Il montaggio
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IL MONTAGGIO

LA SINTASSI DEL FILM

                           Secondo il  linguaggio cinematografico il film è una successione di sequenze; la sequenza è una successione di scene; la scena è una successione di piani o campi; il piano è una successione di fotografie; la fotografia è un’immagine.

                           Il piano è il primo frammento cinematografico; l’insieme di diversi piani crea il linguaggio cinematografico. Quando l’azione diviene più intensamente interessante la Macchina da presa si avvicina progressivamente al soggetto e viceversa.

                           Le sequenze sono veri e propri atti, come quelli convenzionali del teatro e si possono sviluppare in scenari diversi.

                           Il montaggio è il legame tra le sequenze e le scene ed è il mezzo principale per raccontare cinematograficamente. Per raccontare visivamente una scena il regista cerca i piani e i campi più adatti, come lo scrittore per le sue frasi cerca le parole più appropriate. Il vocabolario cinematografico è fatto di piani, di punti di vista, di movimenti di macchina e dei modi tecnici che legano tra loro le varie inquadrature. Come le parole della lingua parlata, questi diversi mezzi d’espressione non possono essere usati a caso ma secondo regole precise contenute in una grammatica cinematografica ideale. Un’inquadratura acquista significato solo in rapporto con quella che precede e con quella che segue. La grammatica deve essere completata dalla sintassi cinematografica, che studia i modi di regolare la successione delle inquadrature e delle scene. Quindi i modi espressivi indicati nella sceneggiatura costituiscono la grammatica del film, quelli derivanti dal montaggio la sua sintassi.

 

IL MONTAGGIO

                        La continuità dell’azione sullo schermo è costituita da una serie di inquadrature collocate in successione logica. L’operazione mediante la quale si uniscono queste inquadrature si chiama montaggio.

Due pezzi di film di qualsiasi genere, posti uno accanto all’altro, esprimono un nuovo concetto e acquistano un carattere nuovo che deriva dalla loro giustapposizione.  La lunghezza minima di un’inquadratura, perché l’immagine sia almeno percepibile alla coscienza umana, è stata fissata in cinque fotogrammi. Poiché ogni film e ogni inquadratura sono casi a sé stanti, non è possibile porre delle regole generali che permettano di stabilire in astratto quando un’inquadratura debba essere interrotta per passare alla successiva, anche perché nel montaggio entrano in gioco elementi artistici di sensibilità degli autori che impostano lo sviluppo del ritmo secondo le proprie particolari esigenze. E’ stato più volte affermato che un’inquadratura va tagliata prima che decresca l’interesse dello spettatore.

Anche il ritmo interno dell’inquadratura è un concetto relativo in quanto dipende dalla velocità delle azioni, dalla cadenza della ripresa, dall’eventuale movimento della MdP (macchina da presa) o dei personaggi nel quadro. Una classificazione del ritmo di taglio porta a ritenere che una successione di pezzi lunghi dia un ritmo lento, una successione di pezzi brevi dia un ritmo concitato, di pezzi sempre più lunghi un ritmo calante e infine una successione di pezzi sempre più brevi dia un ritmo crescente. Il termine montaggio ha un significato molto vasto che pertanto richiede varie distinzioni.

 

                  MONTAGGIO A PRIORI

                  Il montaggio a priori viene effettuato in sceneggiatura e in ripresa ed è la previsione delle inquadrature da montare. Già in fase di sceneggiatura il racconto cinematografico viene costruito per mezzo di inquadrature predisposte alla futura unione e rispondenti a precise regole che ne permettano una corretta successione. Durante la fase letteraria del film, la previsione delle inquadrature è sempre approssimativa; viceversa, vengono indicate dettagliatamente le scene, cioè la divisione degli ambienti e dei tempi nei quali si svolge la narrazione. L’autore descrive nei minimi dettagli le posizioni della MdP nel mondo in cui egli le ha previste con gli occhi della fantasia. Fin dalla sceneggiatura il racconto comincia a prendere forma: sequenze, scene e inquadrature vengono ordinate e predisposte in modo da favorire il loro futuro accoppiamento.

                 Soltanto la ripresa darà origine al film definitivo e cioè quando il regista avrà tenuto conto non soltanto della suggestività di ogni singola inquadratura, ma anche di come essa potrà legarsi con quella che la precede e con quella che la segue. E’ in questa fase che nasceranno i tempi e gli spazi cinematografici, cioè quegli elementi che formeranno la caratteristica dell’opera cinematografica. Grazie al montaggio a priori possiamo dilatare o ridurre a piacere i tempi di un’azione; possiamo, attraverso l’unione di più inquadrature riprese in luoghi e tempi diversi, costruire una donna ideale o un luogo immaginario. Analoga situazione si verifica nei confronti dello spazio: l’unione di più inquadrature riprese in luoghi diversi, permette di creare nuovi ambienti anche se inesistenti.

 

                MONTAGGIO INTERNO O PIANO SEQUENZA

                Per montare una sequenza e una scena non è indispensabile girare molte inquadrature, dato che è possibile ottenere gli stessi risultati grazie al contemporaneo muoversi di attori e MdP. Sarà la reciproca dipendenza fra questi due elementi che determinerà lo spostarsi dei centri d’attenzione, dei campi, dei piani e delle angolazioni. Tale tecnica prende il nome di montaggio interno. Con il montaggio interno o piano sequenza il racconto procede fluido, non si corrono rischi di scavallamenti di campo, né di salti o di altri errori del genere. Se è vero che questa tecnica presenta una rara efficacia e da l’impressione di un vivo realismo, è però altrettanto vero che le enormi difficoltà e i rischi connessi alla sua attuazione ne consigliano l’uso soltanto a chi è veramente esperto e limitatamente a un tempo ristretto. Tra l’altro, tutto deve essere predisposto al millimetro, e provato e riprovato affinchè attori e tecnici si muovano come orologi: basta un fuoco in ritardo, un passo più in là del dovuto, o basta dimenticare che in quell'istante si è in primo piano e che perciò occorre rallentare i movimenti, perché si debba ricominciare tutto daccapo.

Le azioni filmiche che proseguono senza interruzione di tempo richiedono un montaggio continuo. Tale montaggio è tecnicamente corretto quando le azioni, pur essendo composte da varie inquadrature, appaiono allo spettatore come un’inquadratura unica. Se questa continuità fra le inquadrature viene interrotta, si ha un salto di montaggio che disorienta lo spettaore interrompendone il rapporto con lo schermo. Esso può essere provocato da diversi fattori come: variazione improvvise del tono fotografico, cambiamento di costumi o trucco, cambio di velocità o di direzione dei movimenti, incompletezza dei movimenti stessi, errate posizioni della MdP o ingiustificati spostamenti del centro di attenzione.

Ogni inquadratura è dotata di una forza espansiva che supera i limiti dello schermo. La forza espansiva comporta che ogni inquadratura contenga un’allusione a elementi fuori campo, determinati per direzione e distanza. Ad esempio la ripresa di una persona che guarda verso l’alto chiamando qualcuno ad alta voce, esige che nell’inquadratura successiva la posizione della persona chiamata sia in accordo con quella precedente; sia rispetto alla lontananza che come posizione. In questo caso ci troviamo di fronte a una realtà dialettica: da un lato non esiste niente al di fuori dell’inquadratura e dall’altro vi è la certezza inconscia dello spettatore di trovarsi in un mondo che va ben oltre la finestra del campo. Il tutto si unisce in una sintesi che consente alla MdP di balzare qua e là cercando la posizione migliore per osservare quel particolare momento dell’azione. Scelta quindi l’inquadratura di partenza, le altre vengono condizionate da questa se si vuole ottenere una corretta successione di attacchi.

 

           GLI ATTACCHI

                  Per attacco si intende la giustapposizione fra due inquadrature unite in modo tale che il pubblico le recepisca come una unica. Più precisamente, l’attacco è la risultante di un complesso di elementi predeterminati in sede di realizzazione e riferentesi all’ampiezza del campo, alla posizione della MdP, ai movimenti dei personaggi etc. La pratica suggerisce alcuni principi utili per evitare grossolani errori e conseguenti salti di montaggio.

a) Attacco sull’asse L’attacco sull’asse è un attacco il cui centro di attenzione rimane nello stesso punto dello schermo nelle due inquadrature. Permette l’ingrandimento e la riduzione della distanza cinematografica che ci separa dal soggetto mediante spostamenti di macchina in avanti o indietro lungo l’asse ottico dell’obiettivo o mediante cambiamenti di focale. Si utilizza l’ingrandimento quando si vuole sottolineare un particolare che in un campo troppo ampio potrebbe sfuggire. Si utilizza invece la riduzione quando si vuole inserire il soggetto in un contesto ambientale più vasto, oppure si vogliono introdurre elementi nuovi. Nell’attacco per ingrandimento o riduzione, la MdP può essere piazzata in qualsiasi punto dell’asse ottico. Il soggetto principale viene ad avvicinarsi o ad allontanarsi, conservando la stessa posizione nell’inquadratura. La definizione teorica di questo attacco è valida soltanto se il soggetto è perfettamente centrato. Nel caso in cui il personaggio è inquadrato decentrato a destra o a sinistra la MdP dovrà avvicinarsi o allontanarsi non sull’asse ottico, ma sulla linea congiungente l’obiettivo ed il soggetto, mentre l’asse ottico deve rimanere parallelo a quello dell’inquadratura precedente. E’ bene tenere presente che perché l’attacco funzioni, la linea deve unire la MdP con il centro di attenzione. In caso contrario, tutti gli elementi di riferimento ( sguardi e posizione nel quadro) risulteranno alterati.

b) Attacco per angolazioni contigue Si definiscono contigue due inquadrature delle quali l’una risulti la prosecuzione spaziale dell’altra. Il caso più elementare di inquadrature contigue è rappresentato da due persone viso a viso riprese di profilo e che guardano in senso opposto. L’inquadratura può essere divisa in due ingrandimenti. Questa coppia di angolazioni è raramente utilizzata per dialoghi, in quanto i personaggi sono ripresi in modo poco favorevole e cioè di profilo. Le inquadrature contigue sono caratterizzate dal parallelismo degli assi ottici e dalla costanza dell’angolazione del movimento del personaggio. Normalmente ci si serve delle angolazioni contigue quando vi sono soggetti in movimento che, con il progredire dell’azione, vengono a uscire dal campo. Se il movimento è continuo e il personaggio è lo stesso, fra le due inquadrature deve esistere uno spazio vuoto che il pubblico sintetizzerà come spazio percorso. Ciò consentirà di creare un percorso ideale o di sintetizzare spazi e tempi morti. Le uscite e le entrate del soggetto debbono essere raccordate in modo esattamente inverso. Praticamente a un’uscita a sinistra deve corrispondere un’entrata a destra e viceversa; a un’uscita verso l’alto deve corrispondere un’entrata dal basso e viceversa; all’angolazione dell’uscita deve corrispondere la rispettiva dell’entrata.

c) Controcampo e scavalcamento di campo Per Controcampo si intende letteralmente un’inquadratura opposta alla precedente che ne conserva la direzione, ma ne inverte il senso. Tale attacco presenta l’inconveniente di sconvolgere la geografia dell’ambiente, invertendone gli elementi. Gli oggetti che si trovavano a destra passano, nella seconda inquadratura a sinistra e viceversa. Pertanto sia il controcampo che lo scavalcamento di campo possono essere anche definiti come errori da evitarsi. Diversamente, esistono alcuni casi in cui la pratica ha dimostrato possibile tale forma di attacco. La prima situazione si verifica quando un soggetto avanza verso la MdP fino a scavalcarla. Nelle inquadrature successive il soggetto si allontana dalla parte opposta, dando la sensazione di avere attraversato la Macchina da presa. Bisogna tener presente che nella giunta che raccorda un Controcampo di questo tipo si condensa idealmente il tempo che l’attore impiega ad attraversare la MdP; essa va dunque eseguita al limite della visibilità fotografica. Una seconda situazione di Controcampo si trova nel caso di angolazioni soggettive.

d) Angolazioni soggettive e pseudosoggettive Normalmente, si può capire se un’inquadratura è oggettiva o soggettiva osservando quella che la precede o quella che la segue. Ad esempio: la Panoramica sulla facciata di un palazzo è oggettiva; ma se si fa precedere o seguire da un personaggio che la osserva, sollevando lo sguardo, risulta come vista dal personaggio stesso e pertanto soggettiva. Se la prima inquadratura è oggettiva e la seconda è soggettiva, si taglia quando l’attore guarda nell’obiettivo. Nella seconda inquadratura la MdP vine messa al posto dell’attore. Un caso meno comune del precedente è quando a un’inquadratura soggettiva deve succederne una oggettiva: lo spettatore capirà che si tratta di una soggettiva soltanto quando apparirà la seconda inquadratura, con il personaggio che guarda in Macchina. Qualora abbiamo due soggettive consecutive, entrambi i personaggi guardano in Macchina; di conseguenza entrambi i campi devono essere uguali. Nel caso di due soggettive, l’asse Macchina deve essere sulla congiungente degli sguardi. Bisogna ricordare che essendo le soggettive dotate di notevole carica drammatica, queste coppie di angolazioni non vanno utilizzate per un normale dialogo, ma piuttosto per momenti di tensione. Proprio per questa sua estrema carica che identifica il pubblico f.c., si deve ricorrere a tale tecnica di ripresa con parsimonia. Un eccessivo alterarsi di oggettive e soggettive può sconcertare, creando un decadere della tensione. Nelle soggettive deve inoltre risultare non soltanto ciò che il personaggio vede e sente, ma come vede e sente. La pseudosoggettiva riprende la scena quasi dal punto di vista dell’attore f.c. In questo caso la MdP va piazzata al fianco del personaggio fuori campo all’altezza dei suoi occhi, idealmente vicino alla sua guancia. Questo tipo di tecnica è usata nella maggior parte di dialoghi in quanto stabilisce una stretta relazione fra i due interlocutori. È bene precisare che chi è in campo non deve guardare in Macchina, ma a filo dell’obiettivo.-

e) Angolazioni corrispondenti o simmetriche Le angolazioni corrispondenti o simmetriche sono inquadrature contrapposte in cui ogni elemento del Campo conserva la sua posizione. Nel caso di scene statiche e in particolare in quelle di dialoghi, questo tipo di attacco è il più comunemente adoperato perché riflette il maggior numero di combinazioni. Il primo caso di corrispondenti comprende tutti e due gli interlocutori in Campo nella coppia di inquadrature. La MdP è collocata in posizione opposta e simmetrica in modo da formare angoli uguali rispetto all’asse dell’azione e in nessun caso deve scavalcarlo. Nelle varie combinazioni è di uso comune riprendere anche un solo personaggio per volta, con regole identiche a quella sinora esposte. E’ questo il secondo caso possibile. Gli sguardi dei personaggi ripresi singolarmente debbono essere opposti e simmetrici. Se il primo guarda verso destra, il secondo deve guardare verso sinistra. La distanza delle figure isolate, che deve essere inferiore a quella effettiva in ciascuna inquadratura, risulterà costruita al montaggio approssimativamente come la somma delle due distanze cinematografiche. Sulle due inquadrature si possono operare ingrandimenti e riduzioni, ricordando sempre che ad ogni variazione della prima deve corrispondere un’analoga ed inversa variazione alla seconda. Anche in questo caso la distanza apparente non deve superare quella reale.

f) Tecniche per il corretto scavalcamento di campo

Abbiamo visto che le riprese, per evitare fastidiosi scavalcamenti di Campo, devono svilupparsi sempre dallo stesso lato dell’asse d’attenzione. Può accadere abbastanza frequentemente che i 180° gradi a disposizione divengano insufficienti e che tale asse vada scavalcato per esigenze di racconto:

  1. Per movimento di Macchina e di personaggi. Il caso più semplice è passare dall’altro lato dell’asse di attenzione senza cambio di inquadratura, mediante un carrello. La MdP si sposta in carrello dalla posizione A alla posizione B, venendosi a trovare dall’altro lato dei personaggi. Lo stesso risultato si può ottenere facendo muovere uno dei personaggi e seguendolo in panoramica. In questo caso è il personaggio che si sposta dalla posizione A alla posizione B, mentre la MdP lo segue in panoramica venendo a trovarsi dall’altro lato dei soggetti.
  2. Per spostamento di sguardo. Per la forza espansiva dell’inquadratura, quando la MdP inquadra un solo personaggio, la posizione di quello f.c. è determinata dalla direzione dello sguardo del primo. Basterà che questi sposti lo sguardo perché l’asse di attenzione risulti corrispondentemente variato, permettendo così alla Macchina di passare dall’altro lato.

g) Angolazioni arbitrarie. Al di fuori degli schemi illustrati, esistono molti altri attacchi possibili dettati dalla   complessità delle azioni sempre diverse e dalle esigenze artistiche di raccordo che prendono il nome di angolazioni arbitrarie. A volte le angolazioni arbitrarie sono una necessità, come nel caso di riprese di attualità dove l’avvenimento va colto nel suo sviluppo, senza alcuna preparazione o possibilità di ripetizione. Per legare queste inquadrature, spesso senza relazione fra loro, si ricorre agli inserti e all’impallamento.

L’inserto è una breve inquadratura arbitraria posta fra due inquadrature che presentano un salto di montaggio. E’ bene che l’inserto sia collegato per spazio e tempo ai pezzi che deve congiungere. Dato che non ha relazioni di angolazioni con altre inquadrature, può liberamente essere ripreso dal punto più favorevole. Nelle riprese di attualità è essenziale girare una serie di possibili inserti liberi per poter essere certi di collegare fra loro le varie inquadrature dell’avvenimento di cronaca.

Si ha l’impallamento quando il soggetto principale dell’azione viene a scomparire, coperto da oggetti o da persone. Questa copertura può accadere per movimento del soggetto stesso, degli altri elementi di scena o dalla MdP. Il soggetto principale dell’azione, quando viene impallato, può essere considerato fuori campo. Vine liberato da qualsiasi rapporto spazio-temporale e l’inquadratura successiva può essere assolutamente arbitraria. Un esempio frequente è il passaggio da un ambiente all’altro. La porta impala per un momento il personaggio. Nella seconda inquadratura è possibile scegliere qualsiasi angolazione.

h) Attacco su movimento Si ha attacco su movimento quando il movimento nell’inquadratura viene completato in quella successiva. Condizioni essenziali sono che la velocità apparente sia la stessa e che l’azioni sembra continua. L’attacco su movimento favorisce la sensazione di continuità in ogni combinazione di angolazioni, anche se arbitrarie. La premessa teorica di questo attacco trae la sua origine dalle regole della meccanica dell’attenzione: quanto maggiore è l’interesse o la velocità di un’azione, tanto più ristretto sarà lo spazio percepito dallo spettatore.

i) Montaggio nascosto Il montaggio nascosto consiste nell’interrompere la ripresa e passare a una seconda inquadratura da collegare alla prima tenendo la MdP assolutamente fissa, in modo che i punti di riferimento rimangono invariati. Ciò consente di far risultare tutte le variazioni della scena operate durante l’interruzione, come apparizioni, sparizioni, o modificazioni.

l) Montaggio discontinuo Per montaggio discontinuo si intende un cambio di inquadratura che crea una frattura narrativa per passaggio di tempo o d’ambiente. Normalmente questo tipo di montaggio si verifica in coincidenza di una variazione di scena o sequenza. Lo stacco è il più cinematografico dei passaggi da un’inquadratura alla successiva, perché le dissolvenze, i fondu etc. sono artifici convenzionalmente accettati, che creano un’interruzione alla continuità del racconto. Con lo stacco abilmente attuato si possono ottenere effetti di passaggio di tempo e di spazio senza disturbare l’interesse dello spettatore.

Per fondu in chiusura si intende il graduale oscuramento dell’immagine fino al buio. Serve a concludere un argomento, come la fine di un capitolo in un romanzo o di un atto in un dramma. Per fondu in apertura si intende il lento definirsi di un’immagine dal nero ad esposizione normale.
La dissolvenza incrociata, tecnicamente ottenuta mediante la sovrimpressione di un’immagine in apertura in un’immagine in chiusura, viene impiegata per i titoli come effetto fotografico, nella pubblicità, o per l’ingresso e l’uscita da Flash-back. Può essere collegata con altri effetti quali distorsioni di immagini, rotazioni, sfocature etc.
Le tendine sono effetti ottici animati, nei quali un’inquadratura sembra spingere via o cancellare la precedente. Il movimento di cancellazione può essere orizzontale, verticale o obliquo.

 

                  MONTAGGIO A POSTERIORI

                  E’ la fase conclusiva del visivo del film e si effettua alla moviola . Nel caso di materiale di repertorio, di attualità o in alcuni particolari documentari, il montaggio può costruire la narrazione, inventare analogie e contrasti. Un buon materiale mal sfruttato in fase di montaggio può dare risultati assai mediocri, mentre un filmato scadente può essere salvato da un giusto intervento di forbici. Si tratta di scegliere: il ritmo della scena (ritmo meccanico) e quello della sequenza (ritmo artistico-narrativo).

Questo tipo di montaggio o edizione consiste nell’insieme delle operazioni condotte sul materiale registrato, allo scopo di ottenere la versione completa e definitiva del film, del documentario o di un servizio televisivo. Esso prevede la visione completa del registrato, la scelta delle migliori sequenze che verranno successivamente unite in corretta successione in caso di pellicola, o riversate su altro supporto magnetico in caso di riprese televisive, le titolazioni e la sonorizzazione. Come già precedentemente accennato, in cinematografia il montaggio viene realizzato mediante la moviola. Diversamente, gli strumenti essenziali per la realizzazione del montaggio per il materiale girato su supporto magnetico sono i videoregistratori, in numero almeno di due e la centralina di montaggio. Dei due registratori uno agisce in lettura e l’altro in registrazione. Il montaggio elettronico o editing prevede due tecniche o due modalità esecutive: l’assemble e l’insert.-

L’assemble consiste nell’aggancio successivo delle varie sequenze di un filmato nelle due componenti audio e video per collocazione sequenziale degli spezzoni registarti.

L’insert consente la sostituzione di una o più inquadrature, di un tratto di video, di audio o di entrambi, al termine del quale proseguirà l’originale.

 

DIFFERENZA FRA MONTAGGIO ANALOGICO E MONTAGGIO DIGITALE

                   Nel montaggio video tradizionale si utilizzano videolettori e videoregistratori analogici insieme a mixer video ed audio, generatori di effetti, generatori di caratteri ed altre apparecchiature. Configurazioni di questo tipo necessitano di complessi collegamenti tra macchine di caratteristiche diverse, causa a volte di notevoli problemi di compatibilità. Nella post-produzione digitale su Personal Computer le principali operazioni di montaggio sono svolte in un unico ambiente. I vantaggi sono i costi nettamente inferiori e la facilità di scambiare dati tra diversi applicativi quali immagini, titoli, animazioni etc.

Inoltre i VCR convenzionali registrano segnali video su nastri magnetici che permettono esclusivamente accesso sequenziale alle informazioni, nell’ordine in cui sono state registrate. Questa metodologia di lavoro comporta la considerevole perdita del tempo necessario ad avvolgere e riavvolgere il nastro. Altro problema causato dal lavorare in modo lineare e con sorgenti meccaniche è il tempo di preroll e la difficoltà di posizionarsi esattamente nel punto voluto.

La registrazione non lineare su hard disk ed altri supporti di memorizzazione digitali consente funzionalità di preview di sequenze e nessun deterioramento del supporto di memorizzazione. Infatti il materiale sorgente viene digitalizzato da nastro e memorizzato sul PC eliminando i tempi di riavvolgimento grazie all’accesso immediato ad ogni singolo fotogramma o frame.

 

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