Luce e colore
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LUCE E COLORE

 

                    L’illuminazione cinematografica o televisiva costituisce un fattore di essenziale importanza, tanto per la qualità figurativa dell’immagine ripresa, che per la corretta costruzione del segnale video. Essa infatti influisce direttamente sul livello del segnale giungendo addirittura, in casi di illuminazione troppo alta o troppo bassa, ad intaccare i sincronismi, inibendo la stessa costruzione dell’immagine.

                IPOTESI SULLA NATURA DELLA LUCE

                   Le due ipotesi sulla natura della luce furono formulate quasi contemporaneamente poco meno di trecento anni fa da Newton e da Huygens. Secondo Newton la luce consiste in particelle piccolissime emesse da parte dei corpi luminosi; le particelle si propagano nello spazio a velocità grandissima e sono visibili quando colpiscono direttamente la retina dell’occhio. L’ipotesi di Huygens è sostanzialmente diversa: la luce consisterebbe in vibrazioni causate da particelle piccolissime capaci di produrre un moto ondulatorio che si propaga in ogni direzione sotto forma di onde sferiche. Successivamente Maxwell elaborò in maniera fondamentale il concetto della natura ondulatoria della luce, indicando la sua origine in oscillazioni elettromagnetiche e fondando con ciò la teoria elettromagnetica della luce che da lui prende il nome e che sta alla base degli studi moderni.

Un nuovo passo avanti è stato fatto da Planck, il quale sviluppò il concetto dei quanti di luce consistenti in determinate quantità minime e finite di energia, sotto forma di una serie d’onde, che portano il nome di fotoni.

                  LA VELOCITA’ DELLA LUCE

                  Prima si riteneva che questa velocità fosse infinita, ossia che la luce, appena sorta in un punto qualsiasi dello spazio, fosse percepita istantaneamente a qualunque distanza. Oggi sappiamo che la luce del sole per giungere fino a noi impiega più di otto minuti e che quella proveniente da stelle lontanissime impiega centinaia di milioni di anni per raggiungere la nostra terra. Le prime misurazioni metodiche furono compiute da Roemer nella seconda metà del milleseicento e diedero l’indicazione d’una velocità di 314.000 Km al secondo. Successivamente furono adottati metodi più perfezionati con i quali si giunse a stabilire che la velocità della luce è di 299774 Km/s. Nemmeno le ricerche più moderne sono concordi nella determinazione della velocità della luce. Le indicazioni che più frequentemente si trovano nelle varie pubblicazioni oscillano tra 299791 +/- 1km/s e 299792 +/- 1km/s. Per gli scopi pratici si adopera la cifra arrotondata di 300000 km/s riferita alla velocità di propagazione della luce nel vuoto.

                   LA DENSITA’ OTTICA

                   La velocità di propagazione della luce non dipende dall’intensità della sorgente; sia la luce del sole che quella di una candela si propagano con la stessa velocità. La velocità della luce viene invece frenata quando deve attraversare mezzi materiali e dipende dalla densità, denominata densità ottica. Questa densità non ha nulla a che vedere con la densità fisica. Infatti, la velocità di propagazione della luce nell’acqua è di 1,33 volte ninore che nell’aria, mentre nell’alcool etilico, fisicamente molto meno denso dell’acqua, tale velocità viene rallentata di circa 1,36 volte.

                   LUNGHEZZA D’ONDA E FREQUENZA

                   Un’onda è descritta da tre misure caratteristiche:

a) dalla lunghezza dell’onda misurata da ventre a ventre, ossia da A a B, oppure da un punto all’altro in cui l’onda taglia la linea mediana nella fase ascendente, ossia da C a D;

b) dall’ampiezza dell’onda, ossia da A a E in corrispondenza della massima distanza verticale raggiunta da sue successive oscillazioni;

c) dalla frequenza, ossia dal numero di onde complete che passano durante un’unità di tempo, abitualmente durante un minuto secondo e che dipende dalla lunghezza dell’onda e dalla sua velocità di propagazione.

                          

 

 La lunghezza d’onda si misura in metri o in chilometri quando si tratta delle onde più lunghe, in millimetri, in micron o in nanometri (nm) secondo le corrispondenze di valore delle misure di seguito elencate nella tabella, quando si tratta di onde molto corte.

  

DENOMINAZIONE LUNGHEZZA
Onde radio da 1 m fino a 10 Km
Onde elettromagnetiche corte (radar etc.) da 0,1 mm fino a 1 m
Radiazioni calorifiche da 0,002 mm fino a 0,1 mm
Radiazioni infrarosse da 780 nm fino a 2000 nm
Luce visibile da 380 nm fino a 780 nm
Radiazioni ultraviolette da 10 nm fino a 380 nm
   

                     La luce visibile si chiama bianca quando tutte le lunghezze di cui è composta intervengono in misura approssimativamente uguale nella sua formazione. La luce bianca è dunque un miscuglio equamente ripartito di lunghezze d’onda da 360 fino a 780 nm. Facendo passare un sottile fascio di raggi di luce bianca attraverso un prisma, le varie lunghezze di onda escono separatamente e si disperdono a ventaglio mostrando i colori dell’arcobaleno. In alto, più vicine al vertice del prisma, si vedono le onde più lunghe sotto forma di colore rosso, e via via gli altri colori fino al violetto in basso, al quale corrispondono le onde più corte. La luce bianca in tal modo dispersa e separata nei suoi costituenti si chiama spettro solare. L’aspetto di uno spettro solare mostra chiaramente una suddivisione dei colori in tre ampie zone: la prima rossa, la seconda verde, la terza blu. Queste tre luci prendono il nome di luci primarie.

                     ENERGIA RADIANTE

                     La luce è una forma di energia radiante. Ma perché essa possa esistere deve essere generata mediante la trasformazione di un’altra forma di energia. Può trattarsi dell’energia che si sprigiona da una sostanza durante la combustione, come nel caso di un pezzo di carbone ardente o di un’asta di ferro arroventata fino all’incandescenza; oppure può trattarsi della trasformazione diretta dell’energia elettromagnetica in energia luminosa, come nel caso di una corrente elettrica obbligata a vincere una resistenza nell’attraversare il filamento di una lampadina elettrica. Non sempre il processo di trasformazione è accompagnato da radiazioni calorifiche. La luce si produce anche nel fenomeno della luminiscenza ed in questo caso non è accompagnata dall’emissione di calore. La luminiscenza può presentarsi sotto due forme diverse. Nel primo caso il corpo emette luce visibile solo fin quando si trova sotto l’azione della causa che lo eccita ed assume allora la definizione di fluorescente. Nel secondo caso l’emanazione di luce visibile continua anche dopo che l’azione del corpo eccitante è cessata, e il corpo si chiama allora fosforescente.

 

IL COLORE DELLA LUCE

Il colore della luce è un fatto interamente soggettivo, fisiologico e psicologico, in relazione all’aspetto sotto il quale noi lo percepiamo. Ma è un fatto fisico ed oggettivo nella sua essenza. Il fatto soggettivo consiste nel vedere i colori blu, gialli, verdi, rossi, e così via. Il fatto fisico consiste nella realtà dell’esistenza di varie lunghezze d’onda che producono impressioni visive diverse. Una lunghezza d’onda di 460 nm produce la sensazione visiva del blu indaco. Una luce di questo genere si chiama monocromatica, ossia composta di un solo colore, meglio ancora composta da una restrittissima gamma di lunghezze d’onda. Nella realtà è impossibile isolare una sola lunghezza d’onda ed ottenere quindi un colore perfettamente puro, cioè, come si dice in ottica, perfettamente saturo.

 

SORGENTI DI LUCE E TEMPERATURA COLORE

Le sorgenti, per quanto riguarda le caratteristiche della luce che generano, possono essere classificate in naturali e artificiali. L’unica sorgente di luce naturale è il sole, con tutte le varianti che possono derivare dalle diverse condizioni atmosferiche e d’orario: cielo sereno o nuvoloso, alba o tramonto e così via. Le sorgenti di luce artificiale, limitatamente alle riprese televisive, sono le lampade d’illuminazione. Una degli elementi essenziali che differenzia la luce naturale da quella artificiale, è rappresentato dalla composizione dei spettri di colore già ampiamente descritti. La luce naturale, escludendo gli orari dell’alba e del tramonto, presenta infatti colorazione con dominanti azzurro-violetto; mentre la luce artificiale presenta dominanti rosso-arancio.

Il parametro che definisce la composizione cromatica della sorgente di luce è la temperatura colore che viene espressa in gradi Kelvin (°K). Essa trae origine dal fatto che se si riscalda una barra d’acciaio fino a renderla incandescente, la si vedrà assumere inizialmente un colore rosso cupo e passare gradualmente da questo colore, attraverso l’arancione ed il giallo, fino al colore bianco della luce del sole e così via via fino ad acquisire le cromaticità corrispondenti al blu dello spettro.

La temperatura di colore dipende principalmente dalle quantità di rosso e di blu; essa, come già accennato, viene espressa in gradi Kelvin che partono dallo zero assoluto, cioè da –273°C. La temperatura di colore del sole a cielo sereno nelle ore attorno al mezzogiorno è di circa 6.500°K; quella di una lampada a incandescenza per illuminazione televisiva, come pure fotografica e cinematografica, è di 3.200°K.

 

TEMPERATURE DI COLORE DI ALCUNE SORGENTI

 

         Cielo azzurro                10000°K 

       Cielo coperto                 8000°K

         Cielo sereno (h.12)       5/7500°K        Sole al mattino               5500/6500°K
         Sole all’alba                  3/4500°K        Sole al pomeriggio         5500/6500°K
         Sole al tramonto          3/4500°K          Lampade domestiche    2400/2900°K
         Lampade per riprese   3200°K        Lampade a scarica         6000°K

 

La diversa composizione cromatica delle sorgenti ha un’immediata conseguenza sulle riprese televisive a colori, generando sull’immagine altrettante dominanti. Per eliminare questo inconveniente si deve agire sui filtri ottici o elettronici di correzione, contenuti nella telecamera.

La conoscenza della temperatura di colore delle sorgenti di illuminazione permette appunto l’esecuzione del bilanciamento: i filtri sono infatti tarati in gradi Kelvin, in genera da 3000°K a 8000°K. Una situazione un po’ più complessa si manifesta in presenza di luce mista, costituita in parte da luce naturale (dominanti azzurre) e in parte da luce artificiale (dominante rosse). In questo caso si agisce in genere sulle lampade munendole di filtri correttivi azzurri, che agiscono sulla dominante della luce naturale. Una volta portata tutta la luce alla stessa temperatura di colore, si potrà operare il bilanciamento del bianco sulla camera.

 

GRANDEZZE FOTOMETRICHE

In ogni sistema di illuminazione, si possono distinguere tre elementi caratteristici: la sorgente di luce, il fascio luminoso e l’illuminazione prodotta. A queste tre componenti dell’illuminazione corrispondono altrettante grandezze fotometriche: l’intensità luminosa, il flusso luminoso e l’illuminamento.

L’intensità luminosa esprime la quantità di luce che una sorgente è in grado di emettere; la sua unità di misura è la candela internazionale di caratteristiche opportunamente stabilite.

Il flusso luminoso rappresenta la potenza di luce trasportata dal fascio che si irradia attorno alla sorgente. Viene misurato in lumen. Se la sorgente non presenta alcuna schermatura o specifica conformazione, la forma del fascio luminoso è sferica. Nella maggior parte delle situazioni di illuminazione, il fascio di luce presenta invece forma di cono di luce, ad apertura variabile.

L’illuminamento rappresenta il flusso luminoso ricevuto dall’oggetto. La sua unità di misura è il "lux", definito come illuminamento di una superficie di 1 metro quadro, investita dal flusso di un lumen.

Nella pratica televisiva, l’unità di misura a cui si fa è il lumen e il lux. Con il lux si misura anche la sensibilità delle telecamere; quindi una camera con sensibilità compresa tra 1 e 150 lux, può effettuare riprese anche in ambiente domestico, senza luci supplementari.

 

TECNICA DI ILLUMINAZIONE

Per quanto ogni ambientazione scenica richieda una propria analisi in base alla quale determinare la corretta illuminazione, esistono tuttavia delle precise regole di applicazione generale. Esse riguardano le diverse funzioni che l’insieme dell’apparato luminoso deve svolgere e stabiliscono in conseguenza la disposizione delle lampade e la qualità dura o morbida dei relativi fasci luminosi. Quando utilizziamo le lampade per l’illuminazione di una scena, dobbiamo tenere ben presente la legge del quadrato della distanza, la quale dice che la luce diminuisce con una velocità determinata dall’inverso del quadrato della distanza. Per esempio, ad una distanza doppia si riceve un quarto di luce. E’ bene precisare, inoltre, che possiamo ottenere un immagine illuminando tutte le parti della scena in maniera uniforme, ma i risultati saranno piatti, o poco interessanti, come per esempio in una giornata grigia con cielo coperto. In televisione, come in cinematografia, invece, dobbiamo creare la profondità e possiamo farlo solo con una giusta illuminazione. E’ importante capire che non è la luce che crea la profondità, ma sono le ombre, i contrasti, i volumi creati dalla luce. Pertanto un oggetto illuminato uniformemente non ha né sostanza, né forma. Diciamo subito che un set di luci decente è costituito da almeno 3 lampade, preferibilmente del tipo "alogeno" da 300/600/1000 watt, in quanto corrisponde al metodo classico usato per illuminare correttamente un oggetto in interni, comunemente denominato: metodo dei tre punti. La prima sorgente, e tra l’altro la più importante (600W), è la luce principale o Key Light che viene posta al lato della telecamera ad un angolo di circa 45 gradi e puntata verso il soggetto. La luce principale fornisce una fonte luminosa di luce diretta, proprio come farebbe il sole, e concentra la zona di massima luce su un lato del soggetto, mentre il lato opposto rimane in ombra, creando in tal modo un contrasto molto accentuato tra i due lati. Per ovviare a questo problema occorre piazzare una luce di riempimento, o Fill Light, meno potente e più diffusa (300W), che viene posizionata dal lato opposto della telecamera ad un angolo di circa 30 gradi e puntata in modo da illuminare l’altro lato del soggetto. La terza luce è la cosiddetta Back Light o controluce, più potente della luce principale (1000W), che viene posizionata alle spalle del soggetto e il più alto possibile. Viene puntata sul soggetto, verso il basso, e serve per dare profondità e a delineare i contorni del soggetto.

Di seguito vengono elencate diverse sorgenti luminose solitamente usate per riprese televisive o cinematografiche

Luce Base (Base Light) E’ un’illuminazione uniforme, diffusa, che approssima una condizione priva di ombre, sufficiente ad un’immagine televisiva tecnicamente accettabile e che può essere integrata da altre luci.. Essa è la luce che provvede a fornire l’illuminazione generale della scena. Viene ottenuta da diffusori o da un sistema a plafoniere.

Luce Chiave (Key Light) E’ la luce principale e su di essa si basa tutta l’illuminazione della scena. Stabilisce il tipo di atmosfera e il carattere dell’immagine e generalmente da dei risultati accettabili anche se viene usata da sola. Provvede, inoltre, a fornire la direzionalità dell’illuminazione a una scena, così come nella realtà una persona o un ambiente vengono illuminati dal sole, da una finestra o da un lampadario. Non contribuisce tuttavia a dare profondità all’immagine. La luce chiave tende ad essere usata ad un angolo verticale di 30°, ma può rientrare nei limiti di 20° e 45° . I limiti di incidenza orizzontale che danno dei risultati soddisfacenti sono vicini ai 45° da ambedue i lati del soggetto. I livelli di luce più indicati vanno dai 600 ai 1500 lux.

Luce correttiva o riempimento (Fill Light) E’ un’illuminazione supplementare che riduce ombre o contrasti. La relativa sorgente è in genere un proiettore di potenza inferiore o a fascio più allargato rispetto a quelli della luce chiave. Le luci di riempimento tendono anche ad essere sorgenti di luce soffice ed in generale sono le più utili. Ciò non è necessariamente vero per tutte le situazioni. Spesso una luce dura laterale da un risultato molto soddisfacente e la luce eccedente dalle luci chiave è spesso attentamente controllata proprio per ottenere questo effetto. Va considerato che il softlight non è privo di ombre e che la sua posizione è molto importante. E’ usato per ridurre il contrasto creato dalla luce chiave. Il softlight ha un livello di circa 300 lux. Usato dal davanti è utile per ridurre il contrasto. Un softlight a 45° dal soggetto darebbe un doppio effetto chiave. Un softlight laterale usato con la luce chiave a 30°/30° dà risultati migliori.

Luce di spalle o controluce (Back Light) E’ l’illuminazione alle spalle del soggetto in una direzione sostanzialmente parallela a un piano verticale contenente l’asse ottico della camera. Questa luce provvede a dare rilievo al personaggio in primo piano, staccandolo dallo sfondo. Il controluce è usato per incrementare la separazione del soggetto dal fondo e quindi la profondità, l’angolo del controluce nei confronti del soggetto non dovrebbe superare i 45° sul piano verticale, ma può essere variato più della luce chiave. Il rapporto di intensità fra luce chiave e il controluce è di solito 1:1, ma un controluce forte può talvolta essere efficace per creare emozioni e situazioni drammatiche.

Luci addizionali Le luci addizionali svolgono invece ruoli di completamento, come ad esempio la luce sulla camera, il cerchio di luce da insegui persona, l’illuminazione dei fondali etc.

Luci d’effetto Sono luci d’effetto tutte le soluzioni di illuminazione tendenti a generare speciali e talvolta suggestive immagini: riflessi di luce sugli occhi, riflessi di fiamme, luce radenti, controluci, contrasti ombre-luci, silhouette e così via.

 

EFFETTI ESPRESSIVI E PSICOLOGICI DELL’ILLUMINAZIONE

La luce nel cinema, così come in televisione e in fotografia, ha un ruolo di primaria importanza sia per rendere visibile i soggetti da riprendere sia per trasmettere particolari effetti o stati psicologici in cui si svolge una scena. Infatti, un altro aspetto dell’illuminazione è che essa può creare un’atmosfera. Avendo soddisfatto i requisiti tecnici, possiamo adesso usare l’illuminazione per stimolare le emozioni. Dove si ha bisogno di una sensazione di lucentezza, talvolta si può un’illuminazione a basso contrasto con colori abbastanza brillanti. Laddove si ha bisogno di un’atmosfera sobria si usa un’illuminazione ad alto contrasto che crea ombre scure e spesso evidenzia solo i punti principali d’interesse. Un soggetto, illuminato da una luce frontale che praticamente non proietta ombre visibili dalla posizione della macchina da presa, appare piatto, ma in luce laterale o in controluce lo stesso soggetto acquista subito in profondità. La capacità della luce di suggerire profondità è così intensa che una falsa posizione delle ombre può creare false impressioni della realtà. In rapporto al tipo di illuminazione usato, i risultati fotografici di un’inquadratura possono cambiare sensibilmente conferendo all’inquadratura stessa una diversa chiave di lettura. Infatti luci ed ombre cambiano completamente se si gira, con la luce naturale, la stessa scena prima di mattina, a mezzogiorno e verso sera. Nello stesso modo i risultati fotografici cambiano in relazione alla fonte luminosa che, in una scena girata in interni, colpisce il soggetto inquadrato. La luce pertanto sottolinea e accentua i significati della fotografia marcandone certe caratteristiche espressive. Ad esempio, un illuminazione diffusa a luci incrociate eliminerà ogni ombra, renderà l’ambiente uniformemente nitido, suggerirà un’atmosfera piacevolmente vivace, allegra e invadente. Di conseguenza un’irrazionale illuminazione può portare squilibri tali nella tonalità del quadro e nei rapporti di chiaro-scuro della fotografia da falsare o addirittura da annullare l’effetto voluto.

Luce frontale. Essa colpisce l’oggetto o la persona in scena davanti, cioè nello stesso senso della ripresa. L’illuminazione di fronte appiattisce sul fondo la persona o l’oggetto illuminato; l’attore in questo caso appare schiacciato dall’ambiente con la sua ombra che si allunga sullo sfondo. Con questo tipo di illuminazione si possono ottenere effetti di tensione o di suspanse.

Luce di taglio. Essa arriva da destra o da sinistra e colpisce trasversalmente il soggetto. L’effetto è quello di mettere fortemente in risalto la parte illuminata e in ombra quella non illuminata accentuando così un senso di angoscia o di mistero.

Luce in controluce. La luce è posta in senso contrario alla ripresa e cioè alle spalle del soggetto e serve ad allontanare e a staccare dallo sfondo gli elementi che si rappresentano poi sullo schermo. Con essa si vuol fare emergere così il personaggio dallo sfondo in cui questo si muove conferendogli un ruolo di preminenza che risulta proprio dal fatto che soltanto l’attore è messo in evidenza da tale effetto di luce.

Luce dall’alto. Questo tipo di illuminazione è usata quando non sono richiesti particolari effetti di contrasto con il chiaro-scuro come nel senso del controluce, della luce di taglio o della luce di fronte. Il risultato sarà quello di un’illuminazione normale ma non piena, con un’atmosfera più distesa e tranquilla rispetto a quella vivace e allegra ottenuta con l’illuminazione diffusa a luci incrociate.

Luce dal basso. Questo tipo di illuminazione produce un’esaltazione forzata dei materiali plastici inquadrati, nonché un’atmosfera grave e cupa. Usata particolarmente nei gialli e nei film del terrore, l’illuminazione dal basso esaspera i lineamenti dell’attore conferendo alla scena un senso di orrore, di sgomento e di paura.

 

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