Gian Cesare Marchesi

Il "countertrade" e le sue tecniche

Guida agli scambi in compensazione

Capitolo quarto (parte seconda)


(segue:
4.0.0 - Aspetti operativi della compensazione)

4.8.0.- Aspetti finanziari degli scambi in compensazione

Sotto il profilo strettamente finanziario il countertrade non sembra a prima vista presentare sostanziali differenze rispetto alle altre forme di scambi regolabili in valuta, al di là del fatto stesso di comportare "pagamenti" che, prima di essere resi disponibili in moneta, si manifestano sotto l'aspetto di altri prodotti da esitare sul mercato. Purtuttavia gli scambi in compensazione evidenziano particolari caratteristiche che fanno scaturire specifiche problematiche anche sul piano finanziario.

Innanzi tutto la causa più frequente che origina il countertrade, cioè la carenza di disponibilità valutaria della controparte estera, richiede già di per sè stessa una particolare attenzione per gli sviluppi e le implicazioni finanziarie che l'impresa esportatrice dovrà prima o poi affrontare. Il "rischio" di tipo finanziario è, in altri termini, già insito nella natura stessa dell'operazione e la sua corretta valutazione diventa essenziale per evitare di trovarsi impreparati a gestirlo in presenza di reali inadempienze della controparte.

Inoltre la compensazione presenta, quale ulteriore caratteristica, la mancanza di quei "titoli di credito"(pagherò cambiari, cambiali-tratte, apercrediti confermati, garanzie, ecc.) che abitualmente dovrebbero accompagnare le transazioni regolabili posticipatamente in valuta. Questa tipica connotazione rende arduo, e spesso addirittura impossibile, il ricorso alle forme più tipiche di smobilizzo dei crediti verso l'estero quali, ad esempio, il forfaiting nelle sue varie modalità espressive.

Come si è visto in precedenza, non tutte le vendite "in compensazione" comportano la concessione di dilazioni di credito, ma si è anche visto che la cosiddetta compensazione anticipata (import first) rappresenta purtroppo una casistica che si verifica raramente. Il più delle volte l'esportatore "primario" resta esposto finanziariamente nei confronti della sua controparte estera e deve quindi disporre dei mezzi necessari a sostenere tale "credito".

Nel primo capitolo di questo elaborato si era fatto cenno ad una prassi in vigore negli anni '50 che consentiva alle banche italiane di effettuare "sconti su crediti in compensazione" attraverso lo smobilizzo di particolari effetti cambiari creati ad hoc. Da tempo questa facilitazione non è più in essere e l'operatore deve ora far fronte alle necessità finanziarie derivantegli da crediti concessi su operazioni di countertrade o con mezzi propri, o con l'utilizzo delle linee di credito che gli vengono messe a disposizione "in via ordinaria" dal sistema bancario.

D'altro canto, come già visto, la stessa natura "non finanziaria" del countertrade impedisce che possa essere fatto ricorso (almeno formalmente) ad altre forme tradizionali di finanziamento delle esportazioni quali, ad esempio, quelle che prevedono l'utilizzo di linee di credito interbancarie, lo strumento del supplier's credit, del buyer's credit, ecc.

Sino a quando non si disporrà in Italia di una normativa più in linea con le esigenze finanziarie del commercio internazionale attuale resteranno in vigore le linee direttrici stabilite dalla Legge 227 (Legge Ossola) che, così come sono formulate, escludono la possibilità di ottenere agevolazioni creditizie od assicurative su operazioni di esportazione che comportino la concessione di crediti "non di natura finanziaria".

In realtà talune limitazioni possono essere "aggirate" con opportuni accorgimenti tecnici e con una indispensabile dose di fantasia. Ad esempio, tenendo una suddivisione rigida fra il contratto di vendita dei beni primari e quello dei prodotti in controacquisto, senza alcun legame che li possa in qualche modo unire, e cercando di ottenere dalla controparte dei "titoli di credito" a valere sulla dilazione di pagamento concessa, è possibile (in determinate circostanze) ricorrere almeno ad uno smobilizzo pro solvendo dei crediti stessi. L'ottenimento di una copertura assicurativa che copra adeguatamente i rischi derivanti dal mancato "pagamento" della fornitura primaria consente poi ulteriori vantaggi; più o meno come nel caso di un tradizionale "supplier's credit".

In realtà, la meccanica di funzionamento dell' escrow account ( di cui è titolare un "non residente", anche se -in effetti- esiste un vincolo dei fondi in favore di un "residente) consentirebbe, capienza beninteso disponibile, di poter effettuare i rimborsi previsti negli impegni dei contratti di "supplier's", di "buyer's", di "triangolari", ecc., con regolari introiti valutari alle varie scadenze. Si tratterebbe, in sostanza, di articolare correttamente tutto l'insieme di contratti, istruzioni, tempistiche, garanzie, ecc., in modo da poter considerare l'aspetto "countertrade" come un puro e semplice strumento agevolativo nei confronti del debitore estero per procurarsi (o procurargli) i fondi necessari all'adempimento dei suoi obblighi finanziari.
A titolo di memoria si illustrano qui di seguito, in forma schematica, le principali forme di finanziamento dei crediti all'esportazione, demandando -per una più dettagliata informazione- alla copiosa bibliografia esistente in materia.

4.8.1 - Lo sconto "pro-soluto" /"forfaiting"

Consiste nella cessione, per lo smobilizzo "senza ricorso", di effetti cambiari derivanti da esportazioni, ad una banca o ad un istituto finanziario che acquista i titoli stessi assumendosi i rischi di mancato incasso, sia di natura politica che commerciale. Il funzionamento è evidenziato nello schema che segue:



4.8.2 - Il credito fornitore (Supplier's credit)

E' la forma più nota ed "elementare" nel campo dei crediti all'esportazione, che fa da cardine a tutto il sistema agevolativo su cui si basa la legge n. 227 del 24 maggio 1977. Si tratta di dilazioni di pagamento che il fornitore concede direttamente al proprio cliente estero e che quest'ultimo s'impegna a rimborsare a determinate scadenze mediante il pagamento di effetti cambiari ("promissory notes" o "bills of exchange") comprensivi di interessi. Per poter rientrare negli schemi previsti dalla citata legge 227 le percentuali di credito, la durata, le scadenze , gli interessi e la stessa natura della merce fornita devono rispettare gli accordi stabiliti in sede di "Consensus" (Il "Consensus" è un accordo, peraltro informale, a cui partecipano i paesi 0CSE per limitare le condizioni finanziarie sulle esportazioni che beneficiano del sostegno pubblico sottoforma di assicurazione e/o di contributo agli interessi. I principali vincoli riguardano la quota minima da essere regolata in via anticipata (15%), i tassi d'interesse da applicare a seconda della categoria a cui appartiene il paese debitore e la durata della dilazione, il punto di partenza del credito e le modalità di scadenza dei rimborsi.).

La schematizzazione dell'operazione è la seguente:



4.8.3 - Il credito acquirente ("Buyer's credit)

Si differenzia dalla tipologia precedente sostanzialmente per il fatto che la dilazione di pagamento non viene più concessa dal fornitore, bensì da una banca, che diviene direttamente creditrice nei confronti dell'importatore estero. Il fornitore/esportatore incassa quindi il ricavato della propria vendita "a breve", solitamente dietro presentazione alla stessa banca finanziatrice dei documenti di spedizione della merce. Lo schema è il seguente:



4.8.4 - La "triangolare"

All'apparenza si tratta di una variante sul tema del "credito acquirente", con estensione ad una banca estera della possibilità di concedere la dilazione di credito al cliente/importatore estero beneficiando della copertura assicurativa SACE e del contributo in conto interessi del Mediocredito Centrale.

Le operazioni "triangolari" generalmente vengono accese per importi rilevanti che, in taluni casi, richiedono la costituzione in "consorzio" (syndication) di più banche .

La rappresentazione grafica dell'operazione è la seguente:



Le "triangolari" sono particolarmente utilizzate nel finanziamento di impianti o di lavori all'estero che comportino la necessità di disporre di notevoli risorse e di poter dar corso ai rimborsi del prestito soltanto ad avvenuta messa in funzione delle strutture industriali così create. Nella vita del finanziamento si determinano varie "fasi" che possono essere così classificate:

. Periodo del "draw-down", nel quale vengono utilizzate, a seconda dei fabbisogni (solitamente si tratta degli " Stati d'Avanzamento Lavori" o di negoziazioni di crediti documentari per avvenute spedizioni di merci), le disponibilità derivanti dalla concessione della linea di credito. Sugli ammontari non ancora utilizzati nel corso del draw down period viene generalmente corrisposta una commissione (commitment fee);

. Periodo "di grazia", nel corso del quale non si darà corso ad alcun rimborso "in linea capitali" per dar modo all'impianto di essere completato e "messo a regime";

. Periodo di rimborso, a partire dal quale iniziano i rimborsi, secondo quanto stabilito nella convenzione finanziaria.

Considerando, a titolo di esempio, un finanziamento di $ 6.000.000, al tasso del 10% annuo da calcolarsi sul debito residuo , rimborsabile in 6 semestralità costanti, con un periodo di utilizzo di 24 mesi e 12 mesi "di grazia", si avrà la seguente rappresentazione grafica:


4.8.5 - La "linea di credito finanziario"

Un'ulteriore forma di finanziamento, ampiamente usata nei rapporti con l'estero, è quella che prevede la concessione di una linea di credito da banca a banca , concessa da Istituti italiani a medio termine ad Istituti di credito esteri, con copertura assicurativa SACE. Utilizzando questo strumento finanziario l'esportatore nazionale ottiene il pagamento delle proprie forniture a presentazione dei documenti d'imbarco (o dei SAL), mentre il cliente estero rimborsa la propria banca secondo le modalità stabilite localmente e la banca estera, a sua volta, rimborsa il prestito in base alle condizioni stabilite nella convenzione finanziaria esistente fra i due Istituti.

Lo schema di funzionamento può così sintetizzarsi:



4.8.6 - L' "International Trading Certificate"

Nel tentativo di istituire una forma di "titoli di credito" commercialmente e finanziariamente accettabili, la General Foods Trading e la Bank of Boston hanno lanciato nel 1984 l'iniziativa degli "International Trading Certificates", che dovrebbero rappresentare l'impegno formale e trasferibile, rilasciato dalla Banca Centrale del paese estero (ed autenticato da parte della stessa Bank of Boston) a non richiedere, a fronte di una importazione, la compensazione per il valore corrispondente a prodotti già acquistati in precedenza da un altro operatore straniero al quale sia stato rilasciato, appunto, un I.T.C.

Come si vedrà nello schema illustrativo più sotto riportato, un operatore "occidentale" che acquista e paga in valuta beni originati da un paese che riconosce la validità degli I.T.C., riceve dalla Banca Centrale di quel paese un certificato (I.T.C.) che conferma l'acquisto effettuato e legittima l'operatore stesso (od il cessionario del titolo che, come si è detto , può essere trasferito a terzi) ad ottenere un pagamento in valuta a fronte di una futura vendita al paese in questione.

Questi titoli costituirebbero dunque un passo avanti verso la strada di un ritorno al multilateralismo in quanto potrebbero liberamente circolare ed attestare l'esistenza di un diritto per un pagamento in valuta, in un certo senso garantito ed, entro certi limiti, di più facile smobilizzo.

L'idea dei creatori dell'I.T.C. era di ottenere maggiore credibilità negli impegni che i paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, si assumono sottoscrivendo contratti commerciali che prevedono pagamenti compensativi, ma i risultati sono stati sinora di molto inferiori alle aspettative e gli International Trading Certificates faticano alquanto a mostrarsi in pubblico! E' infatti ovvia, per i diversi motivi già illustrati in precedenti capitoli del presente elaborato, la resistenza che i vari paesi "debitori" possono opporre all'emissione di tali certificati.

Lo schema di funzionamento dell'I.T.C. è il seguente:


4.9.0 - Il significato delle coperture assicurative

Secondo le valutazioni di coloro che hanno una concreta esperienza nel settore, le operazioni di countertrade che giungono realmente a conclusione possono stimarsi in un 10 % circa delle trattative avviate e, nell'ambito di questo modesto risultato, ben poche transazioni si concludono con i risultati previsti inizialmente. Tutto ciò è sostanzialmente dovuto alle numerose difficoltà che la compensazione incontra lungo il suo cammino ed alla molteplicità dei rischi che l'operatore è chiamato ad affrontare.

Si tratta, in sostanza, della somma dei rischi che tradizionalmente s'incontrano effettuando operazioni di esportazione, di importazione e -talvolta- di commercio di transito, con l'aggiunta di particolari elementi di aleatorietà derivanti proprio dalla unione di questi differenti aspetti dell'interscambio.

Per quanto riguarda i rischi di tipo tradizionale, relativi al trasporto delle merci, alle oscillazioni dei cambi, alla qualità delle merci effettivamente ricevute, alla escussione di garanzie, ecc. si attuano generalmente le cautele e gli accorgimenti suggeriti dalle normali esperienze di commercio con l'estero, con il ricorso alle tradizionali coperture assicurative e con l'assistenza di Società di Sorveglianza (S.G.S., Lloyds, Bureau Veritas, ecc.) che verificano il rispetto delle specifiche qualitative e/o quantitative sulle merceologie scambiate.

Il problema che invece rappresenta una variante di notevole importanza rispetto alla tipologia di rischio "tradizionale" è quello riguardante il regolamento della fornitura o, se vogliamo, il "pagamento" della esportazione primaria. Nella fattispecie il rischio d'insolvenza viene infatti sostituito dalla preoccupazione di non ricevere i prodotti compensativi concordati, per mancata o per ritardata consegna da parte del "debitore".

Sia la "mancata" che la "ritardata" consegna rappresentano quindi un rischio (seppure con conseguenze chiaramente differenti), così come nel regolamento di tipo "finanziario" l'insolvenza od il ritardo nel pagamento da parte del cliente estero determinano un insieme di effetti negativi sui quali non è questa la sede per soffermarsi.

In presenza di tale temuta eventualità l'operatore deve quindi cautelarsi e, nei limiti del possibile, far ricorso ad adeguate coperture facendo ricorso al sistema assicurativo pubblico o privato.

4.9.1 - Il sistema assicurativo "pubblico"

La quasi totalità delle compagnie pubbliche di assicurazione dei crediti all'esportazione (ved. riquadro) non contemplano ancora fra le operazioni assicurabili quelle relative agli scambi in compensazione anche perchè, come abbiamo già visto in precedenza, il countertrade non viene considerato come uno strumento di pagamento di esportazioni e quindi non rientra fra le forme di rischio ammissibili al sostegno pubblico d'incentivazione delle esportazioni.



Qualche eccezione a questa prassi comincia a manifestarsi da parte di alcune Export Credit Agencies (E.C.A.) verso talune transazioni di controacquisto regolate da due contratti ben distinti (uno per la vendita del prodotto primario ed uno per l'acquisto dei beni di ritorno) che non prevedano legami o vincoli di alcun genere fra i due flussi d'interscambio. D'altro canto se i due contratti, come detto, sono tenuti ben separati e se le condizioni di "pagamento" dell'esportazione sono "formalmente" simili a quelle di una normale transazione regolabile in valuta, è obiettivamente difficile escludere tale operazione da quelle abitualmente assicurabili.

Comunque resta il fatto che in molti casi le E.C.A. non intervengono con coperture di alcun genere se il rischio-paese è giudicato ormai inaccettabile. E purtroppo sono proprio quei mercati che richiedono in misura massiccia il regolamento compensativo a presentare le peggiori posizioni di rischio.

L'atteggiamento particolarmente cauto delle E.C.A. nei confronti del countertrade è anche originato da motivazioni strutturali: infatti questi istituti sono sorti e si sono organizzati nello spirito della gestione di rischi, soprattutto di natura politica , legati a regolamenti di tipo strettamente finanziario. Anche se, nel tempo, le coperture-base si sono gradualmente estese a considerare altre tipologie di rischio (es.: revoca di commessa, escussione di garanzie fidejussorie, ecc.) le E.C.A. non sono ancora tecnicamente e strutturalmente preparate a gestire recuperi di sinistri derivanti da mancate consegne di prodotti compensativi.

4.9.2 - Il settore assicurativo "privato"

Mentre le Compagnie di matrice pubblica stentano a trovare gli strumenti più idonei per intervenire nelle coperture assicurative delle operazioni compensative, il "sistema" privato si dimostra più agile e, pur con le sue tipiche cautele, già interviene da tempo nella stipula di specifiche polizze utilizzabili per la copertura di determinate tipologie di rischio.

Tale interesse, è bene anticiparlo, non si è ancora sufficientemente espresso in Italia dove una serie di limitazioni normative frena le nostre Compagnie a gestire questo tipo di polizze.

Le prime coperture "private" nel campo degli scambi in compensazione furono rilasciate negli anni '60 dai Lloyds londinesi, che per circa un decennio furono i soli ad operare incontrastati nel mercato. Successivamente altre Compagnie straniere hanno seguito le orme tracciate dagli Underwriters britannici con formule pressochè analoghe, attuate dall'American International Group (AIG), dalla Chubb, dal Cigna Group (AFIA-INA) e dall'Hogg Robinson Group (PLC).

Si tratta, come detto, di istituzioni private che operano sulla base di logiche di profitto e non, come nel caso delle E.C.A., per motivazioni di politica interna ed internazionale legate a forme di assistenza all'export. Da questa differente impostazione istituzionale scaturiscono i pro ed i contro che caratterizzano le polizze di tipo privatistico.

Ovviamente le coperture non sono concesse per tutti i tipi di operazioni e nemmeno per tutti i paesi e ciascuna Compagnia attua le proprie filosofie operative in base a considerazioni di rischio del tutto autonome. Nessun assicuratore assume impegni concernenti rischi di natura politica o di natura commerciale derivanti da forme contrattuali che l'operatore ha stilato in maniera incerta o nei confronti di paesi che denunciano pesanti situazioni di morosità. Si applicano quindi, anche nel caso della compensazione, i criteri generali che governano i principi assicurativi e che spesso non sono interamente valutati dall'assicurato in tutte le loro sfaccettature ed implicazioni.

4.9.3 - Principali caratteristiche delle polizze "private"

In linea di principio anche le Compagnie "private" coprono innanzi tutto il "rischio politico" relativo all'inadempienza contrattuale di un Ente pubblico estero o, comunque, originata da disposizioni o da azioni messe in atto da uno Stato estero, che impediscono l'esecuzione di una fornitura di merci compensative.

Il rischio di natura "commerciale" (cioè derivante dall'inadempienza contrattuale di una controparte privata ) non è quindi generalmente assicurabile, se non viene dimostrato che sono intervenuti motivi "politici" ad impedire l'assolvimento degli impegni previsti.

La casistica dei rischi politici che possono verificarsi in una operazione di countertrade può così riassumersi:

a) - Rischi riferiti al contratto di esportazione

. "insolvenza" o ritardi da parte del compratore,
. cancellazione del contratto,
. inconvertibilità della moneta locale nella valuta contrattuale,
. restrizioni all'importazione messe in atto dal paese destinatario delle merci o all'esportazione da parte del paese venditore,
. indebita escussione di garanzie fidejussorie,
. eventi di forza maggiore.

b) - Rischi riferiti al contratto d'importazione

. "insolvenza" o ritardi da parte del fornitore e/o dell'utilizzatore finale,
. cancellazione del contratto,
. indisponibilità qualitativa o quantitativa delle merci,
. divieti all'esportazione messi in atto dal paese estero o all'importazione attuati dal paese a cui sono destinate le merci,
. indebita escussione di garanzie fidejussorie,
. eventi di forza maggiore.

In sostanza si tratta di un insieme di rischi che il sistema assicurativo definisce Contract frustration indemnity. In "Appendice" si allega, a titolo indicativo, uno schema di un Contract Repudiation and License Cancellation Insurance riferentesi al solo contratto di controacquisto.

La durata del rischio in copertura generalmente non supera i tre anni, a meno che non sia prevista la clausola del roll over (alla fine del primo anno la compagnia copre i rischi del quarto, alla fine del secondo quelli del quinto, e così via) applicabile nel caso di assenza di sinistri nel corso dell'anno preso in considerazione.

Per quanto concerne i massimali assicurabili occorre tener presente che le Compagnie, per principio, lasciano quasi sempre a carico dell'assicurato una certa percentuale di "scoperto", per garantirsi della co-responsabilità dell'operatore sul buon fine dell'operazione. Questa considerazione dovrebbe essere tenuta presente da coloro che ritengono di poter "trasferire" con facilità sulla Compagnia d'assicurazioni i rischi di operazioni che, già sin dall'inizio, presentano caratteristiche di non sufficiente limpidezza e linearità.

Tutte le polizze assicurative contengono poi talune clausole di esclusione di rischio che possono, al limite, rendere la copertura assolutamente inefficace in presenza di determinate circostanze. Si tratta di quelle postille che i soliti maligni dicono essere scritte in polizza con caratteri di stampa microscopici....! Alcune esclusioni tipiche riguardano i sinistri causati da colpa o da inadempienza dell'assicurato, da guerra fra i paesi delle due parti contraenti o fra le cosiddette "grandi Potenze", dalle oscillazioni dei cambi delle valute contrattuali, ecc. L'esame delle clausole limitative di polizza richiede una particolare attenzione, tanto più necessaria nel caso di contratti redatti in una lingua straniera le cui sottigliezze interpretative possono non essere interamente familiari a tutti. In presenza di dubbi o di incertezze diventa indispensabile l'assistenza di un Broker assicurativo di assoluta fiducia, per non correre il rischio di stipulare un contratto che non abbia alcuna efficacia pratica in caso di sinistro.

L'entità del premio da corrispondere all'atto della stipula della polizza varia naturalmente in funzione del rischio-paese, della durata del contratto, dell'importo coinvolto, dell'esistenza o meno di garanzie collaterali, della tipologia specifica dello scambio, ecc. In taluni casi si sono notati premi contenuti in uno 0,125 per cento, mentre in altri casi il premio supera il 10 per cento del massimale assicurato "at any one time ".

Occorre a questo punto anticipare che per un operatore italiano la stipula di un contratto assicurativo con una Compagnia estera comporta l'adempimento di talune formalità valutarie sulle cui modalità ci si soffermerà successivamente.

In caso di sinistro la Compagnia richiede all'assicurato di svolgere inizialmente ed in forma diretta tutte le azioni possibili per il recupero del "credito" (previste nella due diligence clause) e comunque necessita di un certo lasso di tempo, generalmente non inferiore a sei mesi (waiting period ) prima di procedere alla liquidazione vera e propria. In taluni casi la richiesta della proof of loss è facilmente assolvibile dimostrando, con la necessaria documentazione, di aver svolto tutte le azioni possibili per ottenere dalla controparte il rispetto delle obbligazioni contrattuali, mentre in altri casi (specialmente riferiti alle polizze statunitensi, che in pratica richiedono la dimostrazione di un lodo arbitrale certificante l'inadempienza della controparte) tale problema non trova una semplice soluzione.

L'esistenza di una buona polizza assicurativa costituisce quindi un elemento in più per tutelare determinati rischi connessi con l'esecuzione di scambi compensativi, ma non fornisce certamente la panacea per la soluzione di tutti i problemi. Sotto il profilo finanziario la "polizza" può permettere, in determinati casi, uno smobilizzo più sollecito dei crediti differiti legati al contratto principale di vendita e taluni istituti bancari esteri la considerano, in un certo senso, sostitutiva della "conferma" del credito documentario (per sua definizione "non confermabile").

4.10.0 -Regolamentazioni estere sul countertrade

Benchè a livello internazionale (G.A.T.T., O.C.S.E., ecc.) non esistano norme, regolamenti e nemmeno precise nomenclature sugli scambi in compensazione, diversi paesi esteri hanno emanato leggi o disposizioni che regolano la materia, con l'obiettivo di ricavare il massimo dei benefici da questo tipo di transazioni e salvaguardare le proprie bilance valutarie.

Trascurando i Paesi dell'Est che, come detto in precedenza, non hanno mai smesso di operare in contropartita, i primi ad emettere normative in materia sono stati i mercati del Sud Est Asiatico ed in particolare l'Indonesia, che nel 1981 ha varato una legge nella quale viene previsto che tutti i contratti stipulati con i locali Enti Pubblici, per importi superiori a 500 mila dollari USA, vengano regolati -per la quota di contenuto estero- con scambio al 100% di prodotti locali. Le merci indonesiane oggetto di pagamento compensativo devono essere utilizzate nel paese in cui risiede l'esportatore "primario", devono rappresentare quote addizionali rispetto ai pre-esistenti flussi di esportazione verso quel paese estero e, se non vengono ritirate da parte del fornitore "primario", quest'ultimo deve corrispondere una penale pari al 50%.

Nel 1983, sulla scia dell'Indonesia, anche la Malesia ha espresso le proprie normative istituendo un Ente specifico che sovrintende alle operazioni di contropartita.

Nell'area latino-americana sono ormai molti i paesi che dispongono di norme o di regolamenti che fissano le modalità di attuazione del countertrade: il Perù ha dato l'avvio alle normative con una legge del 1978, l'Argentina con una prima legge del 1984, la Bolivia, la Repubblica Dominicana, l'Ecuador, il Messico, l'Uruguay, ecc. con decreti governativi emanati fra il 1983 ed il 1984. Per i paesi latino-americani gli obiettivi da perseguire nell'attuazione di scambi compensati devono essere sostanzialmente i seguenti:

1) espandere l'esportazione dei beni locali cosiddetti "non tradizionali",
2) incentivare la ricerca di nuovi mercati, sia dal punto di vista geografico che merceologico,
3) limitare le importazioni ai soli beni giudicati "prioritari" per il paese.

Nella maggioranza dei casi le normative indicano quali prodotti locali possono essere offerti in compensazione, quali forme contrattuali devono essere applicate, ecc. La conoscenza di tali norme diventa quindi basilare per poter avviare operazioni di controacquisto senza incorrere in spiacevoli contrattempi.

4.11.0 - Cenni di contrattualistica

Negli scambi in compensazione ogni operazione fa praticamente storia a sè e ben difficilmente si possono notare due operazioni con identiche caratteristiche. Ciò determina un certo imbarazzo nel proporre schemi standard di contratto che, all'atto pratico, non sarebbero facilmente adattabili alle specifiche necessità del momento.

E' evidente che talune parti del contratto rappresentano delle vie obbligate esistenti in qualsiasi accordo commerciale (es.: la presentazione delle "parti", le premesse, la descrizione della merce o dell'oggetto del contratto, le condizioni di resa, i termini di consegna, le responsabilità e gli obblighi delle "parti", la clausola di forza maggiore, la clausola arbitrale, la legge applicabile, il Foro competente, ecc.), ma tutto ciò e già ampiamente reperibile nei testi specialistici e dovrebbe far parte dell'indispensabile bagaglio conoscitivo di chi abitualmente opera con l'estero.

Per quanto riguarda invece gli aspetti specifici del countertrade, le difficoltà di standardizzazione delle forme contrattuali derivano proprio dalle differenti possibilità di esprimere la compensazione (ved. le tipologie descritte al capitolo 2.0.0), che comportano la stesura di uno o più atti, dalla natura della fornitura "primaria" ( semplice vendita di un certo bene o più complessa operazione con cessione di tecnologia, di brevetto, ecc.), dalle differenti normative riguardanti i paesi interessati, dal numero degli enti coinvolti nella transazione, ecc.

Per tutta questa serie di ragioni la stesura di un contratto di compensazione suggerisce l'intervento consulenziale di un giurista, specializzato nella contrattualistica internazionale, che possa redigere un atto idoneo al caso concreto e non contrastante con le leggi esistenti nei paesi delle "parti" contraenti, nonchè con le norme e gli usi che regolano il commercio internazionale.

4.11.1 - Alcune indicazioni generali (le note contenute in questo paragrafo sono state tratte dall' "International Commentary" del marzo 1986, vol.2, issue No.10 dello Studio "Stroock & Stroock & Lavan" di New York)

Gli accordi di compensazione solitamente comprendono tre distinti documenti:

- il contratto di vendita del bene primario (primary sale contract), che contiene tutte le clausole abitualmente presenti in un qualsiasi contratto di vendita internazionale,
- il contratto di controacquisto (countertrade contract), che aggiunge alle solite condizioni insite nei contratti di acquisto alcune clausole aggiuntive specifiche,
- un terzo atto che lega fra loro i due precedenti (protocol).

La controparte estera è spesso solita richiedere che venga inserita nel contratto una clausola che preveda la penale (default clause) in caso di mancato ritiro totale o parziale delle merci compensative, con l'emissione di una specifica garanzia bancaria (performance bond) a tutela del rispetto di tale impegno. Il fornitore "primario" dovrebbe, per contro, richiedere che nella stesura contrattuale vengano inserite le seguenti clausole:

1) qualora il contratto primario venisse per qualsiasi ragione cancellato, il contratto di controacquisto potrebbe essere a sua volta reso nullo a richiesta del fornitore "primario";
2) il fornitore "primario" ha la libera facoltà di trasferire a terzi le obbligazioni relative all'impegno di controacquisto;
3) non devono sussistere restrizioni alla rivendita dei prodotti di ritorno, nè in termini territoriali, nè di prezzo;
4) l'eventuale pagamento delle "penali", a seguito di mancato ritiro parziale o totale dei prodotti di controacquisto, non deve interrompere l' esecuzione del contratto primario;
5) l'acquirente dei prodotti di ritorno deve mantenere il proprio diritto di far ispezionare i beni acquistati prima della spedizione degli stessi o, in alternativa, deve disporre delle necessarie garanzie circa la qualità delle merci messe a disposizione dal fornitore estero;
6) i ritiri di prodotti compensativi, effettuati direttamente dal fornitore "primario" e/o dai terzi da lui designati, devono considerarsi a liberazione degli impegni assunti nel contratto di controacquisto.

I contratti dovranno ovviamente fornire precise indicazioni circa i parametri di determinazione dei prezzi (qualora non già chiaramente fissati " a fermo") ed indicare le procedure arbitrali alle quale ricorrere in caso di necessità, con fissazione della relativa sede (possibilmente nel paese del fornitore "primario" o, al limite, in un terzo paese "neutrale").

4.11.2 - Un esempio

Senza voler comunque contraddire quanto sin qui detto sull'inopportunità di tracciare schemi standardizzati di contratto, è forse interessante esaminare -a titolo puramente esemplificativo- gli aspetti contrattuali che regolano il caso abbastanza ricorrente di un'operazione compensativa di controacquisto coinvolgente vari enti pubblici e privati.

Si consideri, da un lato, un paese in via di sviluppo (PVS) produttore ed esportatore di legname, zucchero e cacao e, dall'altro, un paese industrializzato (PI) che, nell'ambito di una più vasta intesa di cooperazione bilaterale, offre -fra l'altro- un impianto per la trasformazione e la conservazione della frutta, per un valore di 10 milioni di dollari, reso chiavi-in-mano. Trattandosi di un esempio volto ad esaminare le problematiche contrattuali del countertrade vengono qui deliberatamente trascurati gli aspetti riguardanti lo studio e la presentazione dell'offerta tecnico-economica (il cosiddetto feasibility study), nonchè quelli relativi alla componente di lavoro locale necessario per la costruzione delle opere civili, delle infrastrutture, ecc.

I primi attori che incontriamo sulla scena sono, nel caso ipotizzato, i rappresentanti dei due Governi firmatari di un Memorandum d'intesa che stabilisce sia le linee di intervento del PI nell'ambito del programma di sviluppo agro-industriale del PVS, sia la disponibilità ad acquistare prodotti di ritorno messi a disposizione dal PVS stesso.

Il "memorandum" intergovernativo consiste solitamente in poche pagine nelle quali i Ministri designati riaffermano le motivazioni politiche che ispirano l'intesa raggiunta ed indicano le linee generali del suo sviluppo, senza peraltro entrare nei dettagli tecnico-commerciali delle singole transazioni che si svilupperanno nel suo ambito. Talvolta il documento non indica neppure i nominativi degli enti che materialmente interverranno nella realizzazione degli specifici programmi, ma si limita ad indicarne gli obiettivi. Con la sigla del "memorandum" viene dato il placet preventivo (salvo in particolari casi dove viene esplicitamente richiesta la ratifica delle intese da parte dei rispettivi Parlamenti) alle autorizzazioni che dovranno eventualmente essere rilasciate per l'esecuzione dei singoli contratti commerciali.

Il secondo atto che incontriamo nello svolgimento del nostro esempio (teniamo presente che l'operazione qui ipotizzata potrebbe aver luogo a seguito di iniziativa privata e, quindi, senza l'intervento iniziale dei rappresentanti dei due Governi) riguarda l'accordo commerciale fra le parti interessate alla realizzazione dell'impianto industriale in questione.

Viene stipulato un apposito accordo (Frame Agreement, o Protocol, ecc.) che regola la specifica operazione da un punto di vista generale e globale. Si entra quindi nel vivo del countertrade.

Da una parte vi sarà l'ente del PI che fornirà l'impianto (potrà trattarsi dello stesso fabbricante, oppure di una Trading Company che lo fornirà dopo averlo commissionato all'azienda che lo produce) responsabilizzandosi circa il ritiro dei prodotti compensativi e, dall'altra parte, vi sarà l'ente del PVS che acquista lo stesso impianto e che si impegna nella consegna dei prodotti di ritorno.

Le principali difficoltà sorgono, a questo punto, nella esatta identificazione delle parti che concretamente interverranno nell'operazione, soprattutto dal lato PVS, in quanto non è sempre facile individuare esattamente l'ente o gli enti che dovranno essere coinvolti su un piano operativo. Infatti, nel nostro caso, vediamo che l'impianto potrebbe interessare sia il locale Ministero dell'Agricoltura, sia quello dell'Industria (a seconda delle competenze specifiche attribuite in quel paese ai differenti Ministeri), mentre -quasi certamente- i prodotti compensativi verranno messi a disposizione dagli enti di Stato preposti alla gestione dei singoli prodotti (per il cacao e lo zucchero uno o più Boards dipendenti dal Ministero dell'Agricoltura; per il legname quasi certamente un ente appartenente al Ministero delle Foreste, se quest'ultimo dispone di un proprio dicastero separato da quello dell'Agricoltura).

Inoltre dovranno intervenire, a latere, Il Ministero delle Finanze, la Banca Centrale, quand'anche non l'Avvocatura di Stato per il benestare legale sulla stipula di contratti che coinvolgono Enti Pubblici locali.

Una difficoltà risiede quindi nella esatta identificazione degli interlocutori titolati ad assumere gli impegni anche per conto degli enti sottostanti. Talvolta le "parti" principali sono già definite nel "Memorandum" intergovernativo cui si è fatto cenno in precedenza, e non è escluso che possa intervenire uno specifico ente espressamente costituito per la gestione degli scambi compensati. Comunque, per semplicità, ipotizziamo che nel nostro caso intervengano operativamente la Trading Ltd. del PI e, sul lato PVS, la State Agency, che stipuleranno fra loro un Protocol nel quale verrà, fra l'altro, indicato quanto segue:

" ..... facendo seguito a quanto indicato nel Memorandum ........ stabiliscono di dare attuazione ad un accordo che ........ prevede la realizzazione di un impianto per la trasformazione e la conservazione della frutta ...... per un valore di 10 milioni di dollari, da realizzarsi in .....mesi, da parte di ...... che verrà regolato con consegna di prodotti locali, come meglio elencati nell'allegato ...., destinati all'esportazione....., che verranno valutati in base ai prezzi internazionali di mercato ......... fino alla concorrenza di un totale di 10 milioni di dollari, più interessi..... Tali prodotti verranno resi disponibili da parte di ...... secondo la seguente tempistica...... e potranno essere ritirati da ...... o da terzi da quest'ultimo designati .....".

Il suddetto "protocol" prevederà inoltre che i singoli aspetti tecnico/commerciali relativi alle due distinte operazioni (cessione dell'impianto ed esportazione dei prodotti di ritorno) siano regolati da appositi contratti che verranno stipulati fra gli enti espressamente delegati dai firmatari del "protocol" (o, al limite, ancora da loro stessi) per la realizzazione delle transazioni parallele. Infine tale accordo specificherà le modalità per l'apertura e la gestione del conto fiduciario (Trustee account o Escrow account) sul quale transiteranno le partite contabili da compensare (Nell' "Appendice" N.3, riportata in calce, figura l'esempio di un "Commercial Development Agreement", stipulato fra una Trading Company europea ed un Ente pubblico di un paese in via di sviluppo, che presenta talune analogie con il caso di studio illustrato nel presente capitolo.).

Una trattativa parallela verrà quindi a svilupparsi fra le banche coinvolte nella gestione dell'operazione. In base a quanto previsto nel "Protocol", la banca scelta dalla Trading Ltd. aprirà presso la banca della State Agency un conto fiduciario, il cui funzionamento sarà regolato dall'apposita convenzione fiduciaria sottoscritta fra le due stesse banche (ved. esempio nell' "Appendice" N.2 del presente elaborato).

A questo punto entreranno in scena i personaggi "comprimari", cioè gli enti che completeranno il quadro dell'operazione, realizzando l'impianto e ritirando le merci compensative. Vi saranno quindi due o più contratti separati e distinti che, facendo riferimento alle intese previste nel "protocol", stabiliranno in dettaglio le condizioni ed i termini delle rispettive transazioni commerciali. Da un punto di vista formale i contratti ripeteranno gli schemi usuali di qualsiasi contratto commerciale, specificando che i regolamenti monetari delle singole operazioni verranno effettuati tramite il conto fiduciario di cui sopra. Gli "attori", come si è notato, possono essere molti e, per meglio esprimere la situazione che si è venuta a creare, si osservi il seguente grafico che sintetizza il flusso operativo dell'intera transazione:



Sin qui abbiamo citato gli "attori" che entrano effettivamente in scena, ma non bisogna sottovalutare il ruolo degli altri "personaggi" che restano, in un certo senso, dietro le quinte, con compiti non meno significativi nella realizzazione dell'intera operazione e che richiedono -a loro volta- la stipula di precisi accordi scritti.

Per quanto riguarda il PVS, vi potranno essere gli accordi locali fra la State Agency e l'utilizzatore reale dell'impianto, nonchè, ancora, fra la State Agency ed i produttori dei beni locali utilizzati per il regolamento compensativo. Tali accordi stabiliranno le modalità ed i termini di sistemazione delle rispettive obbligazioni in moneta locale.

Per quanto concerne invece il PI, vi potrà essere un'intesa fra la Trading Ltd. ed il fabbricante dell'impianto (soprattutto per quanto riguarda tutti gli aspetti tecnico-produttivi, le garanzie di funzionamento dell'impianto, il training, ecc.) ed un altro accordo (o più di uno) fra la stessa Trading Ltd. e l'importatore (o gli importatori) dei prodotti di ritorno. Si tenga presente che, al limite, taluni importatori potrebbero risiedere in paesi differenti dal "paese A" indicato nel grafico sopra riportato.

Potrebbe infine esistere un ulteriore rapporto fra la Trading Ltd. ed una Compagnia d'Assicurazione che avrà emesso una polizza a copertura dei rischi derivanti dalla mancata consegna dei prodotti di ritorno.

Si è voluto ipotizzare un caso abbastanza complicato, nel quale intervengono numerosi enti a ciascuno dei quali è affidato un compito ben preciso, regolato da appositi contratti. Interviene un complesso rapporto di interdipendenze, responsabilità e conseguenze dal quale non è facile districarsi se non sono state preventivamente fissate intese ben precise che richiedono, come già detto in precedenza, l'intervento di un "consulente legale" professionalmente competente nella specifica materia.

Tenendo presente che il countertrade, su un piano strettamente giuridico, non è generalmente contemplato in apposite normative occorre talora far riferimento alle possibili analogie esistenti nelle discipline dei vari paesi (ad esempio, per quanto concerne l'Italia, agli articoli 1197, 1241,1243, 1252, 1253, 1285 e 1552 del Codice Civile) e che, secondo molti ordinamenti, l'imprecisione di taluni aspetti contrattuali (es. i criteri di fissazione dei prezzi delle merci di ritorno) potrebbe dar luogo alla nullità dell'atto stesso.

Sommario
del volume
Profilo
Capitolo
primo
Capitolo
secondo
Capitolo
terzo
Capitolo
quarto/1
Capitolo
quarto/2
Capitolo
quinto/1
Capitolo
quinto/2
App. n. 1
App. n. 2
App. n. 3
App. n. 4
Bibliografia
Indirizzi
utili
Indice
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