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Home Page31 dicembre 2000

Pace in galleria tra Delogu e gli operai
Iglesias.I lavoratori scrivono al sindaco di Cagliari per scusarsi, lui risponde e va a trovarli a Monteponi.E come regalo, domani sera, concerto dell’Ente Lirico in miniera

Iglesias Una breve telefonata dalla sala argano della galleria Villamarina basta a Mariano Delogu per convincere Mauro Meli ad autorizzare una trasferta del tutto particolare all’Ente Lirico. Alcuni orchestrali, domani pomeriggio, scenderanno nel pozzo Sella per il concerto di Capodanno. Poche parole via cavo, seguite in diretta dai lavoratori socialmente utili e dal consigliere Giampiero Pinna “barricato” in miniera dal 5 novembre, sono sufficienti al primo cittadino di Cagliari per convincere il Soprintendente dell’Ente e confezionare il suo regalo agli operai in lotta. Facendoli così riappacificare dopo le polemiche dei giorni scorsi. Anche se in realtà la pace era scoppiata già qualche minuto prima: quando verso mezzogiorno, all’arrivo in galleria accompagnato dall’assessore regionale all’Ambiente Emilio Pani, il sindaco del capoluogo ha consegnato una lettera a Pinna e ai lavoratori.
Una missiva in risposta al fax di scuse inviato il giorno prima dagli stessi Lsu che avevano manifestato a Cagliari, creando un lungo ingorgo in via Roma e suscitando la rabbia del primo cittadino. Che poi, vedendo la reazione garbata dei lavoratori, ha voluto rispondere accogliendo immediatamente l’invito a visitare Monteponi.
«Ho ricevuto il fax che mi avete inviato ieri -spiega Delogu- e in primo luogo desidero complimentarvi con voi per il tono garbato che avete ritenuto di usare. Un tono inusuale -prosegue il sindaco seguito con attenzione da Pinna, lavoratori e sindacalisti- in questo momento caratterizzato da esternazioni gridate e troppo spesso infarcite da esternazioni ingiuriose. Mi sono così reso conto che anche io ho trasceso nell’usare l’appellativo facinorosi che, oggi, mi appare del tutto inappropriato e del quale mi scuso». Ma Delogu, seduto nella grande sala con al centro un albero di Natale arricchito da tanti piccoli elmetti da minatore colorati, va oltre. «La professione di avvocato che esercito da circa mezzo secolo mi porta a ritenere che le vostre rivendicazioni siano fondate. Solo chi ha ragione può esprimere il suo punto di vista in modo tanto pacato». A conclusione della sua lettera il primo cittadino cita un fatto personale, sottolineando il suo legame con la miniera. «Il pozzo Sella di Monteponi suscita in me tanti ricordi, perché avevo avuto modo di visitare questa miniera già negli anni 50, quando mio padre era l’avvocato della società allora diretta dall’ingegner Musio».
E a distanza di quasi mezzo secolo Delogu ritorna a visitare quei luoghi, accompagnato da Giampiero Pinna, Sergio Usai (segretario della Cgil territoriale) e Giorgio Piras (Uil) in veste di “ciceroni” che illustrano con dovizia di particolari gli ultimi lavori fatti nella galleria (compresa la doccia per il consigliere regionale recluso), mostrano il presepio donato dallo scultore Pinuccio Sciola e i mille segreti della miniera. Tra una descrizione e l’altra Giampiero Pinna esprime il suo desiderio: «speriamo siate gli ultimi visitatori che entrano qui senza pagare il biglietto. In tutti gli altri Paesi, le miniere dismesse sono diventate musei dove i turisti entrano a visitarle pagando il biglietto. Perché qui no»? I visitatori “illustri” annuiscono e l’assessore Emilio Pani, tra i più convinti sostenitori del Parco Geomineario («chi dice che comporterà solo vincoli non conosce il progetto»), ricorda di avere sollecitato il Ministro Willer Bordon, con cui dovrebbe avere un incontro subito dopo le feste, per fare decollare quanto prima il progetto.
Chissà che il Terzo Millennio non segni davvero la svolta per un territorio da troppo tempo in cerca di riscatto.

Cinzia Simbula

 

 

 

Home PageCAGLIARI29 dicembre 2000
Città spezzata in due dal sit-in per il Parco geominerario
Un incubo in via Roma: l’ingorgo
Meno due a San Silvestro.I lavori per il palco e la manifestazione hanno bloccato migliaia di auto

Erano ottanta e sono riusciti a tagliare in due la città nell’ora di punta. Stilettata nel cuore di via Roma, la manifestazione dei lavoratori socialmente utili del Parco geominerario del Sulcis si è trasformata improvvisamente in un blocco stradale. C’era già da digerire la rivoluzione per i lavori di Capodanno e il palco, ma il sit-in di ieri mattina ha paralizzato un chilometro di auto. Pietra dello scandalo, come sempre, la posizione infelice del Consiglio regionale, ma stavolta l’impresa di fermare il traffico è stata compiuta da poche decine di persone. Azione lampo, un cordone fatto di bandiere e striscioni ha chiuso ogni passaggio in via Roma, dai portici sino al muro del porto. E migliaia di auto si sono ritrovate intrappolate senza via di scampo, complice anche il tappo per i lavori del concerto di Capodanno.
Scene da apocalisse stradale (erano passate da poco le dodici e trenta), che ha anche rischiato di degenerare. Un paio di automobilisti hanno tentato di farsi giustizia da soli, sfondando la linea di sbarramento. Uno in particolare, alla guida della sua “Renault Clio”, ha forzato il blocco, colpendo un manifestante e un carabiniere impegnato nel servizio d’ordine. L’auto impazzita è stata fermata qualche metro più avanti dagli agenti di polizia. Ma l’episodio si è concluso senza conseguenze: l’automobilista è stato identificato e subito rilasciato.
Il blocco totale di via Roma è durato un’ora, mettendo a dura prova i vigili urbani, impegnati ad allontanare il serpente di auto dal lungomare. Unica via di collegamento tra la città occidentale e quella orientale è stata la strada interna del porto. Ma ovviamente le auto sono riuscite a passare col contagocce. In tilt anche il trasporto pubblico, già penalizzato dalla chiusura delle corsie centrali di via Roma (per i lavori di Capodanno). Una decina di autobus è stata costretta a fermarsi, provocando ricadute pesanti su quasi tutte le linee della città.
Quasi un’ora di black-out completo, ma per altre due ore via Roma è rimasta in mano ai manifestanti nella carreggiata interna (vicino al palazzo regionale). La circolazione sul versante di mare è ripresa dopo l’intervento degli uomini delle forze dell’ordine, che sono riusciti a convincere i lavoratori precari a diminuire la portata della protesta. Per fortuna il traffico è rientrato nella normalità senza troppi problemi, anche perché le auto in giro per la città durante la settimana di fine anno sono apparse un po’ meno rispetto alle normali giornate feriali.
E dire che la manifestazione era partita quasi in sordina sotto i portici di via Roma. Sit-in come tanti, stavolta animato dalla rabbia dei lavoratori precari che invocano un futuro certo per il parco geominerario. Bandiere, striscioni, qualche commento di protesta contro il Consiglio regionale. Insomma, tutto tra le righe. Poi è rimbalzata all’improvviso la notizia di un dietrofront dell’assemblea del Consiglio sul loro problema. Da qui la decisione di fermare il traffico in via Roma. In un attimo i manifestanti si sono infilati tra le macchine e, con l’aiuto degli striscioni, hanno creato un cordone micidiale che ha paralizzato il traffico. Prese in contropiede, le (poche) forze dell’ordine non hanno potuto far altro che chiedere rinforzi per arginare la situazione. Polizia e carabinieri sono arrivati in forze per evitare conseguenze più pesanti. Nel frattempo, ai lati di via Roma, i vigili urbani hanno dovuto fare i conti con le auto che affluivano da viale Diaz, viale Bonaria, via Sonnino, largo Carlo Felice, viale Trieste, via Riva di Ponente (dove tra l’altro in mattinata è caduto il muro di un vecchio edificio, provocando già altri rallentamenti). Atmosfera ad alta tensione, tra clacson e urla degli automobilisti esasperati. Solo per miracolo la situazione non è degenerata nei lunghi minuti di blocco totale. Poi la decisione di riaprire il lato porto ha riportato un po’ di calma: le auto hanno ripreso e circolare, prima a passo d’uomo poi senza più intoppi, nonostante la chiusura del lato portici di via Roma.
C’è voluta una lunga opera di mediazione di polizia e carabinieri per convincere i lavoratori socialmente utili a mollare la presa. Il rompete le righe è arrivato alle 15 in punto, quando il sit-in si è trasferito sotto i portici. Alle 16 le porte del palazzo si sono aperte ed è cominciata la trattativa sindacale con i consiglieri regionali. Mentre la città si leccava le ferite per l’ennesimo assalto alla sua arteria vitale.

Giulio Zasso
Home PageCAGLIARI29 dicembre 2000
Il sindaco Delogu scrive a prefetto e questore
«I blocchi stradali sono una sciagura»

Ora basta. Il sindaco sbotta, dopo l’ennesima manifestazione di protesta che ieri mattina ha paralizzato via Roma: «Non è ammissibile che per la tutela di interessi settoriali si metta in ginocchio una città». Mariano Delogu ha scritto al prefetto e al questore una lettera che gronda rabbia: la stessa delle migliaia di automobilisti che, dopo aver trascorso quasi un mese imbottigliati nel traffico prenatalizio, ieri hanno bruciato un’intera mattinata in coda.
Tutta colpa della manifestazione dei lavoratori socialmente utili del parco geominerario di Iglesias, che si sono radunati di fronte al palazzo del Consiglio regionale. Al di là dei motivi della protesta (il sindaco non entra nel merito), Delogu lamenta il fatto che la manifestazione di ieri ha «spezzato in due Cagliari e creato gravissimi disagi a tutti i cittadini».
Al prefetto Efisio Orrù e al questore Antonio Pitea, il primo cittadino chiede che «per il futuro valutino la possibilità di adottare tutti i provvedimenti consentiti dalla legge perché situazioni simili non si ripetano». Nessuna novità: la richiesta del sindaco è uguale a quella che i cagliaritani avanzano da tempo, cioè studiare un piano per convogliare i manifestanti in punti ben determinati. In questo modo, si può rendere percorribile almeno un lato della via Roma. «So perfettamente che il reato di blocco stradale è stato improvvidamente abrogato», si legge ancora nella lettera scritta da Delogu, «però questo non può consentire a un gruppo di facinorosi di mettere in ginocchio la città».
Sul fatto che una soluzione debba essere trovata, concordano anche i destinatari del messaggio. Il prefetto e il questore si riuniranno subito dopo Capodanno per risolvere il problema dei manifestanti che, a turno e per le più svariate ragioni, paralizzano la città. L’attacco alla circolazione stradale compiuto ieri mattina dai lavoratori socialmente utili, pur afflitti da problemi gravi, ha sortito effetti devastanti: il lato mare e il lato portici di via Roma sono rimasti bloccati per ore e al sindaco non è andata giù. Il prefetto Orrù la pensa esattamente come il primo cittadino: «Bisogna trovare soluzioni compatibili tra il diritto alla protesta dei lavoratori e quello a vivere la propria città, che deve essere garantito ai cagliaritani».
Dalla polizia giunge invece una risposta “operativa”: un’informativa della Digos sarà presto inviata al magistrato, il quale valuterà la posizione dei manifestanti che ieri hanno paralizzato il centro della città. «I fatti di via Roma con l’identificazione degli organizzatori e dei partecipanti alla protesta», spiegano all’Ufficio stampa della Questura, «saranno oggetto di riferimento all’autorità giudiziaria per una valutazione». La parola, dunque, passa ora al magistrato. In attesa del prossimo ingorgo.

M. G.
Home PageCRONACA REGIONALE29 dicembre 2000
Respinto l’ordine del giorno sul Parco geominerario dopo un tentativo di mediazione del presidente Mario Floris
Boccata d’ossigeno per la Regione

l Consiglio regionale ha approvato ieri sera la legge che autorizza l’esercizio provvisorio fino al 28 febbraio consentendo così alla Regione, in attesa che venga approvata la Finanziaria, di far fronte almeno alle spese obbligatorie. Ha votato a favore la maggioranza, mentre l’opposizione non ha partecipato al voto. Non è stata concessa l’urgenza (mancava la maggioranza qualificata) e, quindi, la legge entrerà in vigore - come avviene in genere - 15 giorni dopo la pubblicazione sul Buras, il Bollettino ufficiale della Regione. Durissimo lo scontro tra maggioranza e opposizione che si è trascinato per tutta la giornata, incattivito dalla spaccatura su un ordine del giorno dei capigruppo del centrosinistra a sostegno del parco Geominerario e dei lavoratori socialmente utili, che ieri hanno manifestato sotto il palazzo del Consiglio regionale. Il documento è stato bocciato dal Consiglio con i 25 sì dell’opposizione e i 39 no della maggioranza. Una votazione accolta dalle urla di protesta dei lavoratori socialmente utili e dei sindacalisti («buffoni, dovreste trovarvi nella nostra situazione»), trascinati fuori con la forza dai commessi.
Il presidente della Regione, Mario Floris, ha cercato di mediare proponendo di sospendere l’ordine del giorno in attesa dell’incontro con il ministro dell’Ambiente, Willer Bordon, annunciato in aula dall’assessore Emilio Pani, che si svolgerà a Roma l’8 gennaio proprio per cercare un’intesa sull’avvio del parco Geominerario. Tentativo fallito.
ESERCIZIO PROVVISORIO. La maggioranza è soddisfatta per l’approvazione della legge. L’assessore del Bilancio, Pietro Pittalis, sottolinea «la compattezza della maggioranza che non è caduta neppure una volta nelle votazioni a scrutinio segreto». Il centrosinistra ha polemizzato, prima in commissione e poi in aula, su mille miliardi (non spesi durante quest’anno) conservati in conto residui per poter essere utilizzati l’anno prossimo. Pittalis ha respinto le accuse dell’opposizione sui «ritardi» nella spendita di denaro. «Sono anzi stati anticipati i tempi - ha detto Pittalis - perché la Giunta, insediatasi alla fine del novembre 1999, ha affrontato una serie di emergenze». Per quanto riguarda i residui, «la gran parte provengono da programmi del Pop (programma operativo plurifondo) 1994-1999». Si tratta quindi, ha concluso Pittalis, «di fattori che non dipendono affatto dalla responsabilità di questa Giunta regionale, i cui flussi di spesa sono più veloci di quelli degli anno trascorsi, come i dati della ragioneria evidenziano».
PARCO GEOMINERARIO. Durissima la battaglia sull’ordine del giorno proposto dai capigruppo del centrosinistra. Per tutta la settimana si è lavorato a una soluzione unitaria ma le trattative sono fallite. Nel documento, Renato Cugini (Ds), Bruno Dettori (Democratici), Paolo Fadda (Ppi), Peppino Balia (Socialisti uniti), Luigi Cogodi (Prc) e Giacomo Sanna (Psd’Az) chiedevano alla Giunta di «predisporre con immediatezza i piani di impiego e di stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili, l’assunzione dei lavoratori in società miste», la definizione dell’intesa Stato-Regione sul parco Geominerario e di incaricare l’Igea di predisporre i piani di stabilizzazione per i lavoratori impegnati nel parco. Ma il centrodestra ha contestato un documento giudicato «dal chiaro sapore elettorale». Per Mario Floris «il centrosinistra ha cercato lo scontro. Volevamo una soluzione unitaria ma non c’erano le condizioni». Giunta e maggioranza, dice ancora il presidente, «sono impegnate per risolvere le questioni aperte e venire incontro alle richieste dei lavoratori».

Fabrizio Meloni

 

Home PageIGLESIAS29 dicembre 2000
«La Regione faccia la sua parte»

La Cisl regionale ha chiesto l’accelerazione del confronto con la Regione per definire il progetto di stabilizzazione del Geoparco. Lo ha fatto nei giorni scorsi dopo l’approvazione dell’emendamento alla legge finanziaria, licenziato dalla Camera dei Deputati, che consente dal 2001 di iniziare le attività per la conservazione, anche per finalità sociali e produttive, di importanti siti e beni provenienti dall’attività mineraria. Contemporaneamente all’avvio del progetto di stabilizzazione, per la Cisl occorre verificare l’attuazione del regolamento per rendere fruibile il parco ai soggetti interessati. Le direttive sindacali sono state delineate durante la riunione del coordinamento regionale Cisl dei lavoratori sociali riunito nei giorni scorsi col segretario regionale Mario Moro e le strutture interessate di Cagliari, Sassari, Nuoro, Carbonia e Oristano. L’assemblea ha espresso un giudizio positivo «sulla proroga del progetto Lsu Parco Geominerario».

A. M.
Home PageIGLESIAS29 dicembre 2000
«Si è già dimesso altre volte, questa volta sia serio»

Scoppia la polemica tra gli operai del Geoparco (che come dimostra la foto, ieri mattina hanno bloccato il traffico in via Roma a Cagliari) e Daverio Giovannetti. «Probabilmente l’ex senatore non conosce bene il nostro problema -esordisce Emanuele Atzei- su 550 lavoratori solo 16 sono ex calzaturieri, gli altri provengono da realtà differenti». Nei cantieri del Geoparco, sono impegnati ex cassaintegrati che lavoravano a Portovesme, muratori e dipendenti di società che hanno chiuso i battenti, mandando il personale a casa. «Sicuramente Giovannetti non sa che l’ottanta per cento dei dipendenti Igea è composto da impiegati, funzionari e dirigenti». Le accuse dei lavoratori contro l’ex parlamentare comunista non si fermano. «Le sue parole non sono più autorevoli -aggiunge Atzei- inoltre noi non siamo minatori. Ci consideriamo i custodi della storia mineraria, promotori di un nuovo modello di sviluppo». E dagli lsu un invito: «È la terza volta che il senatore si autosospende dal partito -polemizza Franco Cubeddu- è ora che lo faccia veramente».

D. M.

 

 

Home PageIGLESIAS28 dicembre 2000
L’intervista.Il j’accuse dell’ex senatore: troppi sindaci in cerca di un posto, no alla super-federazione
«Mi autosospendo dal partito»
Giovannetti: Giampiero Pinna fa il protagonista come Pili

«Mi autosospendo dal partito». Daverio Giovannetti, uno dei principali leader del vecchio Pci di Iglesias e della Sardegna, senatore in pensione, protagonista di mille battaglie sindacali, nonostante l’età e gli acciacchi che gli hanno minato la salute, è sempre sulla breccia. Partecipa alle riunioni dei ds (di cui ha preso la tessera), non è mancato nell’ultimo congresso cittadino che ha sancito la nomina di Paola Fadda ai vertici della segreteria, ma ora ha deciso di “urlare” la sua rabbia per come il partito sta gestendo il delicato momento della vita politica e sociale del territorio. Chiude, insomma, il 2000 con un atto di protesta. Se la prende con Giampiero Pinna - chiuso a Villamarina dal 5 novembre -, ma punta l’indice anche contro i vertici dei Ds regionali e quei sindaci che “sgomitano” alla ricerca di spazio politico.
«Per questo - dice - mi autosospendo sino alla vigilia delle prossime elezioni politiche. Non voglio assistere ad una nuova indecorosa battaglia da parte di coloro che sono in carica e che si ritengono indispensabili».
Quindi nessuna critica sulla linea nazionale dei ds?
«No. Dal giorno dell’apertura della campagna elettorale combatterò contro Berlusconi, Fini, Bossi, Casini, Buttiglione, nel limite delle mie possibilità di invalido. Ripeto, la mia decisione non riguarda la non adesione alla linea del partito, specie dopo la riunione della direzione dei giorni scorsi»
Quindi, con chi se la prende?
«Mi lasci dire. Dal giorno della Bolognina e sin dalla costituzione del Pds sono stato d’accordo con ciò che il partito ha portato avanti. La mia decisione riguarda altri motivi».
Motivi locali e regionali?
«Esatto».
Lei è stato molto critico nei confronti dell’azione portata avanti dal consigliere regionale Giampiero Pinna. Ha fatto pressioni anche nei confronti della Chiesa.
«Quello di Pinna è soltanto protagonismo: vuole emulare Mauro Pili. Ho scritto a tutti, ma c’è stata l’assenza di una decisione in merito alla sua assurda e solitaria iniziativa. Ha sbagliato tutto. Quegli Lsu non sono minatori, sono ex calzaturieri. Hanno anche diritto al lavoro, ma nel parco Geominerario dovranno andarci i minatori perchè l’Igea è destinata a scomparire».
Un altro motivo della sua autosospensione?
«La degenerazione che ho visto assistendo al ruolo sempre più determinante negli organi dirigenti del partito dei parlamentari di tutti i livelli rispetto agli iscritti. E poi il ruolo sempre più da super-sezione di Carbonia della Federazione».
Cioè, federazione campanilista?
«Non voglio aprire una battaglia di campanile: è contro la mia formazione. Dico che la Federazione tende a trasferire più poteri possibile su quel versante. Intervengo quando sento che il consigliere provinciale Guadagnini mi osteggia sul porto canale. Penso che lui sia preoccupato di una scelta che pone Iglesias tra due aree e che quindi può diventare il fulcro utilizzando le aree minerarie per farne il polo manifatturiero che è la terza gamba non realizzata delle tre “M”.
Senatore, sta parlando del famoso minerario, metallurgico, manifatturiero?
«Esatto».
Lei se la prende anche con i sindaci.
«Hanno concluso i loro due mandati. Come Pili mirano ad una nuova collocazione. Per intenderci, mi riferisco a Graziano Milia, supportato da Pier Sandro Scano e forse da Andrea Raggio. Poi vi sono i sindaci di Guspini, particolarmente attivo in questa fase del parco Geominerario. Vi sono i sindaci di Carbonia, Gonnesa ed altri ancora. Tutti in cerca di spazio».
Lei ricorda sempre anche la vicenda Pili.
«Per le elezioni d’Iglesias mi pronunciai contro la candidatura di Marras. Non per motivi personali, ma politici. Non mi si dettero ascolto e Pili ottenne il secondo successo a danno di Iglesias».

Antonio Martinelli

IGLESIASgiovedì 28 dicembre 2000, SS. Innocenti
IL PARLAMENTARE DS
SALVATORE CHERCHI
«La Regione non si è mossa
per Geoparco e lavoratori sociali»
Fondi comunitari «Nel primo anno hanno raggiunto risultato zero»

di Giampaolo Meloni

IGLESIAS. «Solidarietà parolaia, nessun atto concreto. La Regione sarda è stata totalmente assente nella vicenda del Parco Geomineraio». Salvatore Cherchi, parlamentare diessino, autore della proposta di legge per l'istituzione del Geoparco varata ora con la Finanziaria del governo centrale, attacca duramente l'esecutivo di Mario Floris proprio nel giorno in cui (cioè oggi) il consiglio regionale si appresta a mettere in cantiere un ordine del giorno di impegno sulla questione. «Non hanno saputo impegnare una sola lira», ribadisce.
Polemica e sollecitazione insieme. Così il deputato del centrosinistra Salvatore Cherchi spiega le sue parole. «Si sta verificando - osserva - che noi abbiamo approvato la Finanziaria, ormai legge dello Stato essendo stata firmata da Ciampi, e quindi il Parco Geominerario è legge per iniziativa dei parlamentari del centrosinistra, e segnatamente mia».
-Il centrodestra come si è mosso?
«C'è stato un intervento molto critico dell'onorevole Tassone del Ccd, che ha parlato contro il progetto. Hanno boicottato la legislativa e questo mi ha costretto a mettere la legge in Finanziaria».
-Ma ormai è superato.
«Lo voglio dire per chiarezza delle posizioni. La legge è arrivata al traguardo (vorrei dire che in parlamento vengono presentate tra le 15 e le ventimila proposte di legge), questa non è stata solo presentata ma è stata seguita nel percorso fino al punto della conclusione».
-C'era un'altra strada?
«Il Parco poteva essere costituito anche con legge regionale. Ma la Regione è assente nella istituzione del Parco, ne riconosce l'importanza ma di fatto delega al Parlamento un atto che poteva essere tranquillamente adottato dalla stessa Regione».
-Si poteva fare?
«Non c'è nulla sul piano legislativo, dei poteri che impedisse la legge regionale. Comunque la legge passa. Mancano ora l'Intesa e l'atto costitutivo. Anche in questo caso la Regione dovrebbe avere interesse primario alla costituzione e poi al rapido funzionamento del Parco e tutto ciò che questo rappresenta per le aree minerarie dismesse non solo nel Sulcis Iglesiente: ma anche in questo caso è totalmente assente».
-Tempo perso, lei dice?
«Il Governo e il ministro Bordon, e prima Ronchi avevano offerto piena disponibilità e piena collaborazione a procedere, in maniera che subito dopo l'approvazione della legge si potesse costituire il Parco, mentre questo è un lavoro ancora tutto da fare».
-Vede qualche rischio?
«Il rischio è che passino diversi mesi prima che gli atti istitutivi effettivi che sono l'Intesa, il conseguente decreto e l'approvazione dello statuto del Consorzio arrivino in porto. Tra l'altro non dimentichiamo che altri tre mesi e la legislatura è finita, quindi occorre fare in fretta».
-In tutta questa vicenda c'è soprattutto il destino dei lavoratori socialmente utili.
«La collocazione al lavoro dei lavoratori socialmente utili e, bisogna dire, anche dei giovani. Torniamo ancora una volta al punto. In Finanziaria ci sono le risorse per la stabilizzazione di trentamila lavoratori utili, cioè escono dalla condizione di precarietà e attraverso le convenzioni governo-regioni vengono collocati al lavoro, non precario ma su base contrattuale per almeno diciotto mesi. Di questi trentamila, diecimila sono riservati alle Regioni, per programmi regionali».
-Il problema è risolto.
«In Finanziaria ci sono risorse e condizioni normative per stabilizzare questi lavoratori. Tutte queste cose potevano essere definite, ma anche qui siamo totalmente per aria, non c'è nessun lavoro fatto dalla Regione».
-Il consiglio regionale dovrebbe dichiarare oggi una volontà favorevole al Geoparco.
«Oggi voteranno un ordine del giorno che dirà un impegno a fare, che è importante ma non siamo ancora alla realizzazione».
- Forse nel confronto sui finanziamenti europei c'è anche questo scenario.
«Non sarò qui a ricordare che si cono i soldi dal '94 non spesi. Ma insisto sul punto, decisivo non solo per i lavoratori dell'intera zona: i programmi comunitari. È finito il primo anno, sono oltre undicimila miliardi i fondi che riguardano i programmi comunitari, la Regione sarda, finito il primo anno consuntivizza zero. Cioè, non ha avviato un solo nuovo programma. Anche in questo caso, si dirà, bisogna investire, spendere risorse per il recupero delle aree minerarie dismesse, per il risanamento, d'accordo, tutto importante, ma tutte cose a futura memoria».
-Intanto?
«Intanto il primo anno è trascorso, questi lavoratori che sono accampati a Monteponi potevano essere già, e voglio dire anche a prescindere dalla legge, collocati in lavori stabili. C'è invece il paradosso che ci sono programmi, progetti, soldi fermi. Il primo anno dei Fondi è trascorso vanamente, non è stata impegnata una sola lira, e questa è la situazione».

 

PRIMO PIANOmercoledì 27 dicembre 2000, Santa Famiglia
Il vescovo sottoterra con gli ex minatori
Iglesias, messa di Natale nel pozzo occupato da Giampiero Pinna
Monsignor Pillolla: «Questa galleria come la grotta di Betlemme»

Erminio Ariu

MONTEPONI. Natale 2000 in miniera, trasformata in grotta di Betlemme, per i lavoratori socialmente utili del parco geominerario della Sardegna che nel giorno della natività hanno ricevuto centinaia di visite e attestati di solidarietà da tutta l'isola. Non poteva mancare la santa messa officiata da monsignor Tarcisio Pillolla e dal diacono Nico Grillo della Comunità Emmaus di Iglesias. I minatori hanno sistemato l'altare davanti alla gabbia arrugginita di Pozzo Sella su cui è stato issato il Cristo in legno realizzato dall'artista Pinuccio Sciola. Ad assistere alla messa, oltre al consigliere regionale Giampiero Pinna, che sta occupando la galleria Villamarina da 50 giorni con altri quattro minatori, c'erano uomini politici e sindacalisti.
Tra gli altri i sindaci di Iglesias, Paolo Collu, di Fluminimaggiore, di Laconi e i consiglieri regionali Emanuele Sanna, Paolo Fadda e il consulente del ministro dell'Industria, Enrico Letta, Francesco Sanna, oltre ai segretari territoriali di Cgil, Cisl e Uil. «Sono sacerdote da 46 anni - ha detto monsignor Pillolla, - e quindi nell'arco di questo lungo periodo ho celebrato 46 volte la festa della natività: di tutte queste celebrazioni ho un particolare ricordo che mi commuove. Ma sicuramente il Natale che sto vivendo in mezzo a voi avrà un posto privilegiato nella mia mente soprattutto per le analogie che intercorrono con il Natale di Gesù a Betlemme, 2001 anni fa.
«Gesù - ha proseguito Pillolla - ha sperimentato i disagi che i poveri vivono sulla loro pelle e sono gli stessi di quanti non hanno lavoro. Uno dei drammi del nostro tempo è la disoccupazione, specialmente quella giovanile. Il non poter disporre di un lavoro è una prova drammatica. Perciò mi rivolgo a quanti, qui presenti, hanno cariche istituzionali perchè facciano il possibile e un po' anche l'impossibile perchè riducano il numero dei disoccupati».
Nella miniera di Monteponi il giorno di Natale c'erano oltre 200 lavoratori socialmente utili con le loro famiglie che non accettano più una esistenza basata su un assegno sociale di 800mila lire al mese.
«Mi auguro che questa vertenza si concluda in fretta - ha concluso monsignor Pillolla - per dare il giusto riconoscimento a questi lavoratori ma anche perchè Giampiero (Pinna, ndr) torni tra i suoi familiari».
Dopo 50 giorni, nonostante il Parlamento abbia approvato definitivamente la finanziaria e quindi anche la legge istitutiva del parco geominerario, i Comuni interessati non hanno ancora approvato lo statuto che dovrà gestire i rapporti tra i vari enti. Giampiero Pinna e i 550 minatori sono decisi a continuare la lotta finchè non saranno certe le regole del parco e finchè gli ex minatori non saranno stabilizzati. La presenza del sindaco di Iglesias ha lasciato intendere che il Comune che dispone del più imponente patrimonio minerario ha abbracciato la lotta dei minatori sardi. Ma con il trascorrere dei giorni il consenso per il parco geominerario si fa più consistente e qualificato.

 

27 Dicembre 2000
Dobbiamo ragionare su quello che è successo
L.s.u. Parco Geominerario Storico e Ambientale (Sardegna):

i lavoratori L.s.u. del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna e il consigliere regionale Giampiero Pinna, che da 50 giorni occupano il Pozzo Sella della miniera di Monteponi, esprimono la più viva solidarietà per il vile attentato che ha colpito la sede del vostro giornale.
La nostra partecipazione è ancora più sentita in considerazione del fatto che il vostro giornale è stato l'unico quotidiano nazionale ad aver considerato e dato risalto alla nostra lotta.
Sosteniamo la vostra decisione di continuare nel vostro importante lavoro per mantenere nel nostro paese una voce decisa in difesa dei più deboli. Per la stessa ragione anche noi continueremo l'occupazione della miniera anche durante le prossime festività.

 

 

Home Page27 dicembre 2000IGLESIAS
Il vescovo Pillolla: «Qui riviviamo lo stesso clima della nascita di Gesù»

Monteponi Messa di Natale nella galleria occupata per i 550 lavoratori socialmente utili del Parco Geominerario. Il cancello all’ingresso della galleria Villamarina si è così aperto per la prima volta al pubblico. O meglio alle 150 persone che con tanto di elmetto bianco hanno assistito alla messa celebrata da monsignor Tarcisio Pillolla, vescovo di Iglesias. Pozzo Vittorio, un caso unico nella storia delle miniere del Sulcis Iglesiente e delle occupazioni, si è trasformato in chiesa. «In quarantasei anni di sacerdozio è la prima volta che celebro la messa in una galleria - ha detto il vescovo di Iglesias nella sua omelia - qui riviviamo quasi lo stesso clima della nascita di Gesù. Una grotta, un ambiente povero e soprattutto tanta speranza». E proprio ricordando l’attesa, monsignor Pillolla ha aggiunto:« Gli operai dei lavori socialmente utili aspettano il parco Geominerario che non risolverà la disoccupazione, ma sarà almeno un tampone». Davanti al crocifisso di Pinuccio Sciola, sistemato proprio sull’ascensore che i minatori usavano raggiungere le gallerie ai piani inferiori, gli amministratori dei Comuni minerari e qualche consigliere regionale. Tutti a portare solidarietà alle tute verdi e a Giampiero Pinna, il consigliere regionale diessino che ha iniziato l’occupazione del pozzo il 5 novembre. La battaglia delle tute verdi comunque non è conclusa. Per domani è previsto un incontro dei lavoratori a Cagliari. «Verrà presentato un ordine del giorno congiunto- ha detto Mario Baraglia- e vogliamo essere presenti. Devono dimostrarci solidarietà sul campo, non solo a parole». L’occupazione della galleria di Monteponi, dovrebbe continuare comunque sino al nuovo anno. Prima di risolvere la vertenza devono essere approvati i piani di stabilizzazione, ovvero i progetti per impegnare i lavoratori socialmente utili, siglata l’intesa Stato Regione. Alla fine della messa gli auguri ai lavoratori che all’interno della galleria hanno allestito il presepe con vecchi attrezzi usati dai minatori.

Davide Madeddu

 

 

PRIMO PIANOdomenica 24 dicembre 2000, S. Delfino V
Sciopero della fame nel pozzo
Il consigliere regionale ds Pinna prosegue nell'occupazione
Monteponi: dopo cinquanta giorni di vertenza, resta ancora incerta la sorte del parco geominerario e degli Lsu mentre si continuano ad accumulare ritardi                

Gianfranco Bitti

IGLESIAS. Cinquanta giorni ad oggi chiuso in miniera, e la volontà di continuare ancora a lungo, «almeno fino a quando non vedremo risultati concreti». Giampiero Pinna, consigliere regionale e comunale ds, è scottato dall'esperienza di un anno fa: occupò con clamore la palazzina liberty Bellavista di Monteponi per toglierla dalla disponibilità del Comune di Iglesias.
L'aveva occupata precedentemente anche l'allora sindaco Mauro Pili con lo scopo di restituirla all'Igea,perchè avviasse i lavori di restauro già finanziati. Dietro la promessa di un immediato avvio del cantiere da parte della giunta regionale, Pinna restituì le chiavi e lasciò la villa mentre gli operai installavano le transenne ed il cartello di inizio lavori. Villa Bellavista è ancora così come l'aveva riconsegnata, un rudere senza le transenne finte, rubate nel frattempo. «C'è la legge istitutiva, è un successo importante per questa lotta, ma di concreto per l'avvio del parco e la stabilizzazione degli Lsu c'è molto da fare, e ci sono tanti inspiegabili ritardi», dice nella prima conferenza stampa dall'inizio dell'occupazione del Pozzo Vittorio. Pinna, già presidente dell'Ente Minerario Sardo (unico ente regionale disciolto) aveva ereditato l'idea del Parco Geominerario e Ambientale, trasformandola in realtà. «Ho deciso per un atto estremo quando ho saputo, per voce del vicepresidente della Camera, che il progetto di legge si era impantanato in commissione, e non sarebbe passato in questa legislatura - spiega -: una pessima figura nei confronti dell'Unesco, dei tanti che in questi anni si sono spesi gratuitamente per la sua realizzazione».
Un'occupazione vecchio stile, con i sacchi a pelo dentro la miniera e il cancello di ferro da presidiare, che nell'ambiente politico è stata accolta da scetticismo e ironie anche pesanti: «Non si concepisce l'idea che un politico si debba spendere fino in fondo in una battaglia per la difesa di un interesse generale, per il mandato che ha ricevuto dagli elettori, senza secondi fini - denuncia - e infatti il parco di Molentargius è fermo, quello del Gennargentu è morto, e malgrado il sacrificio mio e degli Lsu in questa battaglia l'intesa stato-regione, fondamentale per l'avvio del Parco Geominerario e promessa dall'assessore all'ambiente e da altri esponenti politici per i giorni successivi all'approvazione della legge istitutiva, è ancora in alto mare». Nel frattempo la grotta è diventata più confortevole: bagnetto, telefono, fax, internet e televisione, ma l'umidità sfiora il cento per cento, il freddo è infame, alimentato dalla corrente d'aria che attraversa chilometri di cunicoli e caverne.
Intanto comincia lo sciopero della fame: «Una risposta ai tanti che ipotizzano un mio interesse personale e particolare che non c'è - annuncia Giampiero Pinna - comincerò con i giorni di festa: Natale, Capodanno e Epifania, poi valuteremo se continuare».
Ancora incerta è la costituzione entro breve tempo del Consorzio dei comuni, che gestirà il Parco: molti i sindaci che hanno afferrato al volo la possibilità di avere risorse per risanare il territorio, mentre continua a traccheggiare il sindaco della città che ne avrebbe il maggior vantaggio, Iglesias.

 

Home Page23 dicembre 2000IGLESIAS
Il centro sinistra va in miniera Dopo le polemiche arriva il sostegno a Pinna

La coalizione regionale del Centro sinistra va in miniera a sostenere la battaglia per il Parco Geominerario. Dopo le polemiche dei giorni scorsi e le accuse del consigliere del Ccd, Gianfranco Tunis, ai compagni di coalizione di Giampiero Pinna, i capigruppo dell’opposizione in Consiglio regionale, hanno visitato ieri mattina la galleria Villamarina. «Senza questa iniziativa di lotta -ha detto Emanuele Sanna consigliere regionale dei Ds- ci sarebbe stata la rassegnazione dei lavoratori e l’inerzia delle istituzioni. Questo è un momento significativo che trova l’adesione della direzione dei Ds e del centro sinistra». Non solo. Sanna ha ribadito l’importanza della bonifica dei siti minerari dismessi anche per garantire lavoro. «Con l’occupazione ambientale non si crea assistenza -ha aggiunto- ma le condizioni per un nuovo sviluppo del territorio». I rappresentanti regionali hanno poi parlato dell’ordine del giorno presentato in Consiglio regionale dal centro sinistra sul parco Geominerario e sulla legge di stabilizzazione degli Lsu. «Proprio per risolvere questo problema -ha detto Paolo Fadda, del Ppi- vorremmo che l’ordine del giorno del 28 dicembre fosse unitario e votato da tutto il consiglio Regionale». Fuori dalla galleria invece i lavoratori si sono riuniti in assemblea per studiare le iniziative da intraprendere il 28 dicembre. «Una delegazione -ha riferito un portavoce dei lavoratori- andrà sicuramente a Cagliari».
Da oggi può essere visitato il presepe artistico, realizzato con le statue di Pinuccio Sciola, allestito nel pozzo Vittorio. L’artista ha, inoltre, offerto ai lavoratori un crocifisso in legno. Per questa mattina è stata convocata alle 10.30 la prima conferenza stampa ufficiale di Giampiero Pinna.
Per assistere, invece, alla messa che Monsignor Tarcisio Pillolla celebrerà il giorno di Natale, è necessario prenotarsi. A disposizione dei fedeli ci sono infatti solo cento posti.

D.M.

 

 

Home Page23 dicembre 2000IGLESIAS
Il centro sinistra va in miniera Dopo le polemiche arriva il sostegno a Pinna

La coalizione regionale del Centro sinistra va in miniera a sostenere la battaglia per il Parco Geominerario. Dopo le polemiche dei giorni scorsi e le accuse del consigliere del Ccd, Gianfranco Tunis, ai compagni di coalizione di Giampiero Pinna, i capigruppo dell’opposizione in Consiglio regionale, hanno visitato ieri mattina la galleria Villamarina. «Senza questa iniziativa di lotta -ha detto Emanuele Sanna consigliere regionale dei Ds- ci sarebbe stata la rassegnazione dei lavoratori e l’inerzia delle istituzioni. Questo è un momento significativo che trova l’adesione della direzione dei Ds e del centro sinistra». Non solo. Sanna ha ribadito l’importanza della bonifica dei siti minerari dismessi anche per garantire lavoro. «Con l’occupazione ambientale non si crea assistenza -ha aggiunto- ma le condizioni per un nuovo sviluppo del territorio». I rappresentanti regionali hanno poi parlato dell’ordine del giorno presentato in Consiglio regionale dal centro sinistra sul parco Geominerario e sulla legge di stabilizzazione degli Lsu. «Proprio per risolvere questo problema -ha detto Paolo Fadda, del Ppi- vorremmo che l’ordine del giorno del 28 dicembre fosse unitario e votato da tutto il consiglio Regionale». Fuori dalla galleria invece i lavoratori si sono riuniti in assemblea per studiare le iniziative da intraprendere il 28 dicembre. «Una delegazione -ha riferito un portavoce dei lavoratori- andrà sicuramente a Cagliari».
Da oggi può essere visitato il presepe artistico, realizzato con le statue di Pinuccio Sciola, allestito nel pozzo Vittorio. L’artista ha, inoltre, offerto ai lavoratori un crocifisso in legno. Per questa mattina è stata convocata alle 10.30 la prima conferenza stampa ufficiale di Giampiero Pinna.
Per assistere, invece, alla messa che Monsignor Tarcisio Pillolla celebrerà il giorno di Natale, è necessario prenotarsi. A disposizione dei fedeli ci sono infatti solo cento posti.

D.M.

 

 

Home Page22 dicembre 2000IGLESIAS
Un incontro (virtuale) col Ministro
Un faccia a faccia in videoconferenza tra ministro dell’Ambiente Willer Bordon, lavoratori e il consigliere dei Ds Giampiero Pinna. L’iniziativa a sostegno del Geoparco è in programma sabato mattina. Stasera, invece, incontro tra sindaci dei Comuni minerari per la costituzione del consorzio per il Geoparco. Non sono le uniche novità: i Ds di Iglesias hanno diffuso un documento in cui ribadiscono l’importanza del Parco ritenuto fondamentale per lo sviluppo del territorio. (d.m.)

 

 

 

Home Page20 dicembre 2000IGLESIAS
Un presepe di Sciola in galleria

Monteponi In miniera arriva il presepe d’autore e i lavoratori socialmente utili scrivono ai rappresentanti della Chiesa. A portare la statua di Gesù bambino, nella galleria occupata dal 5 novembre da Giampiero Pinna, consigliere regionale dei Ds, è stato lo scultore Pinuccio Sciola. Un regalo inaspettato, cui è seguita anche la visita del vescovo di Iglesias monsignor Tarcisio Pillolla. Intanto i lavoratori socialmente utili che occupano la miniera hanno scritto una lettera all’arcivescovo di Cagliari monsignor Ottorino Pietro Alberti e a monsignor Pillolla ricordano il loro dramma. «Siamo purtroppo costretti a trascorrere il santo Natale sotto terra, lontani dalle nostre famiglie -scrivono i lavoratori- sino a quando non avremo garanzie sull’effettiva costituzione del Geoparco e l’occupazione di tutti i lavoratori».

D.M.

 

 

 

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Un incontro (virtuale) col Ministro
Un faccia a faccia in videoconferenza tra ministro dell’Ambiente Willer Bordon, lavoratori e il consigliere dei Ds Giampiero Pinna. L’iniziativa a sostegno del Geoparco è in programma sabato mattina. Stasera, invece, incontro tra sindaci dei Comuni minerari per la costituzione del consorzio per il Geoparco. Non sono le uniche novità: i Ds di Iglesias hanno diffuso un documento in cui ribadiscono l’importanza del Parco ritenuto fondamentale per lo sviluppo del territorio. (d.m.)

 

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Il centro sinistra va in miniera Dopo le polemiche arriva il sostegno a Pinna

La coalizione regionale del Centro sinistra va in miniera a sostenere la battaglia per il Parco Geominerario. Dopo le polemiche dei giorni scorsi e le accuse del consigliere del Ccd, Gianfranco Tunis, ai compagni di coalizione di Giampiero Pinna, i capigruppo dell’opposizione in Consiglio regionale, hanno visitato ieri mattina la galleria Villamarina. «Senza questa iniziativa di lotta -ha detto Emanuele Sanna consigliere regionale dei Ds- ci sarebbe stata la rassegnazione dei lavoratori e l’inerzia delle istituzioni. Questo è un momento significativo che trova l’adesione della direzione dei Ds e del centro sinistra». Non solo. Sanna ha ribadito l’importanza della bonifica dei siti minerari dismessi anche per garantire lavoro. «Con l’occupazione ambientale non si crea assistenza -ha aggiunto- ma le condizioni per un nuovo sviluppo del territorio». I rappresentanti regionali hanno poi parlato dell’ordine del giorno presentato in Consiglio regionale dal centro sinistra sul parco Geominerario e sulla legge di stabilizzazione degli Lsu. «Proprio per risolvere questo problema -ha detto Paolo Fadda, del Ppi- vorremmo che l’ordine del giorno del 28 dicembre fosse unitario e votato da tutto il consiglio Regionale». Fuori dalla galleria invece i lavoratori si sono riuniti in assemblea per studiare le iniziative da intraprendere il 28 dicembre. «Una delegazione -ha riferito un portavoce dei lavoratori- andrà sicuramente a Cagliari».
Da oggi può essere visitato il presepe artistico, realizzato con le statue di Pinuccio Sciola, allestito nel pozzo Vittorio. L’artista ha, inoltre, offerto ai lavoratori un crocifisso in legno. Per questa mattina è stata convocata alle 10.30 la prima conferenza stampa ufficiale di Giampiero Pinna.
Per assistere, invece, alla messa che Monsignor Tarcisio Pillolla celebrerà il giorno di Natale, è necessario prenotarsi. A disposizione dei fedeli ci sono infatti solo cento posti.

D.M.

 

PRIMO PIANOdomenica 24 dicembre 2000, S. Delfino V
Sciopero della fame nel pozzo
Il consigliere regionale ds Pinna prosegue nell'occupazione
Monteponi: dopo cinquanta giorni di vertenza, resta ancora incerta la sorte del parco geominerario e degli Lsu mentre si continuano ad accumulare ritardi                

Gianfranco Bitti

IGLESIAS. Cinquanta giorni ad oggi chiuso in miniera, e la volontà di continuare ancora a lungo, «almeno fino a quando non vedremo risultati concreti». Giampiero Pinna, consigliere regionale e comunale ds, è scottato dall'esperienza di un anno fa: occupò con clamore la palazzina liberty Bellavista di Monteponi per toglierla dalla disponibilità del Comune di Iglesias.
L'aveva occupata precedentemente anche l'allora sindaco Mauro Pili con lo scopo di restituirla all'Igea,perchè avviasse i lavori di restauro già finanziati. Dietro la promessa di un immediato avvio del cantiere da parte della giunta regionale, Pinna restituì le chiavi e lasciò la villa mentre gli operai installavano le transenne ed il cartello di inizio lavori. Villa Bellavista è ancora così come l'aveva riconsegnata, un rudere senza le transenne finte, rubate nel frattempo. «C'è la legge istitutiva, è un successo importante per questa lotta, ma di concreto per l'avvio del parco e la stabilizzazione degli Lsu c'è molto da fare, e ci sono tanti inspiegabili ritardi», dice nella prima conferenza stampa dall'inizio dell'occupazione del Pozzo Vittorio. Pinna, già presidente dell'Ente Minerario Sardo (unico ente regionale disciolto) aveva ereditato l'idea del Parco Geominerario e Ambientale, trasformandola in realtà. «Ho deciso per un atto estremo quando ho saputo, per voce del vicepresidente della Camera, che il progetto di legge si era impantanato in commissione, e non sarebbe passato in questa legislatura - spiega -: una pessima figura nei confronti dell'Unesco, dei tanti che in questi anni si sono spesi gratuitamente per la sua realizzazione».
Un'occupazione vecchio stile, con i sacchi a pelo dentro la miniera e il cancello di ferro da presidiare, che nell'ambiente politico è stata accolta da scetticismo e ironie anche pesanti: «Non si concepisce l'idea che un politico si debba spendere fino in fondo in una battaglia per la difesa di un interesse generale, per il mandato che ha ricevuto dagli elettori, senza secondi fini - denuncia - e infatti il parco di Molentargius è fermo, quello del Gennargentu è morto, e malgrado il sacrificio mio e degli Lsu in questa battaglia l'intesa stato-regione, fondamentale per l'avvio del Parco Geominerario e promessa dall'assessore all'ambiente e da altri esponenti politici per i giorni successivi all'approvazione della legge istitutiva, è ancora in alto mare». Nel frattempo la grotta è diventata più confortevole: bagnetto, telefono, fax, internet e televisione, ma l'umidità sfiora il cento per cento, il freddo è infame, alimentato dalla corrente d'aria che attraversa chilometri di cunicoli e caverne.
Intanto comincia lo sciopero della fame: «Una risposta ai tanti che ipotizzano un mio interesse personale e particolare che non c'è - annuncia Giampiero Pinna - comincerò con i giorni di festa: Natale, Capodanno e Epifania, poi valuteremo se continuare».
Ancora incerta è la costituzione entro breve tempo del Consorzio dei comuni, che gestirà il Parco: molti i sindaci che hanno afferrato al volo la possibilità di avere risorse per risanare il territorio, mentre continua a traccheggiare il sindaco della città che ne avrebbe il maggior vantaggio, Iglesias.

 

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Il vescovo Pillolla: «Qui riviviamo lo stesso clima della nascita di Gesù»

Monteponi Messa di Natale nella galleria occupata per i 550 lavoratori socialmente utili del Parco Geominerario. Il cancello all’ingresso della galleria Villamarina si è così aperto per la prima volta al pubblico. O meglio alle 150 persone che con tanto di elmetto bianco hanno assistito alla messa celebrata da monsignor Tarcisio Pillolla, vescovo di Iglesias. Pozzo Vittorio, un caso unico nella storia delle miniere del Sulcis Iglesiente e delle occupazioni, si è trasformato in chiesa. «In quarantasei anni di sacerdozio è la prima volta che celebro la messa in una galleria - ha detto il vescovo di Iglesias nella sua omelia - qui riviviamo quasi lo stesso clima della nascita di Gesù. Una grotta, un ambiente povero e soprattutto tanta speranza». E proprio ricordando l’attesa, monsignor Pillolla ha aggiunto:« Gli operai dei lavori socialmente utili aspettano il parco Geominerario che non risolverà la disoccupazione, ma sarà almeno un tampone». Davanti al crocifisso di Pinuccio Sciola, sistemato proprio sull’ascensore che i minatori usavano raggiungere le gallerie ai piani inferiori, gli amministratori dei Comuni minerari e qualche consigliere regionale. Tutti a portare solidarietà alle tute verdi e a Giampiero Pinna, il consigliere regionale diessino che ha iniziato l’occupazione del pozzo il 5 novembre. La battaglia delle tute verdi comunque non è conclusa. Per domani è previsto un incontro dei lavoratori a Cagliari. «Verrà presentato un ordine del giorno congiunto- ha detto Mario Baraglia- e vogliamo essere presenti. Devono dimostrarci solidarietà sul campo, non solo a parole». L’occupazione della galleria di Monteponi, dovrebbe continuare comunque sino al nuovo anno. Prima di risolvere la vertenza devono essere approvati i piani di stabilizzazione, ovvero i progetti per impegnare i lavoratori socialmente utili, siglata l’intesa Stato Regione. Alla fine della messa gli auguri ai lavoratori che all’interno della galleria hanno allestito il presepe con vecchi attrezzi usati dai minatori.

Davide Madeddu

 

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Monteponi.
Continua la protesta nelle gallerie nonostante la definitiva approvazione con la Finanziaria
«Non basta la legge, vogliamo il Parco»
Natale e Capodanno nel Pozzo Sella per Pinna e gli ex minatori

Dal nostro inviato
Iglesias Le malelingue lo hanno costretto a rinunciare perfino alla doccia: «La facevo all’alba in un camper parcheggiato all’ingresso della galleria. Ho smesso perché qualcuno diceva che non dormivo in miniera».
Così anche l’acqua corrente (calda) è finita tra le memorie di superficie di Giampiero Pinna, l’onorevole underground, autorecluso da cinquanta giorni nelle viscere umide e buie di Monteponi. Ci passerà il Natale e, forse, il Capodanno. «Resterò qui - dice - fino a quando non saranno stati raggiunti tutti gli obiettivi di questa lotta. A Natale, Capodanno e Epifania digiunerò per dimostrare che un politico può agire senza secondi fini, per contrastare la cultura del sospetto che vuole etichettare la mia iniziativa come una trovata propagandistica».
Gli fanno e faranno compagnia gli ex minatori, ora diventati lavoratori socialmente utili, accampati nel piazzale di Monteponi. Come lui decisi a non mollare fino a quando il Parco geominerario della Sardegna non sarà ripescato dalla palude delle promesse di ministri e manager di Stato ansiosi di liquidare per sempre l’industria del sottosuolo. Pinna e compagni un primo risultato l’hanno ottenuto: da ieri il Parco è legge dello Stato, approvato con la Finanziaria grazie a un emendamento che lo ha sottratto al limbo parlamentare del «faremo presto». Il rischio però è che finisca nell’inferno delle leggi con un unico effetto pratico: ingrossare la Gazzetta Ufficiale.
«Le nostre richieste - spiega un sindacalista, Mario Baraglia - erano e restano quattro: l’istituzione, il consorzio di gestione, l’intesa Stato-Regione e il piano di stabilizzazione». L’ultimo punto e quello che sta più a cuore a lui e agli altri 499 colleghi dell’isola, gente di miniera arruolata nell’esercito dei lavoratori socialmente utili. Come soldati di leva, però. E il congedo vuol dire disoccupazione. Ma loro rivendicano il diritto a un stipendio certo e a quel che chiamano “stabilizzazione”: un posto di lavoro nell’ambito delle attività del futuro Parco geominerario che, con i suoi otto distretti, attraverserà la Sardegna da nord a sud, da est a ovest, passando per Nurra, Argentiera e Gallura, Nuorese (Lula e Orani), Monte Arci, Sarrabus, Guspinese e Sulcis Iglesiente. «Il piano - dice Sergio Usai, segretario della Camera del lavoro - era al primo punto ma rischia di diventare l’ultimo. Doveva essere approvato entro il 9 dicembre e la scadenza è slittata al 15 gennaio. Non sono in gioco soltanto 500 posti di lavoro ma un’occasione di riscatto e di sviluppo ottenuta a caro prezzo: i dolorosissimi accordi per la chiusura del settore minerario sardo».
Il Parco altro non è che un uso intelligente e proficuo dell’eredità lasciata dall’attività estrattiva: un museo di archeologia industriale e un dedalo di gallerie trasformabili in itinerari turistico-culturali ad alta densità di storia e fascino. Una chicca, per una Sardegna-isola-delle-vacanze che non vuol essere soltanto spiagge e scogliere. Nel lascito delle miniere c’è però anche devastazione ambientale e inquinamento. Sconci da cancellare prima di portare nei pozzi visitatori in tenuta da trekking e macchina fotografica al seguito. «Il risanamento - osserva Giampiero Pinna - e la prima carta da giocare per dare continuità di lavoro in attesa dell’avvio del parco».
Oltre a offrire un futuro meno precario per gli ex minatori, la realizzazione del Parco ha altri due passaggi obbligati: il varo del Consorzio di gestione e l’intesa tra Stato e Regione. Il primo non è proprio a distanza ravvicinata, perché molti dei 92 Comuni interessati non hanno ancora formalmente aderito all’iniziativa. Per il secondo, invece, la meta sembra vicina, ma potrebbe trattarsi di un miraggio. Se di illusione si tratta lo si capirà il 28, quando il Consiglio regionale dovrà dire sì o no a un ordine del giorno per l’avvio del confronto con il Governo. «Saremo a Cagliari per controllare e impedire eventuali rinvii», annunciano sindacalisti e lavoratori.
Nel frattempo restano a Monteponi. «Il nostro - dicono - sarà un Natale di lotta. Ci conforta la grande solidarietà che ci circonda». Domani mattina, il vescovo Tarcisio Pillolla, celebrerà la messa nella Galleria Villamarina dove un Cristo intagliato fa Pinuccio Sciola è crocefisso sull’impalcatura dell’accesso al Pozzo Sella. Un calvario in miniera. E non solo per Nostro Signore.

Stefano Lenza

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Il centro sinistra va in miniera Dopo le polemiche arriva il sostegno a Pinna

La coalizione regionale del Centro sinistra va in miniera a sostenere la battaglia per il Parco Geominerario. Dopo le polemiche dei giorni scorsi e le accuse del consigliere del Ccd, Gianfranco Tunis, ai compagni di coalizione di Giampiero Pinna, i capigruppo dell’opposizione in Consiglio regionale, hanno visitato ieri mattina la galleria Villamarina. «Senza questa iniziativa di lotta -ha detto Emanuele Sanna consigliere regionale dei Ds- ci sarebbe stata la rassegnazione dei lavoratori e l’inerzia delle istituzioni. Questo è un momento significativo che trova l’adesione della direzione dei Ds e del centro sinistra». Non solo. Sanna ha ribadito l’importanza della bonifica dei siti minerari dismessi anche per garantire lavoro. «Con l’occupazione ambientale non si crea assistenza -ha aggiunto- ma le condizioni per un nuovo sviluppo del territorio». I rappresentanti regionali hanno poi parlato dell’ordine del giorno presentato in Consiglio regionale dal centro sinistra sul parco Geominerario e sulla legge di stabilizzazione degli Lsu. «Proprio per risolvere questo problema -ha detto Paolo Fadda, del Ppi- vorremmo che l’ordine del giorno del 28 dicembre fosse unitario e votato da tutto il consiglio Regionale». Fuori dalla galleria invece i lavoratori si sono riuniti in assemblea per studiare le iniziative da intraprendere il 28 dicembre. «Una delegazione -ha riferito un portavoce dei lavoratori- andrà sicuramente a Cagliari».
Da oggi può essere visitato il presepe artistico, realizzato con le statue di Pinuccio Sciola, allestito nel pozzo Vittorio. L’artista ha, inoltre, offerto ai lavoratori un crocifisso in legno. Per questa mattina è stata convocata alle 10.30 la prima conferenza stampa ufficiale di Giampiero Pinna.
Per assistere, invece, alla messa che Monsignor Tarcisio Pillolla celebrerà il giorno di Natale, è necessario prenotarsi. A disposizione dei fedeli ci sono infatti solo cento posti.

D.M.

 

 

 

 

IGLESIAS
domenica 3 dicembre 2000, S. Francesco Saverio
CONTROCORRENTE
«Non si possono coltivare illusioni su ceneri e sentimenti»

Salvatorico Serra

La manifestazione per l'anniversario della Monteponi ha un valore particolare nel 2000, anno del giro boa tra la chiusura di un'epoca industriale mineraria e l'avvio di una prospettiva tutta da costruire: c'è il turismo, c'è il Parco Geominerario, c'è la piccola impresa. Ma l'aspetto celebrativo offre anche l'occasione per una lettura controcorrente, provocatoria che qui viene proposta da un appassionato studioso.

La società di Monteponi è morta. La Regia Miniera presso Iglesias, in Sardegna, nata nel 1850, successivamente denominata Società di Monteponi fino al 1962, non è più. Chiamata al capezzale della grande sorella e rivale Montevecchio, che già aveva salvato nel 1933 dal clamoroso fallimento con capitali misti Monteponi-Montecatini e da tempo boccheggiante, cambia il proprio assetto azionario e la propria ragione sociale, su idea del grande "gromo" della finanza Enrico Cuccia, in Monteponi & Montevecchio Spa, con capitale di 14 miliardi e 400 milioni, alla cui presidenza è chiamato Paolino Cantore.
I grandi protagonisti della gloriosa società: Vesme, Galletti, Pellegrini, Ferraris, Cattaneo e altri sono scomparsi ma la vecchia anima dei grandi pionieri del passato esiste ancora.
Sarà il 17 aprile del 1971, dopo 18 giorni di occupazione dei pozzi e degli impianti minerari da parte dei lavoratori e di una esaltante partecipazione delle popolazioni minerarie sarde e delle istituzioni regionali e locali, a porre fine alle tensioni esercitate dalla fredda regola del profitto.
La società Monteponi & Montevecchio abbandona il campo dopo avere venduto gli impianti metallurgici all'Ammi e il 7 maggio dello stesso anno venne costituita una nuova società di gestione delle miniere sarde, a prevalente capitale pubblico e sotto il diretto controllo dell'Egam (Ente di gestione aziende minerarie): la Sogersa (società di gestione ristrutturazione miniere sarde), preludio dell'unificazione di tutto il settore minerario in Italia.
Il 30 giugno 1971 la Monteponi & Montevecchio rinuncia alle concessioni minerarie e il 20 settembre dello stesso anno, la Sogersa Spa acquisisce tutte le miniere e la gestione diretta con tutto il personale senza soluzione di continuità. Con questa data può essere decretata la fine di quanto era ancora della prestigiosa Società di Monteponi. Fine di una dinastia bancaria di stampo risorgimentale.
Quello che verrà dopo è sì frutto di altissima professionalità dei nostri minatori, eredi di una tradizione mineraria sofisticatissima e di altissimo valore scientifico, ma il prezzo del riscatto, delle sofferenze, dei ricatti, umiliazioni e patimenti è scritto nei loro occhi e nelle fredde e drammatiche statistiche minerarie: una lunga scia di sangue versato nei fronti di abbattimento e nella conquista delle più elementari libertà di vita e di lavoro.
La grandissima opera del "-200" progettata in tempi "Monteponi" ha subìto, è vero, aggiornamenti ma lungaggini, ripetuti fallimenti non sempre chiari e un enorme spreco di risorse non ha impedito di essere definitivamente abbandonata dalla Mineraria Iglesiente.
Quindi attenzione a non giocare sul sentimento di appartenenza dei minatori e grande attenzione, soprattutto a loro, a sconfiggere i provocatori e gli sciacalli ricordando che sono gli stessi che attraverso la protezione doganale sui minerali, la politica di repressione, lo sfruttamento della mano d'opera innescarono tre componenti micidiali che favorirono lo sfascio del settore minerario in Sardegna, messo in luce quando, nel luglio del 1960, venne firmato a Roma il Patto per il progressivo annullamento della protezione doganale. Con quell'atto venne messa a nudo tutta l'aleatorietà del settore e la crisi esplose in maniera drammatica coinvolgendo e portando al collasso intere popolazioni e territori che sino a quel momento vivevano, come fino a qualche anno fa, nella totale dipendenza economica dell'industria estrattiva.
Non vogliamo che tornino quei momenti, non vogliamo che si illudano i lavoratori con il turismo minerario sulle ceneri di quello costruito da noi e dai nostri predecessori. Anche quello, se occorre, ma non illusioni. Ai nostri minatori va eretto un monumento all'intelligenza e alla caparbietà perchè hanno capito queste cose. Questa zona non è schierata pregiudizialmente contro nessuno, tutt'altro. È una zona che esprime bisogni di lavoro, di libertà, di solidarietà consapevoli che esistono persone che pur di non perdere privilegi sono capaci di mobilitare eserciti e che per fare questo non esitano neppure a mimetizzarsi tra i lavoratori come "salvatori". Coloro che dal settore minerario hanno guadagnato all'inverosimile fino alla sua chiusura sono gli stessi che vogliono guadagnarci oggi sulle ceneri. Mandiamoli a casa.

 

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Monteponi, festa e polemiche
04 dicembre 2000
Il caso.
Irruzione durante la celebrazione del 150º anniversario della società
Protesta degli operai: calpestata la nostra dignità

Negli anni più floridi occupava anche diecimila minatori. Oggi i dipendenti sono appena una pattuglia. La storia e la vita della società Monteponi, della quale quest’anno ricorre il centocinquantesimo anniversario della nascita, è stata raccontata ieri mattina da esperti e protagonisti. Tecnici di miniera e studiosi si sono alternati nel descrivere le imprese pionieristiche di uomini che sono nella storia della città: Quintino Sella, il conte Carlo Baudi di Vesme, Erminio Ferraris e Leon Gouin, che progettò la galleria di scolo lunga 5.874 metri. Da quel cunicolo defluirono le acque sotterranee per consentire che i lavoratori raggiungessero i giacimenti ricchi di blende, calamine e argento.
Ma durante la celebrazione, avvenuta nella sede del Minerario, non sono mancate le polemiche. A un certo punto hanno fatto irruzione nella sala i lavoratori “Lsu” del Parco Geominerario. Avrebbero voluto realizzare una video conferenza, per spiegare dal fondo del pozzo di Villa Marina le ragioni della protesta. In un primo momento la richiesta era stata avanzata dalla scuola. Poi è arrivato l’alt. «Con questo atteggiamento - hanno scritto in una nota gli operai - avete offeso e calpestato la dignità di chi, concretamente e con sacrificio, dall’interno della miniera che voi ostinatamente utilizzate solo per chiacchierare aspetta che la valorizzazione e lo sviluppo diventino cose concrete». Proteste anche da parte del comitato di quartiere di Monteponi. A giugno c’era stata la celebrazione dei 150 anni con una serie di manifestazioni organizzate proprio dagli abitanti. «Adesso, in quest’occasione, si è ritenuto di non doverci coinvolgere. Non ci formalizziamo. A noi interessano fatti concreti - ha spiegato Sergio Scano, coordinatore -: a cominciare dall’agibilità di qualche stabile per la nostra sede».
Il sindaco, Paolo Collu, ha auspicato che dalle macerie delle miniere si riesca a costruire il futuro. Nel quale dovrà trovare un posto importante la storia mineraria. L’hanno sottolineato poi anche tutti i relatori, i quali hanno esaltato le pagine del lavoro di miniera di indubbio valore culturale. Piero Zuffardi, Salvatore Pretti, Andrea D’Angelo, Luciano Ottelli (l’attuale direttore), Orlando Bellé hanno ripercorso gli avvenimenti dei 150 anni di vita della società. L’acqua che impediva lo sfruttamento dei giacimenti, gli impianti di pompaggio costruiti nei diversi “livelli ” (60, 100, 200 metri sotto il livello del mare) per prosciugare il sottosuolo, la costruzione della ferrovia sino a Portovesme, l’utilizzo dei carri e dei cavalli per il trasporto del materiale, il primo impiego della corrente per favorire la cernita anche durante la notte. E poi i protagonisti raccontati da Maria Dolores Dessì, studiosa iglesiente. Personaggi che hanno assunto decisioni epocali favorendo la continuazione dell’attività estrattiva.«Non sono d’accordo con chi dice - ha spiegato infine Ilio Salvadori, presidente Igea - che il degrado è stato superiore a ciò che ha dato». Sui progetti realizzati ha invece fatto autocritica: «Ci sono, in effetti, molti ritardi». L’Università, invece, va a gonfie vele. L’ha detto Giorgio Piccaluga: a marzo i nuovi diplomi.

Antonio Martinellù
 
Home Page06 dicembre 2000SULCIS IGLESIENTE
Fuori orario.
La storia originale di un gruppo underground che canta solo in sardo
In musica a Su korr’e sa furca
Nei giorni scorsi si sono esibiti davanti ai minatori

Iglesias La metafora è tutto un programma: quattro equilibristi che camminando su una fune tesa con chitarra e microfono, rischia di sprofondare in basso. Nulla di strano se i temerari non fossero i Su korr’e sa furca, il gruppo musicale di Iglesias fondato qualche anno fa da Antonello Melis, Anna Serra, Alessandra Pastafiglia e Alessio Atzori. Nome sicuramente originale e del tutto insolito per il panorama della musica underground del Sulcis Iglesiente che prende in prestito il suo nome proprio facendo ricorso ai modi di dire della tradizione sarda.
Poche ore dopo il concerto tenuto a Monteponi, di fronte a un buon numero di giovani appassionati del genere e, soprattutto, dei lavoratori in lotta per l’istituzione del Geoparco, raccontano come è nata l’idea di dare questo nome al gruppo.
«Avevamo un nome diverso, diciamo pure più banale: Intifada. Un giorno abbiamo scoperto che in tutta Italia, a chiamarsi così c’erano almeno altri trenta gruppi musicali -spiega Antonello Melis, 23 anni, voce e autore dei testi, operaio in una marmeria della zona industriale- abbiamo deciso allora di cercarne un altro, che non fosse troppo comune». Detto fatto: Su Korr’e sa furca. Non è stata una scelta casuale, ma dettata da ragioni più “profonde”. «In effetti non sappiamo bene dove andremo a finire -confessa con aria ironica Antonello Melis- diciamo che l’espressione sarda rende veramente bene questo concetto».
Capelli lunghi neri con qualche ciocca rossa e giacchina sportiva turchese, il leader racconta la parabola musicale di un gruppo che canta solo testi propri e rigorosamente in limba. «Ci consideriamo un mix di punk, reggae, ska e musica elettronica -aggiunge Anna Serra, 18 anni, zazzera a spazzola, studentessa al liceo pedagogico, alle prese con la batteria- ma sinceramente non vogliamo essere uniformati o equiparati agli altri».
Un’anima “ribelle”, quella dei quattro musicisti che si riconosce anche dai testi, scritti completamente in casa. Per esprimere la propria rabbia contro la solitudine, i quattro musicisti cantano Non ci sono più per nessuno. La musica più allegra è invece modulata sulle note dell’ironica e un tantino irriverente Su sindigu boiri sparau. «Non è altro che la barzelletta raccontata un giorno da un vecchio signore -aggiunge Alessio Atzori, studente e suonatore di chitarra e tastiere- sul sindaco di una città che vuole asparagi. Tradotta in sardo, fa veramente ridere». Un motivo che non scoraggia le frotte di giovani che davanti al palco si mettono a pogare.
Non è tutto, i mesi scorsi Su korr’e sa furca hanno scritto anche Gennara. «Un testo dedicato a Germana- aggiunge Antonello Melis- scomparsa qualche mese fa». Se poi il nome può essere considerato anche come una sfida, allora aggiungono anche il loro ultimo compact disc. «Si chiama Su korr’e sa furca come noi - fa sapere Antonello Melis- l’abbiamo autoprodotto e lo distribuiamo in proprio». Ragazzi audaci che, senza fare castelli in aria, sanno già dove andare. «In su Korr’e sa furca, per il momento è l’unico posto certo».

Davide Madeddu
Home PageIGLESIAS05 dicembre 2000
Una ricorrenza amara per i lavoratori

in fondo al pozzo con i lavoratori per festeggiare la patrona delle miniere e dei minatori. Si è svolta anche a Monteponi, davanti agli operai in lotta, la festa per Santa Barbara. A officiare la funzione religiosa Monsignor Giovanni Cogoni, cui si sono uniti più tardi il vescovo di Iglesias monsignor Tarcisio Pillolla, il parroco della frazione don Armosini e il responsabile della pastorale del lavoro don Salvatore Benizzi. Una festa amara e carica di attesa per le 550 tute verdi che dal 5 novembre occupano la galleria Villamarina assieme al consigliere regionale dei Ds Giampiero Pinna. In galleria è andata anche “zia” Rosina Carta, la minatrice di 83 anni che aveva già manifestato l’intenzione di occupare il pozzo. Per il momento non è stata ancora risolta la vertenza legata ai piani di stabilizzazione, la cui data di presentazione scade il 9 dicembre. Una prima soluzione al problema potrebbe arrivare già domani. I sindacati hanno chiesto di incontrare, assieme a una delegazione di lavoratori, il ministro all’Ambiente Willer Bordon. «Aspettiamo una conferma -spiega Sergio Usai della Camera del Lavoro- questa situazione deve essere risolta».

Davide Madedd

 

Home Page07 dicembre 2000IGLESIAS
Vertice a Roma «Nessun operaio andrà a casa»

Una settimana di tempo per la presentazione dei piani di stabilizzazione e una certezza: i lavoratori socialmente utili del Parco Geominerario non saranno rimandati a casa senza lavoro. Sono i punti principali della riunione fiume che si è svolta ieri sera a Roma, dopo la convocazione del Ministero all’Ambiente e al Lavoro. Un incontro molto importante per i lavoratori in lotta, a cui hanno partecipato anche gli assessori regionali all’Ambiente e al Lavoro e i rappresentanti dei sindacati confederali regionali. «Nessun operaio verrà lasciato sulla strada - commenta dopo subito dopo la riunione, iniziata alle 16, Giampaolo Diana, della segreteria regionale Cgil - sino al mese di aprile continueranno a lavorare nei progetti del Geoparco». Successivamente dovrebbero essere invece assunti dalle piccole società imprenditoriali che nel frattempo dovrebbero insediarsi. Durante l’incontro è stato inoltre affrontato il tema spinoso dei piani di stabilizzazione, che dovrebbero consentire alle 550 tute verdi di poter trovare un’occupazione sicura. «Per i piani di stabilizzazione - aggiunge Giampaolo Diana- dovrebbero intervenire anche l’Insar e Italia Lavoro». Durante la seduta, cui non hanno potuto partecipare i lavoratori impegnati nell’occupazione dei pozzi di Monteponi, assieme al consigliere regionale dei Ds Giampiero Pinna, c’è stato anche un piccolo diverbio tra i rappresentanti del Governo e gli amministratori regionali. «Il ministero dell’Ambiente - continua Diana- ha fatto presente che i piani di stabilizzazione devono essere presentati dalla Regione, cosa che sino a oggi non è stata fatta». I rappresentanti del Governo regionale, assieme alle forze sociali incontreranno la settimana prossima il governo a Roma per la scelta dei piani di stabilizzazione, mentre per il 9 prossimo è prevista la convocazione dei sindaci del Geoparco a Piscinas, per la costituzione del Consorzio.

Davide Madeddu

 

Home Page09 dicembre 2000SULCIS IGLESIENTE
«Noi minatori, per fame, mangiavamo i gabbiani»

La bambina di Porto Flavia

Il personaggio.A sette anni Rosina Carta costruì la galleria assieme al padre

A sette anni sgobbava per ripulire una discarica di miniera, trotterellando fra le pietre aguzze, coi piedini nudi, dietro la carriola del padre. A quindici, era una delle tante dannate della laveria di Monteponi. Ora che ne ha ottantotto è un’atleta, partecipa ai campionati di getto del peso, è stata fotografata con Yuri Chechi ed è apparsa in tivù. Vive a Pirri, in un appartamento dai pavimenti di marmo e le tende di pizzo. Ma Rosina Carta non ha dimenticato gli anni di miniera. Così, quando ha sentito che gli operai si erano asserragliati nella galleria Villa Marina a Monteponi per sollecitare l’approvazione del parco Geominerario, è andata a trovarli. Ha portato vino, pane, formaggio, ma soprattutto solidarietà. Quella che ha imparato nei durissimi anni della miseria, nella sua non-infanzia di operaia-bambina, nella sua vita di figlia, sorella, moglie di minatori.
«Eravamo così poveri che mangiavamo i gabbiani del Pan di Zucchero. Sono buoni, sanno di tonno». Accomodata in poltrona, nel salotto-bomboniera, Rosina Carta rievoca un altro mondo.
Nasce a Buggerru, nel 1913, da una madre vittima e un padre abbrutito dalla miseria. La Grande guerra la libera dalle botte: il babbo è richiamato, la mamma incinta si rifugia dai genitori a Masua, ma affida la piccola a una cugina. «Facevamo la fame: caffellatte al mattino e caffellatte la notte». Sinché il maresciallo non si impietosisce e invita la bambina a pranzo in caserma. «Così», scherza Rosina Carta, «ho fatto un anno in Finanza».
Il ritorno in famiglia è drammatico. Casa per minatori a Masua. La signora Carta fa una smorfia al solo ricordo: «Piccola, senza luce, senz’acqua». Gratuita. Ogni mattina, quattro chilometri a piedi nudi per andare a comprare l’acqua, con le brocche o le latte in equilibrio sul capo. Alla Cooperativa si compra a credito, il conto lo detraggono dallo stipendio. Ma i soldi non bastano mai e la famiglia cresce. Bisogna darsi da fare. Il padre è «un bravo operaio», perciò riceve un incarico speciale: deve aprire la galleria che aprirà alla società mineraria la via del mare. È la nascita di Porto Flavia e Rosina Carta vi gioca un ruolo eccezionale. Suo malgrado.
Prima di tutto c’è da sgombrare una discarica di terra, detriti e legname. A suon di botte, la bambina carica la carriola che il padre svuoterà in mare. Quando i massi sono troppo pesanti, li fa rotolare. Rosina ha ormai compiuto nove anni quando incontrano il fianco roccioso della montagna. «È il momento della dinamite», spiega. Il padre scava a fatica, con mazza e punteruolo, quattro o cinque fori nella roccia. Lì va la carica, e tocca alla bambina testare la miccia, cercare quella buona, che non esploda troppo presto.
La signora Rosina fruga nella memoria per trovare le parole giuste, i nomi degli attrezzi. Però non li ricorda, o forse è l’italiano a tradirla. Ma rammenta bene l’odio per il padre tiranno, che la pestava a sangue per un nonnulla: «Lavoravo e pensavo: oggi gli dò la miccia sbagliata e lo uccido». Come Dio vuole, quando la galleria è ormai a metà, la direzione manda rinforzi. L’uomo e la bambina, da soli, hanno scavato oltre trecento metri nella roccia. La galleria di Porto Flavia funzionerà per anni. All’ingresso, il nome è scritto a lettere di pece: è stata la bambina a dipingerle, issata su una scala di oltre quattro metri.
Gli anni passano e Rosina ha ormai l’età per essere, ufficialmente, dipendente della miniera. Una foto famosa la ritrae a Monteponi («certi libri dicono che è Montevecchio, ma si sbagliano») insieme con una compagna, «Angelina Pusceddu, chissà se è ancora viva». Reggono una sorta di barella, carica del materiale che hanno ripulito a colpi di massetta, la corta mazza quadrata. «Le palme sanguinavano, era un dolore tremendo. Per cercare sollievo mi facevo impacchi con le foglie di bietola selvatica, trattenute da una benda ricavata strappando la sottana». Il materiale va poi rovesciato nel vagoncino della ferrovia, che si intravvede nella foto. Forse nemmeno il fotografo («Pizzetti di Iglesias») sospetta allora che l’immagine di quelle due ragazzine col loro carico, Rosina sempre scalza, diventerà un simbolo della sofferenza e della fatica femminile in miniera.
Sono anni duri. E non solo per i minatori. Quando il lavoro comincia a scarseggiare, la famiglia si trasferisce a Carbonia e Rosina Carta va a servizio, per trovare altri maltrattamenti e altra miseria. Faticoso è anche il matrimonio, nel 1939, con Nicolò Melis, un minatore, stroncato nel 1961 dalla silicosi. Con quattro figlie da tirare su e la pensione che per due anni non arriva, Rosina Carta fatica in casa d’altri e sopravvive grazie al sostegno che le garantiscono i colleghi del marito.
Solo la gioia per la solidarietà ricevuta addolcisce ricordi durissimi. Seduta in punta di poltrona, davanti al tavolinetto dove troneggiano caramelle e cioccolatini, Rosina Carta intreccia i ricordi con la figlia Caterina Melis, ispettrice del lavoro, che è venuta a farle visita. «L’anno che sei nata tu - le ripete - era il ’49, tre mesi di sciopero, tre mesi senza stipendio. La polizia ci respingeva con i fucili, hanno mandato persino i carri armati. Noi non avevamo di che campare».
Storie di ieri per Rosina Carta, che con la sua tenacia ha allevato le quattro figlie, tutte diplomate e sistemate. La tragedia, dice, è che anche oggi nel Sulcis la gente non ha di che campare. «Andando a Villa Marina ho incontrato lavoratori socialmente utili che lottano per difendere un posto da 800 mila lire al mese», dichiara. Si è tanto scandalizzata che ha scritto una lettera al presidente della Repubblica: «Stessa miseria, stessa fame», denuncia, e oggi non ci si può nemmeno nutrire di gabbiani «perché ce ne sono pochi e mangiano spazzatura». Solo il Parco geominerario, spera, può garantire un futuro. «Ma forse ci sono in ballo interessi nascosti per i quali il Parco rappresenta una minaccia», scrive la ex bambina minatrice. E chiede: «Presidente Ciampi, intervenga lei».

Daniela Pinna

 

Home Page09 dicembre 2000IGLESIAS
Villamarina, lunedì video conferenza
Video conferenza dal profondo della miniera Villamarina. È stata allestita per lunedì pomeriggio in occasione di un convegno organizzato dall’associazione per il parco geominerario. Si svolgerà a Monteponi. È molto probabile che venga rivolto un appello al consigliere regionale ds, Giampiero Pinna, affinché abbandoni l’occupazione che si protrae da 33 giorni. Al dibattito parteciperà Simon Frederik, consulente Unesco che ha partecipato alla stesura del progetto. Ci sarà l’assessore regionale Emilio Pani, Salvatore Cherchi, Gian Mario Selis, il coordinatore dei Comuni minerari, Tarcisio Agus, Carlo Muntoni, amministratore Forgea International, Celestina Sanna e Franco Todde vice presidenti dell’associazione. Coordinerà Ottavio Olita, giornalista Rai. (a.m.)

Home Page10 dicembre2000 MEDIOCAMPIDANO
Riunione a Piscinas per definire l’intesa con Regione e ministero
I sindaci: la gestione affidata ai Comuni
Parco geominerario subito

Arbus  La legge c’è. I finanziamenti anche. La sicurezza, la salvaguardia e lo sviluppo economico delle aree minerarie sarde saranno affidati al “Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna”. Lo prevede la finanziaria 2001, in via di approvazione al Senato, che mette a disposizione sei miliardi per la sua gestione. Finora l’istituzione del Parco non ha avuto un cammino agevole e libero da intralci. C’é da gestire un patrimonio di altissimo valore non soltanto sotto il profilo di quella che si usa definire archeologia industriale, ma per il suo significato ampiamente storico, tecnico, scientifico, in qualche caso architettonico. Di questo patrimonio l’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per la cultura e la scienza, ha riconosciuto l’importanza per l’umanità intera, ponendolo al primo posto nella rete mondiale delle aree che meritano speciale tutela. Una tutela rinvendicata dalle stesse amministrazioni comunali, ma che non deve essere fondata su un progetto di territorio chiuso. Il parco, hanno sempre sostenuto i sindaci, non deve imporre vincoli che non siano quelli previsti dalle leggi già esistenti e nella cui gestione avranno un ruolo determinante le comunità locali. Per questo l’Associazione dei Comuni minerari sardi ha stilato una prima bozza di “Statuto del Consorzio per la realizzazione e la gestione del Parco Geominerario”. Per presentarlo e discuterlo ieri ha convocato a Piscinas, nell’albergo “Le Dune”, i sindaci dei cinquantuno comuni nel cui territorio sono comprese le antiche aree minerarie. Non a caso è stato scelto questo hotel, lo ha ricordato il vicesindaco di Arbus Franco Atzori. Molto tempo fa Le Dune erano i magazzini a mare della miniera di Ingurtosu e oggi sono l’unico luogo minerario che ha ripreso a vivere; le sue arcate spugnate di rosa e lambite dal mare appaiono testimonianza eccellente di quel che potrebbe essere fatto con il recupero delle strutture minerarie. «Le amministrazioni comunali - ha affermato Tarcisio Agus, sindaco di Guspini e coordinatore dell’Associazione dei Comuni minerari sardi - devono assumere il ruolo di artefici del parco, che deve essere gestito unitariamente attraverso il Consorzio. Il parco deve essere realizzato a misura di territorio, senza vincoli, e devono essere fatti salvi gli usi civici ed i diritti reali delle collettività sociali». «Bisogna fare in fretta - ha sottolineato Sergio Usai, segretario territoriale della Cgil del Sulcis - Bisogna recuperare il tempo perduto. La bozza deve essere inserita nella prevista intesa per l’istituzione del parco tra i ministeri dell’Ambiente, dell’Industria e dei Beni culturali e la Regione». Il parlamentare Salvatore Cherchi, promotore della legge sull’istituzione del Parco, ha rimarcato che ora tutto è nelle mani delle amministrazioni comunali. «La legge è approvata - ha aggiunto - ora non si deve correre il rischio che il parco nasca fra tanti anni. Comuni e Regione devono trovare l’intesa con i ministeri interessati all’istituzione». Non tutti i sindaci si sono dimostrati ottimisti. Paolo Collu, sindaco di Iglesias, non ha nascosto le sue perplessità. «Non ho posizioni critiche contro i sindacati e gli ambientalisti - ha rimarcato - ma quest’incontro doveva essere riservato ai soli sindaci. Ho l’impressione che sia già stato tutto stabilito. Iglesias vuole gestire da solo il suo territorio senza interferenze politiche». La riunione, conclusasi nel pomeriggio, è stata aggiornata all’8 gennaio prossimo per dare la possibilità al “Comitato”, composto da alcuni sindaci, da rappresentanti sindacali, di Legambiente e dell’associazione del parco, di discutere e limare la bozza dello statuto, che dovrà essere approvata dall’Associazione dei Comuni minerari.

Gian Paolo Pusceddu

 

 
Home Page11 dicembre 2000IGLESIAS
«Proteggeremo noi quel che resta delle miniere»

Monteponi Il comitato di quartiere dichiara guerra ai ladri. «Da questo momento prendiamo possesso di questi locali minerari che rischiano di crollare». Sono le 10.30, quando una rappresentanza dell’assemblea dei rioni Monteponi, Vergine Maria e Case operaie, varca la soglia della vecchia autorimessa delle società minerarie e chiude il cancello con un lucchetto nuovo. «Abbiamo trovato il cancello aperto - spiega Sergio Scano, ingegnere e presidente del comitato - e nelle porte dei locali i segni evidenti dello scasso». L’ingegnere fa notare una porta forzata e il lucchetto, che impediva l’accesso a un vecchio ufficio, spaccato. «Sicuramente qualcuno voleva portare via quello che è rimasto qua dentro -aggiunge Scano - da oggi il cancello sarà nuovamente chiuso con un lucchetto antirapina». All’interno del piazzale, ci sono le vecchie panche usate nei cinema delle società minerarie, rotoli di cavi in rame, motori di camion. «Qui hanno abbandonato tutto - aggiunge Giancarlo Atzori, minatore in pensione - bisogna intervenire al più presto e evitare che i ladri portino via quel poco che è rimasto». In un angolo, sotto un tetto che rischia di crollare invece c’è un vecchio carro in legno bianco. «Questo veniva usato per i festeggiamenti di Santa Barbara, ha più di sessanta anni, e appartiene a tutti i cittadini». Alle 11 inizia la conferenza stampa, vengono distribuiti i volantini. «La nostra salute è in pericolo a causa dell’amianto, ci sono 14.000 metri quadri di tetti ricoperti in eternit e semi-distrutti. Chiediamo l’intervento di Asl, Ministero e magistratura perché vengano avviati al più presto i lavori di bonifica ambientale». La contestazione non si ferma, arriva anche il turno del Parco Geominerario. «Vogliamo che Monteponi abbia un ruolo di primo piano nella costituzione del Geoparco per cui chiediamo al sindaco che ne rivendichi la sede ufficiale». Partono anche le accuse contro il Comune e l’Igea, per la gestione delle strutture abbandonate. «Il comitato di quartiere chiede una sede, così come l’hanno avuta la mensa, lo spaccio e l’associazione Ferraris. Chiediamo quindi che ci venga assegnata la vecchia autorimessa».
Davide Madeddu

 

Home Page13 dicembre 2000IGLESIAS
Geoparco.I lavoratori respingono gli appelli
«L’occupazione non è ancora finita»

La videoconferenza e gli appelli lanciati in rete non bastano: l’occupazione della miniera di Monteponi continua. «Grazie per le vostre richieste e per la partecipazione. Per il momento noi però non usciamo dalla miniera. Prima devono essere compiuti altri passi importanti». Sono le 18.15 quando Giampiero Pinna, consigliere regionale dei Ds, dal 5 novembre in occupazione nella miniera di Monteponi risponde all’appello lanciato da Franco Todde, vice presidente dell’associazione per il Parco all’apertura del convegno sul parco Geominerario. «Se non ci fosse stata questa battaglia sicuramente la legge istitutiva non sarebbe arrivata a questo punto -esordisce Franco Todde- ma adesso è necessario però che l’onorevole Pinna si impegni nelle Istituzioni per far andare avanti il progetto». Proposta respinta, almeno sino a quando non verranno sciolti tre nodi importanti. «Sino a oggi non sono stati ancora presentati i progetti di stabilizzazione -dice Emanuele Atzei, ingegnere impegnato nei lavori socialmente utili- dobbiamo ricordarci che i lavoratori non si possono mandare a casa o parcheggiare da qualche parte. D’altronde noi non chiediamo il miracolo: i soldi ci sono ed esiste pure la legge che deve essere solo applicata». Non è, comunque l’unico ostacolo. «I Comuni devono velocizzare l’iter -aggiunge Tarcisio Agus, sindaco di Guspini e coordinatore dei Comuni minerari- non possiamo più perdere altro tempo». Dalla platea del Centro culturale, orfana di buona parte dei rappresentanti politici previsti in cartellone, non mancano nemmeno le critiche per il sindaco di Iglesias. «Spero tanto che il primo cittadino cambi idea sulla validità del progetto -dice Sergio Usai, segretario della Camera del Lavoro- non si può mettere in discussione la validità di un’iniziativa promossa dall’Unesco». Parte anche il secondo appello. Questa volta Ottavio Olita, chiamato a far da moderatore, suggerisce di uscire dalla galleria per portare avanti la battaglia sui banchi del Consiglio regionale. Ma anche questo appello cade nel vuoto, mentre al microfono si avvicina Mario Baraglia, impegnato negli Lsu. «In questa battaglia ci ho creduto sin dai tempi in cui era sindaco Mauro Pili -dice- proprio per questo motivo noi Lsu, la porteremo avanti».

Davide Madeddu

 

Home Page15 dicembre 2000IGLESIAS
«Ti sono più vicino dei colleghi diessini»
 

Una lettera di solidarietà a Giampiero Pinna. A scriverla non è stato un compagno dell’onorevole diessino da un mese asserragliato in galleria, ma Gianfranco Tunis consigliere regionale del Ccd. «Ci sono momenti che sorpassano tutto -scrive- quello per cui ti sei chiuso in una galleria dovrebbe essere uno di questi». Ricordando che il confine tra centro sinistra e centro destra è più un fatto giornalistico, Tunis evidenzia la spaccatura nei Ds. «Ti sono più vicino dei tuoi compagni di coalizione, che considerano il tuo gesto una carnevalata alla ricerca di consensi o l’iniziativa di un compagno che sbaglia, soprattutto perché rifiuta di attendere ancora che diventino realtà le promesse fatte ai lavoratori». Una bacchettata che Tunis usa anche per spiegare il suo divorzio dal centro sinistra. «Anche per questo sono andato via dopo un anno di tribolazione, anche per questo ti sono vicino».

Davide Madeddu