ITALIA
SETTENTRIONALE
Il gotico italiano appare più moderato del francese e del
tedesco, un filone unitario, che diffonde in quasi tutta la penisola le
strutture gotiche, è costituito dalle abbazie cistercensi: ve ne sono in
Piemonte, Lombardia, Emilia, Marche, Toscana, Lazio, Campania. Il tipo del
monastero e della chiesa cistercense è fissato dalle regole dell’Ordine:
intorno alla chiesa vi è un insieme funzionale di chiostri, sale capitolari,
dimore, foresterie, laboarytori. Le due abbazie di Fossanova e Calamari, dei
primissimi anni del secolo XIII, sono perfetti esempi del tipo. La funzionalità
determina anzitutto la planimetria: il coro dei monaci, profondo e rettangolare,
prolunga la navata aldilà dell’altare e, chiarissimo, risulta lo schema a
croce latina. Le nvate minori sono molto più basse ed oscure della maggiore,
illuminata da finestre laterali e dai rosoni del fronte e dell’abside.
Risultano distinti sue sistemi di forze: uno di equilibrio, che scarica i pesi
mediante i pilastri, ed no di spinta, che, innestandosi sul primo, tende
all’alto e si conclude nelle ogive degli archi trasversali. L’incrocio di
navate e transetto forma un nitido incastro di volumi ortogonali; il dislivello
tra l’alto corpo della navata mediana e le navatelle è tale che queste
appaiano come elementi di spinta a rinfianco del maggior corpo saliente. Il
primo artista che passa dall’equilibrio romanico alla spinta gotica è, in
Italia, Benedetto Antélami, il quale lavora in Emilia e poi a Vercellia, tra la
fine del XII e il principio del XIII secolo, associando senza compromesso, la
tradizione lombarda, e l’esperienza certamente diretta dell’arte francese:
provenzale dapprima, seguendo la tendenza diffusa in Emilia, e poi delle grandi
cattedrali della Ilé de France. Dal duomo di Fidenza, il cui linearismo
condensa in una plastica più strutturalmente intensa l’immagine spaziali
delle cattedrali di Modena e di Parma, l’Antelami, giunge nella chiesa
abbaziale di s. Andrea a Vercelli, a riassorbire tutta la cultura costruttiva
romanica nella più sottile dottrina gotica. Tra queste due opere, il battistero
di Parma, uno dei capolavori più alti dell’architettura gotica italiana. La
pianta ottagonale non è nuova, ma è nuova l’immagine architettonica, la
correlazione ideale prima che visiva, tra esterno e interno. Non è nuovo lo
scavo profondo dei portali per svuotare la massa alla base, ma è nuovo il ytema
delle grandi arcate profilate sul piano ad esprimere linearmente una profondità
inesistente. I lati dell’ottagono non sono tutti uguali, la leggera diversità
suggerisce una veduta progressiva e avvolgente lungo le superfici dei lati. Le
paret sono un diaframma tra interno ed esterno. Ad ogni lato dell’esterno ne
corrispondono due all’interno, che ha così sedici lati incavati a nicchia.
Ogni nicchia è fiancheggiata da due colonne. La larghezza e la profondità
delle nicche, l’altezza degli archi non sono uniformi,; ma grandezze uguali si
corrsiposndono simmetricamente rispetto all’asse ingresso-altare. Dai
capitelli delle colonne partono colonnine esili, altissime, la cui linea si
incurva a fromare le nervature della cupola ogivale, aldilà di una dopia fila
di logge architravate come quelle dell’esterno. Il punto di fusione tra
apparato decorativo gotico è struttura romanica è rappresentato dalla chiesa
di S. Francesco a Bologna di Marco da Brescia, distribuendo con chiarezza il
sistema dei pesi e quello delle spinte, coordinandoli nei pilastri poligonali,
sviluppando l’abside con un deambulatorio e una serie di cappelle a raggiera,
a cui corrispondono, all’esterno, archi rampanti disposti come le stecche di
un ventaglio. Quasi nello stesso tempo, nella basilica si S. Antonio a Padova,
il linearismo gotico definisce i termini di un’immagine spaziale ancora
bizantina, dedotta dal S. Marco di Venezia. Domina l’edificio la ripetizione
dei volumi sferici delle cupole, ma queste sono portate in alto dai tamburi
cilindrici; la profondità della facciata è ridotta a due piani paralleli e
vicini, quello frontale e quello arretrato, nel vano degli arconi. A verona, in
S. Anastasìa, l’antico schema basilicale è trasposto in una scala
dimensionale gotica. Venezia, nel ‘200, comincia a spostare i suoi interessi
figurativi verso il nord, nello slancio ascensionale del gotico scorgendo
soprattutto la possibilità di sviluppare anche in altezza la spazialità
bizantina. Nel grande vano arioso di S. Maria Gloriosa dei Fari, o in quello più
slanciato dei Ss. Giovanni e Paolo, lo spazio è costruito per piani paralleli e
ortogonali, più che per masse: le travi che incatenano la struttura per darle
saldezza le segnano come tratti di penna le coordinate. In chiave di recupero
dell’autortà imperiale, và letto il programmatico classicismo di Federico II.
La porta di Capua segna il confine tra il Regno e lo Stato della Chiesa; il
richiamo ai modelli antichi assume valenza politica, rivendicando all’impero
laico tutta la tradizione della cultura classica, ma la cultura della corte
federiciasna non è solo una rinascita antichizzante. Nel crogiuolo si fondono
oltre al classicismo anche il razionalismo e la scienza araba, di cui Federico
è appassionato cultore, e la modernità gotica, espressione delle monarchie
europee. Rigorosamente come un teorema matematico si sviluppa l’ottagono di
castel del Monte, fortificazione, ma anche casino di caccia, isolato su un colle
nei pressi di Andria, in Puglia. Alla fine della dinastia degli Staufer, con la
morte di Manfredi, l’Italia meridionale entra nell’orbita francese: gotiche
nell’ottica transalpina sono le chiese erette a Napoli alla fine del ‘200,
S. Chiara, S. Maria Donna Regina.
ITALIA
CENTRALE
L’Ordine
francescano comincia a costruire la propria chiesa in Assisi nel 1228, due anni
dopo la morte di S. Francesco. È la chiesa di un Ordine che predica la povertà
e del proprio fondatore esalta, più che la dottrina, la virtù eroica della
vita vissuta da perfetto cristiano. La memoria del santo è già oggetto di
culto popolare; ma il pellegrinaggio alla sua tomba, deve essere un atto da
devozione attiva, un gran passo sulla via cristiana e della salvezza. Il miglior
modo di fare un edificio che rispondesse a queste nuove esigenze religiose era:
1) trasformare la cripta in una vera e propria chiesa, così grande da
permettere la visita di masse di pellegrini alla tomba; 2) concepire la cripta
con la tomba, e dunque con la persona del santo, come li fondamento ideale
dell’Ordine e della sua chiesa; 3) dall’omaggio passare all’esempio,
raccogliendo i pellegrini in un luogo dove potessero udire e vedere la storia
della vita del santo. La basilica di S. Francesco è quindi formata da due
costruzioni sovrapposte: l’inferiore è cripta ma anche chiesa, con cappelle
ed altari; sostiene idealmente, ma anche materialmente, la chiesa superiore
(dove Giotto dipingerà S. Francesco che sostiene sulle spalle la Chiesa Romana)
ed infatti la grandezza dei contrafforti cilindrici vuole significare che
l’Ordine si fonda sulla persona del suo fondatore. La chiesa superiore è uno
spazio quant’è possibile aperto, dove file di fedeli possono vedere i fatti
miracolosi della vita del santo dipinti sulle pareti. La chiesa superiore è
infatti una grande aula molto luminosa in cui si è voluto evitare perfino
l’ingombro dei pilastri, ritirandoli e appoggiandoli sulle pareti e coprendo
tutto lo spazio con ampissime volte. La chiesa inferiore è uno spazio basso,
compresso nello sforzo di portare sui suoi grossi pilastri e sulle sue volte
larghe e ribassate la chiesa superiore, che è invece libera, senza apparenti
problemi di forze portanti; e poiché è, idealmente, il terreno che contiene il
seme da cui sorge la pianta dell’Ordine, il suo spazio è chiuso ed oscuro
quant’è aperto e luminoso quello della superiore. Questa non è solo uno
spazio vasto, libero, chiaro, è, idealmente, il mondo, tutto lo spazio.
Gli archi trasversali, immensi, sono i suoi
orizzonti; ne hanno la capienza, l’ampiezza, la totalità. E la loro forma
ogivale è appena accennata, quasi ad indicare l’esperienza piena del mondo
non potente non avere la punta verso il cielo.
Ma il cielo stesso è implicato nelle vaste volte:
in un primo momento lo si concepì per simboli ed immagini, come nelle prime
volte dipinte; poi si mutò proposito e parve più consono alla dottrina
dell’Ordine fingere nelle vele il cielo vero, turchino tempestato di stelle.
Il vano è sicuramente concepito per essere interamente coperto di affreschi: le
grandi finestre laterali non sono fatte soltanto per diradare la penombra delle
volte ma per illuminare in pieno la parete di fronte. E le pareti sono divise in
due piani: il superiore, dove sono le finestre, è leggermente arretrato
rispetto all’inferiore. Nel superiore, dove anche l’apertura luminosa delle
finestre attenua la visibilità, sono storie antiche, del Vecchio Testamento: le
premesse remote. Nell’inferiore, alla fine del secolo, Giotto dipingerà le
storie di S.Francesco. Era, questo, un argomento di tutta attualità, come
sarebbe oggi rappresentare fatti della Guerra Mondiale.
La storia francescana ha radici profonde, ma è
storia moderna. Una architettura fatta perché le sue pareti siano lo schermo,
la pagina viva della storia è una architettura il cui spazio è dato per
universale ma le cui dimensioni sono dettate dalla distanza di lettura delle
superfici dipinte: una relazione proporzionale, dunque, benché non più
astrattamente calcolata con i numeri perfetti, ma sulle esigenze le possibilità
dell’occhio. Una proporzionalità, insomma, visibile ed avvitabile,
trasportata nella vita, data all’esperienza.
La basilica assisiate non rimane un fatto isolato:
la sua concezione, nuovissima anche rispetto al gotico d’oltralpe, influenza
d’ora in poi l’architettura monastica. La piana a T, si ritroverà infatti
nelle chiese di S. Francesco e di S. Domenico a Siena.
Il duomo di Siena istituisce un tipo fondamentale
di chiesa cattedrale.
Nel 1264 se ne voltava la cupola,; ma poi la chiesa
fu tutta rimaneggiata: nella navata mediana, che fu rialzata; nella facciata a
cui aveva lavorato Giovanni Pisano, nel coro; nel tentativo fallito di ampliarla
riducendo le navate esistenti a braccio di una croce di una chiusa molto più
grande. Anche nel senese era giunta, con l’abbazia di San Galgano,
l’architettura cistercense; oltre all’ampiezza degli spazi relativi alla
navata maggiore e delle minori, il motivo dominante è il colore: il
rivestimento dicromo, di fasce orizzontali che invade anche gli elementi
plastici portanti, i pilastri. E’ un motivo araldico e certo allude al
carattere civico del monumento, e non nuovo, perché lo si ritrova a Pisa. Siena
ghibellina è profondamente legata alla tradizione imperiale dell’arte
bizantina: il suo gotico è, in sostanza, null’altro che la determinazione
grafica, l’animazione lineare del colorismo diffuso, della spazialità
indefinita di quella tradizione. Lo stesso concetto spaziale è espresso nel
duomo di Orvieto, cominciato nel 1290 da fra Bevignate da Perugia. È gotica la
scala dei valori, l’altezza della navata, l’apertura degli archi. La
facciata è interiormente impostata sul triangolo: sintesi logica delle
orizzontali e delle verticali.
Un’altra originale immagine dello spazio gotico
italiano è quella che Giovanni di Simone concepisce nel 1278, per il Camposanto
di Pisa. Alla radice è la tipologia del chiostro, un portico tutto intorno ad
uno spazio aperto; ed evidente è il motivo ideologico della scelta. Alludono ad
uno spazio non terreno le arcate altissime, a tutto sesto, che con la loro forma
plastica collegano la zona di luce diffusa dal portico con quella di luce viva
dello spazio aperto.
Il rapporto è così libero ed audace che, nel XV
secolo, si cercò di mitigarlo tessendo nelle aperture degli archi un diaframma
di colonnine.
Come a S.Francesco d’Assisi è l’immagine della
ideologia francescana, S. Maria Novella a Firenze è l’immagine della
ideologia domenicana: e domenicani sono i costruttori che la idearono nel 1278,
fra Sisto e fra Ristoro. È una chiesa grande e disadorna, di materiali umili:
pilastri e nervature di pietra serena grigia, pareti e volte intonacate bianche,
pavimento rosso di cotto.
Lo spazio è vasto: vuole essere non già
l’immagine dell’infinito o dell’aspirazione dell’anima all’infinità,
ma la rappresentazione che la mente umana, finita, può farsi dello spazio
infinito. Le volte sono illuminate da finestre tonde; gli archi larghissimi
consentono la veduta simultanea delle tre navate ed anche le minori sono
illuminate da proprie sorgenti: nel sistema tutto deve essere ugualmente chiaro.
L’equilibrio del sistema è dato dal fatto che gli stessi elementi di sostegno
diventano elementi di spinta. Al grande scultore Arnolfo di Cambio si
attribuisce la basilica di Santa Croce a Firenze, iniziata nel 1295 per
l’Ordine francescano. Lo sviluppo del coro, con cinque cappelle per parte, è
probabilmente in relazione con lo schema a T delle grandi chiese conventuali a
navata unica. Gli archi sono più acuti e più fortemente incorniciati che in
Santa Maria Novella. Anche di Arnolfo il progetto di Santa Maria del Fiore,
iniziata nel 1296. Un audace progetto, perché innesta allo schema longitudinale
delle navate un ampio corpo a sistema centrale, riunendo transetto e presbiterio
in un organismo trilobato, con cinque cappelle radiali in ogni lobo e, al
centro, un vano ottagonale a cupola.
L’ottagono centrale ha sei lati aperti e due
chiusi, che si presentano, rispetto all’asse delle navate, come piani obliqui.
La struttura delle pareti è simile a quella di Santa Croce, ma poiché la
copertura è a volte, i pilastri sono organismi più complessi.
ITALIA
MERIDIONALE
Nell’Italia
lo stesso rapporto tra un elemento nuovo, importato, e una base
tradizionale si pone in termini diversi da quelli che abbiamo notato per
l’Italia settentrionale e centrale. La tradizione di base è orientale,
bizantina, con influenze arabe; l’elemento nordico si fonde con esiti tutti
particolari. A differenze del resto della penisola, al posto della cattedrale o
del palazzo pubblico come auto-rappresentazione della comunità vi è la chiesa
o l’edificio civile come dimostrazione del potere centrale.
LA
CULTURA ARTISTICA GOTICA
Con il declino dell’impero di Oriente e il defluire
dell’invasione musulmana, con il primo formarsi di culture nazionali
nell’ambito del vasto mondo neolatino, si delineano i confini della cultura
artistica gotica. Il centro di questa cultura è la Francia, ma accanto al
gotico francese esistono, con caratteri propri, il gotico tedesco ed italiano.
Non soltanto l’arte gotica riunisce e sviluppa i fermenti nuovi, che si sono
formati nell’arte romanica, ma li organizza anche a sistema. Infatti, è
proprio nel periodo gotico che si comincia a “teorizzare” la tecnica
dell’arte. Una tecnica finalizzata e quindi progressiva esclude la
ripetizione, che non accresce l’esperienza e non fa progredire verso il fine.
Come tecnica progressiva, l’arte gotica è “moderna”. Questo attributo
viene applicato all’arte in Italia, già nel XIV secolo. È moderna e latina
perché supera il greco e l’antico, cioè il bizantino. Ma altro è l’antico
come valore scaduto, altro è l’antico come valore eterno, fuori del tempo.
L’arte come la vita mira all’eterno, ma deve giungervi attraverso i tempo e
l’esperienza del mondo. L’arte mira, dunque, come proprio fine, ad un bello
che san Tommaso definisce coi termini classici di armonia, ordine, simmetria; ma
lo raggiunge solo attraverso l’esperienza del mondo, perché il bello non è
che il segno di Dio nella creazione.
L’ARCHITETTURA
GOTICA
Il sistema costruttivo gotico no è che lo sviluppo della
struttura romanica a volta e dell’equilibrio di spinte e controspinte. Portare
un sistema costruttivo alle ultime conseguenze significa svilupparne logicamente
tutte le possibilità. L’architettura gotica è inconcepibile al di fuori del
quadro della nuova realtà urbana. Col crescere della ricchezza e della capacità
di produrla, cresce la popolazione urbana; le officine artigiane si
moltiplicano; il congegno del commercio si fa sempre più complesso. Ogni
comunità urbana tende a specializzare e qualificare la propria produzione, a
migliorare e far conoscere le proprie tecniche. Si comincia a curare l’aspetto
della città, ora più frequentate dai forestieri. Al centro è sempre la
Cattedrale, altissima tra le basse abitazioni civili, più che monumento vuol
essere meraviglia, portento. Il palazzo comunale appare spesso come
un’architettura minuta: ciò che può avere, con una ragion pratica, un senso
simbolico. Le case delle grandi famiglie sono spesso a torre, perché le fazioni
sono sempre tra loro. Le mura diventano un organismo complesso, e non soltanto
perché più complessi sono i mezzi di offesa: hanno bastioni sporgenti e
rientranti, cammini di ronda, sporti, ridotte, torri. Il loro scopo è quello di
difendere la città e di proteggere dall’alto il vicino contado, assicurando
le comunicazioni anche in caso di assedio. Al nemico che si avvicina debbono
incutere timore, presentarsi come inespugnabili. I dipinti che ci danno immagini
di città le raffigurano sempre con questi elementi rappresentativi: le mura
merlate, le porte e, aldilà, la cattedrale. Già in alcune chiese francesi
della fine del XII secolo vi è un notevole sviluppo in altezza che permette di
illuminare la navata con finestre laterali che diradano la penombra delle volte.
In un gruppo di chiese costruite nella Ilé de France, nella seconda metà del
XII secolo, il sistema gotico si precisa in periodo relativamente breve. Nella
volta a crociera si accentuano le linee di forza, che prendo risalto come
costoloni o nervature di pietra, mentre le sezioni triangolari così determinate
diventano semplici veli di copertura. Gli archi trasversali e quelli delle
campate prendono forma acuta o ogivale, ciò che accresce l’altezza,
permettendo di variare l’ampiezza. L’arco acuto è formata da due archi a
tutto sesto che si intersecano. Poiché la curva dell’altro è conduttrice di
pesi che vengono scaricati sui pilastri nel punto di incontro le forze si urtano
e neutralizzano. L’arte gotica si fonda sul contrasto dinamico di spinte e
controspinte e l’urto avviene nel punto più alto, al vertice dell’arco
acuto. Le forze di gravità tendenti al basso, vengono così espresse come forma
tendenti all’alto. Le campate sono rettangolari: ciò permette di modulare il
rapporto proporzionale tra la navata maggiore e le minori. La concentrazione
delle forze nelle nervature, riduce la volta ad un incrocio di linee di forza;
per conseguenza, anche il pilastro viene ridotto ad un fascio di elementi di
tensione. I muri perdono ogni funzione portante e, praticamente, scompaiono,
sostituiti da immense finestre con vetrate colorate e figurate. Le volte ogivali
esercitano forti spinte laterali: all’interno, queste vengono neutralizzate da
quelle delle volte contigue, e all’esterno, grandi archi rampanti
neutralizzano le spinte incidenti sul perimetro. Spesso vi sono due ordini di
archi rampanti, per reagire alle spinte degli archi delle navate laterali e
della centrale. La cattedrale appare all’interno come un grande spazio molto
sviluppato in altezza, percorso da agili piloni a fascio. All’esterno appare
come una complessa struttura articolata al suolo dai tiranti degli archi
rampanti, che formano piani perpendicolari ai muri perimetrali. La decorazione
è generalmente fitta, collegata con le linee di forza dell’edificio.
ARCHITETTURA
CIVILE
Nel periodo gotico si forma una vera e propria
forma gotica, corrispondente alle esigenze di una società sempre differenziata
nelle sue attività. Il palazzo dell’amministrazione pubblica assume una
importanza appena inferiore a quella della cattedrale: conserva generalmente
elementi della fortificazione, ma le pareti hanno ampie finestre corrispondenti
a sale di riunioni o di rappresentanza. Rientra in questa tipologia, con il
Broletto di Como, con il palazzo pubblico di Piacenza, il Palazzo Ducale di
Venezia: immenso blocco che esprime ala leggerezza della costruzione, fondata
nella laguna, nel loggiato di base, nella loggia aerea per gli intagli in gotico
fiorito, nella cortina rosea del muro, interrotta da grandi finestre, nella
merlatura di coronamento, ridotta ad una trina bianca. È diverso a Firenze, il
Palazzo della Signoria, ideato da Arnolfo verso il 1300 come un blocco
squadrato, chiuso in alto da una galleria di guardia, sporgente e merlata, e
sormontato da un’alta torre. A Siena invece, il palazzo pubblico si sviluppa
tutto in superficie. Altri palazzi, soprattutto in Toscana, sono destinati ad
alte magistrature cittadine, ripetendo con qualche variante il modello del
palazzo pubblico. Altri edifici pubblici sono le logge mercantili, le sedi delle
arti, le fontane.