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Ho appena visto 11 settembre 2001.
Undici cortometraggi di undici registi provenienti da tutto il
mondo che vogliono raccontare cos'è stato il crollo delle
twin towers. Su undici ne salvo appena quattro: quello della regista
africana (della quale non sono riuscito a memorizzare il nome
per le troppe -ou- francesi), quello di Ken Loach, quello di Mira
Nair (con riserva) e quello di Sean Penn. In breve e in ordine:
cinque ragazzini del Burchina Faso incontrano Bin Laden che gira
per la propria città. Fanno di tutto per catturarlo al
fine di riscuotere la taglia (con la quale procurare medicinali
per i malati, al contrario di quanto farebbero gli adulti per
"macchine donne e sigarette"); ovviamente non ci riescono,
e si limitano a vendere la videocamera di uno dei loro genitori.
Un rifugiato cileno in Inghilterra evidenzia un terribile parallelo
tra l'undici settembre americano e l'undici settembre (1973) cileno;
il regista rovescia abilmente le parole di Bush (quelle sull'attacco
alla libertà), rendendole veramente taglienti. Una donna
pachistana (residente a New York) non ha più notizie del
figlio: all'inizio è ricercato come terrorista, poi si
trova il suo cadavere tra quello dei soccorritori dell'11, e viene
proclamato eroe.
Un vecchio vive da solo in una casa senza sole: parla continuamente
con gli abiti distesi sul letto a rappresentare la moglie morta,
e cura un vaso di fiori secchi. Crollano le due torri, scompare
la loro ombra e la luce invade la casa del vecchio: i fiori rinascono
rigogliosi, ma la gioia del vecchio viene rotta dalla disillusione
e dalla presa di coscienza dell'assenza della moglie.
Gli altri 7 cortometraggi non dicono niente di nuovo né
di utile.
Valerio Cruciani
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