Gian Cesare Marchesi

Il "countertrade" e le sue tecniche

Guida agli scambi in compensazione

Capitolo primo


1.0.0 - Le origini della compensazione moderna

1.1.0 - Cenni storici

Quando, nel luglio 1944, in una città americana del New Hampshire denominata Bretton Woods si riunirono i rappresentanti di 44 paesi per stabilire le linee di risanamento dell'economia occidentale, nessuno poteva essere così palesemente pessimista da pensare che, solo a distanza di poco più di una quarantina d'anni, il mondo economico si sarebbe nuovamente trovato di fronte, mutatis mutandis, agli stessi problemi che avevano motivato quella conferenza internazionale.

Si trattava allora di porre in atto una serie di provvedimenti tesi alla ricostruzione di un sistema economico dilaniato da una lunga e sanguinosa guerra e di frenare l'incontrollata espansione degli scambi bilaterali, che avevano ormai da qualche tempo pressochè annullato la multilateralità del commercio internazionale.

Molti, infatti, possono ancora ricordare che dal finire degli anni '20 sino al termine della seconda guerra mondiale la gran parte delle transazioni internazionali avveniva con regolamenti basati sui famosi conti di clearing, che altro non erano se non degli strumenti gestiti dalle banche per evidenziare le compensazioni valutarie che regolavano le transazioni commerciali fra due o più paesi.

Il "sistema" aveva visto il suo nascere a rimorchio della grande crisi del '29 ed aveva, nel tempo, prodotto varie tecniche sempre più sofisticate, con l'obiettivo comune di disporre, infine, di un meccanismo controllabile ed efficace. Tutti gli sforzi risultarono comunque vani e solo l'intervento drastico dei 44 di Bretton Wood riuscì a porre un freno alla generale con- fusione.

La conferenza gettò le basi per una nuova politica monetaria riferita all'oro ed al dollaro statunitense; inoltre decretò la nascita della World Bank e dell'International Monetary Fund. Gli strumenti operativi della Banca Mondiale (soprattutto la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, I.B.R.D.) e del Fondo Monetario avrebbero dovuto, da una parte, garantire l'equilibrio del sistema monetario e, dall'altra, assicurare a quei paesi allora definiti "sottosviluppati" un tasso di crescita che avrebbe consentito loro di uscire, in un arco di tempo ragionevole, dal ghetto in cui li avevano confinati secoli di colonialismo.

Gli inizi furono senz'altro positivi, aiutati anche dalla spinta di rinnovamento e di ricostruzione che, nell'immediato dopoguerra, animava le popolazioni ex-belligeranti e, negli anni '60, quelle dei paesi resisi indipendenti dalla dominazione politica inglese o francese.

Nel commercio internazionale le forme compensative furono infatti, come tutti i pesanti retaggi di anteguerra, presto volutamente dimenticate tranne che nell'area Est europea, dove rimasero a regolare l'interscambio commerciale fra i paesi del Comecon, nonchè in taluni mercati dell'America latina dove le riserve in dollari ed in oro registravano preoccupanti diminuzioni annuali.

Si trattava per lo più di scambi in compensazione a dimensione interregionale che non intaccavano il principio ormai indiscusso del multilateralismo adottato da tutti gli altri Stati.

Le deroghe a questo principio vennero con la pressante necessità per i paesi dell'Est europeo di importare quelle più sofisticate tecnologie che avrebbero loro permesso di non "segnare il passo" rispetto ai paesi occidentali. Era il periodo a cavallo degli anni '60 e '70 ed i primi accordi commerciali di questo tipo fra l'Est e l'Ovest si definirono eufemisticamente di "cooperazione industriale" anche se, nella realtà, si trattava di compensazione vera e propria, in quanto una consistente quota dell'esportazione occidentale veniva pagata in merci.

D'altro canto, se la Germania Democratica, la Polonia, la Romania e la stessa Unione Sovietica abbisognavano di modernizzare i propri apparati industriali, i paesi Occidentali, sempre alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali, non trovavano di meglio che concedere, sotto la bandiera di uno spiccato liberalismo, una cooperazione industriale che apriva nuovi orizzonti e più ampi mercati di consumo.

Per i paesi ad economia centralizzata, inoltre, la compensazione costituiva il banco di prova per un confronto qualitativo e di prezzo dei propri prodotti con quelli del mondo occidentale e, se non l'unico, uno dei principali modi di procurarsi valuta convertibile.

Probabilmente queste forme di regolamento sarebbero rimaste confinate allo scambio Est-Ovest se non fossero intervenute altre motivazioni, geograficamente più estese, che fecero rinascere dalle ceneri del passato e videro rapidamente crescere il fenomeno della compensazione in tutte le sue forme, vecchie e nuove.

Le conseguenze delle varie crisi petrolifere succedutesi dal 1973 in poi, l'entrata in scena dei paesi di nuova industrializzazione, l'indebitamento sempre più spinto da parte dei paesi del Terzo Mondo e non, hanno costituito un insieme di fattori che hanno seriamente messo in dubbio i concetti ai quali si ispiravano gli accordi di Bretton Woods.

In particolare, il livello di indebitamento estero al quale sono giunti a partire dalla fine degli anni '70 tutti quei paesi di recente comparsa sulla scena internazionale, il pesante carico degli interessi passivi e l'incapacità di far fronte agli impegni con un sufficiente incremento delle risorse interne hanno determinato la crisi dei mercati finanziari ed una brusca frenata ai piani di sviluppo di molte aree.

Anche paesi produttori di petrolio quali, ad esempio, il Messico, il Venezuela e la Nigeria, che ad un certo punto parevano avviati verso uno sviluppo senza limiti, si sono ritrovati nel volgere di pochi anni sull'orlo della bancarotta e sembrano voler trovare la strada per riavviare il flusso degli approvvigionamenti più necessari alla ripresa, seppur contenuta, del loro sviluppo soltanto facendo ricorso a difficili operazioni di riscadenzamento dei debiti e ad accordi di scambi bilaterali.

Il ritorno al bilateralismo è diventato quindi una strada obbligata sulla quale si incamminano non solo i paesi ad economia centralizzata o quelli in via di sviluppo, ma anche tutti quelli che, per una ragione o per l'altra, non riescono più a reperire fonti di finanziamento tradizionali.

Ed i paesi più industrializzati, pressati dalle difficoltà ogni giorno più sentite di operare su basi multilaterali, si sono adeguati alla nuova realtà e non nascondono più la loro disponibilità ad operare in contropartita sia nei confronti dei paesi meno ricchi, che - al limite - fra loro stessi.

Indubbiamente i vari operatori, sia pubblici che privati, hanno reagito in modo autonomo ai condizionamenti del mercato, senza tener conto delle raccomandazioni di quegli organismi internazionali che, tuttora memori dei principi di Bretton Woods, cercano di ricondurre i mercati al sistema del libero scambio basato su regolamenti in valuta.

D'altro canto le esperienze del passato sono pur sempre un riferimento ed un monito per il futuro e va da sè che l'estendersi a dismisura della compensazione sottrae ulteriori quote di valuta ai paesi più sinistrati, impedendo loro di rispettare gli impegni finanziari a suo tempo assunti nei confronti dell'estero. In altri termini, quelle stesse risorse che, valutate a suo tempo con evidente eccessivo ottimismo, erano state poste a presidio del ripagamento dei debiti contratti con l'estero, sono oggi offerte sul mercato quale contropartita di nuovi acquisti, limitando sempre più la possibilità di essere utilizzate per il rimborso dei debiti finanziari pregressi.

Qualunque siano le cause che li alimentano, gli scambi in compensazione sono tornati ad essere un fenomeno concreto che assorbe quote sempre più ampie dell'interscambio mondiale. Talune stime indicano percentuali varianti dal 5 al 30 % a seconda dei parametri di rilevazione utilizzati. La definizione scambi in compensazione , infatti, raggruppa in sè una casistica talmente ampia e diversificata di tipologie operative da lasciare ampi spazi alla fantasia ed alle opinioni personali dei rilevatori statistico-economici.

1.2.0 - I "conti di clearing"

Alcuni ricorderanno ancora che sino a qualche decennio fa erano frequenti gli scambi di merci fra paesi in "regime di clearing", cioè fra Stati che stabilivano bilateralmente di ammettere, ciascuno nella misura massima possibile, l'importazione di merci originarie e provenienti dall'altro paese con regolamento compensativo delle rispettive ragioni di dare e di avere.

Nella sostanza si configuravano tre tipi differenti di "clearing":

1) Il clearing bilaterale accentrato che, all'interno dei due paesi firmatari dell'accordo, creava una "cassa di compensazione", gestita dalla Banca Centrale, per ricevere dagli importatori nazionali le somme in moneta locale da mettere quindi a disposizione degli esportatori dello stesso paese a saldo delle loro vendite all'altro paese coinvolto nel clearing. Il regolamento interno nei singoli Stati avveniva quindi in moneta locale, mentre quello fra i due paesi interessati avveniva solo "contabilmente" attraverso segnalazioni che le due "casse di compensazione" si scambiavano periodicamente. E' evidente che questo sistema poteva funzionare soltanto in assenza di intoppi, ossia se l'importatore dell'altro paese pagava nei tempi prestabiliti, se la stessa cosa avveniva per quanto riguardava l'importatore nazionale, e se gli scambi fra i due paesi si bilanciavano in termini di valori, di tempi, ecc.

2) Il clearing bilaterale decentrato rappresentò un tentativo di snellimento e di miglioramento dello schema precedente, laddove le funzioni di incasso e di pagamento rispettivamente delle esportazioni e delle importazioni nazionali venivano svolte non più da una "cassa centrale di compensazione", bensì dalle banche di credito ordinario specificatamente autorizzate. Queste ultime erano comunque tenute a far affluire giornalmente alla Banca Centrale le segnalazioni dei movimenti effettuati, in modo che tutte le partite fossero bilanciate quotidianamente.

3) Il clearing unilaterale venne introdotto più tardi per consentire la compensazione, fra più Stati, delle partite rimaste scoperte nelle transazioni di clearing bilaterale. Ad esempio, utilizzando i crediti vantati verso un paese si potevano estinguere i debiti esistenti verso un terzo paese contraente.

A lato di queste casistiche di base si erano anche sviluppate altre formule, più o meno complesse e sofisticate, fra le quali si ricordano le compensazioni globali e gli affari di reciprocità. Nelle "compensazioni globali" i paesi firmatari degli accordi stabilivano esattamente le merci che avrebbero formato oggetto di compensazione, mentre negli "affari di reciprocità" venivano pure fissati i rapporti di cambio da usarsi nella valutazione delle merci oggetto dell'interscambio.

Agli inizi degli anni '50, per citare un esempio, erano ancora in vigore in Italia le norme dettate dal R.D.L. dell'11 Gennaio 1937, N.1, che consentivano - fra l'altro- alle banche di concedere agli esportatori italiani lo "sconto di crediti in compensazione" dietro presentazione alle stesse banche di certificati (cambiali-tratte) rilasciati dall'Ufficio Italiano dei Cambi a fronte di crediti all'esportazione che non avevano trovato, nel saldo del "conto di clearing", la disponibilità sufficiente per regolare definitivamente l'operazione.

Come si nota, ciò che a prima vista si sarebbe potuta considerare una novità dei tempi attuali, in realtà rappresenta soltanto una versione, in chiave aggiornata, di esperienze già vissute e che, tutto sommato, possono fornire ancora utili insegnamenti per evitare di commettere errori già riscontrati in passato.

1.2.1 - Schema di funzionamento di un sistema di clearing accentrato


(Il simbolo $ rappresenta un regolamento in moneta locale)

Sommario
del volume
Profilo
Capitolo
primo
Capitolo
secondo
Capitolo
terzo
Capitolo
quarto/1
Capitolo
quarto/2
Capitolo
quinto/1
Capitolo
quinto/2
App. n. 1
App. n. 2
App. n. 3
App. n. 4
Bibliografia
Indirizzi
utili
Indice
<< alla pagina precedente
al sommario del volume