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Pagine di storia caraibica: il fenomeno del cimarronaje
cubano
Esa risa bondadosa, franca, llena, peculiar del negro de
nación.
(José Martí, uomo politico e scrittore cubano, 18531895)
Il termine cimarrón (maroon in inglese, marron
in francese) indicò originariamente gli animali, come il maiale, che da domestici
ridiventano selvatici; lo stesso termine viene usato la prima volta nella Real Cédula
dell11 marzo 1531 per definire gli schiavi ribelli in fuga dalle piantagioni delle
colonie spagnole dAmerica. Il cimarronaje, ossia la fuga di schiavi, fu
infatti un fenomeno essenzialmente legato al sistema schiavistico delle piantagioni, il
modello politico ed economico inventato dal capitalismo europeo, dapprima sperimentato dai
Portoghesi a São Tomé sin dal 1485 e quindi trasferito e sviluppato, per rendere sempre
più complesso il sistema di sfruttamento, da Spagnoli, Inglesi, Francesi e dagli stessi
Portoghesi nel continente americano. Il fenomeno, che ci mostra una delle tante forme in
cui luomo ha inteso interpretare la storia dellEmisfero Occidentale del nostro
pianeta, fu presente in tutte le Americhe dalla costa occidentale degli Stati Uniti
ai Caraibi, dallAmerica Centrale a quella Meridionale e molto spesso le
comunità di cimarrones costrinsero i governi coloniali a firmare trattati e patti
che garantirono loro la libertà, la terra e lautonomia politica, così come accadde
a Santo Domingo nel 1782, allorquando le autorità francesi riconobbero ai cimarrones,
dopo circa ottanta anni di lotte contro gli orrori della schiavitù, la loro piena
libertà.
A Cuba gli studi sul fenomeno hanno distinto tra i cimarrones, oltre al rebelde
(lo schiavo che fuggiva dopo una sommossa), il simple e lapalencado.
Il primo era lo schiavo che, fuggito dallhacienda, viveva a una distanza poco
maggiore a tre leghe (oltre 15 km) e si univa in gruppi di non più di sette persone che
non avevano un proprio territorio da controllare. Aveva lappellativo di apalencado
lo schiavo che fuggiva con lobiettivo di rifugiarsi in luoghi appartati per unirsi a
gruppi consistenti di cimarrones, fondando comunità, coltivando, procreando figli
e organizzando un sistema di vigilanza e difesa della zona in cui ci si riuniva, il palenque
appunto, da cui apalencado. Il palenque conosciuto in altre parti
dAmerica come quilombo, cumbe, maniel e cimarronera
fu un elemento fondamentale nella riorganizzazione religiosa dei popoli africani e
lapalencado fu più fieramente perseguitato che non il semplice cimarrón:
se, per esempio, per la cattura di questo si pagavano quattro pesos, per lapalencado
il prezzo poteva essere superiore cinque o sei volte.
Per la particolare conformazione del territorio, il consolidamento di comunità cimarronas
fu a Cuba (e nelle altre isole caraibiche) assai più difficile che non in tutto il resto
dellAmerica e se è vero che vi furono palenques che ebbero una vita alquanto
lunga, non si registrò nellisola cubana la stessa stabilità che ebbero queste
stesse comunità di schiavi fuggiaschi, per esempio in Colombia, in Venezuela e
soprattutto in Brasile, dove più facile fu per il cimarrón, per i grandi spazi
offerti dalle condizioni geografiche di quella nazione, mettere una maggiore distanza tra
sé e i persecutori e difendere in modo più efficace il proprio territorio. Va ricordato,
per esempio, che il Quilombo dos Palmares (nei pressi di Recife Stato di
Pernambuco) durò circa 100 anni (dal 1600 al 1695) ed era costituito da ventimila persone
(il 15% dellintera popolazione brasiliana) e tredici comunità coordinate fra loro,
tra queste: Macaco, nella Serra da Barriga (Stato di Bahía), con ottomila abitanti;
Amaro, a nordest di Serinhaém (Stato di Bahía), con cinquemila abitanti; Sucupira, a 80
km da Macaco; Osenga, a 20 km da Macaco; Zumbi a nordest di Porto Calvo (Stato di
Bahía).
Negli studi sul fenomeno del cimarronaje vengono inoltre riconosciute a Cuba cinque
distinte fasi cronologiche, assai ben diversamente caratterizzate tra esse. Nella prima,
che va dai principi del XV secolo alla metà del XVIII, non è possibile operare una
differenziazione tra simple, rebelde e apalencado; lunione tra cimarrones
africani e indios mostra il carattere originariamente transculturativo della cultura
cubana. La fase successiva è quella che va dalla seconda metà del secolo XVIII fino al
1786; maggiori sono le informazioni sugli schiavi fuggiaschi; non si notano
differenziazioni tra la figura del ribelle e dellapalencado, ma entrambi
vengono considerati cimarrones. La terza fase, che va dal 1796 al 1820, è quella
in cui si registrano le cifre più alte di cimarrones catturati. Pubblicato nel
1796 il Reglamento de Cimarrones, viene avviato un vasto piano di persecuzione e
cattura degli schiavi fuggiaschi. Oltre alla creazione di Depositi ufficiali dove sono
portati i cimarrones catturati, in questa fase vengono a differenziarsi
maggiormente i concetti di rebelde, simple e apalencado. La quarta
fase va dal 1820 al 1854; si registrano pressappoco le stesse cifre dei catturati della
fase precedente; dal 1854 il Deposito dellAvana non accoglie più cimarrones
catturati ma Chinos contratados. Lultima fase, la quinta, va dal 1854 al
1886; come conseguenza del grande sviluppo delle industrie dello zucchero, il fenomeno del
cimarronaje si concentra perlopiù nelle zone di Cárdenas e di Matanzas; è la
fase che chiude il triste capitolo della schiavitù a Cuba (nel 1880); il fenomeno del cimarronaje
va a scemare e la Guerra di Indipendenza (o Guerra IspanoAmericana) unirà ben
presto schiavi neri e padroni bianchi in un ideale comune di libertà.
Tra i più famosi cimarrones cubani vanno ricordati: Yara, Pedro José, Juan Manco,
Mariano Gangá, Domingo Macuá, Diós Dá, Felipe Macuá, Antonio José, Mayimbe José
Dolores, Ventura Sánchez (Coba), Manuel Griñan (Gallo), Trimi, Pascual Betancourt,
Ambrosio Congo, Agustín Madre de Agua, Felipe Gangá, Lorenzo Gangá, Patricio Sabicú,
Caoba, Miguel Vientos, José Antonio e Joaquín. Un posto speciale allinterno della
grande costellazione di cimarrones è però occupato dalla figura di Madre
Malchora, che fu a capo di un gruppo apalencado di quaranta persone e che operò
nelle montagne di Pinar del Río; da Pancho Mina, il quale tenne in scacco per oltre venti
anni rancheadores ("cacciatori" di schiavi fuggiaschi) e soldati
spagnoli; da Sebastián, capo del Palenque El Frijol, il più grande di cui si
abbia notizia a Cuba; da Diego Grillo, altrimenti detto Capitán Dieguillo, cimarrón
marinaio che si imbarcò su una nave pirata, diventando luogotenente dellolandese
Cornelius Jo Jolls (Palo de Pata), insieme al quale partecipò a numerose scorribande nel
mare dei Caraibi. Nelle grandi sommosse del 1843, figure di grande spicco nella storia del
cimarronaje furono Feliciano, Eduardo, Fermina, Gregorio, Evaristo, Carlota,
Carmita Juliana, Filomena, Lucía, Felipe, Manuel, Cristóbal, Zoilo, Cirilo, Adán e
Nicolás.
A parte il cimarronaje vero e proprio, vi furono nella Cuba coloniale diverse altre
forme di resistenza e di opposizione frontale al sistema schiavista: dal boicottaggio nei
lavori nei campi (gli schiavi ostacolavano gli interessi dei padroni rallentando, per
esempio, il ritmo del lavoro) allo scontro armato, dal rifiuto delle donne a partorire
schiavi per i loro padroni a forme di ribellione individuale o di rivolta violenta da
parte di gruppi talora alquanto numerosi.
In Mujer y esclavitud la studiosa dominicana Celsa Albert Batista ha recentemente
elaborato un nuovo concetto di cimarronaje: il cimarronaje doméstico,
alludendo a tutte quelle azioni fatte dalle schiave di casa di nascosto o in modo palese
per burlarsi o "debilitare" il potere del padrone. La schiava che esercitava il
suo lavoro come jornalera (salariata) e che comprava e vendeva per il padrone
imponeva abilmente, per esempio, le sue proprie regole, sia convincendo il padrone della
necessità di rimanere ella stessa lontano dalle fatiche imposte dalla piantagione, sia
risparmiando per comprare la libertà dei suoi figli, la propria e anche quella del
marito. In questo senso, piace pensare come cimarróna doméstica Ma Dolores
Iznaga, la schiava cubana di origine gangá, guaritrice e rivoluzionaria, che nel
secolo scorso fu condannata a morte (e quindi graziata) poiché nascondeva nella sua
baracca i patrioti feriti e li curava con le sue doti e con i suoi efficaci rimedi
africani (saliva, acqua di pozza e preghiere). Su questa schiava, che doveva il cognome al
suo ex padrone, Don Pedro Iznaga, esiste a Cuba molta mitologia, perlopiù raccolta e
sistemizzata dal grande etnografo cubano Samuel Feijóo.
Carlo Nobili
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