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Home > Don Paolo > Sentinella quanto resta della notte?


Sentinella quanto resta della notte?
di P. Giovanni Rizzi

Ricentrarsi sul mistero di "Cristo crocifisso"
Ancor più essenzialmente, si può senz'altro dire che siamo chiamati a vivere in profondità il mistero di "Cristo crocifisso" (cf. 1Cor 2,2).
In un'interpretazione dell'essere cristiani nel nostro tempo avevamo scoperto, in una prima fase, la dimensione pasquale della vita cristiana, all'insegna della gioia della Risurrezione e della speranza di poterne gioire ancor più pienamente col ritorno del Signore Gesù.
Pur essendo tutto ciò assolutamente vero e coessenziale alla vita cristiana, si era anche fatto strada un senso di appagamento, talvolta di "escatologia già realizza-ta", così da consentire una sorta di tacita e inconfessata, ma reale identificazione tra la vita cristiana e il nostro modo di vivere.
La conversione e la purificazione da queste situazioni potrebbero essere lunghe e dolorose. Paolo ci ricorde-rebbe che l'accogliere e il vivere la fede nella grande tribolazione con la gioia dello Spirito Santo (cf. 1Ts 1,6), è il segno che la parola del vangelo è stata accolta non come parola di umana saggezza, ma quale veramente è: parola di Dio (cf. 1Ts 2,13).
È appunto questa "tribolazione", che si sta sempre più affacciando non solo in alcune Chiese, ma ormai in tutte le Chiese. Dovrebbe tornare a essere, quello della "tribolazione", un elemento coessenziale alla vita cristiana: per Paolo è anche il contrassegno delle comunità (cf. 1Ts 2,14), e della loro reale conformazione a Cristo; è il contrassegno del vero apostolo evangelizzatore (cf. 1Cor 4,9-13). La "tribolazione" stessa è oggetto di una delle specifiche catechesi paoline fin dalla prima evangelizzazione in una comunità (cf. 1Ts 3,3-4).
Eppure tutto questo ci sorprende, non meno di quanto era successo ai cristiani, cui era indirizzata la "prima lettera di Pietro" (cf. 1Pt 4,12).
Tutto questo rischia di scandalizzarci e di soffocare il seme della Parola (cf. Mc 4,5-6), che pure dovrebbe crescere, così che restiamo senza frutto (cf. Mc 4,16-17) o con frutti piuttosto miseri. È qui che s'intravede la lunghezza e il carattere doloroso della conversione al mistero di "Cristo crocifisso", largamente "esorcizzato" nella nostra epoca o, tutt'al più, relegato a ineluttabile razionalizzazione di ciò che non si può evitare: una disgrazia, una malattia, un lutto.

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