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CENTRO REGIONALE SERVIZI EDUCATIVI E CULTURALI

BARLETTA

 

 

17. LE INSIGNI RELIQUIE DELLA PASSIONE DI GESU’

CUSTODITE NELLE CHIESE DI BARLETTA

 

Nel chiudere il paragrafo concernente il “ Recupero e destinazione delle sacre Reliquie della passione di Gesù Cristo durante le Crociate “ si è detto che le chiese del S. Sepolcro, di S. Maria Maggiore, di S. Ruggero e di S. Gaetano di Barletta hanno il grande merito di custodire insigni Reliquie della passione del Redentore.

In questo paragrafo si tratteranno le caratteristiche dei reliquiari in cui le sacre particelle sono racchiuse e in che epoca, da quali personaggi  e in che modo esse potettero essere portate a Barletta.

 

 

Basilica del S. Sepolcro

 

Nella  basilica del S. Sepolcro si custodisce una croce patriarcale di metallo smaltato di Corinto coperto di lamine d’argento dorato. Su di essa vi sono incastonate ventiquattro pietre turchine disposte due a due lungo la banda verticale e le due bande orizzontali (fig.13).

Nella parte posteriore della croce (fig.14)sono visibili le seguenti figure a sbalzo poste nei cerchietti:

·             al centro dell’asta più lunga orizzontale, un agnello passante rivolto verso destra che guarda all’indietro e che stringe nella zampa destra un’asta con banderuola: simboleggia Gesù Cristo immolatosi come vittima per riscattare i peccati del mondo;

·             alle due estremità della medesima asta:

a sinistra un leone rivolto a sinistra riportante, all’altezza del dorso, la scritta  “ Ma-rcus”. E’ il simbolo dell’evangelista Marco;

a destra un bue rivolto a destra riportante, all’altezza del dorso, la scritta “ Lu-cas”. E’ il simbolo dell’evangelista Luca;

sull’asta verticale:

·         sopra, un’aquila con la scritta “ Iohan-nes”: è il simbolo dell’evangelista Giovanni;

·         sotto, un angelo coperto da una borchia, apposta per rinforzare la parte del bacolo: è il simbolo

     dell’evangelista Matteo.

Su di essa è  apposta una targhetta dov’è incisa la seguente iscrizione:

 

LIGNUM CRUCIS

D. N. JESU  CHRISTI

ANNO SANTO

DELLA

REDENZIONE 1983-84

BENEDETTA E SIGILLATA

25.3.1984

L’asta verticale, escluso il terminale che s’innesta nel bacolo, è alta 29 cm., le aste orizzontali misurano rispettivamente 8 cm. e  14,8 cm.        

 

La croce patriarcale contiene  tre pezzi della Vera Croce: uno è incastonato nell’asta verticale ed è di  18 cm., gli altri due sono posti  nelle bande orizzontali e misurano 10 cm. il maggiore e 6 cm. il minore. La croce ha il piede di metallo di Corinto smaltato ed è avvolta da una catenina d’oro con una crocetta di Malta che fu donata dal priore Sigismondo Piccolomini quando prese possesso della carica (1742).

La  Reliquia della Croce nel 1659 subì una mutilazione: da uno dei tre pezzi della Vera Croce fu asportata una scheggia lunga 4 cm che fu donata dal Priorato di Barletta al viceré di Napoli, Gaspare di Bragamante, e a Guzman, conte di Pignorando. Ciò viene attestato da due documenti del notaio Geronamo Spallucci del 1659153.

La preziosissima Reliquia della Croce, portata a Barletta dal già menzionato Patriarca di Gerusalemme Radulfus154 con altri preziosi cimeli (figg.15 e 16 Opere simili in rame e smalti di Limoges rosa, azzurri e Bianchi, databili ai secoli XII –XIII, si custodiscono a:Londra, nel British Museum, Madrid, nel Museo Lazaro Galdiano,Milano, nel tesoro del Duomo, Parigi, nel musèe de Cluny. Pare che i primi miniatori e orafi tra i più raffinati del medioevo furono i monaci di San marziale.),  è molto venerata dai barlettani  tanto che ne hanno sempre invocato la protezione durante i tristi eventi che li hanno duramente colpiti. Si ricordano, per esempio, l’epidemia portata dall’esercito di Carlo III di Durazzo quando si accampò nei pressi della città ed ancora le pestilenze avvenute negli anni 1465, 1498, 1503 e 1656 che decimarono la popolazione.

Alle varie manifestazioni di fede parteciparono soprattutto gli amministratori comunali155.

Per celebrare la Santa Croce, Papa Paolo V concesse indulgenza plenaria a coloro che si confessavano e si comunicavano nella festività della Sua Invenzione (= ritrovamento) (disposizione promulgata da S. Maria Maggiore in Roma il 17.12.1619).

 

 

Chiesa di S. Maria Maggiore ( cattedrale)

 

 Un’altra croce patriarcale contenente frammenti del S.Legno è custodita nella chiesa di S. Maria Maggiore di Barletta (fig.17).

Il Can. Salvatore Santeramo scriveva156: “ Come questa del S.Sepolcro, molto importante è anche la Croce binata o Patriarcale della nostra cattedrale, sebbene più negletta e quasi sconosciuta (fig.18). Fu di proprietà del Capitolo Nazareno sino al 1818, ma dopo l’unione dei due Capitoli, avvenuta nel 1829, questa Croce passò a S. Maria Maggiore, per sostituire l’altra Croce artistica confezionata nel 1568157 dall’orefice barlettano Santo Andrea Medagliolo e scomparsa non si sa come”158.                    

  Questa croce patriarcale è alta 42,5 cm. ivi compresa l’altezza del bacolo pari a 11,5 cm. ed ha le due aste orizzontali rispettivamente di lunghezza pari a 22 cm. e a 15 cm.. Artisticamente lavorata è arabescata e tempestata di pietre false e preziose. Di esse:

-          sei sono poste alle estremità della Croce: tre bianche  nella parte superiore dell’asta verticale e di quella piccola orizzontale; una rossa, a sinistra, e una verde a destra dell’asta orizzontale più lunga; una rosa nella parte inferiore dell’asta verticale159;

-          sette, di colore azzurro, sono così ripartite: tre (due e una) sull’asta orizzontale più lunga; quattro (due a due) sulla parte inferiore dell’asta verticale. Prima erano otto159; sette, di colore giallo, sono disposte verso gli angoli dove le aste orizzontali intersecano quella verticale. Prima erano otto; manca quella nell’angolo superiore destro dell’asta orizzontale più lunga.

-          Alla sommità dell’asta verticale si nota un gruppo argenteo composto da due figure: quella a sinistra guardando, è la Vergine Addolorata; l’altra, a destra, raffigura S. Giovanni. Tra queste due figure vi è il monte Calvario ai cui piedi è inciso un teschio. Sul Calvario si ergeva una crocetta che, spezzata, è andata smarrita.

“ La sua vera provenienza ci è ignota – riferisce il Santeramo - sebbene non manca un inventario del 1727,  tuttora nella chiesa nazarena, il quale ci fa sapere che questa croce fu consegnata dalla Serenissima regina Giovanna di Gerusalemme all’Arcivescovo “.

Il Santeramo, considerato che nel regno napoletano le regine Giovanna sono due160 nel ciclo di un secolo, elenca la notizia tra le tradizionali.

Il menzionato “Inventario della cattedrale chiesa di Nazareth “ reca la data del 18 febbraio 1727 e tra gli altri oggetti descrive: “Una Croce Patriarcale con tre pezzetti di Legno della Vera Croce consegnata all’Arcivescovo di Nazareth dalla Serenissima  Regina Giovanna di Gerusalemme d’argento indorato con piede d’ottone indorato con incassatura di legno nelli di cui forami vi sono disposti li detti tre pezzi del Santo Legno, essendo quel di mezzo grandetto quasi di tre dita lungo ed un dito largo161 e diverse pietre preziose ed altre grosse false”.

Il Santeramo ha avuto modo di precisare162, senza indicare le fonti, che “ la croce binata proveniente dalla chiesa di Nazareth fu donata dalla regina Giovanna II”.

Per “assodare storicamente” questa notizia si è cercato di considerare la provenienza della croce e a quale Arcivescovo nazareno fu donata. Per risalire alla provenienza della croce, si fa riferimento allo stemma accartocciato d’argento posto sotto l’asta verticale. Su di esso sono incise tre foglioline. L’interrogativo posto dal Santeramo circa  l’appartenenza all’Arcivescovo163  trova risposta negativa. Da un esame si deduce che lo stemma è dei reali di Francia. Le tre foglioline, poste due in testa ed una in punta dello stemma, sono tre fiordalisi o gigli di Francia164, che, a partire dal XII secolo, rappresentano l’emblema della Casa di Francia165 (fig. 19).

Nel paragrafo “La croce patriarcale” è stato detto che i parenti della regina Giovanna II risalgono, con Folco V il Giovane, alla prima Casa d’Angiò. Alla morte del suocero Baldovino II, Folco V divenne re di Gerusalemme (1131-1143); i suoi successori assunsero la denominazione di “imperatore titolare di Costantinopoli”. Avendo, quindi, tenuto il Regno di Gerusalemme sin dalla prima Crociata, sicuramente i d’Angiò ebbero diversi frammenti del santo Legno sin dall’epoca in cui furono “distribuiti”. Nel contempo si ricorda che Carlo III, padre della regina Giovanna II, nel 1369 aveva sposato Margherita, figlia di Carlo, duca di Durazzo. La regina Margherita concesse alla chiesa di S. Maria della Misericordia di Barletta e all’annesso ospedale166 quattro once dei diritti della tratta di Barletta (atto del 3.1.1411). Alla sua morte (1412), il figlio Ladislao confermò (rescritto  del 4.10.1412)167 tali diritti all’ospedale sotto il titolo di S.Maria della Misericordia per i poveri a devozione della gloriosa Vergine Madre di Dio.

Ciò è chiara manifestazione di una profonda devozione della Casa d’Angiò-Durazzo verso la chiesa barlettana, la qual cosa fa ritenere che fu proprio la regina Giovanna II a donare all’Arcivescovo nazareno la croce patriarcale che sicuramente le era pervenuta dai suoi predecessori che regnarono in Gerusalemme.

Per individuare l’Arcivescovo nazareno che ricevette in dono la croce patriarcale bisogna risalire all’epoca successiva in cui i Turchi conquistarono Tolemaide (1291).

In Barletta, gli Arcivescovi nazareni possedevano (Cfr. precedente paragrafo) la chiesa di S. Maria di Nazareth e l’annesso ospedale.

L’Arcivescovo nazareno che era stato eletto nel 1307 era il francese fra Yvo. Trasferitosi in Barletta nel 1310, alla sua morte (1330) gli succedette il napoletano Pietro dell’Ordine dei Predicatori.

Al tempo in cui in Napoli regnò Giovanna II (1414-1435), Arcivescovi nazareni furono: fra Johannes Mexius O.M. (1423), fra Francus Insterius (stesso anno 1423) e fra Augustinus De Favoronibus dell’Ordine degli Eremitani di sant’Agostino (1431-1443). Fu a quest’ultimo, eletto Generale dell’Ordine da Papa Eugenio e chiamato beato per lo studio delle Opere di sant’Agostino168, che  la regina Giovanna II donò la croce patriarcale contenente alcuni frammenti della Vera Croce, la cui autenticità è attestata da due bolle.

La prima bolla  fu rilasciata a seguito della ricognizione fatta da Francesco Saverio Maria de Queralt d’Aragona, Vescovo di Squillace (Napoli, 2.11.1749) (Fig. 20).

La seconda bolla fu rilasciata dal Card. Giulio Maria (Roma, 9.4.1810) che, riconoscendole autentiche, con  riverenza collocò  le sacre particelle del Legno della Santissima Croce di Nostro Signore Gesù Cristo nella croce cristallina ornata e circondata di filograna d’argento “…reverenter collocavimus in Cruce cristallina filogranis argenteis ornata atque circumdata” (Fig.21).

Da una “Breve storia e inventario di Nazaret”, risalente al 1800, risulta che “Nella cappella dell’Archiepiscopio169 si conservano in icone sotto l’altare molte sacre reliquie specialmente tre pezzi del Legno della S. Croce che si espongono due volte l’anno nella cattedrale il Venerdì Santo e il giorno 3 maggio”. Quindi prima che la Croce fosse trasferita (1818) dalla chiesa di Nazareth alla chiesa di S.Maria Maggiore veniva esposta alla venerazione dei fedeli due volte l’anno.

 

 

Chiesa e monastero di S. Ruggero (già S. Stefano)

 

Frammenti della Vera Croce di nostro Signore Gesù Cristo sono gelosamente custodi dalle Benedettine-celestine del monastero di S. Ruggero (già S. Stefano) (fig.22) di Barletta.                

 Uno di tali frammenti  è incastonato in una croce patriarcale170.

Questa croce, non nota ai barlettani, ha le seguenti caratteristiche: è in legno rivestita di lamine d’argento dorato; l’asta verticale è alta 14,5 cm (oltre il bacolo di 11,5 cm.), l’asta lunga orizzontale è 12,1 cm, l’asta corta è 8,5 cm.

La parte anteriore della croce (fig.23) è arricchita di pietre colorate e di tre reliquie. L’asta verticale aveva dodici pietre, ora ne ha cinque; partendo dalla parte superiore, manca la prima, la seconda è verde, la terza è rossa, mancano la quarta e la quinta, la sesta è celeste, manca la settima, l’ottava è celeste, mancano la nona e la decima, l’undecima è rossa, manca la dodicesima. L’asta orizzontale superiore (o corta) ne aveva quattro, ora ne ha una: la penultima a destra, di colore verde. L’asta orizzontale inferiore (o lunga) ne aveva sei, ora ne ha quattro, alternate, la prima, la terza, la quarta e la sesta, tutte di colore verde.

Il segmento dell’asta verticale compreso tra l’asta corta orizzontale ed il centro dell’asta lunga reca, dall’alto verso il basso: una piccolissima reliquia di S.Giovanni Battista;  una piccola teca cruciforme contenente un frammento del S. Legno, altra piccola teca (al centro dell’asta più lunga) con una particella di S. Leonardo.

Sulla parte posteriore della croce patriarcale (fig.24) sono cesellate:

  • una colomba che raffigura lo Spirito Santo;
  • Gesù crocefisso avente: le braccia stese e le mani inchiodate sull’asta corta ed i piedi inchiodati al centro dell’asta lunga dove sono evidenziati  tre monti (Calvario) su cui si erge la Croce.

L’asta lunga, con proseguimento sull’asta verticale, reca la scritta gotica: “ CRISTO UNICI  -  CRISTO RE “171.

Non sono pervenute notizie né da fonti dirette né da fonti indirette come questa croce patriarcale sia pervenuta al monastero di s. Ruggero. Si può, comunque, ipotizzare la provenienza.

 Le piccole reliquie di S. Giovanni Battista e di S. Leonardo, entrambe contenute nella croce patriarcale, fanno supporre che essa sia appartenuta ai Cavalieri dell’Ordine Teutonico ed a quelli dell’Ordine di S.Giovanni Gerosolimitano.

La chiesa di S. Leonardo fuori le mura, quasi prospiciente alla chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano, fu prima posseduta dall’Ordine Teutonico poi da quello di S. Giovanni Gerosolimitano. Quest’ultima circostanza discende da una relazione di Sacra Vista (1566) dalla quale risulta che “Al  procuratore del Priore di S. Giovanni è stato ordinato che le ecclesie de S. Johanni e S. Linardo fuora della terra quali forne ruinate per le guerre (1370 e 1528) siano costruite dentro la città di Barletta dalle loro entrate che sono sufficienti a che nelli luoci dove prima esse sorsero si eriga una cappelluccia tale da coprire un altare con le immagini di S. Johanni e S. Linardo”.

 

I Canonici (fratres) ed i cavalieri dell’Ordine di S.Giovanni gerosolimitano (Cavalieri di Malta), durante il saccheggio del 1528172, essendosi rifugiati nella chiesetta dedicata a S.Giovanni Battista (intra menia) e poi trasferitisi nella chiesa del S. Sepolcro, vi portarono anche le loro Reliquie tra le quali la croce patriarcale.

Nel 1808, l’Ordine di Malta fu soppresso; le sacre Reliquie , tra le quali la croce patriarcale, rimasero ai Canonici (fratres) ormai facenti parte del Capitolo del S. Sepolcro.

Trentadue anni dopo, il Capitolo del S. Sepolcro, e quello di S.Giacomo, perdettero la qualità di ente giuridico (Legge 15.8..1867), entità che conservò solo il Capitolo della chiesa di S. Maria Maggiore, per essere stata elevata (Bolla di Papa Pio IX del 1860) a Cattedrale.

Il Capitolo del S. Sepolcro andò riducendosi nel numero dei Capitolari tanto che i pochi Canonici  confluirono nel Capitolo di S. Maria Maggiore portandovi le sacre Reliquie.

Scoppiato il primo conflitto mondiale (1915-18), l’Arciprete don  Gabriele Maria Pio Rutigliano, evidentemente per motivi di sicurezza, ritenne opportuno custodire in casa sua le sacre Reliquie. Alla sua morte, avvenuta il 12.7.1922, le Reliquie dovettero essere date in custodia alle claustrali di S. Ruggero. Ciò si desume da un manoscritto, senza data, dove sono elencate ventinove “ Sacre Reliquie ritrovate in casa del defunto Arciprete D. Gabriele Rutigliano173”. Tra di esse sono menzionate:

  • al punto 8° “ Ex Ligno S. Crucis D.N.J.Ch. et ossibus S. Petri de Alcantara “;
  • al punto14° “Ex Ligno S. Crucis D.N.J.Ch.”;
  • al punto 26° “Ex Ligno S.Crucis”.

Le due Reliquie indicate ai punti 14° e 26° sono le due Croci patriarcali della chiesa di S. Maria Maggiore e precisamente: quella donata dalla Regina Giovanna II e l’altra portata dai Canonici di S.Giovanni di Gerusalemme, entrambe  ora custodite dalle benedettine di S. Ruggero di Barletta.

Nel monastero di S. Ruggero si custodiscono altri reliquiari contenenti frammenti del Legno della Croce. Ciò viene attestato da:

-                                    bolla del Vescovo Giuseppe M. Castellani, Prefetto Apostolico, che autentica particula ex Ligno SS. Crucis Domini Nostri Jesu Christi, ex velo Beate Marie Virginis, ex Pallio sancti Josephi Sponsi eiusdem Beate Marie Virginia, S. Francisci Assisi Confessoris, ex velo imbuto sanguine S. Petri Apostoli nec non ex ossibus S. Vincentii Ferrerii. S. Hiacynthi Confessoris, S. Petri ( Roma, 28.6.1815);

-                                    bolla del Vescovo di Salerno che autentica le sacre reliquie di: ex ligno Crucis Domini Nostri Jesu Christi, ex ossibus SS. Innocentium, S. Mathaei Apostoli et Evangelistae, S. Stephani Protomartyris et SS. Martyrum Hydruntinorum (Napoli 27.5.1828);

-                                    bolla del Vescovo di Colle, Aloysius Traversi, che autentica la particella ex Ligno Santissime Crucis D.N.J.C. che repone in hac parvula theca argentea ovalis formae cristallo ( 26.12.1886);

-                                    bolla dell’Arcivescovo di Trani, Barletta, Nazareth, Salpi e Canne e Amministratore perpetuo della Chiesa di Bisceglie, Domenico Marinangeli, che autentica particulas sacras ex Ligno Santissimae Crucis Domini Nostri Jesu Christi, ex aliis authenticis particulis (Barletta, 3.3.1905).

 

 

La Sacra Spina che si venera nella chiesa di S. Gaetano

 

Nel Vangelo di Giovanni si legge: “ Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare. Intanto i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, lo rivestirono di un manto di porpora, e andandogli davanti, dicevano: “Salve, o re dei Giudei ! “ e gli davano schiaffi “.

L’intera corona fu, inizialmente, conservata da Baldovino I, imperatore d’oriente,nella cappella imperiale del Palagio di Buccoleone in Costantinopoli174  Alla morte del suocero (1237), avendo ereditato l’ Impero di Costantinopoli  e vedendo che la città di Costantinopoli era in pericolo di cadere nelle mani dei Saraceni e dei Greci, Baldovino II di Fiandra donò (1239)175 la corona di spine a Luigi IX, re di Francia. Con questo regalo Baldovino II voleva anche ricompensare il piissimo principe per quanto aveva fatto per la difesa d’Oriente e della Palestina.

Il re fu molto grato per il dono ricevuto e “ ne dimostrò la gratitudine col pagare spontaneamente un prestito che l’Impero aveva preso dalla Repubblica di Venezia”176.

La sacra Reliquia della Corona di spine fu poi dal re destinata nella Saint-Chapelle177 fatta appositamente progettare e costruire da Pierre de Montereau178 nell’antico Palais de la Citè.

Dalla Corona furono asportate spine di cui alcune sono conservate:

-                                    nella basilica Sessoriana di Roma: furono portate dalla Palestina da S. Elena 179;

-                                    nel tempio di S. Vincenzo180 di Parigi: furono portate  da Costantinopoli da S. Germano (496-576), vescovo di Parigi, che le aveva ricevute in dono dall’imperatore Giustiniano;

-                                    nella chiesa di S. Dionigi: furono portate da Filippo II Augusto, re di Francia (1180-1223), cognato di Baldovino I, al termine dell’assedio di S. Giovanni d’Acri;

-                                    nella chiesa dei francescani di Seltz 181;

-                                    nell’abbazia di S. Eligio presso Arras182;

-                                    nella chiesa di Toledo 183;

-                                    nella chiesa dei Gesuiti di Northumberland184;

-                                    nella chiesa di S. Gaetano (fig. 25) di Barletta.

Ma come e quando giunse a Barletta?

Nel paragrafo concernente gli Ordini religiosi si è fatto cenno alla fondazione dell’Ordine della SS. Trinità, avvenuta nel XII secolo ad opera di S. Giovanni de Matha e di S. Felice di Valois e  alla presenza dei Trinitari in Barletta nel secolo successivo.

S. Giovanni de Matha, per assistere i crociati impegnati in Oriente, aveva inviato al loro seguito i religiosi del proprio Ordine. Tra questi religiosi vi furono anche: Guglielmo lo Scozzese (1217-1222) e Nicolò I,

rispettivamente terzo e sesto Generale dell’Ordine. Quest’ultimo, in particolare, si guadagnò la stima di re Luigi IX, Terziario trinitario divenendone cappellano e consigliere nel corso della settima crociata (1248-49) intrapresa dallo stesso re185.

Quindi potrebbero essere stati i Trinitari venuti in quel tempo (XIII sec.) a Barletta a portare la spina della Corona. Lasciando la città, i Trinitari donarono la sacra Reliquia ai confratelli della SS. Trinità  che provvidero  poi a conservarla nella chiesa di S. Gaetano dando seguito al culto e alla celebrazione della S. Spina.

 

 


 

153 S. Santeramo “ Le due Croci Patriarcali di Barletta”, o.c., p.99.

154 Il Radulfus portò a Barletta anche la pisside eucaristica e l’ostensorio. La pisside, alta 17 cm., larga 33 cm. e del peso di kg.1,520, ha la forma di un pavoncello ( sotto la coda è incisa la data del 1184) ed è di bronzo smaltato di vari colori.  L’ostensorio, per esporre l’ostia consacrata, è alto 38,5 cm..

155 Il Sindaco Antonio de Falconibus, i Priori e gli Eletti, pur non disponendo di mezzi finanziari , il 20.5.1540 fecero anticipare dai banchieri Ravaschieri  e Pinelli di Napoli ducati 4, tarì 3 e grana 12 per le torce della vera Croce ( C.D.barl. vol. VI, p.179, doc. 310.

156 S.Santeramo: “Le due croci patriarcali ecc.” o.c., pp . 6 e 7.

157 Evidentemente si volle dotare l’altare della Vera Croce di jus patronatus laicorum  de domo et famiglia Maglio (Relazione di Sacra Visita del marzo 1566).

158 La croce era di rame indorata di un palmo e mezzo circa, con una palla con un manico di rame indorato sopra la quale se pone detta croce, la quale è lavorata di gisello et in mezo da una banna è l’immagine de nostro Signore Crucifixo  de argento de peso de onze seie et trapezi 10…dall’altra banna un calice de rame indorato et intorno detta croce un friso de rame inargentato con sedici pallottini et c.10 zarrafini tutti di rame indacti “.

159 S. Santeramo  (“ Le due croci ecc..”, o.c.) distingue le sei pietre in tre bianche, due rubini e un lapislazzuli. Egli riporta otto pietre gialle, per cui tra il 1914 e 1998 è venuta a mancarne una.

159 vedi  stessa nota sopra.

160 GIOVANNA I ( Napoli 1326-Aversa 1382), figlia di Carlo d’Angiò, duca di Calabria, e di Margherita di Valois regina di Sicilia  (1343-1371) e regina di Napoli (1371-1381), fu coinvolta in una congiura di palazzo che costò la vita a suo marito e cugino Andrea  (1345), fratello di Luigi I il Grande re d’Ungheria.

     GIOVANNA  II d’Angiò Durazzo (Napoli 1371-1435), figlia del re Carlo III (occupò Napoli il 16.7.1381) e di Margherita di Durazzo (morta nel 1412). Rimasta vedova (1406) di Guglielmo d’Asburgo, duca d’Austria, succedette nel regno al fratello Ladislao il Magnanimo (1376-1414). Passò a nuove nozze con Giacomo II di Borbone, conte di La Marche (1415) che usurpò il trono il 10.10.1415.

161 I tre pezzi della Croce sono disposti: due al centro in cui le aste orizzontali s’intersecano con l’asta verticale e una sull’asta verticale e precisamente sopra lo stemma accartocciato. Il pezzo all’imcrocio dell’asta orizzontale è di cm. 2x1; gli altri due sono di l cmq.

162 S. Santeramo “Guida illustrata di Barletta “-Scuola Tipografica, Bagnoregio, 1926, p.24.

163 S. Santeramo “Le due croci ecc.”, o.c., p.8.

164(Rizzoli-Larousse,o.c., vol.I, Milano, 1966, p.466). 

 Angiò, antica regione della Francia nord-occidentale. Nella seconda metà del IX secolo apparve la contea di Angers, che Roberto il Forte difese contro i Normanni e lasciò poi al figlio Roberto I, effimero re di Francia, cui si deve l’insediamento di un visconte, Ingelger, fondatore della prina dinastia Angioina, che col figlio e successo di quest’ultimo – Folco il Rosso – divenne comitale. Nel 987, salito al trono di Francia Ugo Capeto, diretto sovrano della contea, questa toccò a un discendente di Folco il Rosso, Folco Nerra o il Nero, il quale col figlio Goffredo Martello estese l’Angiò ai Manges, al Saumurois, a una parte della Turenna e s’impossessò poi del Vendòme e del Maine. La contea divenne così uno dei più importanti feudi francesi; Folco V e il figlio Goffredo Plantageneto, per vassalli fedeli del re di Francia, tennero corte ad Angers e vi esercitarono i diritti di giustizia, coadiuvati da un conestabile e da un siniscalco (sec.XII). 

165 (Rizzoli-Larousse, o.c., vol. VI, Milano 1967, p.389). Da Luigi VIII a Carlo V lo scudo reale di Francia era formato da un campo azzurro seminato di gigli d’oro; dal 1376, i gigli d’oro furono ridotti a tre (fig. 19)                                                              

166 (C.D.barl. vol.X, p.461,doc.654). Un documento del 25.5.1564 (C.D.barl., vol. IX,p.282, doc.400) attesta che la chiesa di S. Maria della Misericordia fu concessa dal clero di S. Maria Maggiore di Barletta a fra Ludovico Iannotto di Capua;

Un altro documento, datato 3.5.1580, dice che la chiesa  apparteneva alla cappella del SS. Sacramento in S. Maria Maggiore. Il complesso edilizio (chiesa ed ospedale) , demolito nel 1933, sorgeva sul bivio tra  due strade campestri: una conduceva al lido del mare distante circa 80 m., ora occupata dalla Cartiera, l’altra ,parte della quale anche occupata dalla Cartiera, prosegue verso la contrada denominata “ Belvedere-Misericordia “.

167 C.D.barl. vol. IV, p.28, doc.42.

168 S. Santeramo “Canne – Nazareth – Barletta” o.c., p.20.

169 L’Archiepiscopio (Arcivescovado) Nazareno era ubicato in via Nazareth dov’è tuttora il palazzo arcivescovile.

170 (S.Santeramo in “Le due croci…” o.c., nota 1, p.7) Quando ho visto questa croce ho pensato di aver ritrovato quella confezionata nel 1528, (vedi nota 158 del precedente paragrafo concernente la chiesa di S. Maria Maggiore (cattedrale).

171 Mons. Filippo Caracciolo, Vescovo di Melfi, il 12.10.1826, effettuato il riconoscimento, rilasciò attestazione, che si conserva nell’archivio del monastero di S.Ruggero, da cui risulta aver riconosciuto “partyculam SS. Crucis D.N.J.C. “ che “riposuimus et collocavimus in theca argentea ad modum Crucis depurata bene causa et funicolo serico coloris nigro colligata ac sigillo nostro signata in cera rubra…”

172 Si ricorda che nel 1291, caduto il Regno Latino di Gerusalemme, l’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni, fortificandosi in Rodi, cambiò la denominazione in Cavalieri di S.Giovanni di Rodi e continuarono a tenere Cipro fino al 1310. Da Cipro, il Gran Maestro Oddone de Pins, partito per l’Italia per recarsi dal Pontefice Bonifacio VIII, morì durante il viaggio; pertanto fu sepolto  (1296) nella Casa Priorale di Barletta.

173 Archivio Curia Arcivescovile  di Barletta.

174 (o.c. da  mons. E. Merra in Rassegna Pugliese, p.240). Rigordius “De gest. Philippi Aug. « apud Raynald an. 1205.

175 Rizzoli-Larousse, o.c., vol. II, Milano 1966, p.266.

176 G. Moroni, o.c., vol. XVII, Venezia 1842, p.192 e vol. LXVIII, Venezia 1854, p.287.

177 La Corona fu ivi custodita fino al 1791. Successivamente trasportata a Saint-Denis des Mèdailles (1793-1804), fu infine consegnata all’Arcivescovo di Parigi. Da allora è conservata nel tesoro di Nòtre Dame (Rizzoli-Larousse, o.c., vol.IV,Milano 1967, p.536).

178 Rizzoli-Larousse, o.c., vol. XI, Milano 1969, p.287.

179 Vedi paragr. «  Le ritrovate Reliquie della passione di Gesù ».

180 Aimoin “De gest. Franc., Lib.III, p.IX (o.c. da mons. E. Merra « La S.Spina di Andria » in Rassegna Pugliese n.8, ottobre 1898,p.239.)

181 G. Moroni, o.c., vol. LXVIII, Venezia, 1854, p.287.

182 ibidem

183 ibidem

184 F. Martin “Etude hist. At Archeol. sur les  Reliques de la Passion “(o.c. da mons. E. Merra, sta in Rassegna Pugliese, o.c. p.241).

185 Studenti Trinitari del Collegio Apostolico di Teologia di S. Maria alle Fornaci di Roma “ VIII Centenario della nascita di s.Giovanni de Matha, fondatore dell’Ordine della SS. Trinità –1160/1960 – Tip. L’Editrice Finanziaria, Roma 1960, p.80.

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