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Percorrere
distanze. Presentazione di Quattro pilastri per il futuro della
scienza cognitiva di Francisco J. Varela
Giuseppe
Varchetta
Il transito tra
il secondo e il terzo millennio caratterizza con un cambiamento profondo
un cambiamento del cambiamento lesperienza organizzativa
in generale che si conferma, daltra parte, come lesperienza
umana più vera della nostra contemporaneità.
Le organizzazioni con obiettivi economici (aziende produttive e di servizio),
le organizzazioni pubbliche e private erogatrici di servizi vari (scuole
di ogni tipo, strutture per la salute), le realtà delle pubbliche
amministrazioni ai diversi livelli di competenza e giurisdizione sono
tutte, distintivamente e nel loro complesso, interessate da un profondo,
invasivo cambiamento, una sorta di sommatoria di variabili intervenienti,
caratterizzate tutte da una forte imprevedibilità, da molteplicità
di attori, da un conflitto tra microinteressi diversi spesso insuperabile
e da una molteplicità polisemica e di significati.
La risposta olistica che da qualche anno lorganizzazione contemporanea
sta tentando di pensare, elaborare e gestire di fronte a tale sfida
di complessità è lemergere progressivo, e sempre
più influente, delle risorse invisibili, ora immateriali, con il
sapere al lavoro indicato come la variabile strategica centrale
per la produzione e lo sviluppo del valore.
Conoscenze, capacità e competenze delle donne, degli uomini e dei
gruppi umani diversi, quando correlate co-evolutivamente agli specifici
contesti di appartenenza e nutrite da investimenti costanti, costituiscono
oggi in un contesto ipercompetitivo delle leve irrinunciabili. Infatti
sono le sole capaci di alimentare gli insostituibili ed endemicamente
in crisi patrimoni di achievement, creatività, leadership, dei
quali le organizzazioni non sembrano poter fare a meno e dei quali cronicamente
scarseggiano.
Dallinsegnamento
allapprendimento
A livello fenomenologico, nella prassi organizzativa quotidiana dettata
dalle sopra indicate esigenze di sviluppo delle risorse umane attive nelle
organizzazioni, si è assistito in questi ultimi anni a un progressivo
transito da una centratura sulle problematiche dellinsegnamento
(teaching) alle problematiche dellapprendimento (learning).
Tale tendenza che in molti circoli culturali professionali
è stata non compresa, se non addirittura ostacolata si sta
accompagnando con due macrocambiamenti, sintetizzabili nel passaggio:
da una prospettiva della struttura a una prospettiva dellattore;
da una cultura del controllo a una cultura dellautonomia.
Il primo macrocambiamento (da struttura ad attore) fa prima di tutto riferimento
allo statuto sempre più vago delle organizzazioni che hanno inglobato
al loro interno i molteplici punti di vista dei loro molteplici osservatori.
È caduto lelemento ordinatore unico un paradigma certo
attraverso il quale nel moderno il taylorismo aveva offerto uninterpretazione
certa e totalizzante dei comportamenti e delle situazioni organizzative.
Quella che da più parti viene indicata come unacquisita
da parte del postmoderno modernizzazione riflessiva caratterizza
a un tempo, ricorsivamente, le scienze e lesperienza organizzativa.
La centralità dellattore e della sua capacità infinita
di atteggiamento riflessivo trasforma lorganizzazione in unentità
di processo, in continuo divenire, ascrivibile allentità
fenomenologica dellevento.
Lobbligata riflessività che gli attori organizzativi
del nostro tempo sembrano testimoniare con capacità crescente e
che li rende soggetti perennemente riflessivi, in risposta
allangoscia pervasiva indotta dal crescente, caotico sviluppo insieme
caratterizzato da opportunità e rischi, si deve intendere infatti
come processo non controllato, non voluto, di accelerazione dellerosione
dellordine della modernità classica e insieme
un processo di crescente consapevolezza degli attori umani, di natura
cognitiva, verso i rischi di autodistruzione, con una nuova capacità
di elaborazione critica. Mentre tuttavia nella modernità classica
la dimensione riflessiva si veicolava attraverso le istituzioni sociali
portanti (partiti, sindacati ecc.), nella nostra contemporaneità
tali fondamenti si dissolvono e la modernizzazione riflessiva è
un progetto di individualizzazione, di autoriflessione narrativa, attraverso
il quale alla globalizzazione e ai rischi incontrollabili a essa connessi,
si affaccia unopera solitaria di autocostruzione di storie individuali
autorganizzantisi.
Il transito sopra indicato da insegnamento ad apprendimento può
essere meglio compreso, in tutta la sua potenzialità definitoria,
se viene collocato allinterno di due contesti culturali
diversi, quello del controllo e quello dellautonomia, riferibile
il primo a una preoccupazione prevalente per linsegnare e il secondo,
allopposto, per lapprendere:
controllo: gli esseri umani sono rappresentati e gestiti in quanto
unità eteronome. Essi sono in quanto tali determinati dallambiente
a essi esterno. Tale relazione è letta secondo una logica di corrispondenza.
Lambiente è in relazione di controllo con il sistema vivente.
Lambiente pone i problemi e indica le soluzioni migliori.
Le donne e gli uomini sono chiamati a un apprendimento previsto nel suo
traguardo finale dallavvio e consistente nellespressione di
comportamenti secondo i modelli indicati dalla cultura prevalente;
autonomia: lambiente esterno accetta e fa sua una visione
che non prospetta una descrizione definitiva e perfetta degli esseri umani.
La gestione dellambiente esterno (e il sistema cognitivo relativo)
si svolge in modo incompleto, ma interessato a seguire, sul piano dellesperienza
diretta, quali caratteristiche specifiche gli esseri umani possono sviluppare.
È una gestione della vita vivente e non della vita statica: è
una conoscenza/gestione che accoglie la vita, definendo e agendo vita
e cognizione come interdipendenti.
Gli esseri umani conservano la loro autonomia, mutando in coerenza con
le proprie caratteristiche vitali: le influenze dellambiente esterno
(perturbazioni) possono favorire, ma non costituire, il loro cammino evolutivo.
Se resta ampio e non predefinibile lo spazio di interazione per lambiente
esterno, resta aperta per gli esseri umani una crescita della propria
auto-organizzazione, senza una necessaria connessione allidea di
un programma dettato dallesterno.
Allinterno
dellapprendimento
Allinterno
di quellinsieme denso di esperienze operative e di prospettive di
ricerca e teoriche, le concezioni scientifiche più rilevanti e
sempre più accreditate relative allapprendimento umano e
alla conoscenza al di là di alcuni distinguo legati alle
differenti origini disciplinari sono accomunati da alcune tendenze
simili così indicabili:
la forzata appartenenza a più mondi per un numero crescente
di organizzazioni obbliga a un confronto con lambiente esterno in
una prospettiva co-evolutiva; il riferimento diretto è qui alle
riformulazioni della biologia evolutiva che supera le ipotesi secondo
le quali
la funzione precede e impone la forma ... [assecondando ipotesi
secondo le quali invece] anche gli aspetti più stabili
dellambiente sono stati modellati da lunghi processi di esplorazione
e di progettazione da parte delle
specie viventi ... [e secondo le quali] levoluzione è sempre
una co-evoluzione [Ceruti, Lo Verso, 1998, pp. 9-10].
Lidea
della co-evoluzione ha in riferimento diretto a esperienze organizzative
nuove di relazioni co-evolutive tra sistemi organizzativi, che si ponevano
fino a qualche tempo fa rigidamente come lesterno da
una parte e linterno dallaltra ha una forte
influenza nella convinzione che i sistemi organizzativi e gli ambienti
sono interrelati, istante dopo istante, nella loro stessa
definizione [e che] lorganismo e lambiente non sono separabili
[ibid., p. 10].
un privilegiare da parte della ricerca sulla conoscenza sempre
più diffusamente terze vie, nelle quali gli aspetti
della nuova corporeità sappiano/possano convivere
dentro una sintesi dellumano mai definita ma in continuo
itinere con gli aspetti della primarietà intrapsichica;
unattenzione nuova, quando ci si confronta con le problematiche
dellapprendimento, di riconnettere lattività educativa
alla specificità dellazione organizzativa; tutto questo nella
convinzione che gli attori organizzativi non agiscono semplicemente perché
sono attivi, ma perché lagire contiene la prassi elettiva
del loro essere al mondo. Si tratta di confrontarsi con la prospettiva
secondo la quale lapprendimento non è una cosa in sé
ma unemergenza, che come tale si origina quando la formazione è
capace di connettersi a contesti e azioni temporalmente e localmente definite
e non riducibili a una media povera di significati veri;
la prospettiva dellemergenza induce a contenere lo studio
dei processi di sviluppo cognitivo ed evolutivo allinterno di un
doppio livello: un livello di sviluppo endogeno (la totalità
integrata del sistema studiato) e un livello di sviluppo esogeno (le reti
di sistemi strutturalmente accoppiati); tali due livelli dellevento
sviluppo sono simultanei e complementari e producono in sé una
differenza di ordine tra un prima e un dopo.
Il contributo di Varela si apre verso unautentica scienza della
coscienza, nella quale gli aspetti qualitativi prevalgono su quelli quantitativi
e nella quale la condivisione tra donne e uomini che nella vita agiscono
ha un ruolo uguale a quello delle verifiche sperimentali se non più
importante.
Ogni esperienza cognitiva ha una struttura transitoria emergente, nella
quale attività neuronali diverse, generate da emozioni diverse
e da diverse percezioni sensoriali, si saldano in insiemi coerenti, quanto
transitori, di neuroni che, attivi magnificamente fin che perdurano le
condizioni dellemergenza, decadono infine per ricomparire successivamente
in aggregazioni diverse e diversamente attive al risorgere delle condizioni
di una nuova emergenza.
Formare in un collegamento continuo con la realtà significa esporsi
a un immediato perturbante, lincontro con laltro, il generatore
per eccellenza delle condizioni dellemergenza. A tale esposizione
non siamo sempre pronti. Noi talvolta ansiosi per tale sfida non agiamo
una formazione allaltezza dei tempi, bisognosi come
siamo di conservare laltro come ricettacolo elettivo delle nostre
proiezioni difensive. Prassi di questo tipo minano sul nascere i processi
generativi della formazione: sfidata dalle prospettive dellorientamento
post-industriale e calata in una quotidianità caratterizzata da
una crescente soggettualità, la formazione del nostro tempo non
può preesistere al processo relazionale, pena la perdita delle
occasioni dellemergenza. Oggi la formazione è soprattutto
lopportunità e il modo del nostro cambiare attraverso un
fecondo incontro con laltro. Una formazione non ancorata a queste
strategie rimane limitata a pur efficienti trasmissioni di input, orientate
a rappresentazioni a noi esterne, costringendo linvestimento educativo
a risultanze lontane dalla costruzione di significati utili.
LAltro è fonte di emozionalità e, in questo senso,
nutrimento emergenziale.
Due vertici della filosofia europea ci ricordano che
il comprendere ha sempre una tonalità [Nancy, 1990,
tr. it. p. 4]
e che
il fatto è che la teoria della verità come
corrispondenza, della rappresentazione come copia è allorigine
di quella dicotomia secca che nella tradizione metafisica così
come in quella neopositivistica ha nettamente distinto fra sensazione,
percezione, inferenza, ipotesi, indagine, ricerca, conoscenza da un lato
e piacere, dolore, interesse, soddisfacimento, gioia dallaltro.
Questa dicotomia ci ha per lungo tempo impedito di riconoscere che le
emozioni funzionano cognitivamente e che allintelligenza sprovvista
di emotività può accadere di non essere intelligente [Gargani,
2000, p. 21].
E allora noi possiamo pensare che il canto di F. Varela sotto i quattro
pilastri della conoscenza non sia più solitario e che larchitetto
originario abbia trovato emergentemente per strada dei colleghi
coi quali costruire un porticato sotto il quale camminare insieme.
Bibliografia
Ceruti
M., Lo Verso G. (1998) (a cura di), Epistemologia e psicoterapia, Cortina,
Milano.
Gargani A. G. (2000), La grammatica del tempo, Teoria, 20,
1.
Nancy J.L. (1990), tr. it. La comunità inoperosa, Cronopio, Napoli
1995.
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