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BARLETTA

 

 

 

13. LE CHIESE DEL S. SEPOLCRO E DI S. MARIA DI NAZARETH

 

 

CHIESA DEL S. SEPOLCRO

 

Un primo documento del 113082 riporta la vendita fatta da Pandulfus di Barletta al suo concittadino Disisio di un  orto propinquo sancti Sepulcri83. Ciò stante, la chiesa del S.Sepolcro (fig.6-Fig.7)) già esisteva in quell’anno. Ad essa si fa cenno anche in una bolla di papa Innocenzo II (1130-1143) del  1139 con la quale nel determinare le prerogative dell’Arciprete e del Capitolo di S. Maria  de Auxilio , si disponeva che sulla “Ecclesiam  Sancti Sepulcri in Barleto cum pertinentiis suis“84 i diritti dell’Arcivescovo tranese erano limitati alla Sacra Visita e all’esame dei chierici ordinandi.

Tra il Patriarca del S.Sepolcro di Gerusalemme e l’Arcivescovo di Trani sorsero contese sulla giurisdizione della chiesa del S.Sepolcro di Barletta.

Inizialmente, la  Ecclesiam  Sancti  Sepulcri  in Barleto rientrava tra i possedimenti  della Casa madre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ciò si rileva da una bolla di papa Celestino II del 114485 .

L’Arcivescovo di Trani , però, nell’estendere la sua giurisdizione sul territorio barlettano, ottenne  da papa Adriano IV anche tale chiesa (bolla del 1159).

Nell’anno 1160, intanto, Azzo, priore della chiesa  del S.Sepolcro di  Barletta, aveva ottenuto dall’abate del monastero di S. Michele  di Montescaglioso la chiesa di S.Martino in territorio di Stigliano86.

Papa Lucio III, con bolla del 118287, confermò tutti i possedimenti della chiesa patriarcale di Gerusalemme  che, tra quelli di Puglia, Calabria e Sicilia, annoveravano apud Barulettum ecclesiam Sancti Sepulcri et Sancti Laurentii.

Papa Urbano IV, infine, (bolla del 1262)88 impartiva disposizioni affinché i priori ed i frati della chiesa del S.Sepolcro per  la Puglia  esimessero dalla giurisdizione  gli arcivescovi, i vescovi ed i prelati della Puglia.

Quando i Saraceni  ripresero S. Giovanni d’Acri (1291), ultimo baluardo degli Stati Latini d’Oriente, i chierici del S.Sepolcro di Gerusalemme ed il Patriarca Radulfus, dell’Ordine dei predicatori di S. Domenico, dopo un lungo peregrinare scelsero come loro sede la chiesa del S. Sepolcro di Barletta.

La presenza in Barletta del Radulfus è attestata da due documenti. Il primo (20.5.1299)89 si occupa della decisione emessa dal Patriarca in favore di Opizo, vescovo di Canne, contro le pretese del nobile Galiberti 90Ambrosio e di suo figlio circa il possedimento di terre situate presso il fiume Ofanto. Il secondo (25.2.1300)  tratta dell’investimento fatto dal Radulfus  al vicario della provincia di Sicilia, Iohannes, della cappella della chiesa di S.Lucia  di Barletta dipendente da S. Caterina di Monte Sinai.

Dalla postilla scritta sul Calendario del Breviario abbreviato, conservato nell’archivio della Basilica del S.Sepolcro,91  si evince che il Radulfus morì a Barletta nel 1304.

I chierici  regolari furono gradualmente sostituiti nella loro opera  dai chierici secolari. Già nel 1326 la nobil donna Filippa Bonelli effettua una donazione ai chierici secolari don Egidio, don Gualterio, don Franco, don Gervasio, don Nicola Giovanni e don Nicola92.

Fu poi papa Innocenzo VIII  con la  protezione di re Ferdinando d’Aragona a trasferire (27.3.1489)93 definitivamente ai chierici secolari il governo della chiesa del S.Sepolcro ordinandolo in forma collegiale con a capo un priore94.

In una ordinanza del vicere  D. Pedro de Toledo (Napoli - Castelnuovo  1533) si trova conferma di tale forma di organizzazione: disponeva, infatti, che l’Università (Comune), avendo mosso una disputa,  non doveva molestare  il Priore ed il Capitolo del  S .Sepolcro.

Alcuni anni dopo, i cavalieri dell’Ordine di  S. Giovanni  Gerosolimitano (cavalieri di Malta), dopo la distruzione (1528) del loro complesso (Priorato, chiesa, ospedale) fuori le mura95 e la temporanea sistemazione prima in un palazzo di via Cavour (Cfr. paragr.12, lettera a) e poi in locali di vico Municipio  dov’era la chiesa dedicata a  S. Giovanni Battista, occuparono la chiesa del S.Sepolcro (1556)96.Un documento di quell’anno menziona, infatti, un certo  frà  Giovan  Antonio Pignoni di Napoli, della Commenda di S. Giovanni, priore della chiesa del S.Sepolcro di Barletta.

I canonici, comunque, continuarono ad amministrare i beni e ad esercitare quotidianamente tutte le funzioni e atti di religione nella loro chiesa97 e mal tollerandone l’ingerenza, permisero all’Ordine di  S. Giovanni Gerosolimitano il solo congregarsi per le assemblee, le vestizioni e le professioni dei cavalieri. L’autorità sul Capitolo spettava  solo all’Arcivescovo di Trani.

Nel primo decennio del XIX secolo, con la concomitante decadenza dell’Ordine dei Cavalieri di  S. Giovanni Gerosolimitano , il Capitolo del S.Sepolcro  fu dichiarato  dal Pontefice Pio IX  collegiato (Bolla del 1853) continuando la sua attività fino al 1860.

Nel recente passato, la chiesa del S.Sepolcro divenne parrocchia (1910) e quindi Basilica Pontificia (29.4.1951).

 

 

Cappelle e altari

 

Dalla edificazione all’inizio del XIV secolo, non si registrano notizie sulla esistenza di cappelle ed altari nella chiesa del  S .Sepolcro.Tra le cappelle ed altari costruiti ve ne sono diversi che attraverso i secoli hanno sicuramente visto modificare la loro dedicazione in relazione alla devozione delle famiglie nobili o facoltose che presso quelle cappelle ed altari hanno fatto realizzare il sepolcro di famiglia. La loro costruzione  a volte si deve al clero che chiedeva l’elargizione di offerte ai fedeli, altre volte per iniziativa privata delle confraternite laicali.

Le cappelle e gli altari trovarono collocazione sotto le arcate delle navate laterali.

Tra le numerose cappelle si segnalano soltanto quelle dedicate alla  “ S. Croce” e al “Santissimo”.

La cappella della “S. Croce” nel 133698  era stata già costruita. A quell’epoca, infatti, Gualterius, figlio del nobile Giovanni, presbitero della chiesa del S.Sepolcro, dispose di voler essere sepolto “retro altare  Sanctae  Crucis “. D’altra parte, presso lo stesso altare volle essere sepolto anche il chierico don Nicoldetto Basso (dichiarazione del 10.5.1380)99.

All’altare fanno riferimento tre provvedimenti del 1515 adottati dall’Università (Comune)100, notizie che possono riguardare o la ricostruzione in pietra della cappella o del suo trasferimento in un luogo più idoneo della chiesa.

Nel primo documento (7.3.1515) si legge: “Le pietre che non servono alla strada del S. Salvatore siano date alla frateria del Corpo di Cristo e della Vera Croce di Barletta per suo uso “.

Nel secondo (22.3.1515) si dispone l’abbattimento dell’arco che univa la casa che fu di Cola de Lenzo con la casa di Benedetto Pomis.

Nel terzo (24.4.1515): “ Le pietre dell’arco, poggiato sulla casa del sig.Benedetto Pomis, nella strada del S.Salvatore (oggi via  S. Andrea), verso la marina, siano donate per la costruzione della cappella in S.Sepolcro “101.

I banchieri Ravaschieri e Pinelli di Napoli per conto del Comune anticiparono al pittore Antonello ducati 13, tarì uno e grana 15  “per fatica alla cappella della Vera Croce”. La spesa fu riconosciuta dal sindaco Antonio de Falconibus, dai Priori e dagli Eletti  (atto del 24.7.1540)102

In una relazione di Sacra Visita del 1581103, infine, si legge che l’altare  “s’innalza nel coro in fondo al peristilio”.

La cappella del  “Santissimo”  risulta  anticamente appartenuta alla nobile famiglia de Grassis. Rimasta abbandonata, fu concessa dai canonici (1608) a Giovan Giacomo Affaitati104.

I Cavalieri di Malta fecero costruire (1747) un altare dedicato a S. Giovanni Battista, il cui pavimento di  marmo reca al centro una bellissima croce dell’Ordine.

La cappella attualmente è chiusa da una balaustra di marmo ed è posta, entrando in chiesa, alla destra della porta occidentale.

 

 

L’ospedale del S. Sepolcro o dei pellegrini

 

L’ospedale del S.Sepolcro (detto dei pellegrini) fu costruito con la omonima chiesa, alla quale era annesso, verso la metà dell’XI secolo. Che fosse un ospedale religioso (sacro) lo si può anche rilevare dal testamento fatto da tale Giovenale (1200). Questi lasciava erede universale la figlia Giaquinta disponendo, in caso di morte della stessa senza eredi legittimi, che tutta la sostanza fosse divisa in tre parti di cui  “una pars sit Sacre domus hospitalis Baroli “105. (Fig.8/A-8/B)

Altri benefattori intervennero perché all’ospedale, che altrimenti sarebbe caduto in rovina, fosse garantita la manutenzione. A tal fine, Giovanni de Salbucio, con atto del notaio Paolo de Coluciis  (1447), destinò al Capitolo del S. Sepolcro il quinto della sua rendita annua con l’obbligo di amministrarlo106.  Per tanta generosità ed impegno gli fu attribuito il titolo di  “Fondatore”107 (Fig. 9).

L’Università   (Comune) di Barletta nel 1553 tentò invano d’impossessarsi dell’ospedale. Il tentativo fu frenato dall’intervento del Viceré Don Pedro de Toledo, marchese di Villafranca, che (rescritto Napoli, 12.12.1533) in nome di Carlo V, imperatore dei Romani, dispose che il Rev. Frà Carlo Pandone, Priore del S.Sepolcro “non sia inquietato dalla Università della stessa città nel possesso dell’ospedale e di esigere i frutti e le entrate relative per la sovvenzione dei poveri, obbligando i debitori a versare al detto Priore e non ad altri quanto è di loro spettanza, fino a quando non sarà terminata la causa in corso circa la possessione dell’ospedale e suoi beni, rivendicata dal Priorato del S.Sepolcro e contesa dall’Università “.

L’esito della vertenza non è noto, ma si può ritenere essere stato favorevole al Capitolo poiché l’ospedale, negli anni successivi, risulta ancora gestito dallo stesso.

 

Il Capitolo, che con la Confraternita del Corpo di Cristo si occupava della gestione dell’ospedale, venne infatti  alla determinazione di costruire un nuovo ospedale sul luogo di quello antico  “per il servizio di Dio e per comodità dei poveri di Cristo” (atto del 27.12.1549)108.

La morte di Frà Carlo Pandone, che ricoprì la carica di Priore del S.Sepolcro per ventitré anni, determinò l’ascesa del Priorato dell’Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano (detto poi di Malta). A quest’Ordine facevano parte persone appartenenti a famiglie nobili di Barletta (e del Regno di Napoli) che contribuirono in vita l’attività. A questa schiera di benefattori apparteneva il cav. Ettore Marulli, Gran Priore, che lasciava all’ospedale una rendita da spendersi “per medicamenti de’ poveri ammalati della città….”(testamento del notaio Julio de Juliis del 25.4.1656).

Una controversia tra il Capitolo del S.Sepolcro e l’Ordine dei Cavalieri di Malta per il mantenimento dell’amministrazione dell’ospedale fu  risolta a favore del primo (riunione capitolare del 17.9.1698).

Negli anni che seguirono, l’ospedale fu oggetto di numerose opere di restauro e di ampliamento; passò poi (R.D. 16.10.1809,n.493) all’istituito Consiglio comunale degli ospizi che, unificatolo con quello della SS.Trinità, ha dato infine origine all’odierno ospedale “Umberto I”.

L’ospedale del  S. Sepolcro, detto dei pellegrini, è stato demolito  tra il 1930-1935. A suo ricordo è rimasto l’arco gotico  sotto cui fu costruita una scala in pietra che dal sacrato della  chiesa conduce sul piccolo spiazzo dov’era ubicato l’ospedale sito su vico Ospizio angolo via ospedale dei pellegrini.

 

L’Arciconfraternita del S. Legno della Croce è attiva nella Basilica del S.Sepolcro di Barletta da circa cinque secoli, anche se, per fatti contingenti, la sua opera ha subito una lunga interruzione.

Questa Congregazione laicale appare nelle già menzionate due deliberazioni decurionali del 1515109 con le quali L’Università (Comune) donava, per la costruzione della omonima cappella, alla Frateria del Corpo di Cristo e della Vera Croce sia le pietre non utilizzate per la realizzazione della strada del Salvatore (ora via S. Andrea) che quelle di risulta derivanti dalla demolizione dell’arco situato nella stessa strada.

Nei documenti successivi, la Frateria viene denominata:

a)                             del “Corpo di Cristo”: testamento del 17.10.1536110 con il quale Giulio de Rosalba richiede di essere sepolto nella chiesa del S.Sepolcro con l’assistenza dei preti  e dei confratelli del venerando Corpo di Cristo;

b)                             del  “Santissimo Sacramento del Corpo di Cristo “: contratto del 28.4.1565111 con cui i procuratori della Confraternita fittavano alcuni vignali;

C)                     del “ Santissimo Corpo di Cristo “ : atti del 17.10.1596112  e del    19.7.1599113 rispettivamente  del notaio Bartolomeo de Adiutorio e del notaio Ettore Gnori.

  Per l’intero secolo successivo non si hanno più notizie, tant’è che alcuni sostengono, e tra questi il Rogadeo114, che l’Arciconfraternita fu istituita nei primi anni del 1700.  Una pietra sepolcrale esistente in chiesa, infatti, reca la seguente iscrizione: “ Societas Vere Crucis sepulcrum hoc sibi posuit anno Domini 1708”.

Nel suo scritto, il Rogadeo riferisce che l’articolazione della Confraternita non prevedeva ufficiali, né esattori delle contribuzioni (all’esattoria era addetto uno dei preti della chiesa), né i confratelli avessero un abito.

Per supposti atti regolamentari illegittimi fatti dalla Confraternita del S. Legno della Croce, la Confraternita del Purgatorio ricorse (1751) al Delegato della Reale Giurisdizione che ne dispose lo scioglimento. Ciò causò un controricorso indirizzato al Luogotenente del Gran Priorato dell’Ordine Gerosolimitano frà don Scipione Bonelli, con il quale oltre a fare presente che nessun pregiudizio derivava alla Priorale chiesa, domandavano il permesso alla istituzione della loro Confraternita.

Il memoriale fu sottoscritto da due sedicenti Deputati di quella figurata adunanza: notar Ciro de Donato e Jacopo Lupoli.

 Don Scipione Bonelli indicò che l’organo preposto a ricevere il ricorso era il Gran Priore Castelli in Palermo. Poiché questi fu renitente, l’assemblea riunitasi in Barletta rigettò la domanda.

I confratelli ritennero allora di poter ottenere il permesso dal Clero e dall’Arcivescovo di Trani, permessi considerati inefficaci dal Gran Priorato Gerosolimitano che si riteneva possessore della chiesa. Essi, comunque, tacendo tale condizione  della chiesa che la supponevano del Capitolo e quindi soggetta all’Ordinario, formarono le Regole ottenendone il Regio assenso il 26.4.1781115. Presentarono quindi al Governatore locale le Regole con il Regio beneplacito ottenendo l’ordine il 12.6.1781 che la loro Confraternita poteva reputarsi come Corpo legittimo e come tale doveva riconoscersi dalla Collegiata chiesa del S. Sepolcro.

L’ Ordine di Malta formulò ricorso a cui si appellarono i confratelli e, successivamente, anche il Decurionato. Le vertenze ebbero fine soltanto a seguito della soppressione dei Cavalieri di  Malta avvenuta con decreto di Gioacchino Murat il  5.11.1808, con il quale si trasferirono i beni al Real  Ordine Cavalleresco delle Due Sicilie.La Confraternita del S. Legno della Croce aveva continuato la sua attività. Dalla Visita Pastorale eseguita l’11.5.1808116 alla Congregazione del SS. Crocifisso presso la chiesa Collegiata del S. Sepolcro risulta che le Regole erano munite, come già detto, di Regio beneplacito sin dal 26.4.1781.Altra Sacra Visita fu eseguita all’Oratorio della S. Croce il 17.11.1823. Dalla relativa relazione risulta che l’Oratorio aveva un altare, di cui non si menziona la dedicazione. L’Arcivescovo di Trani e Salpi, Mons. Gaetano de Franci, infine, a seguito delibera del 15.11.1827 dell’Arciconfraternita, vista la supplica del Priore di essa, permise che “nella solita fascia invece di esservi ricamati in oro e argento tutti gli emblemi della passione di Gesù Cristo la Congrega abbia il solo segno della S.Croce”.L’Arciconfraternita del S. Legno della Croce il 3.5.1938, festa dell’Invenzione della S. Croce, approvò il nuovo Regolamento e nel 1997 si è arricchita di uno stemma.

(Fig.9A - Tavola del XVI sec. che esisteva di fronte alla baaustra nel coro del S. Sepolcro. ora è custodita nel matroneo)

(fig.9/B - nuovo stemma dell'Arciconfraternita posto sulla parete frontale della navata sinistra, in alto al supporto eucaristico - lo stemma è marmoreo, di forma ovale. Si rileva la Croce binata contornata da fregi e sul bordo la data 1997 con i nomi dell’ideatore – Donato Francesco R. Di Bitonto ed eseguito dallo scalpellino Vito Romano. Il medesimo fu benedetto l’11.01.1998 da S.E. Arcivescovo Mons. Giuseppe Carata assistito a Mons. Leonardo Doronzo – Parroco della Basilica-.

 

 

LA CHIESA DI S. MARIA  DI NAZARETH

 

La chiesa di S. Maria di Nazareth fu realizzata in Barletta nella seconda metà del XII secolo.

Da un primo documento del 1158117 si ha notizia che Giovanni, presbiter, i coniugi Aiolus e Neura, Blancus miles ed altri donarono alla chiesa di S. Maria dell’Arcivescovado di Nazareth la loro chiesa di S. Quirico con tutte le terre e sue pertinenze “sitam in barolitanis finibus” presso la via che porta a Canne118. Fu in tale chiesa, quindi, che i canonici di S. Maria di Nazareth iniziarono la loro attività religiosa. Essendo, però, distante da Barletta circa quattro chilometri, il Vicario nazareno Pietro Volpe e gli altri ritennero opportuno acquistare dei terreni nelle immediate vicinanze della città dove poter costruire una chiesa ed un ospedale. Per fare fronte a tali esigenze, non mancarono le iniziative di benefattori Un terreno presso Barletta fu donato (o venduto) ai canonici di S. Maria di Nazareth da Petrus Bonafides. Questi, infatti, da  detto terreno, su cui era per costruirsi la chiesa sotto il titolo della “ Beata Maria Vergine di Nazareth “, ne staccava un pezzo119 (largo quattro canne e lungo dodici)120 e lo vendeva (atto notarile del 1169)121  a Herbertus Alemannus perché questi potesse costruirvi la casa. Il compratore pagò a favore della costruenda chiesa mezza oncia di tareni d’oro di Sicilia  e si obbligò a pagare, annualmente, nella festa dell’Assunzione, cinque solidi di provensis boni.

La chiesa nel 1172 era stata già costruita.

L’Arcivescovo nazareno Combertus, in tale anno, infatti, nell’eleggere suo Vicario Generale Quartus de Soler, per la difesa  e  reggenza delle sue chiese e possedimenti, menzionava tra le chiese “ In Barolo ecclesias duas: Sancte  Marie de Nazareth prope muros ipsius Baroli et Sancti Clementis super pontem Aufidi ipsius Ecclesie de Nazaret “122 (cioè due chiese: quella di S. Maria di Nazareth presso le mura della città di Barletta e l’altra di S. Clemente sul ponte del fiume Ofanto).

I canonici di S. Maria di Nazareth acquistarono (atto del 5.2.1204)123 da Giovanna, figlia di Roberto de Caroangelo e dai suoi due figli, Ruggero e Giovanni, metà del loro orto con una canna di terra ad esso aderente dalla parte della chiesa e metà del muro della palumbola124  del loro trappeto, col diritto di fabbricare su entrambi i muri e, occorrendo, costruire la conduttura dell’acqua sul muro del trappeto stesso.

Negli anni successivi, la chiesa e il suo territorio furono ampliati e, quindi, ceduti a titolo di beneficio  dall’Arcivescovo di Trani, Jacobus, a Guido de Lilla, Priore della chiesa di S. Nicola di Bari. Questi, venuto a conoscenza che la chiesa di S. Maria di Nazareth  di Barletta apparteneva alla chiesa di S. Maria di Nazareth ultramare, rinunziò a tale beneficio ( atto del 7.5.1252)125 , rinunzia che lo stesso de Lilla, con atto del 23.2.1252126  fece ad Adam, priore della chiesa di S. Maria di Nazareth di Barletta. Al riguardo sorse una controversia che si risolse il 15.10.1252127 alla presenza del giudice Sebastiano di Barletta, il quale decise che frater128 Adam doveva pagare a Robertus, Vicario dell’Arcivescovo, quindici once d’oro oltre le spese e al Priore de Lilla once sei, per miglioramenti apportati alla chiesa.

Nel novembre 1528, la chiesa di S. Maria di Nazareth fuori le mura129, con l’intero borgo di S. Antonio Abate, fu distrutta dalle truppe francesi comandate da Lorenzo Orsini detto Renzo da Ceri. Di essa si conserva solo una testimonianza (fig. 10).

I canonici che ripararono nella città murata ottennero dal Pontefice S. Pio V (bolla del 1566) il permesso di trasferirsi, con onori, diritti e privilegi, nella chiesa dedicata a  S. Bartolomeo. Dopo la sua riedificazione ad opera dell’Arcivescovo Berardino de Figura, fu dedicata a S. Maria di Nazareth e solennemente consacrata il  4.11.1572130.

Nel luogo dove si trovava la distrutta chiesa di Nazareth,  Mons.Giacomo de Aurilia, Arcivescovo di Nazareth e Vescovo di Canne131, chiese ed ottenne il permesso di continuarvi a svolgere l’annuale fiera dell’Annunziata concessa da re Ferrante I (diploma del 6.3.1466 di esplicazione dei diplomi  del 5.2.1459 e 7.8.1461).

 

 

Altari

 

Tra le relazioni di Sacre Visite precedenti il 1528 nessuna indica che nella distrutta chiesa vi fossero altari tra cui quello dedicato alla vera Croce. Solo dagli atti testamentari di Matteo de Cernule (atto rogato dal notaio Julius de Dominico nel 1496, richiamato nell’atto del 1503132) se ne può rilevare l’esistenza. Questi, infatti, dichiarava che si celebrasse in suo favore una messa nella chiesa di S. Maria di Nazareth “ ante imaginem Beate Marie Virginis in qua est depicta, que dicitur la Pietate, ubi jacet imago Redemptoris in sinu Beate Marie Virginis et est cappella cum reta lignaminis suptus, ubi cantatur evangelium “.

 Notizie sull’altare della vera Croce si hanno nella relazione della Sacra Visita del 10.3.1729133 svolta nella nuova chiesa di Nazareth. Al paragrafo V della relazione (è contenuta nel “decreto della seconda visita Locale Reale e personale di S. Maria di Nazareth“) si legge: “ Ritrovato l’altare della  S. Croce in ogni sua parte e in tutta la sua suppellettile pieno di squallore, sordidezza e marciume; abbiamo stimato farlo tutto demolire alla nostra presenza”. Il visitatore ordinò: d’intonacare la tribuna, chiudere con fabbrica le due piccole finestre della Cappella, formare un altare fisso poggiato a due modiglioni di stucco con un solo gradino parimenti di stucco collocandovi nel mezzo di esso il Santissimo Crocifisso che “pende in capite chori”, formare ai fianchi della nicchia di fabbrica per detto crocifisso due armadietti di legno in uno dei quali, nel corno del Vangelo, riporre il Legno Santissimo della Vera Croce e nell’altro, in corno dell’epistola, altre sante reliquie. Al nono rigo dell’ Index (indice) della relazione si legge: “ Visitatio altaris in quo servatur Lignum vera Crucis”.

Questo altare, ubicato nelle “Istruzioni preparative” della Sacra Visita in una cappelluccia sopra al coro, sicuramente fu costruito prima del 1572, anno in cui fu consacrata la nuova chiesa.

 

 

L’Ospedale di S. Maria di Nazareth

 

I canonici della chiesa di S. Maria di Nazareth si occuparono di fare immediatamente costruire annesso alla chiesa un ospedale che fu realizzato sui seguenti terreni:

      - su due pezze di terra (ciascuna larga quattro canne e lunga otto, confinanti con due vie, una ad oriente ed una ad occidente e col terreno di Raynaldo Rongimealli a settentrione) acquistate dal priore Tibaldus per un’oncia di tareni di Sicilia da Petrus de Pengo –magister aurifex – e da sua moglie Agnes (atto rogato dal notaio Zabulon il 4.7.1175)134;

-                                    sulla metà del terreno che la vedova di Raynaldus Constantini di Barletta aveva ceduto alla chiesa di S. Maria di Nazareth (atto rogato dal notaio Leo nel 1178135;

L’attività svolta in questo ospedale durante le Crociate fu notevole, considerato che Barletta fu centro di partenza e di arrivo dei pellegrini dalla Terrasanta.

 

 

Gli Arcivescovi nazareni a Barletta

 

Il  primo Arcivescovo nazareno ad essere venuto a Barletta fu S. Gervasio Carmelita allorché  nel 1190 la città di Nazareth  in Galilea cadde in mano degli infedeli. Quando la città fu riconquistata dai Cristiani , S. Gervasio fece ritorno morendovi nel 1222136.

Alla successiva ricaduta della città nelle mani degli infedeli, a Barletta, nella chiesa nazarena, si stabilì l’Arcivescovo Hugo (1231-1239)137.

Caduto poi il Regno di Gerusalemme nelle mani dei Musulmani, l’Arcivescovo Yvo fissò a Barletta  (probabilmente prima dell’anno 1327) la residenza definitiva dei nazareni138.

Gli Arcivescovi nazareni si susseguirono finchè nel 1828  Papa Leone XII dispose l’unione del Capitolo di Nazareth con quello di S. Maria Maggiore139.

 

 


 

82 C.D. Barese, vol. VIII, p. &O, doc. 35 (di Francesco Nitti di Vito, Bari, 1914).

83 Alcuni storici ubicano il terreno presso la chiesa, ma ciò è errato. L’orto, infatti, che aveva per confini i terreni dei fratelli  Mirando e Risandi e quelli dei fratelli Bianco e Giovanni Zito, va collocato altrove.

84 S. Loffredo, o.c., vol. II, p.267, doc. VII.

85 ibidem, p. 269, doc. VII.

86 S. Loffredo, o. c. vol. II, p. 273, doc. VIII.

87 C.D. barl. Vol. I, p. 20, doc. 6;  S. Loffredo, o.c., vol. II, p. 275, doc. IX.

88 Documenti tratti dai Registri Vaticani  - da Innocenzo III a Nicola IV – a cura di D. Vendola, Vecchi & C. Ed. Trani, 1940, p.278.

89 C.D. barl., vol. I, p.236, doc. 89.

90 C.D.barl. vol. II, p.211, doc. 140, datato 21.8.1333, con cui  il  Capitano di Barletta, Lucchinus de Marocellis  autenticava  il  documento del  25.2.1300 .

91 C.D. barl. Vol. I, p. 50, doc. 20. La tomba del Radulfus, come diverse altre non esistenti in chiesa, potrebbe trovarsi nel  locale interrato,attiguo alla sagrestia, a cui si accede dal palazzo di civile abitazione di corso Garibaldi n.73.

92 C.D.barl., vol. II, p. 164, doc. 104.

93 S. Loffredo, o. c., vol. II, pp. 78,79.

94 Ferdinando II il Cattolico (re di Sicilia 1479-1516) e re di Napoli col nome di Ferdinando III (1503-1516) conferì la dignità di Priore a don Giacomo di Medina. Il vicerè D. Raimondo II de Cordona (1509-1515) investì di tale titolo D. Giacomo de Focco ed il viceré D. Pedro de Toledo (1532-1547) lo conferì a D. Giovanni de Clera. Tra gli anni 1537-1548 i documenti menzionano Priore frà Carlo Pandone di Napoli e dal  1547 D. Mauro de Dominico, Vicario del Priorato del S.Sepolcro ( C.D. barl., vol. VII, p. 329, doc. 535).

95 Vedi a p. 52 .

96 C. D. barl. Vol.  VIII, p. 259, doc. 364.

    Con la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi (29.5.1453), i Cavalieri Gerosolimitani si rifugiarono in Perugia. Essi, nell’anno 1558, riunitisi nella villa di Nochiltraten e precisamente nella chiesa parrocchiale di S. Caterina della diocesi di Cambrai, elessero Gran Maestro il re Filippo II ed il suo successore D. Carlo (“Per l’ Arcivescovo di Trani col Gran Priore Gerosolimitano di Barletta. Da trattarsi nella Real Camera di S. Chiara”- Napoli, 14.11.1795). Ciò consentì  ai Cavalieri di S. Giovanni Gerosolomitano di legittimare, con il consenso degli Arcivescovi, la loro abusiva introduzione nella chiesa del S. Sepolcro di Barletta avvenuta circa due anni prima.

97 Nella chiave di volta della penultima campata della navata centrale vi è l’ emblema del Capitolo del S. Sepolcro – Cristo risorto.

98 C. D. barl. Vol. II, p. 231, doc. 154.

99 C. D. barl. Vol. III, p. 98, doc. 138.

100 C. D. barl., vol. IV “ Il Libro del Cancellierato della Città di Barletta”, p. 56.

101 Oronzo Pedico (“ La chiesa del S. Sepolcro di Barletta ed i suoi campanili” –Tip. Laurora, Barletta,1949,p.66) presisa il nome della cappella. Egli, riportando il deliberato dell’Università, scrive: “ Quello arco quale sta alla strada del Salvatore verso la marina appoggiato sopra le case di  Benedetto de Pomis e del notaio Valentino de Pomis sia donato alli privati del Sepulchro per la Cappella della Santa Croce da fare entro la ecclesia del Sepulchro”.

102 C.D. barl. Vol. VI, p.179, doc. 310.

103 Archivio Curia di Barletta.

104 F. S. Vista “ Note storiche sulla città di Barletta “ fasc. II, Tip. G. Papeo, Barletta, 1902, pp 23,24.

105 C. D. barese, vol. III “ Le pergamene della cattedrale di Terlizzi” di Francesco Carabellese, Bari 1899, p. 203, doc. CLXXXI

106 Pubblicato nella memoria a stampa “ Ragioni del Capitolo del S. Sepolcro di Barletta”, Napoli 24.10.1782.

107 Sulla tomba esistente nella chiesa del s. Sepolcro ( a sinistra entrando dalla porta settentrionale) vi è la seguente iscrizione: “ Hic jacet Johannes de Salbucio de Barolo fundator Hospitalis “.

108 C. D. barl. Vol. VII, p. 392, doc. 665.

109 C. D. barl. Vol. IV, p. 256 (“ Libro del Cancellierato della città di Barletta”)

110 C. D. barl. Vol. V, p.147, doc.257.

111 C. D. barl.  Vol. IX, p. 333, doc. 500.

112 Can. S.Santeramo (Manoscritto in  possesso dell’autore).

113 ibidem.

114 Giandonato Rogadeo “Del ricevimento de’ cavalieri  e degli  altri confratelli dell’insigne Ordine gerosolimitano della veneranda Lingua d’Italia”- Napoli, presso Vincenzo Orfino, 1785. 

115 “ A difesa della Congregazione della Croce contro la Congregazione di Carità”, innanzi la  2^ Sezione del Tribunale Civile e Penale di Trani, 1826”.

116 Archivio della Curia Arcivescovile di Barletta.

117 C. D. Barese, vol. VIII, p. 123, doc. 85.

118 La chiesa di S. Quirico era sulla via per Canosa, odierna contrada Pagnone, sulla strada che conduce a Canne della battaglia.

119 Il terreno confinava: a mezzogiorno col terreno di Goffredo Alamannus, ad occidente con la via, a settentrione e ad oriente con altri terreni di cui non si conoscono i nomi dei proprietari.

120 una canna = m. due circa.

121 C. D. Barese, vol. VIII, p. 155, doc. 110.

122 C. D. barl. Vol. I, p.19, doc.5 . Tale dizione è riportata anche nel terzo transunto del documento del 26.6.1456 (C.D.barl. vol. IV, p. 122, doc. 179), In Barolo Ecclesie due: S. Maria de Nazaret, prope muros ipsius Baroli et Sanctus Clemens supra pontem Aufidi ipsius Ecclesie Nazareth”.

123 C. D. Barese, vol. VIII, p.244, doc. 190.

124 Grotta rivestita di pietra per la conservazione di vino mosto.

125 C. D. Barese, vol. VIII, p. 342, doc. 269.

126 ibidem, p. 342, doc. 270.

127 ibidem, p. 337, doc. 267.

128 Si ricorda che i canonici regolari erano chiamati “ fratres “.

129 Sorgeva tra via degli Orti, corso Garibaldi, via Giuseppe De Nittis e piazza Caduti in guerra.  Le mura nelle quali si apriva Porta Croce o delle Beccherie ubicata sull’odierno corso Garibaldi , sorgevano lungo le vie Ospedale dei Pellegrini e via Geremia Discanno. Unica testimonianza della chiesa  è una pietra sulla quale è effigiato in alto rilievo Cristo  misericordioso ( fig.10). Il reperto si conserva  nella chiesa di S. Giuseppe ( già S. Giovanni di Dio).

130 Archivio Curia di Barletta.

131 Papa Callisto III (8.4.1455 – 8.8.1458) unì la Chiesa di Canne a quella di Nazareth.

132 C.D. barl. Vol. IV, p. 247, doc. 376.

133 Archivio Curia Arcivescovile di Barletta.

134 C. D. Barese, vol. VIII, p. 170, doc. 125.

135 Ibidem, p. 179, doc. 134.

136 Francesco Paolo de Leon  “ Delle obbligazioni della confraternita del Real  Monte di Pietà di Barletta” – Napoli, 1772, p. XXI, nota 8, XI.

137 Ibidem, p.XXI, nota (, XII.

138 Ibidem, p.XXII, nota 8, XVI;   S. Santeramo “Canne – Nazareth – Barletta – Vescovi e Arcivescovi” Tip. G. Dellisanti –Barletta, 1940,p.18.

139 S. Loffredo, o.c., vol.II, p.545, doc. LII.

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