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venerdì 18 maggio 2001 |
IGLESIAS |
DUE
INCONTRI ALLA REGIONE Geoparco, i sindacati si dividono sul ruolo di Igea E.A. IGLESIAS. Parco Geominerario della Sardegna e stabilizzazione dei lavoratori Lsu rischiano di aprire fratture e contrasti all'interno del sindacato, che sull'argomento propone soluzioni contrastanti con quelle del Sulcis Iglesiente, quando se ne discute a livello regionale. Ieri mattina i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Giampaolo Diana, Mario Moro e Giuseppe Calledda hanno chiesto, dopo un incontro con la VI commissione regionale Industria, alla giunta regionale la presentazione di un progetto di stabilizzazione di 900 lavoratori Lsu e l'impegno a modificare la legge 33 al fine di consentire la partecipazione di Igea ai lavori di ripristino ambientale, messa in sicurezza e adeguamento delle aree degradate dalle attività di scavo. «Non siamo noi a dover proporre un piano alla Regione - ha tenuto a precisare Giampaolo Diana della Cgil -, perchè la proposta deve partire dalla Regione. L'esecutivo deve farsi carico dei propri impegni, invece sta cercando di girare intorno ad un problema che deve trovare una soluzione. Del resto si vuole modificare la legge 33 prima ancora che questa abbia rispettato le disposizioni che imponevano la costituzione di Argea (Agenzia Regionale Geo-ambientale). Ebbene si faccia tutto con serietà e si decida il ruolo da affidare ad Igea». Negli ambienti sindacali sulcitani invece le conclusioni dei regionali hanno avuto la parvenza di offrire alla giunta regionale l'alibi per rimandare a data da destinare ogni decisione. I contrasti sono decisamente forti anche se appare opportuno, per il momento, tentare di soffocare le sortite contrarie e le esternazioni ufficiali. Per i rappresentanti sindacali del Sulcis Iglesiente, in primo luogo, è indispensabile dare a Igea la possibilità di intervenire direttamente negli interventi di ripristino ambientale e in altri settori, già individuati. In più occasioni la giunta regionale ha lasciato intendere che Igea non può diventare un carrozzone pubblico o un'azienda pubblica con 900 dipendenti. L'alternativa, è stato detto a più riprese, sarebbe quella di fissare competenze ed interventi a carico di Igea. «Si potrebbe privatizzare Igea - sostengono i lavoratori Lsu - oppure dar modo alla società di poter far parte di società miste. C'è la dotazione finanziaria del primo anno, 900 miliardi, altri 1000 per gli anni successivi e ciò potrebbe costituire un elemento di attrazione per i privati. Si tratta quindi di liberare Igea dal patrimonio immobiliare per poi provatizzarla». Ora si attende la decisione della giunta regionale che in questa materia si è già espressa con un documento che propone la modifica della legge 33. Ma all'interno del sindacato continua a manifestarsi una situazione di netto contrasto. Nei prossimi giorni è previsto un incontro tra i segretari regionali e del Sulcis-glesiente-Guspinese per trovare un accordo. |
giovedì 17 maggio 2001 |
SULCIS |
CONFRONTO I sindacati convocati alla Regione: si decide il destino dei lavoratori sociali nel Geoparco Erminio Ariu IGLESIAS. I segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil sono stati convocati, in mattinata, dagli assessori regionali all'Industria e all'Ambiente per un'informativa sulle modifiche da apportare alla legge 33, sulla liquidazione dell'Emsa e per inserire una normativa in grado di consentire alla società Igea di assumere personale per gli interventi di bonifica e messa in sicurezza dei cantieri minerari che dovranno far parte del Parco Geominerario della Sardegna. Da tempo i lavoratori Lsu attendono il provvedimento di modifica della legge di messa in liquidazione dell'Ente minerario sardo per uscire definitivamente dallo stato di precarietà occupazionale. La giunta regionale in effetti teme che Igea, assumendo personale, possa diventare un carrozzone anche se riconosce che è indispensabile disporre, nella messa in sicurezza e sistemazione delle aree interessate, le professionalità che gli Lsu sono in grtado di offrire. «Si teme anche - sostengono i rappresentanti sindacali del Sulcis Iglesiente - che la giunta regionale possa confidare su elementi di contrasto all'interno delle organizzazioni sindacali per poi avere l'alibi di non intervenire sulla legge 33. La convocazione dei segretari regionali confederali farà chiarezza sulla vertenza e l'esecutivo regionale dovrà esprimersi definitivamente». Tutta la fase burocratica che precede l'avvio del Geoparco sembra conclusa ma c'è ancora da chiarire il ruolo di Igea e dei 450 lavoratori in cassa integrazione. Solo con la decisione della giunta regionale, e in seconda battuta del consiglio regionale, sarà possibile conoscere la sorta degli Lsu. Gli interessati auspicano di poter mettere a disposizione del Geoparco la loro professionalità e conoscenze del mondo minerario e questo anche in prospettiva di un lavoro certo. Secondo il disposto dell'accordo Stato-Regione gli interventi dovranno essere fatti da società private, pubbliche o miste. A parere dei rappresentanti sindacali la giunta regionale, a questo proposito, si muoverebbe con una certa lentezza. «Non intendiamo accettare altri ritardi e tentennamenti - insistono gli Lsu che occupano ancora Monteponi. Questa incertezza sta andando avanti da troppo tempo ed è ora di concludere». In mattinata comunque la giunta regionale dovrebbe fornire qualche indicazione sull'orientamento finale. |
giovedì 17 maggio 2001 |
SULCIS |
«I
terreni boschivi gratis ai Comuni» |
sabato 12 maggio 2001 |
IGLESIAS |
«Sarà
il museo di se stessa» La proposta di recupero della Laveria Lamarmora s.c. IGLESIAS. Ecco la proposta di Massimiliano Manis per salvare la Laveria Lamarmora. Negli anni successivi alla chiusura della miniera è diventata il "simbolo" dell'attività estrattiva a Nebida, grazie alla siua interessante struttura su più livelli e alla sua posizione a strapiombo sul mare nel tratto di costa al di sotto del Colle del Mulino a vento. La sua particolare ubicazione si rese necessaria per il tattamento del minerale estratto dal ribasso omonimo, inserendola in un contesto produttivo che utilizzava diverse strutture (piani inclinati, porto, forni di calcinazione ecc.) alle quali è indiscutibilmente legata. Qualsiasi proposta di riutilizzo della laveria non può esimersi dal valorizzare anche le vecchie vie di accesso e le strutture ad essa accessorie. «Dall'insieme delle considerazioni effettuate - spiega Manis -, una proposta attuabile e rispettosa della sua storia, del suo processo produttivo e dei suoi caratteri formali e strutturali, potrebbe essere quella di utilizzarla come "museo di se stessa". I muri portanti e in pavimenti, infatti, furono costruiti in modo tale da consentire l'alloggiamento di quei particolari macchinari disposti alla fine dell'Ottocento, costituendo anche i percorsi obbligati per l'ingresso del minerale, per lo scarico dello sterile e per la calcinazione finale delle calamine. Come fare per salvarla? «Per potere utilizzare la laveria come museso di se stessa occorre compiere essenzialmente due tipi di interventi: il primo, di carattere consolidativo, che non ne alteri la tipologia e i suoi aspetti formali e strutturali; il secondo, la determinazione di percorsi al suo interno che consentano a qualsiasi visitatore di comprendere il processo produttivo e la vita che si svolgevano al suo interno. Pertanto uno degli interventi più interessanti da effettuare sulla laveria è senz'altro di carattere conservativo, evitando ogni aggiunta che rischierebbe di cancellare elementi importanti impedendo per sempre la lettura integrale di quest'edificio produttivo». |
venerdì 11 maggio 2001 |
IGLESIAS |
«L'11
maggio è ancora per tutti un esempio d'impegno civile» Sergio Usai Segretario Cgil QUESTA giornata di sentita commemorazione in ricordo di quei tragici fatti, che rappresentano ancora oggi una delle pagine più tristi vissute dal nostro territorio. Rivolgiamo il nostro pensiero verso quei minatori che, partecipando ad una manifestazione di protesta indetta contro le condizioni bestiali delle miniere, contro le rigidità e le restrizioni della dirigenza mineraria, trovarono una atroce morte. Furono giorni nei quali crescevano le prime significative lotte sindacali, che dopo 81 anni trovano l'attualità e la valenza della tradizione politica e sociale della Comunità del Sulcis Iglesiente. Quelle lotte, quei primi movimenti di ribellione sociale furono anche i più espliciti segnali di avversione contro il lungo e nefasto periodo fascista che, nei confronti dei lavoratori e verso il popolo indirizzò cruenti e sanguinose rappresaglie. I minatori di San Giovanni e Monteponi combattevano la miseria, chiedevano migliori condizioni di vita e di lavoro, pretendevano giustamente minori restrizioni nel razionamento del pane e dei generi alimentari di prima necessità. Avanzavano con grande difficoltà le prime richieste di emancipazione economica e sociale. La rigida politica della dirigenza mineraria, che rifiutava ogni possibile dialogo con i minatori, pretese da parte delle autorità militari una dura rappresaglia, negando ogni ogni possibile trattativa con i rivoltosi e sospese le retribuzioni agli operai per tutti i giorni di mobilitazione. Questo causò l'inasprimento della protesta degli oltre 4000 minatori. Avvenimenti gravi, carichi di significativi sentimenti umani, etici, politici e sociali che ricordano a noi tutti quanto sia stato aspro e impervio il percorso dell'emancipazione delle classi lavoratrici. Quell'esperienza che noi ereditiamo, sempre carica di incancellabile riconoscenza e ammirazione verso coloro che hanno pagato con la propria vita la difesa della dignità di uomini e di lavoratori, costituisce ancora oggi per il movimento dei lavoratori un coraggioso esempio di impegno civile e democratico, capace di elevare tutte le libere coscienze. Anche se ad alcuni appariranno lontani e sfumati quegli avvenimenti, per noi l'11 maggio continuerà ad essere un patrimonio irrinunciabile della voglia di libertà e di giustizia della gente di miniera che, come in passato continua a rivendicare migliori condizioni di vita e di lavoro. Quell'insegnamento serve anche oggi per respingere i continui attacchi di rinnovate espressioni delle nuove classi imprenditoriali, che pensano di poter difendere i propri interessi e le proprie condizioni di privilegio a discapito delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e dei più deboli. L'11 maggio continua a ribadire che noi siamo contro gli egoismi, contro gli speculatori, contro i soprusi e contro le ingiustizie. Difendiamo uno Stato sociale equo e generale, con l'assistenza sanitaria, con la scuola, i trasporti, le pensioni, la casa. Vogliamo il lavoro nella sicurezza, nella legalità e nel rispetto dei diritti fondamentali contrattuali, senza infingimenti e con qualsiasi interlocutore politico che governi. Combattere le ingiustizie, difendere gli interessi generali e popolari, preservare i valori e i diritti della dignità umana che sono l'essenza stessa del riscatto della nostra comunità. Rivolgiamo il nostro pensiero e la nostra gratitudine verso questi martiri di Iglesias che sono stati uccisi per aver combattuto una battaglia che era è stata e rimarrà di tutti noi. Alla memoria di Pietro Castangia, Emanuele Cocco, Vittorio Collu, Salvatore Melas, Attilio Orrù e Raffaele Serrau. Eterno riposo e profonda gratitudine |
mercoledì
9 maggio 2001
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IGLESIAS |
LA
POLEMICA «Porto Flavia, una messa in scena senza rispetto per nessuno» Giampiero Pinna Consigliere regionale Avendo avuto la possibilità di rivedere dopo alcuni giorni le immagini riprese il 2 maggio scorso in occasione della discussa inaugurazione della struttura mineraria Porto Flavia di Masua, mi ha particoalrmente colpito la scritta di uno degli striscioni di protesta issato da un gruppo di disoccupati all'imbocco della galleria che diceva: «Prima il lavoro, poi le inaugurazioni elettorali!!! No alle opere incompiute!!! (vedi foto in alto). Incuriosito da quelle pesanti parole ho proseguito a far scorrere le immagini riprese in galleria e, dopo aver fatto le necessarie verifiche, ho potuto così constatare che nulla di più vero si poteva dire di quell'evento. Assieme a tante luci accese dall'energia elettrica prodotta da un gruppo elettrogeno improvvisato per illuminare la festa (mancano ancora perfino i cavi dell'indispensabile alimentazione elettrica), mi sono reso conto che al posto del binario, asportato e ancora da ricostruire, è stato steso al piede della galleria uno strato polveroso di ghiaia che dovrà essere rimosso per poter completare l'opera dopo l'inaugurazione (chi pagherà i costi?). Proseguendo all'interno della galleria, nel rivedere la parte terminale del binario, anch'essa ancora da restaurare, ho potuto constatare che le bellissime tramogge del piano di caricamento sono ancora avvolte dalla ruggine con l'ammissione ingenua e evidente della presidenza dell'Igea che ha voluto informare i visitatori con la scritta: «Tramogge in allestimento» (vedi foto in basso). Ancora incuriosito da quella scritta informativa ho, inoltre, potuto verificare che solo tre delle ventisette tramogge erano state recuperate alla data dell'inaugurazione e che il lungo lavoro del loro restauro è in fase di espletamento (lavori in corso) a opera di una ditta esterna alla quale sono stati appaltati i lavori. Ho potuto infine, accertare che è stato asportato quel che restava del sistema dei nastri con il terminale "pontile mobile" per il caricamento delle navi, tutto ancora da ricostruire. Proprio quel pontile mobile inesistente che qualche sprovveduto ha improvvisamente dichiarato di voler utilizzare come «rampa di lancio del turismo della zona». Queste sconcertanti constatazioni non possono che confermare in modo inequivocabile che si è trattato di una inaugurazione fasulla di un'opera incompiuta che gli organizzatori hanno avuto la sfrontatezza di definire "Primo esempio di riabilitazione dei siti minerari e loro valorizzazione". Ma quello che più sconcerta è che questa farsa sia stata organizzata in piena campagna elettorale, a soli dieci giorni dal voto del 13 maggio, su iniziativa pressante del "nuovo" presidente dell'Igea. Egli, infatti alla gestione autonoma e responsabile di un piano industriale credibile della società che gli è stata affidata, preferisce la strada del servilismo con l'organizzazione di una manifestazione di tipo propagandistico a spese delle casse regionali per tentare di ingraziarsi i governanti regionali di turno, probabilmente ignari dell'incomplettezza dei lavori e di quello che dovevano inaugurare. È ancora più incomprensibile la leggerezza del "nuovo" presidente dell'Igea che, nel tentativo di vendere meriti che non gli appartengono, indossa le vesti del cerimoniere per riaprire per poche ore e a caro prezzo quella galleria che esgli stesso, nella qualità di "vecchio" presidente delle Miniere Iglesiente fino al 1996, si era limitato a tenere sbarrata con un muro in cemento armato. Solo a partire dal 1997, infatti, a seguito dell'intesa Stato Regione per l'avvio dei lavori propedeutici all'istituzione del Parco Geominerario, è stato dato avvio alla predisposizione dei progetti di recupero e di valorizzazione che hanno consentito di ottenere i primi finanziamenti della Regione (320 milioni stanziati con delibera Emsa n. 405 dell'8 settembre 1998) e dello Stato (768 milioni stanziati con decreto del ministero dell'Industria del 30 dicembre 1999). Ma è soprattutto grazie alla sensibilità e all'impegno dei lavoratori e dei dirigenti dell'Igea che hanno dato avvio nel 1998 ai lavori di recupero che oggi si può parlare dell'apertura al pubblico e della valorizzazione della struttura di Porto Flavia che, purtroppo però non potrà avvenire prima del completamento dei lavori in corso. In queste condizioni, ad eccezione di pochi intimi che potranno ancora accedervi gratuitamente, Porto Flavia resterà chiuso per molti mesi e non potrà essere ammirato dai tanti cittadini e dai molti turisti che, direttamente e attraverso le associazioni locali, chiedono di poterlo visitare a pagamento. Nel frattempo c'è da sperare che le autorità regionali competenti si preoccupino di far sapere come verranno gestite Porto Flavia e le altre strutture museali in via di completamento; chi si farà carico della manutenzione, della custodia e dei relativi costi e, soprattutto, quali norme di sicurezza per i visitatori verranno adottate a seguito della cessazione del regime di concessione mineraria. Solo con queste risposte si potrà avere la certezza di innescare quel processo di valorizzazione turistica del territorio che oggi si può perseguire concretamente con l'utilizzo corretto delle risorse stanziate della finanziaria nazionale per la gestione del Parco Geominerario nell'ambito delle finalità individuate nel decreto istitutivo dello stesso Parco come auspicato dall'Unesco, da tutte le istituzioni dello Stato (Governo, Regione, Province e Comuni) e da tantissimi cittadini. Ora che i riflettori di quella inaugurazione fasulla sono stati spenti, resta da chiedersi se le tante giornate di lavoro e le spese che sono state sostenute per quella prematura cerimonia non potevano essere meglio impiegati dal presidente dell'Igea per accelerare il completamento dell'opera. Per qauanto mi riguarda non mancherò di chiedere conto di questo irresposnabile comportamento nelle sedi e nelle forme che mi sono consentite come consigliere regionale di opposizione e come cittadino. Lascio, invece, all'oppinione pubblica il giudizio su questa irrispettosa messa in scena che offende la memoria di tutti i minatori che hanno lavorato per realizzare quell'opera quasi ottanta anni fa e il lavoro dei tecnici e minatori che hanno operato negli ultimi tre anni per restaurare Porto Flavia. Per queste ragioni non si può che comprendere la protesta dei giovani senza lavoro, l'irritazione della comunità di Nebida-Masua e il disappunto di tutti i cittadini che hanno creduto e combattuto per fare in modo che le straordianrie testimonianze della nostra storia mineraria diventassero concreta occasione di sviluppo del territorio e non di propaganda preelettorale. |
venerdì 4 maggio 2001 |
IGLESIAS |
«Ancora
un rinvio per il nostro piano»
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giovedì 3 maggio 2001 |
IGLESIAS |
L'ANZIANA
CERNITRICE ASSENTE ALLA CERIMONIA Rosina Carta: questi i minatori del miracolo Adele e Caterina Melis Dai ricordi di infanzia di nostra madre, Rosina Carta, riportiamo il particolare che riguarda l'inaugurazione dell'importante struttura mineraria di Porto Flavia (Masua) realizzata negli anni '20 del secolo scorso. ******* «...Il giorno del battesimo di Porto Flavia, da Masua e da Nebida, a piedi, arrivarono poche persone, spinte forse dalla curiosità, e come me si misero ad osservare in un angolo del piazzale un po' intimidite. Arrivò il trenino, con i suoi numerosi vagoncini e in ognuno di essi vi erano quattro persone, alcune persino armate: erano i rappresentanti del regime di allora. Entrarono tutti dentro Porto Flavia, l'ingegner Vecelli, mio padre con pochi altri minatori, le numerose autorità e il Vescovo venuto da Iglesias. Ci raccontò poi, a casa, mio padre, che legò una fune intorno alla vita del Vescovo e che fu fatto scendere giù per la scala di ferro del primo silos per dare la sua benedizione». «Quando uscirono venne offerto un bicchiere di vino, forse, chissà, era vernaccia, e furono premiati con dei soldi i minatori che avevano scavato la galleria, mio padre Francesco, Solinas Salvatore, Orrù, Angei Luigi e forse anche qualche altro. Purtroppo la memoria dopo tanti anni incomincia ad indebolirsi». «Quello si che fu un vero giorno di festa per la mia famiglia. Quei soldi benedetti servirono per pagare i debiti che ogni mese si accumulavano perchè la paga di mio padre bastava appena per la sopravvivenza...». ******* Quando nostra madre ha appreso dal giornale che ci sarebbe stata la cerimonia di inaugurazione di Porto Flavia il 2 maggio, ci ha pregato di scrivere due righe di ringraziamento a chi ha reso possibile la realizzazione di questa Sua speranza. Da quando ha visitato, oltre due anni fa, Porto Flavia e l'ha visto nelle «vergognose condizioni di abbandono in cui era» e ha saputo da minatori presenti che si doveva iniziare da lì a qualche giorno il restauro, emozionata, si è impegnata al massimo per dare anche lei un piccolo contributo in entusiasmo ed incoraggiamento agli operai che nel frattempo vi stavano lavorando. Ha notato con soddisfazione e orgoglio, che «questi minatori» non erano diversi da quelli che avevano lavorato con il padre: stessa dignità, stessa serietà, stessa professionalità. Con una piccola differenza. Dei primi, a parte quei pochi che lei ricorda, si è persa la memoria. Allora si è data un gran da fare in questi due anni per conoscere i nomi di tutti coloro, che, con il restauro, hanno onorato e «scolpito» su quelle rocce la memoria di chi li ha preceduti e che oggi hanno reso possibile quello che a Lei sembra un piccolo miracolo. Sarebbe stato un bel regalo per nostra madre se qualcuno, come nel 1924 fece l'ingegner Vecelli permettendoLe di assistere alla cerimonia, avesse avuto la sensibilità di invitarLa come testimone di quei minatori che non ci sono più. Il forte coinvolgimento emotivo e l'incredibile tenacia dimostrata da nostra madre, nonostante l'età avanzata, hanno fatto si che anche noi figlie la seguissimo in questa avventura. Pertanto desideriamo ringraziare tutte quelle persone che in vario modo l'hanno sostenuta dimostrandole interesse e affetto regalandole così due anni di vita meravigliosa, in particolare i minatori e gli operatori: Atzeni Massimo, Bellisai Luciano, Biggio Roberto, Cardia Mario, Cuccu Elio, Fanni Giuseppe, Loddo Raimondo, Matta Ettore, Morfino Salvatore, Murru Renzo, Murtinu Giovanni, Ottelli Luciano, Pinna Maurizio, Pintus Luciano, Piras Maurizio, Porta Pietro, Puddu Luigi, Saddi Claudio, Sarais Angelo, Tolu Agostino, Toscano Antonio, Tuveri Antonio, Usai Attilio. |
giovedì 3 maggio 2001 |
RECUPERATO L'IMPIANTO DI MASUA Porto Flavia riprende vita, una galleria che porta al turismo Inaugurato dopo la riabilitazione curata da tecnici e lavoratori Igea I disoccupati chiedono certezze Erminio Ariu MASUA. Recperato al patrimonio pubblico. Era il tunnel della disperazione e del lavoro duro per migliaia di minatori, poi l'emblema del superamento dell'industria mineraria. Ma a distanza di 80 anni Porto Flavia ha cambiato destinazione d'uso ed è diventato, con un appropriato intervento di restauro, il ponte per la riconversione economica dell'Iglesiente. Un lavoro di altissima ingegneria realizzato nel' 22 su un'idea-progetto dell'ingegnere Cesare Vecelli, allora, come tutti, alle dipendenze della "Societè francaise Vieille Montagne" che estraeva blende e piriti destinate al mercato estero. «Ora invece, questa galleria con il pontile mobile - ha detto l'assessore regionale del Turismo, Roberto Frongia -, sarà la rampa di lancio per il turismo della zona. E' vero, mancano gli impianti ricettivi, le strutture e i servizi ma la Regione è impegnata anche su questo fronte e attraverso la legge 488 sarà possibile intervenire per rimediare e queste carenze. Del resto non mancano strutture potenzialmente in grado di essere riconvertite». L'apertura al pubblico di Porto Flavia, anche se l'ingresso dei turisti è ancora da definire, è stata accompagnata da condizioni atmosferiche inpeccabili che hanno contribuito a valorizzare gli aspetti turistici della proposta. «Si questa miniera, con le sue gallerie e impianti, - ha esordito il vescovo di Iglesias monsignor Tarcisio Pillolla - sono stati luoghi di indubbio sacrificio per i minatori e le loro famiglie. In questo momento vanno ricordati propri quelli che non ci sono più, che hanno contribuito con il loro sangue e le durissime rinunce alla realizzazione di queste imponenti opere».
Lo sbocco dell'impianto sulla parete rocciosa che si affaccia sul mare. Accanto e sotto, immagini della cerimonia di inaugurazione del "sito" che si è svolta nella mattinata Sotto, Rosina Carta: la cernitrice è stata testimone dell'apertura negli anni Venti |
martedì 1 maggio 2001 |
IGLESIAS |
I
turisti affascinati dalle pareti rocciose
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martedì 1 maggio 2001 |
IGLESIAS |
Igea,
due assessori strigliano la Regione «Il Comune non può essere messo in disparte nelle decisioni sui beni immobili e i lavoratori» Siro Corriga IGLESIAS. Due assessori "perplessi", scrivono una lettera al governo regionale. A Masua con imponente presenza di autorità, si inaugura domani il primo esempio di riabilitazione e valorizzazione di un sito minerario portato a compimento. Una tenda, con una decina di ragazzi a turno che si alternano nel presidio, è accampata nel centro di piazza Sella. Il sindaco Collu, osserva da lontano quel gruppo di ragazzi, da oltre la siepe si interroga quali saranno i motivi della protesta che ha spinto quei volti conosciuti, a dormire sul battutto di piazza Sella. Il soggetto che tiene insieme la sceneggiatura, è ancora lo strano percorso dell'acquisizione dei beni ex-minerari ai comuni. Bandi di gara intenazionali, progetti da accompagnare alle richieste di acquisizione mai presentati, i dubbi, posti da alcuni assessori, sul ruolo recitato dall'amministrazione comunale nei meccanismi della legge 33. Il clima elettorale infine, che inibisce il dibattitto o, peggio ancora, vagheggia soluzioni dell'ultim'ora. «Un chiarimento in merito al futuro dei lavoratori Igea - recita la lettera che gli assessori all'ambiente Andrea Pilurzu e quello alla Pubblica istruzione Daniele Pani hanno inviato al presidente della Regione Mario Floris e all'assessore regionale all'Industria Andrea Pirastu - si rende necessario, dopo la notizia dell'inaugurazione del sito di Porto Flavia. Riteniamo, che all'interno della Società vi siano le professionalità necessarie anche alla gestione delle iniziative turistiche. La società dovrà, dopo un riordino interno, essere il catalizzatore di iniziative non solo di ripristino ambientale ma anche di collegamento fra le società o cooperative che si proporranno all'acquisizione e gestione dei terreni ex minerari. In questo periodo ci è sembrato che su queste problematiche vi siano stati dei tentennamenti che in futuro non dovranno più ripetersi». La lettera all'amministrazione regionale continua, rivendicando il ruolo determinante delle amministrazioni comunali nei meccanismi di acquisizione compresi quelli che riguardano i terreni ex minerari destinati a forestazione: «Ritenendo che il nostro Comune debba avere un ruolo determinante nella discussione di queste problematiche, come anche sull'iniziativa che riguarda la possibilità di acquisire da parte della nostra amministrazione i terreni da destinare alla forestazione (con un progetto ben definito con gli enti competenti)». La richiesta, che accompagna la missiva, è per un incontro appena superato il clima elettorale che evidentemente condiziona la discussione al momento. I disoccupati, in piazza, esprimono intanto il rammarico per la totale mancanza di sensibilità dei rappresentanti della giunta comunale: «Nessuno della giunta è venuto a parlare con noi, nessuno ha voluto mostrare una qualche forma di sensibilità rispetto all'iniziativa che portiamo avanti. Il sindaco Collu, quando ci ha visto è fuggito via», commentano con un poco di sconcerto gli autori del presidio, rinnovando la richiesta per la presentazione di un progetto serio, che accompagni la richiesta di acquisizione dei beni. Accogliendo i diversi attestati di solidarietà presentati sia da cittadini che da rappresentanti del mondo dell'associazionismo, sottolineano il loro impegno: «Non è un problema di strumentalizzazioni, si tratta semplicemente della presa di coscienza di un intervento, anche forte, in difesa del lavoro. Di una possibilità che rischia di essere persa». |