È
detto d’Apulia in due documenti del maggio 1266, mentre in altri, dal 1258 al
1273. E’ sempre detto di Pisa o Pisanus:
Eseguì il pulpito del Battistero di Pisa finito nel (1259/60) e quello del
Duomo di Siena (1265/69).
Il
pergamo di Pisa a pianta esagonale è sorretto da colonne su cui s’impostano
archi trilobi divisi da statuette poste sui capitelli e con figure di profeti
sulle riquadrature.
Le
cinque formelle della balaustra, separate da fasci di colonnette, rappresentano
la Natività, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al tempio, la
Crocifissione, e il Giudizio universale.
Dopo
il lontano precedente del pulpito di Guglielmo per la cattedrale di Pisa, è la
prima volta che le storie scolpite sul parapetto ne occupano tutta l’altezza
Qui
Nicola rifiuta decisamente le tendenze decorative della scultura lombarda
contemporanea e dà alle sue storie un nuovissimo sviluppo monumentale.
E’
in queste sculture una profonda e intensa rielaborazione delle forme classiche
quale non s’incontra nell’anteriore scultura toscana ma che non si accorda
neanche interamente con il clima culturale dell’Italia Meridionale.
Talmente
Nicola sopravanza per potente e originale ricerca di rilievo, le creazioni della
scultura federiciana.
Rielaborazione
che non si esaurisce nella palese derivazione d’atti e atteggiamenti da opere
d’arte antiche (conosciute non soltanto nelle sculture classiche oggi nel
Camposanto di Pisa ma, con ogni probabilità a Roma stessa e, talvolta,
recuperate nella loro classicità attraverso lo studio degli avori bizantini) ma
forma un elemento costitutivo della sua visione artistica, per questo le sue
creature recano l’impronta di un’umanità viva e concreta, svincolate
dall’astrattezza e trascendenza Medioevali; il suo ideale di serenità e
nobiltà si esprime in un linguaggio ricco di cadenze ampie e maestose.
Non
mancano nel Pergamo di Pisa, motivi dell’arte gotica; negli archi trilobi su
cui poggia il parapetto, nell’architettura dello sfondo dei rilievi, nel modo
di trattare qua e là, i panneggi e le capigliature e soprattutto
nell’intensità espressiva di alcune figure.
Gli
elementi gotici si accentuavano nel pergamo di Siena, di strutture più
complessa che quello pisano, ottagonale anziché esagonale, e più riccamente
rivestito di sculture.
Alla
staticità e alla severa semplicità delle figure pisane, subentra a Siena un
maggior dinamismo nel comporre i rilievi densi e folti di figure come a Pisa, ma
percorsi da una sciolta vena narrativa nell’esprimere con più vibrante
commozione i moti dell’animo; la lavorazione del marmo acquista una
straordinaria finezza nei morbidi trapassi di Siena.
Come
anche nell’arca di San Domenico l’esecuzione, affidata quasi totalmente agli
allievi, sembra smorzare la vivacità dell’ideazione di Nicola; tuttavia, per
l’affermarsi di una narrativa più libera e movimentata, per l’insistenza
sulle singole figure usate con funzione architettonica, per l’introduzione di
nuovi elementi gotici, l’arco è un monumento fondamentale per comprendere il
passaggio dello stile di Nicola dall’uno all’altro pulpito.
Nella
fontana di Piazza, a Perugia, che nello schema architettonico e nella
decorazione plastica sviluppa aspetti delle opere precedenti, non è agevole
distinguere la mano di Nicola dalla collaborazione del figlio Giovanni (nel
bacino inferiore della fontana però predomina lo stile di Nicola, riconoscibile
anche attraverso l’esecuzione degli acuti, e lo stesso si può dire del gruppo
bronzeo delle tre donne che portano l’acqua, collocato alla sommità della
fontana e ideato su un gruppo antico di Ecate, forse sullo stesso che oggi è a
Roma nella galleria Borghese).
Perduto
è un altare che Nicola fu incaricato di eseguire, nel1273, per la cattedrale di
Pistoia.
A
Nicola è attribuita la decorazione del portale sinistro della facciata di San
martino a Lucca (Natività, Adorazione, Deposizione della Croce), che altri
ritengono di scuola;
l’Acquasantiera
di san Giovanni fuori civitas a Pistoia è stata anch’essa attribuita a
Nicola, e un tempo di poco anteriore alla Fontana di Perugia.
Opere
della scuola di Nicola, vicine alle lunette di San Martino a Lucca,
sono
a Firenze (Porta san Giorgio, Castelli di Badia nel Museo nazionale,
Resurrezione nel Museo di Santa Croce). Incerta è l’attività di architetto
di Nicola affermata da G. Vasari.
La
chiesa di S. Trinità a Firenze, gli fu forse attribuita dopo la morte.