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BARLETTA

 

14. RECUPERO E DESTINAZIONE DELLE RELIQUIE DELLA PASSIONE DI GESU’ CRISTO DURANTE LE CROCIATE

 Nel paragrafo relativo alle Reliquie della Passione di Gesù Cristo, ritrovate da Sant’Elena nel 326 d. C., si è  accennato al frammento della Vera Croce, ad alcune spine della corona che cinse il capo di Gesù  destinate  da Sant’Elena stessa alla basilica di S. Croce di Gerusalemme in Roma e ad altri frammenti della Croce custoditi nella basilica di S. Sofia in Costantinopoli e nella chiesa del S. Sepolcro  in Gerusalemme. In  quest’ultima chiesa si custodiva anche il Santo Legno che l’imperatore Eraclio riportò trionfalmente nel 630140.

Da questo S. Legno moltissimi pellegrini asportarono numerosi frammenti per destinarli alle chiese e tenerli nelle proprie abitazioni come segno della loro fede ed invocare la protezione del Redentore.

Tale scempio continuò anche al tempo delle Crociate.

La Croce, secondo Ansenau, prete del S.Sepolcro in Gerusalemme,fu divisa in diciannove parti141 di varia grandezza, così ripartiti:

quattro a Gerusalemme (al S.Sepolcro, al monastero greco di S.Sabas,alla comunità dei Siriani, a Nostra Signora della Valle di Giosafat); - tre ad Antiochia; - tre a Costantinopoli; - due a Cipro; - due ai Georgiani; - uno a Creta; - uno ad Alessandria; - uno ad Edessa; - uno ad Ascalona; - uno a Damas.

Lo stesso Ansenau nel 1109 inviò a mons.Galon, Arcivescovo di Parigi, uno dei frammenti che gli era stato dato in dono da Gobelin di Sabram, Patriarca dei Georgiani, che lo aveva, a sua volta, ricevuto dalla vedova di Davide142. La regina Margherita, vedova di Stefano II, re di Croazia (1089-1097)143, donò alla cattedrale di Ragusa (Dalmazia) due pezzi della Croce che furono incastonati in una croce binata144.

Otto de la Roche, uno dei capi della quarta crociata, acquartierato nell’anno 1204 nel rione di Blachernae, durante il saccheggio sottrasse dalla chiesa di S. Maria la Sacra Sindone. Questa fu inviata in Francia  a suo padre Ponzio de la Roche che la regalò poi all’Arcivescovo di Besancon, Amedeo di Tremelai affinchè la tenesse nella cattedrale di S. Stefano. Da questa cattedrale fu rubata da ladri che se ne disfecero donandola al re Filippo V di Valois. Il re la donò poi al conte Goffredo di Charmy con un notevole pezzo della vera Croce e molte altre Reliquie, in ricompensa del suo valore militare145.

Luigi IX, re di Francia (1214-1270), nel 1241, provenienti da Costantinopoli, ricevette, con altre reliquie, una parte della vera Croce che custodì nella cappella fatta appositamente costruire nel suo palazzo146.

Reliquie della Passione di Cristo furono portate in Europa, specialmente in Francia, dopo la caduta di Antiochia (1268), di Tripoli (1289), di Acri e di Tiro (1291).

Nel 1349 la cattedrale di S.Stefano di Besancon (Francia), a causa di un incendio provocato da un fulmine, andò in fiamme. Furono salvate solo poche Reliquie riunite in capsa omnium Sanctorum.

La nobile, storica, generosa, operosa e fedelissima città di Barletta, che per la sua posizione geografica è stata da sempre onorata della presenza di Ordini Militari-cavallereschi, di comunità religiose, di Patriarchi, di Arcivescovi, Re e Principi, custodisce gelosamente alcune insigni Reliquie della Passione di Gesù Cristo.

 Racchiuse in antichi capolavori di oreficeria in argento dorato cesellato e ornati di pietre di varie forme e colori, esse sono custodite:

  • nella Basilica del Santo Sepolcro;

  • nella chiesa di Santa Maria Maggiore (cattedrale);

  • nella chiesa di San Gaetano;

  • nella chiesa e monastero delle Benedettine-Celestine di San Ruggero (già S. Stefano).

Prima di fornire  notizie sui reliquiari in cui sono racchiuse le sacre Reliquie e sulle chiese che le custodiscono, nei seguenti due paragrafi si accennerà alla “Croce patriarcale” e agli strumenti impiegati per il supplizio e la morte di Gesù: la colonna della flagellazione, la Croce e la corona di spine che cinse il capo del Nazareno secondo due stigmatizzate del XIX e XX secolo.

 

 

15. LA CROCE PATRIARCALE

 

Nel precedente paragrafo si è fatto cenno ai frammenti della Vera Croce venerati nelle chiese di Barletta.

Tali frammenti sono incastonati su croci patriarcali dette anche binate.

Una croce patriarcale è formata da un’asta verticale intersecata da due aste orizzontali delle quali quella superiore è più corta di quella inferiore.

Essa comparve verso la metà del V secolo per rappresentare le quattro chiese orientali: Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme. Benché a capo di ciascuna di esse vi fosse un Vescovo, al Patriarca di Costantinopoli nel Concilio di Calcedonia (451) furono riconosciute prerogative superiori a quelle degli altri.

La croce patriarcale veniva posta su un’asta di legno o in avorio o in metallo e formava il pastorale dei vescovi orientali147.

Sue rappresentazioni si possono riscontrare negli stemmi degli Angioini. Assunse anche la denominazione di croce di Lorena, quando il re Renato I il Buono148, figlio di Luigi II  d’Angiò, divenuto conte di Lorena (1431), la introdusse in tale regione della Francia nord-orientale.

 

 

16. LA COLONNA DELLA FLAGELLAZIONE, LA CROCE E LA CORONA DI SPINE CHE CINSE IL CAPO DEL NAZARENO  SECONDO DUE STIGMATIZZATE DEL XIX E XX SECOLO

 

    Della forma della Croce sulla quale fu inchiodato e morì Nostro Signore Gesù Cristo non si hanno precise notizie.

Essa potette avere forma patibulata di tau ( T   ) o (   ^    ) che premeva la nuca e le spalle o di croce latina ( † ) i cui bracci tagliano l’asta.

I quattro Evangelisti rievocano la crocifissione del Nazareno.

Quanto è avvenuto prima lo si può apprendere solo per le mirabili visioni di due stigmatizzate:  ANNA KATHARINA EMMERICH  e  TERESA NEUMANN tramandateci rispettivamente dal poeta e romanziere tedesco Clemens Brentano149 e dal pittore bavarese Federico Von Rieger150.

 

Dalle visioni di ANNA KATHARINA EMMERICH:

Poco prima che Giuda avesse ricevuto il prezzo del tradimento, un fariseo incaricò sette schiavi di cercare il necessario per preparare la croce del Nazareno; ciò perché il giorno seguente era interdetto il lavoro manuale per la vicinanza della Pasqua. Il tronco principale della croce fu preparato con un albero della valle di Giosafat, il quale aveva vegetato presso il torrente Cedron “.

Pilato, quando si dispose a pronunziare la sentenza “ indossò altri indumenti, si circondò di soldati, si fece precedere da ufficiali del tribunale e seguire da scribi. Intanto un trombettiere segnava la cadenza del fastoso corteo, che discese dal palazzo e arrivò poi alla piazza dove, di fronte alla COLONNA DELLA FLAGELLAZIONE si elevava una loggia, dalla quale si pronunciavano le sentenze “.

Dopo aver sentenziato la condanna a morte di Gesù, Pilato scrisse su una tavoletta oscura ciò che si doveva leggere sulla Croce  “ I. N. R. I. “ (Jesus Nazareno Rex  Judearum).

Avviatosi poi il corteo verso il Golgota (luogo detto Cranio) “ I soldati caricarono, con vari sforzi, la pesante Croce sulla spalla destra del divin Condannato…. La CORONA DI SPINE era issata sulla punta di un’asta, poiché non si voleva che Gesù la portasse come serto regale mentre reggeva la Croce. Un giovane portava l’iscrizione del governatore. Seguiva il Galileo, a piedi nudi e insanguinati, curvo sotto la schiacciante peso della Croce, coperto di piaghe e vacillante dopo un giorno di assoluto digiuno e una notte insonne”.

Giunti sul Golgota, si provvide alla crocifissione di Gesù Cristo.

Quando lo si distese sopra la croce, si stirò il suo braccio destro fino al foro, dove si sarebbe fissato il chiodo e poi se ne legò solidamente il polso con una fune. Intanto uno sgherro pose il ginocchio sul petto di Lui, un altro Gli aperse la mano e un terzo appoggiò sulla palma di essa un grosso e lungo CHIODO, che poi colpì con un  martello di ferro “.

…Dopo aver inchiodata la mano diritta del Galileo, gli aguzzini si accorsero che la sinistra non arrivava al foro aperto sull’altra estremità della Croce. Allora si legò una corda al braccio sinistro di Lui, che  poi fu stirato intensamente finchè la mano arrivasse al foro stesso. Questa slogatura del braccio causò al Salvatore un atroce strazio. Il suo petto si sollevava e le ginocchia tremavano. Ma i carnefici non badavano affatto alle sue sofferenze.  Uno di essi pose nuovamente il ginocchio sul petto del divino Paziente, al quale fu legato il braccio e poi gli si affondò il  SECONDO CHIODO sulla palma sinistra…”.

Le punte dei chiodi erano così lunghe da uscire dietro la Croce, che era di un considerevole spessore…”.

Anche per i piedi si era praticato un foro sull’estremità del tronco, presso lo zoccolo, dove Gesù avrebbe posato i talloni “.

Dalla narrazione si evince che la Croce era formata da cinque parti: il braccio verticale, due bracci laterali, la iscrizione di Pilato, lo zoccolo su cui poggiavano i piedi di Gesù151.

 

Dalle visioni di TERESA NEUMANN

Nella sua 30ª visione, la Neumann assiste terrorizzata alla flagellazione (fig.11) del Salvatore che “ viene spogliato, le mani gli vengono legate e la corda fissata alla COLONNA (fig.12). Il Salvatore ha il volto verso la colonna e le braccia così tirate verso l’alto che tocca la terra appena con le dita dei piedi. Poi, tre gruppi composti ognuno di due uomini ubriachi cominciano a flagellarlo”.

Nella 33ª visione racconta: “ Pilato si fa portare una ciotola e si fa versare acqua sulle mani. Viene pronunziata la condanna a morte di Gesù. Le proteste vengono soffocate dalle grida della folla. Vengono portati i legni per la croce. Due pezzi corti e uno più lungo; la croce non è ancora stata montata e i legni sono legati insieme. Teresa nota che devono essere stati squadrati da tempo; infatti gli angoli sono smussati per le intemperie. I legni vengono gettati sulle spalle del Salvatore, che cominciano a sanguinare…”.

 

Segue la descrizione del corteo verso il Golgota.

Della 44ª visione viene riferito che sul Golgota “ i tre pezzi della Croce vengono messi insieme “ e della 45ª “ Il Salvatore viene disteso per prova sulla Croce: vengono segnate le posizioni della testa, delle mani, dei piedi e della vita…”.

“ Gli aguzzini lo spingono sulla Croce e lo legano alla cintola. Poi gli legano anche le braccia alla Croce e infilano i CHIODI, attraverso la mano, nel foro già praticato in precedenza nel legno. Siccome a sinistra il foro è troppo distante, con una corda tirano il braccio fino a slogare la spalla…”. “ ..Si procede poi all’inchiodatura dei piedi; anche le gambe vengono legate alla Croce, i piedi sovrapposti e inchiodati con un lungo chiodo. Viene quindi attaccata la scritta col nome e poi la Croce viene innalzata e conficcata in una fossa già preparata “152.

 

 


 

140 Vedi paragrafo  9.

141 Can. S. Santeramo  “Le due croci patriarcali di Barletta”- Tip. F/lli Liverini, Barletta 1914,p.6;  N.U. Gallo, o.c., pp.70,71;  Nicola Bux (ne “Il pellegrinaggio a Gerusalemme all’origine del Giubileo Cristiano” da “Giubileo” – Rivista Internazionale di Teologia e Cultura - Communio – n.160-161 luglio/ottobre 1998 Jaca Book, p.40) riferisce che nel 635, Omar I,  -581/644 – proclamato Califfo arabo nel 634,  fu prima accanito avversario dell’Islam, poi convinto sostenitore e uno dei principali collaboratori del Profeta. Morì nella moschea di Medina assassinato da uno schiavo persiano nel 644 e le sue truppe passarono il Giordano, la Croce fu trasferita a Costantinopoli. Nel timore di vederla di nuovo sottratta se non distrutta dagli infedeli, si decise di farne diciannove pezzi e distribuirli nelle diverse metropoli dell’Impero. Gerusalemme ne conservò quattro e Cipro due, garantite sempre dall’autorità del donatore, soprattutto Elena, per attestarne l’autenticità.

142 Davide III (detto il Costruttore), re di Georgia (1089-1125), cercò di risollevare le condizioni politiche ed economiche del suo popolo compromesse dalle ripetute invasioni dei Turchi Selgiuchidi. La prima crociata e il declino dell’Impero Selgiuchido gli permisero di estendere il dominio del suo Regno dal Mar Nero al Caspio e dal Caucaso fino ai confini meridionali dell’Armenia (Rizzoli-Larousse, o.c, vol.V,1964,p.93).

143 Stefano II era succeduto a Demetrio Zvonimiro che era stato incoronato a Spoleto (1076) da un legato di Papa Gregorio VII. Morto Demetrio (1089), si manifestò una tale anarchia da indurre nobili Croati a fare appello a Ladislao I il santo, re d’Ungheria, (fratello di Elena, vedova dello Zvonimiro), il quale estese la sua protezione sulla Croazia costituendo un vescovado a Zagabria. 

144 (S. Santeramo, o.c.,p.5) L’asta verticale è cm.50 e le due traverse rispettivamente cm.31 e cm.22.

145 Josè-Luis Careno Etxeandia “La Sindone – Ultimo reporter” Ediz. Paoline, Roma 1978, p.97.

146 G. Moroni, o.c., vol. XVII, Venezia 1842, p. 193.

147 (Paola Giovetti “Tersa Neumann” – ediz. Paoline, Cinisello Balsamo 1989, pp. 58-59). Con le proprietà taumaturgiche del sacro Legno (vedi Sant’Elena) si riporta l’esperienza vissuta dal Cardinale Kaspar di Praga (Polonia). Questi riferisce che un venerdì, mentre la visionaria Teresa Neumann riviveva angosciosamente la scena del Calvario, egli le mette “in mano il (mio) PASTORALE nel quale è inserito un pezzetto della Croce. Subito Lei prova un dolore acutissimo, si lamenta, alza la mano, tanto che mi rimprovero di aver fatto quella prova . Quando Le si avvicina una falsa Reliquia del sacro Legno, la visionaria non manifesta alcuna reazione”.

148 Fu re di Napoli (1438-1442), re titolare di Sicilia (1434-1480) e re di Gerusalemme, titolo quest’ultimo che affonda le radici nella prima Casa d’Angiò (Ingengebriani) con Folco V il Giovane (1095-1143).

Folco V il Giovane, conte d’Angiò  (1109-1129), sposò Erumberga, figlia di Elia, conte del Maine. Non potendosi dare pace per la morte di Erumberga, egli andò in Palestina a capo di cento uomini che mantenne a proprie spese per un intero anno. In battaglia si fece ammirare per lo zelo con cui difendeva la causa della religione. Folco V, avendo poi sposata la figlia del re di Gerusalemme, Baldovino II, che non aveva  eredi maschi, divenne il suo successore (1131-1143).

149 Per molti anni stette al capezzale della monaca Anna Caterina Emmerich (1174-1824).

150 Durante i quattro mesi di permanenza in Italia (1934) per fare un ritratto alla badessa Benedica Von Spiegel, ebbe occasione di rivolgere alcune domande alla monaca Teresa Neumann (1898-1962).

151 Don Eugenio Pilla, o.c..

152 Paola Giovetti, o.c..

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