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La battaglia di "Mal Tiempo" vista da Esteban Montejo
Carlo Nobili
A causa della scarsezza
dellequipaggiamento di cui era dotato lEjercito
Libertador, molto spesso il Generalissimo Máximo Gómez (Bani, Repubblica
Dominicana, 1836 La Habana, 1905) fu costretto a guidare i suoi uomini, privi di
munizioni, in leggendarie "cariche al machete" contro i soldati spagnoli.
Oltre a quella di Pino de Baire, la più famosa di queste battaglie è sicuramente quella
di Mal Tiempo (15 dicembre 1895), nella provincia di Villa Clara.
Esteban Montejo (ingenio di Santa Teresa, 26 dicembre 1860 La Habana, 10
febbraio 1973), il cimarrón protagonista del romanzo
Biografía de un cimarrón di Miguel Barnet [La Habana, Ediciones Nacionales de
Cuba, 1966; ed. it. Autobiografia di uno schiavo (Cimarrón), nuova edizione a cura
di Gaetano Longo, Torino, Einaudi, 1998], con questa lunga descrizione, così ricorda la
battaglia di Mal Tiempo che egli ha combattuto al fianco di Antonio Maceo (Santiago de
Cuba 1845 Punta Brava 1896), Máximo Gómez e Quintín Banderas (1834-1906):
Mal Tiempo fu la prima cosa che vidi della guerra. Per gli spagnoli a
Cuba, fu il primo inferno. Molto prima di arrivare lì, i capi sapevano ciò che sarebbe
successo. Ce lo dissero per prepararci. E così fu. Quando arrivammo, tutti avevano il
diavolo in corpo. Il machete era larma di battaglia. I capi mi dicevano:
"Quando arriviamo, alzate il machete". Maceo guidò il combattimento. Ne fu
sempre a capo, fin dal principio. Máximo Gómez lo aiutò e insieme portarono a buon fine
la battaglia. [
] A Mal Tiempo bisognava stare uniti e seguire chi si rimboccava le
maniche e alzava il machete. Mal Tiempo durò circa mezzora, ma ce nera
abbastanza per fare più morti che allinferno. Lì, caddero più spagnoli che in
tutte le battaglie che seguirono. Il combattimento cominciò di mattina. Erano campi lisci
e aperti: una pianura. Lì, chi era abituato a combattere sui monti passò i suoi guai.
Mal Tiempo era un piccolo casale. Era circondato da ruscelli, campi di canna e molti
cespugli di ananasso. Quando finì il macello, vedemmo i crani degli spagnoli accatastati
a mucchi tra i cespugli dananasso. Ho visto poche cose così impressionanti.
Arrivando a Mal Tiempo, Maceo ordinò che la battaglia fosse condotta frontalmente. E
così si fece. Appena gli spagnoli ci videro, gelarono dalla testa ai piedi. Pensavano che
fossimo armati con pistoloni e mauser. Invece niente! Avevamo soltanto raccolto bastoni di
guayabo e li portavamo sotto il braccio per spaventarli. Quando ci videro impazzirono e si
fecero sotto a combattere. Quellavanzata non durò neanche un amen. Stavamo già
tagliando teste. Ma tagliandole sul serio! Gli spagnoli si cacavano addosso per paura del
machete. Non avevano paura delle carabine, ma dei machete sì. Io alzavo il machete da
lontano e urlavo: "Adesso ti sgozzo, bastardo". Allora il soldatino inamidato
girava in fretta i tacchi e fuggiva volando. Siccome io non avevo un istinto criminale lo
lasciavo andare. Ma dovetti tagliare teste lo stesso. Soprattutto quando vedevo che uno di
loro si avventava su di me. Alcuni, pochi, erano coraggiosi, e questi bisognava
eliminarli. Di solito io gli chiedevo il mauser e gli dicevo: "Avanti". Loro mi
rispondevano: "Senti, furfante, se è per il mauser, prenditelo, toh!" Mi
tirarono sotto il naso molti mauser. Perché erano molto vigliacchi. Altri lo facevano
perché erano innocenti, molto giovani. Quelli del Quinto, per esempio, avevano
diciassette o diciotto anni. Venivano freschi freschi dalla Spagna; non avevano mai
combattuto. Quando si vedevano intrappolati erano capaci di calarsi anche le brache. A Mal
Tiempo mi sono scontrato con molti di loro. Anche dopo, perché fecero tutta la guerra.
Secondo me, li hanno mandati qui perché in Spagna ce nerano davanzo. Nella
battaglia di Mal Tiempo il battaglione più valoroso fu quello delle Canarie. Erano ben
equipaggiati. Caddero quasi tutti proprio per paura del machete. Non obbedivano più
nemmeno al loro capo. Terrorizzati, si gettavano a terra, abbandonando i fucili e si
nascondevano addirittura dietro gli alberi. Pur con tutta questa debolezza, furono quelli
che tennero più duro. Usarono una tecnica molto astuta, ma non appena gliela smontammo,
furono fregati. Facevano quello che si chiama "far quadrato". Far quadrato era
una strategia che consisteva nel fare delle trincee, per sparare dai buchi scavati per
terra. Si facevano lì dentro e formavano linee di baionette. In certi casi gli andò
bene, in altri no. A Mal Tiempo cercarono di ammazzarmi. Fu un soldatino spagnolo che mi
vide da lontano e mi prese di mira. Io lo presi per il collo e gli risparmiai la vita.
Dopo pochi minuti, ammazzarono lui. Io mi limitai a portargli via le munizioni, il fucile
e non mi ricordo bene se anche i vestiti. Credo di no, perché la nostra roba non era
tanto malandata. Questo spagnolo mi guardò e disse: "Voi siete selvaggi". Poi
si mise a correre e lo liquidarono. Certo, credevano che noi fossimo selvaggi, ma loro
erano impreparati. Inoltre, venivano qui e si aspettavano tuttaltro, veramente.
Credevano che la guerra fosse un gioco. Perciò, quando la situazione si fece difficile,
cominciarono a tirarsi indietro. Arrivarono a pensare che noi eravamo animali e non
uomini. Per questo ci chiamarono mambí. Mambí vuol dire figlio di scimmia e di
avvoltoio. Era una frase irritante, ma noi rispondevamo tagliandogli la testa. A Mal
Tiempo se ne resero conto. Se ne resero conto a tal punto che adesso mambí vuol dire
leone. E questo fu dimostrato a Mal Tiempo più che in nessun altro posto. Lì accadde
tutto. Fu il macello più grande della guerra. Avvenne perché così stava scritto. Ci
sono cose che non si possono cambiare. Il corso della vita è molto complicato. Mal Tiempo
servì a incoraggiare i cubani e nello stesso tempo a rafforzare la Rivoluzione. I
combattenti ne uscirono convinti di essere in grado di affrontare il nemico.
E riservandosi unultima riflessione sui tanti soldati spagnoli che trovarono
tragica morte in quella battaglia:
Quanti ne morivano! A centinaia! Tutto il campo era pieno di cadaveri, e i
sentieri, le siepi, tutto. Gli stessi mambises riempirono carri e carrette di morti per
portarli a Cruces.
Nel 1969 il cinema cubano ha rievocato la battaglia di Mal Tiempo con il film La
primera carga al machete, diretto dal regista Manuel Octavio Gómez
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