In questo periodo sul ciglio settentrionale del poggio di Varano sorgono grandiose ville, in posizione panoramica, senza soluzione di continuità. Delle sei riportate nelle planimetrie borboniche, quattro sono state localizzate ed in parte rimesse in luce. Si caratterizzano come ville concepite prevalentemente a fini residenziali, con vasti quartieri
abitativi, termali, portici e ninfei grandiosamente decorati. Tuttavia la parzialità dell'indagine archeologica, soprattutto per i settori che dalle
planimetrie borboniche risultano destinati ai quartieri servili o schiavistici, non consente di escludere delle possibili destinazioni agricole. Al 79 d.C. lo stato della suppellettile e delle decorazioni era tale da escludere una frequentazione da parte dei proprietari, forse liberti imperiali o membri dell'aristocrazia romana. In questo periodo nell'entroterra si assiste ad un fiorire di ville rustiche, fattorie finalizzate alla produzione ed alla lavorazione dei prodotti agricoli. In esse è costantemente presente un settore produttivo con attrezzature ed impianti quali torchio, aia, celle, magazzini, nettamente differenziato dal quartiere residenziale.

Alle dieci ville rinvenute in età borbonica si affiancano una quarantina di rinvenimenti moderni, concentrati nei territori degli attuali comuni di Gragnano e S. Maria la Carità. Le ville erano destinate alla conduzione di fondi agricoli di dimensioni ridotte, dove le colture praticate erano essenzialmente quelle dell'olivo e della vite. Questa realtà ricca ed articolato ebbe una brusca interruzione il 23 agosto del 79 d.C. quando l'eruzione del Vesuvio ne comportò il completo obliteramento. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per le altre zone vicine, la vita a Stabiae riprese dopo poco: la sua posizione geografica era tale che fu necessario sgombrare le strade per ripristinare i collegamenti terrestri.

Cenni storici II


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Incisione a bulino
del 1703.

Errico Gaeta.  II castello dalle Fratte.

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