Con le Crociate si può dire perciò che
ebbe inizio anche la storia dello stemma cosi come oggi lo intendiamo e prima di
tale periodo e raro trovare esempi che giustifichino una retrodatazione.
E pur vero che lusbergo e la
barda, divenute duso comune per proteggere Iuomo ed il cavallo che andavano in
battaglia, avevano creato il problema di trovare un sistema per la identificazione del
combattente giacché egli, divenuto certamente più protetto, era altrettanto
inidentificabile agli occhi, soprattutto, dei suoi compagni darme.
Il signore del feudo aveva perciò posto
le sue truppe sotto un unico vessillo e segnato i simboli, propri del feudo, sia sugli
scudi pettorali dei soldati che sulle gualdrappe delle bardature dei cavalli, facendo
così nascere le armate che potremmo definire stemmate, ma non certo Io stemma così come
oggi è inteso
Quelle insegne erano esclusive del feudo
e ad esso così intimamente legate da essere con esso trasmissibili. Solo più
tardivamente si tramutarono in simboli personali.
Le armature però non servivano
solamente per combattere. Esse venivano utilizzate anche nei tornei, nelle giostre od
anche nelle parate.
Finemente cesellate e decorate con
simboli che richiamavano il nome del cavaliere o le sue qualità fisiche e morali, erano
il mezzo più adatto per identificare colui che la indossava.
Dallarmatura Iinsegna passò
nei sigilli, sicché la sua divulgazione aumentò notevolmente in uno spazio di tempo
relativamente breve.
Luso dei sigilli, infatti,
contribuì alla sua rapida diffusione anche fra i non combattenti, tanto che fu in primo
tempo adottato dalle donne, poi, nel XIII sec. dagli ecclesiastici (vescovadi), dai
borghesi, dalle congregazioni di artigiani quelle delle Arti maggiori (Giudici e
Notai, Medici, Speziali e Droghieri, Mercanti della lana, ecc.) seguite poi da quelle Arti
dette rninori (Beccai, Calzolai, Fabbri, ecc.) e, infine, nel XIV sec., dalle
abbazie e dai contadini".
In Scala abbiamo un esempio di sigillo
che ci e stato lasciato dal Mansi. Egli infatti, nella sua opera manoscritta conservata
nella Badia di Cava de Tirreni riporta il signum del notaio Nicola Frisari
attivo in Scala dal 1328 al 1331. E uno scudo troncato con quattro elementi non
identificabili, posti tre in fascia nel capo ed uno in punta tra le gambe di un compasso
aperto (o uno scaglione ?).
Gli stemmi quindi, così come oggi noi
li intendiamo, non risalgono oltre il XII sec. e gli araldisti concordano, quasi tutti
ormai, che essi sono entrati nelluso appunto da quando dagli scudi passarono nei
sigilli come già accennato.
Secondi il Menestrier, autore di
importanti lavori di araldica, gli stemmi si dividono in sei classi principali: di dominio
di dignità, di comunità, di concessione, di padronanza e gentilizi.
Noi qui ci interesseremo
dellultima categoria del Menestrier, gli stemmi gentilizi, esaminando quelli delle
famiglie della nobiltà scalese che, secondo il Camera,
"come quelle di Amalfi e Ravello
surte da un istesso stipite, ai suoi tempi vantava una certa supremazia sulle altre del
Regno, si per aver sortita un origine dal sangue romano, differente da molte altre che o
per privilegi accidentali, o per compensi di servigi resi allo stato, furono da sovrani
Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi ecc. decorati del cingolo militare, sì anche per
aver dato principio assieme cogli Amalfitani al Militar Ordine Gerosolimitano, di cui
Gerardo loro concittadino e monaco di somma reputazione si vuole primo Priore."
La nobiltà scalese proverrebbe dalla
discendenza di patrizi romani? Mons. Cesario dAmato però osserva "che i
protagonisti della nostra leggenda fossero patrizi, pròceres, sarebbe da
dimostrare". E poi prosegue:"Il fatto è che Scalesi ed Amalfitani, almeno da
quanto divennero potenti per commerci e ricchezze, amarono riportarsi al patriziato
romano; e per molti secoli ebbero il privilegio, riconosciuto costantemente da Longobardi,
Normanni, Svevi, sino allevo moderno, di reggersi jure romano, con le leggi
dellImpero Romano, non con quelle dei conquistatori stranieri."
Si tratta comunque di una nobiltà da
loro stessi conquistata con il diuturno e costante lavoro mercantile.
A Scala dunque, per dirla con il Camera,
spetta, "tra tutte le città istoriche di questa vaga e magica regione",
la precedenza, sia per antichità di fondazione che per origine nobilissima.