il metodo dello scanning elettroencefalografico (EEG) ad
alta densità del cervello degli spettatori. Il libro si dedica quindi
alla qualità “tattile” dello sguardo dello spettatore
cinematografico, che sembra talvolta sfiorare o toccare oggetti, corpi
e volti sullo schermo - e, ci dicono Gallese e Guerra, lo fa davvero,
stante la costitutiva integrazione tra vista e tatto che si produce a
livello neurale -. L’ultimo capitolo è infine dedicato alle
trasformazioni dell’esperienza cinematografica e audiovisiva nella
contemporanea situazione “post-cinematografica”: una condizione
che valorizza fortemente le interazioni incarnate dello spettatore sia
con i mondi finzionali (gli sguardi in prima persona delle action
cameras, i nuovi esperimenti di realtà virtuale) sia con gli
stessi dispositivi mediali (gli schermi touch, le consolles di
videogiochi basate sull’interazione gestuale).
Queste ultime considerazioni ci
sembrano portare alla luce una questione che attraversa di fatto l’intero
volume. Non c’è dubbio che il cinema nasce e si sviluppa lavorando
su e con le risorse e le condizioni fisiologiche e psicologiche del
proprio spettatore: un cinema per (poniamo) la Trypedalia
cystophora (una cubomedusa larga 10 millimetri e dotata di 24
occhi) costituirebbe un dispositivo fisico e simbolico un po’
differente. Rimane tuttavia da chiarire se e quanto l’esperienza del
cinema a sua volta modifichi e plasmi tali condizioni. Quanto, in
altri termini, “abbiamo imparato” ad assistere a uno spettacolo di
immagini in movimento maturando abilità specifiche negli ultimi cento
anni circa di evoluzione della nostra specie; e quanto tali abilità,
pazientemente sedimentate, vengano oggi sfidate e riplasmate dalle
nuove esperienze post-cinematografiche.
CONTAMINAZIONI
FISIOLOGICHE : VERSO LA NEUROCINEMATOGRAFIA
di Fiorenzo
Conti
C’è una
lunga ed affascinante storia sulle relazioni tra fisiologia (e
più tardi neurofisiologia e neuroscienze) e cinema. E’ una
storia che risale al 1867, quando il fisiologo francese
Etienne-Jules Marey inizia a studiare la locomozione e inventa
strumenti per visualizzare in dettaglio le sequenze motorie e a
definire le posizioni di una figura nello spazio in rapporto al
tempo; questi strumenti si rivelano però insufficienti. S’avvicina
così ai "giochi filosofici" (zootropi,
fenachistoscopi, stroboscopi) con i quali si creava l’illusione
del movimento; studia la fotografia, segue i lavori del
fotografo Muybridge e costruisce strumenti e
"dispositivi" (vere scenografie). La rivoluzione si
compie quando Marey realizza i primi cronofotografi a placca
fissa, con i quali ottiene fino a 100 immagini/sec, seguiti
(negli anni 1888-1893) da quelli a pellicola mobile (vere
cineprese) e dal cronofotografo analizzatore-proiettore
reversibile.
Nella
Station Physiologique, Marey crea i suoi celebri
"dispositivi", per esempio gli sfondi neri contro i
quali uomini in tuta nera con linee bianche lungo gli arti e
punti bianchi alle articolazioni effettuano movimenti, offrendo
un modo nuovo di vedere e quantificare il movimento che
ispirerà molti futuri studi di cinematica. Oggi, correttamente,
molti attribuiscono a Marey un ruolo primario nell’invenzione
della cinematografia, che era di fatto già stata inventata ben
prima del 22 marzo 1895, data della prima proiezione dei
Lumière.
Molto
presto ci si comincia poi a chiedere quali siano gli effetti che
il cinema ha sulla mente e sul corpo degli spettatori e nel 1907
Haines pubblica sulla rivista Moving Picture World un articolo
fondato sull’idea che se si vuole veramente migliorare l’esperienza
filmica, prima ancora che lavorare sulla narrazione, occorre
capire a fondo “our physiological capacity for receiving
impressions”. La storia diventa via via più complessa: ci
si chiede poi quale sia la via per generare più stimoli ed
emozioni nello spettatore e si giunge ad un’interessante
separazione tra il modo di filmare il corpo del cinema americano
(più basato sull’espressione del viso) e di quello europeo
(più incentrato sul movimento del corpo). Inoltre, si formulano
ipotesi, molte delle quali resteranno senza verifica
sperimentale o cadranno nel dimenticatoio. Una però va
ricordata, per il suo sapore quasi profetico: nel 1924, Ejzenštejn
infatti scriveva: “siccome la percezione emozionale si ottiene
tramite la riproduzione motoria dei movimenti dell’agente da
parte del percipiente, soltanto un movimento che obbedisca agli
stessi procedimenti secondo i quali si svolge normalmente in
natura, può provocare una tale riproduzione”.
Quest’affermazione
richiama immediatamente la funzione del meccanismo a “specchio”
(basato sui neuroni specchio) descritto dai fisiologi parmensi e
adattato da molti, purtroppo in maniera a volte superficiale, ai
campi più diversi. Il legame tra cinema e meccanismo “a
specchio” chiude (per ora) la lunga storia delle relazioni tra
cinema e fisiologia/neuroscienze e questo passaggio non poteva
che derivare dalla fruttuosa relazione tra uno dei fisiologi che
hanno scoperto i neuroni specchio (Vittorio Gallese) e uno
storico del cinema (Michele Guerra, anch’egli Professore a
Parma). In un bel volume, i due autori propongono un’opera
che, per la bella scrittura e per l’avvincente sviluppo delle
argomentazioni, riesce a tenere il lettore incollato (quasi “incarnato”)
alle pagine fino a che non ha raggiunto la fine. Va
sottolineato, ed è un pregio non da poco per un libro scritto a
quattro mani, come gli Autori siano stati capaci di integrare
perfettamente le loro competenze sia nell’elaborazione sia
nella scrittura.
L’ipotesi
di Gallese e Guerra è basata sull’applicazione all’interazione
tra film e spettatore del concetto di “simulazione incarnata”,
ovvero della possibilità di stabilire, tramite il meccanismo
“a specchio” relazioni con le azioni, le sensazioni e le
emozioni di altri. Applicato al mistero del cinema, questo
significa che, al di la dell’interpretazione logica del
contenuto e delle sue implicazioni, c’è qualcos’altro che
ci lega al “grande schermo”. Questo qualcos’altro,
semplificando non poco, è che sul piano sensoriale, motorio e,
soprattutto, emozionale quando guardiamo un film noi
comprendiamo e sentiamo nella nostra carne ciò che vediamo e
ascoltiamo. E questo è legato appunto al fatto che il cervello
non solo “comprende” le azioni, le sensazioni e le emozioni
degli attori, ma le “vive” come se occorressero al corpo al
quale appartiene. L’ipotesi viene spiegata senza troppi
tecnicismi, ma con ampia dovizia di ragionamenti e riferimenti a
film classici e alla letteratura neuroscientifica ed è
suffragata dai risultati dei primi specifici studi sperimentali
(che sono ben descritti nel Capitolo 3). Nel capitolo finale,
Gallese e Guerra si avventurano nello stimolante tentativo di
sottoporre la loro ipotesi ai cambiamenti dei supporti che ci
permettono di vedere un film (dal grande schermo al “piccolo
schermo”, cioè allo schermo di smartphone o iPod) e, con
grande sollievo dei numerosi cinefili che mi auguro leggeranno
questo piacevole libro, propongono che i meccanismi che valgono
per il grande schermo valgono, con i dovuti aggiustamenti, anche
per il piccolo schermo, suggerendo che il mistero del cinema
molto probabilmente rimarrà immutato ancora per molto.
In
conclusione, un tema affascinante trattato da due autorità nei
loro rispettivi campi che non mancherà di stimolare, e far
ulteriormente progredire, l’incredibile storia dei rapporti
tra cinema e funzioni cerebrali.
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