GOTICO ITALIANO.

 

Pagina iniziale.

Arte romanica e bizantina.

Arte del 1400.

Arte gotica.

Gotico italiano.

Scultori.

Arnolfo di Cambio.

Nicola Pisano.

Giovanni Pisano.

Lavori di N. e G. Pisano.

Andrea Pisano.

Pittori.

 

ITALIA SETTENTRIONALE

Il gotico italiano appare più moderato del francese e del tedesco, un filone unitario, che diffonde in quasi tutta la penisola le strutture gotiche, è costituito dalle abbazie cistercensi: ve ne sono in Piemonte, Lombardia, Emilia, Marche, Toscana, Lazio, Campania. Il tipo del monastero e della chiesa cistercense è fissato dalle regole dell’Ordine: intorno alla chiesa vi è un insieme funzionale di chiostri, sale capitolari, dimore, foresterie, laboarytori. Le due abbazie di Fossanova e Calamari, dei primissimi anni del secolo XIII, sono perfetti esempi del tipo. La funzionalità determina anzitutto la planimetria: il coro dei monaci, profondo e rettangolare, prolunga la navata aldilà dell’altare e, chiarissimo, risulta lo schema a croce latina. Le nvate minori sono molto più basse ed oscure della maggiore, illuminata da finestre laterali e dai rosoni del fronte e dell’abside. Risultano distinti sue sistemi di forze: uno di equilibrio, che scarica i pesi mediante i pilastri, ed no di spinta, che, innestandosi sul primo, tende all’alto e si conclude nelle ogive degli archi trasversali. L’incrocio di navate e transetto forma un nitido incastro di volumi ortogonali; il dislivello tra l’alto corpo della navata mediana e le navatelle è tale che queste appaiano come elementi di spinta a rinfianco del maggior corpo saliente. Il primo artista che passa dall’equilibrio romanico alla spinta gotica è, in Italia, Benedetto Antélami, il quale lavora in Emilia e poi a Vercellia, tra la fine del XII e il principio del XIII secolo, associando senza compromesso, la tradizione lombarda, e l’esperienza certamente diretta dell’arte francese: provenzale dapprima, seguendo la tendenza diffusa in Emilia, e poi delle grandi cattedrali della Ilé de France. Dal duomo di Fidenza, il cui linearismo condensa in una plastica più strutturalmente intensa l’immagine spaziali delle cattedrali di Modena e di Parma, l’Antelami, giunge nella chiesa abbaziale di s. Andrea a Vercelli, a riassorbire tutta la cultura costruttiva romanica nella più sottile dottrina gotica. Tra queste due opere, il battistero di Parma, uno dei capolavori più alti dell’architettura gotica italiana. La pianta ottagonale non è nuova, ma è nuova l’immagine architettonica, la correlazione ideale prima che visiva, tra esterno e interno. Non è nuovo lo scavo profondo dei portali per svuotare la massa alla base, ma è nuovo il ytema delle grandi arcate profilate sul piano ad esprimere linearmente una profondità inesistente. I lati dell’ottagono non sono tutti uguali, la leggera diversità suggerisce una veduta progressiva e avvolgente lungo le superfici dei lati. Le paret sono un diaframma tra interno ed esterno. Ad ogni lato dell’esterno ne corrispondono due all’interno, che ha così sedici lati incavati a nicchia. Ogni nicchia è fiancheggiata da due colonne. La larghezza e la profondità delle nicche, l’altezza degli archi non sono uniformi,; ma grandezze uguali si corrsiposndono simmetricamente rispetto all’asse ingresso-altare. Dai capitelli delle colonne partono colonnine esili, altissime, la cui linea si incurva a fromare le nervature della cupola ogivale, aldilà di una dopia fila di logge architravate come quelle dell’esterno. Il punto di fusione tra apparato decorativo gotico è struttura romanica è rappresentato dalla chiesa di S. Francesco a Bologna di Marco da Brescia, distribuendo con chiarezza il sistema dei pesi e quello delle spinte, coordinandoli nei pilastri poligonali, sviluppando l’abside con un deambulatorio e una serie di cappelle a raggiera, a cui corrispondono, all’esterno, archi rampanti disposti come le stecche di un ventaglio. Quasi nello stesso tempo, nella basilica si S. Antonio a Padova, il linearismo gotico definisce i termini di un’immagine spaziale ancora bizantina, dedotta dal S. Marco di Venezia. Domina l’edificio la ripetizione dei volumi sferici delle cupole, ma queste sono portate in alto dai tamburi cilindrici; la profondità della facciata è ridotta a due piani paralleli e vicini, quello frontale e quello arretrato, nel vano degli arconi. A verona, in S. Anastasìa, l’antico schema basilicale è trasposto in una scala dimensionale gotica. Venezia, nel ‘200, comincia a spostare i suoi interessi figurativi verso il nord, nello slancio ascensionale del gotico scorgendo soprattutto la possibilità di sviluppare anche in altezza la spazialità bizantina. Nel grande vano arioso di S. Maria Gloriosa dei Fari, o in quello più slanciato dei Ss. Giovanni e Paolo, lo spazio è costruito per piani paralleli e ortogonali, più che per masse: le travi che incatenano la struttura per darle saldezza le segnano come tratti di penna le coordinate. In chiave di recupero dell’autortà imperiale, và letto il programmatico classicismo di Federico II. La porta di Capua segna il confine tra il Regno e lo Stato della Chiesa; il richiamo ai modelli antichi assume valenza politica, rivendicando all’impero laico tutta la tradizione della cultura classica, ma la cultura della corte federiciasna non è solo una rinascita antichizzante. Nel crogiuolo si fondono oltre al classicismo anche il razionalismo e la scienza araba, di cui Federico è appassionato cultore, e la modernità gotica, espressione delle monarchie europee. Rigorosamente come un teorema matematico si sviluppa l’ottagono di castel del Monte, fortificazione, ma anche casino di caccia, isolato su un colle nei pressi di Andria, in Puglia. Alla fine della dinastia degli Staufer, con la morte di Manfredi, l’Italia meridionale entra nell’orbita francese: gotiche nell’ottica transalpina sono le chiese erette a Napoli alla fine del ‘200, S. Chiara, S. Maria Donna Regina.

 

 

ITALIA CENTRALE

L’Ordine francescano comincia a costruire la propria chiesa in Assisi nel 1228, due anni dopo la morte di S. Francesco. È la chiesa di un Ordine che predica la povertà e del proprio fondatore esalta, più che la dottrina, la virtù eroica della vita vissuta da perfetto cristiano. La memoria del santo è già oggetto di culto popolare; ma il pellegrinaggio alla sua tomba, deve essere un atto da devozione attiva, un gran passo sulla via cristiana e della salvezza. Il miglior modo di fare un edificio che rispondesse a queste nuove esigenze religiose era: 1) trasformare la cripta in una vera e propria chiesa, così grande da permettere la visita di masse di pellegrini alla tomba; 2) concepire la cripta con la tomba, e dunque con la persona del santo, come li fondamento ideale dell’Ordine e della sua chiesa; 3) dall’omaggio passare all’esempio, raccogliendo i pellegrini in un luogo dove potessero udire e vedere la storia della vita del santo. La basilica di S. Francesco è quindi formata da due costruzioni sovrapposte: l’inferiore è cripta ma anche chiesa, con cappelle ed altari; sostiene idealmente, ma anche materialmente, la chiesa superiore (dove Giotto dipingerà S. Francesco che sostiene sulle spalle la Chiesa Romana) ed infatti la grandezza dei contrafforti cilindrici vuole significare che l’Ordine si fonda sulla persona del suo fondatore. La chiesa superiore è uno spazio quant’è possibile aperto, dove file di fedeli possono vedere i fatti miracolosi della vita del santo dipinti sulle pareti. La chiesa superiore è infatti una grande aula molto luminosa in cui si è voluto evitare perfino l’ingombro dei pilastri, ritirandoli e appoggiandoli sulle pareti e coprendo tutto lo spazio con ampissime volte. La chiesa inferiore è uno spazio basso, compresso nello sforzo di portare sui suoi grossi pilastri e sulle sue volte larghe e ribassate la chiesa superiore, che è invece libera, senza apparenti problemi di forze portanti; e poiché è, idealmente, il terreno che contiene il seme da cui sorge la pianta dell’Ordine, il suo spazio è chiuso ed oscuro quant’è aperto e luminoso quello della superiore. Questa non è solo uno spazio vasto, libero, chiaro, è, idealmente, il mondo, tutto lo spazio.

Gli archi trasversali, immensi, sono i suoi orizzonti; ne hanno la capienza, l’ampiezza, la totalità. E la loro forma ogivale è appena accennata, quasi ad indicare l’esperienza piena del mondo non potente non avere la punta verso il cielo.

Ma il cielo stesso è implicato nelle vaste volte: in un primo momento lo si concepì per simboli ed immagini, come nelle prime volte dipinte; poi si mutò proposito e parve più consono alla dottrina dell’Ordine fingere nelle vele il cielo vero, turchino tempestato di stelle. Il vano è sicuramente concepito per essere interamente coperto di affreschi: le grandi finestre laterali non sono fatte soltanto per diradare la penombra delle volte ma per illuminare in pieno la parete di fronte. E le pareti sono divise in due piani: il superiore, dove sono le finestre, è leggermente arretrato rispetto all’inferiore. Nel superiore, dove anche l’apertura luminosa delle finestre attenua la visibilità, sono storie antiche, del Vecchio Testamento: le premesse remote. Nell’inferiore, alla fine del secolo, Giotto dipingerà le storie di S.Francesco. Era, questo, un argomento di tutta attualità, come sarebbe oggi rappresentare fatti della Guerra Mondiale.

La storia francescana ha radici profonde, ma è storia moderna. Una architettura fatta perché le sue pareti siano lo schermo, la pagina viva della storia è una architettura il cui spazio è dato per universale ma le cui dimensioni sono dettate dalla distanza di lettura delle superfici dipinte: una relazione proporzionale, dunque, benché non più astrattamente calcolata con i numeri perfetti, ma sulle esigenze le possibilità dell’occhio. Una proporzionalità, insomma, visibile ed avvitabile, trasportata nella vita, data all’esperienza.

La basilica assisiate non rimane un fatto isolato: la sua concezione, nuovissima anche rispetto al gotico d’oltralpe, influenza d’ora in poi l’architettura monastica. La piana a T, si ritroverà infatti nelle chiese di S. Francesco e di S. Domenico a Siena.

Il duomo di Siena istituisce un tipo fondamentale di chiesa cattedrale.

Nel 1264 se ne voltava la cupola,; ma poi la chiesa fu tutta rimaneggiata: nella navata mediana, che fu rialzata; nella facciata a cui aveva lavorato Giovanni Pisano, nel coro; nel tentativo fallito di ampliarla riducendo le navate esistenti a braccio di una croce di una chiusa molto più grande. Anche nel senese era giunta, con l’abbazia di San Galgano, l’architettura cistercense; oltre all’ampiezza degli spazi relativi alla navata maggiore e delle minori, il motivo dominante è il colore: il rivestimento dicromo, di fasce orizzontali che invade anche gli elementi plastici portanti, i pilastri. E’ un motivo araldico e certo allude al carattere civico del monumento, e non nuovo, perché lo si ritrova a Pisa. Siena ghibellina è profondamente legata alla tradizione imperiale dell’arte bizantina: il suo gotico è, in sostanza, null’altro che la determinazione grafica, l’animazione lineare del colorismo diffuso, della spazialità indefinita di quella tradizione. Lo stesso concetto spaziale è espresso nel duomo di Orvieto, cominciato nel 1290 da fra Bevignate da Perugia. È gotica la scala dei valori, l’altezza della navata, l’apertura degli archi. La facciata è interiormente impostata sul triangolo: sintesi logica delle orizzontali e delle verticali.

Un’altra originale immagine dello spazio gotico italiano è quella che Giovanni di Simone concepisce nel 1278, per il Camposanto di Pisa. Alla radice è la tipologia del chiostro, un portico tutto intorno ad uno spazio aperto; ed evidente è il motivo ideologico della scelta. Alludono ad uno spazio non terreno le arcate altissime, a tutto sesto, che con la loro forma plastica collegano la zona di luce diffusa dal portico con quella di luce viva dello spazio aperto.

Il rapporto è così libero ed audace che, nel XV secolo, si cercò di mitigarlo tessendo nelle aperture degli archi un diaframma di colonnine.

Come a S.Francesco d’Assisi è l’immagine della ideologia francescana, S. Maria Novella a Firenze è l’immagine della ideologia domenicana: e domenicani sono i costruttori che la idearono nel 1278, fra Sisto e fra Ristoro. È una chiesa grande e disadorna, di materiali umili: pilastri e nervature di pietra serena grigia, pareti e volte intonacate bianche, pavimento rosso di cotto.

Lo spazio è vasto: vuole essere non già l’immagine dell’infinito o dell’aspirazione dell’anima all’infinità, ma la rappresentazione che la mente umana, finita, può farsi dello spazio infinito. Le volte sono illuminate da finestre tonde; gli archi larghissimi consentono la veduta simultanea delle tre navate ed anche le minori sono illuminate da proprie sorgenti: nel sistema tutto deve essere ugualmente chiaro. L’equilibrio del sistema è dato dal fatto che gli stessi elementi di sostegno diventano elementi di spinta. Al grande scultore Arnolfo di Cambio si attribuisce la basilica di Santa Croce a Firenze, iniziata nel 1295 per l’Ordine francescano. Lo sviluppo del coro, con cinque cappelle per parte, è probabilmente in relazione con lo schema a T delle grandi chiese conventuali a navata unica. Gli archi sono più acuti e più fortemente incorniciati che in Santa Maria Novella. Anche di Arnolfo il progetto di Santa Maria del Fiore, iniziata nel 1296. Un audace progetto, perché innesta allo schema longitudinale delle navate un ampio corpo a sistema centrale, riunendo transetto e presbiterio in un organismo trilobato, con cinque cappelle radiali in ogni lobo e, al centro, un vano ottagonale a cupola.

L’ottagono centrale ha sei lati aperti e due chiusi, che si presentano, rispetto all’asse delle navate, come piani obliqui. La struttura delle pareti è simile a quella di Santa Croce, ma poiché la copertura è a volte, i pilastri sono organismi più complessi.

 

 

ITALIA MERIDIONALE

Nell’Italia  lo stesso rapporto tra un elemento nuovo, importato, e una base tradizionale si pone in termini diversi da quelli che abbiamo notato per l’Italia settentrionale e centrale. La tradizione di base è orientale, bizantina, con influenze arabe; l’elemento nordico si fonde con esiti tutti particolari. A differenze del resto della penisola, al posto della cattedrale o del palazzo pubblico come auto-rappresentazione della comunità vi è la chiesa o l’edificio civile come dimostrazione del potere centrale.

 

LA CULTURA ARTISTICA GOTICA

Con il declino dell’impero di Oriente e il defluire dell’invasione musulmana, con il primo formarsi di culture nazionali nell’ambito del vasto mondo neolatino, si delineano i confini della cultura artistica gotica. Il centro di questa cultura è la Francia, ma accanto al gotico francese esistono, con caratteri propri, il gotico tedesco ed italiano. Non soltanto l’arte gotica riunisce e sviluppa i fermenti nuovi, che si sono formati nell’arte romanica, ma li organizza anche a sistema. Infatti, è proprio nel periodo gotico che si comincia a “teorizzare” la tecnica dell’arte. Una tecnica finalizzata e quindi progressiva esclude la ripetizione, che non accresce l’esperienza e non fa progredire verso il fine. Come tecnica progressiva, l’arte gotica è “moderna”. Questo attributo viene applicato all’arte in Italia, già nel XIV secolo. È moderna e latina perché supera il greco e l’antico, cioè il bizantino. Ma altro è l’antico come valore scaduto, altro è l’antico come valore eterno, fuori del tempo. L’arte come la vita mira all’eterno, ma deve giungervi attraverso i tempo e l’esperienza del mondo. L’arte mira, dunque, come proprio fine, ad un bello che san Tommaso definisce coi termini classici di armonia, ordine, simmetria; ma lo raggiunge solo attraverso l’esperienza del mondo, perché il bello non è che il segno di Dio nella creazione.

 

 

L’ARCHITETTURA GOTICA

Il sistema costruttivo gotico no è che lo sviluppo della struttura romanica a volta e dell’equilibrio di spinte e controspinte. Portare un sistema costruttivo alle ultime conseguenze significa svilupparne logicamente tutte le possibilità. L’architettura gotica è inconcepibile al di fuori del quadro della nuova realtà urbana. Col crescere della ricchezza e della capacità di produrla, cresce la popolazione urbana; le officine artigiane si moltiplicano; il congegno del commercio si fa sempre più complesso. Ogni comunità urbana tende a specializzare e qualificare la propria produzione, a migliorare e far conoscere le proprie tecniche. Si comincia a curare l’aspetto della città, ora più frequentate dai forestieri. Al centro è sempre la Cattedrale, altissima tra le basse abitazioni civili, più che monumento vuol essere meraviglia, portento. Il palazzo comunale appare spesso come un’architettura minuta: ciò che può avere, con una ragion pratica, un senso simbolico. Le case delle grandi famiglie sono spesso a torre, perché le fazioni sono sempre tra loro. Le mura diventano un organismo complesso, e non soltanto perché più complessi sono i mezzi di offesa: hanno bastioni sporgenti e rientranti, cammini di ronda, sporti, ridotte, torri. Il loro scopo è quello di difendere la città e di proteggere dall’alto il vicino contado, assicurando le comunicazioni anche in caso di assedio. Al nemico che si avvicina debbono incutere timore, presentarsi come inespugnabili. I dipinti che ci danno immagini di città le raffigurano sempre con questi elementi rappresentativi: le mura merlate, le porte e, aldilà, la cattedrale. Già in alcune chiese francesi della fine del XII secolo vi è un notevole sviluppo in altezza che permette di illuminare la navata con finestre laterali che diradano la penombra delle volte. In un gruppo di chiese costruite nella Ilé de France, nella seconda metà del XII secolo, il sistema gotico si precisa in periodo relativamente breve. Nella volta a crociera si accentuano le linee di forza, che prendo risalto come costoloni o nervature di pietra, mentre le sezioni triangolari così determinate diventano semplici veli di copertura. Gli archi trasversali e quelli delle campate prendono forma acuta o ogivale, ciò che accresce l’altezza, permettendo di variare l’ampiezza. L’arco acuto è formata da due archi a tutto sesto che si intersecano. Poiché la curva dell’altro è conduttrice di pesi che vengono scaricati sui pilastri nel punto di incontro le forze si urtano e neutralizzano. L’arte gotica si fonda sul contrasto dinamico di spinte e controspinte e l’urto avviene nel punto più alto, al vertice dell’arco acuto. Le forze di gravità tendenti al basso, vengono così espresse come forma tendenti all’alto. Le campate sono rettangolari: ciò permette di modulare il rapporto proporzionale tra la navata maggiore e le minori. La concentrazione delle forze nelle nervature, riduce la volta ad un incrocio di linee di forza; per conseguenza, anche il pilastro viene ridotto ad un fascio di elementi di tensione. I muri perdono ogni funzione portante e, praticamente, scompaiono, sostituiti da immense finestre con vetrate colorate e figurate. Le volte ogivali esercitano forti spinte laterali: all’interno, queste vengono neutralizzate da quelle delle volte contigue, e all’esterno, grandi archi rampanti neutralizzano le spinte incidenti sul perimetro. Spesso vi sono due ordini di archi rampanti, per reagire alle spinte degli archi delle navate laterali e della centrale. La cattedrale appare all’interno come un grande spazio molto sviluppato in altezza, percorso da agili piloni a fascio. All’esterno appare come una complessa struttura articolata al suolo dai tiranti degli archi rampanti, che formano piani perpendicolari ai muri perimetrali. La decorazione è generalmente fitta, collegata con le linee di forza dell’edificio. 

 

 

ARCHITETTURA CIVILE

Nel periodo gotico si forma una vera e propria forma gotica, corrispondente alle esigenze di una società sempre differenziata nelle sue attività. Il palazzo dell’amministrazione pubblica assume una importanza appena inferiore a quella della cattedrale: conserva generalmente elementi della fortificazione, ma le pareti hanno ampie finestre corrispondenti a sale di riunioni o di rappresentanza. Rientra in questa tipologia, con il Broletto di Como, con il palazzo pubblico di Piacenza, il Palazzo Ducale di Venezia: immenso blocco che esprime ala leggerezza della costruzione, fondata nella laguna, nel loggiato di base, nella loggia aerea per gli intagli in gotico fiorito, nella cortina rosea del muro, interrotta da grandi finestre, nella merlatura di coronamento, ridotta ad una trina bianca. È diverso a Firenze, il Palazzo della Signoria, ideato da Arnolfo verso il 1300 come un blocco squadrato, chiuso in alto da una galleria di guardia, sporgente e merlata, e sormontato da un’alta torre. A Siena invece, il palazzo pubblico si sviluppa tutto in superficie. Altri palazzi, soprattutto in Toscana, sono destinati ad alte magistrature cittadine, ripetendo con qualche variante il modello del palazzo pubblico. Altri edifici pubblici sono le logge mercantili, le sedi delle arti, le fontane.