CON LA LEGGE

[ CON LA LEGGE ] CONTRO LA LEGGE ]DONNE E MAFIA ] CONCORSO DI PERSONE NEL REATO ] ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSO ] PENTITISMO ] IL RUOLO DEL SINGOLO ]

RIFLESSIONI SULL’IMPEGNO IN PRIMA PERSONA DI DONNE CHE SI SONO SCONTRATE CON L’ORGANIZZAZIONE MAFIOSA, DOPO AVER LETTO GLI ARTICOLI  ED AVER VISTO IL FILM

“IL GIUDICE RAGAZZINO”

       In passato la donna aveva un solo ruolo, quello di tramandare gli schemi tradizionali della mafia ai figli maschi, dato che la donna aveva una posizione subalterna all’uomo. Esse davano inoltre un aiuto al clan mafioso diventando intestatarie fittizie di beni acquistati con proventi illeciti.

Negli ultimi decenni, il loro compito è progredito, perché con l’evolversi dell’urbanizzazione l’uomo si è spostato verso le metropoli per controllare le nuove occasioni di guadano illecito (racket, prostituzione e droga) ed esse hanno assunto il controllo dell’accrescimento del patrimonio terriero ed alla riscossione delle tangenti .

Un altro compito delle donne è sempre stato quello del “passacarte” che consiste nel portare documenti, affidati a loro dai mariti latitanti, agli altri componeti del clan mafioso.

La cultura maschilistica degli uomini mafiosi, ha permeato i giudici e le loro decisioni. Un esempio lampante è l’articolo del codice penale 416 bis, che punisce chi appartiene ad un’organizzazione mafiosa a prescindere dalla personale commissione dei reati, il quale non veniva applicato alle donne perché ad esse non era riconosciuta nessuna personalità giuridica e nessun diritto.

Ora la “mentalità” è cambiata in quanto ci si è accorti che la mafia sa ben sfruttare “l’invisibilità” delle donne nel contesto giuridico.

Ormai alle donne non sono  riconosciuti solo i compiti di facilitare la comunicazione tra mariti latitanti o detenuti e prestarsi ad intestazioni fittizie di beni, ma anche quello della partecipazione attiva nell’azione criminale come è accaduto alla sorella del mafioso Vito Vitale.

La donna comunque non è legata alla mafia solo in senso negativo, perché a volte si impegna per sconfiggerla, come possiamo dedurre dalla presenza dell’avvocatessa nel film “Il giudice ragazzino” di Alessandro Di Robilant di cui è la protagonista femminile.

       Qui, la donna sostiene nei momenti difficili il sostituto procuratore Rosario Livatino, il quale era un tipo caparbio e riservato di buona famiglia che non concedeva nessuna raccomandazione ai mafiosi del paese in cui viveva, cioè Canicattì. Alla fine del film egli viene ucciso, proprio dalla mafia, e l’avvocatessa che aveva già perso il padre per mano mafiosa dovette sopportare anche la perdita dell’uomo di cui era innamorata.

        Dopo aver letto svariati articoli ed aver visto i film della rassegna cinematografica prevista, riscontrato che la donna, pur non giocando un ruolo da protagonista nelle organizzazioni mafiose, ha sempre collaborato sia come aiutante che come “paladina della giustizia” mettendo a rischio la propria persona per favorire un uomo di cui è innamorata.

        Purtroppo, ci sono anche donne che essendo devote al proprio marito, dopo un presunto omicidio mafioso, anche se diventate vedove non si schierano come parte civile ma bensì, continuano a difendere l’organizzazione mafiosa.

     COME POSSIAMO NOI CITTADINI DEL 2000 SCONFIGGERE QUESTE ORGANIZZAZIONI CHE SI VANNO SEMPRE PIU’ SOSTITUENDO ALLO STATO?

 

 

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Aggiornato il 12/06/01