Kasida VI
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LA CARITÀ

In un sobborgo di Beiruth, al confine con la campagna. 

A sinistra, in fondo, si vede una parte della splendida città, a sinistra invece alberi spogli, spezzati, sradicati, qualche casolare scoperchiato, torrenti d'acqua fangosa; vestigia di una recente alluvione. Il vento ululi a tratti e cadono scrosci di pioggia. S'ode qualche tuono lontano. 

A sinistra, sul davanti, un fondaco di mediocre apparenza, sulla soglia del quale stanno AJUB e SURA ascoltando un gruppo poco discosto di SERVI e STALLIERI che parlano impauriti attorno al loro PADR0NE.

UN SERVO 

A memoria dei 'più vecchi del paese, mai eguale bufera 
fu vista.

UN ALTRO 

                I tuoni scrollavano le montagne.

UNO STALLIERE 

                                                                    Le ondate del mare 
giungevano fino al Kassar.

UN ALTRO 

                                                I torrenti àn travolto i ripari 
delle mandre.

PRIMO SERVO 

Buoi e pecore affogate a migliaia!

SECONDO SERVO 

                                                        Casolari 
scoperchiati, ulivi e querce sradicati!

PRIMO STALLIERE 

                                                                        Che rovina!

SECONDO STALLIERE 

Che miseria per domani!

SURA

                                                Il viaggio fu facile; ma giungendo quanti orrori!

AJUB 

Piccola, tu non senti che, passando tra tante sventure umane, 
qualche cosa da noi si stacca e ci fa più leggeri?

SURA 

Sì, Ajub; ma se ti guardo vedo le altrui sofferenze apparire 
dentro i tuoi occhi. Quando vuoi che partiamo? o vuoi qui dimorare?

AJUB 

Partiremo a momenti; ma il cammino sarà lungo e assai duro 
pei tuoi piccoli piedi.

SURA 

                                          Con te, i sassi diventeranno fiori 
lungo la via. La casa di mia madre è lontana, oltre Lahore, 
fra i monti di Srinagar.

AJUB 

                                        Srinagar? Ci avverrà di passare 
pei luoghi dell'esilio di Rama e Sita?

SURA

 (lieta) 

                                                                    Lo ricordi ancora? 
Fra l'Imalaja e il Pamir: la foresta ove s'apre la dimora 
di Brahma.... Si, Ajub. 

(Una piccola folla di CONTADINI e CONTADINE, con bimbi in braccio sopravviene gridando, piangendo, singhiozzando, e si assiepa davanti l'entrata del fondaco).

CONTADINE 

                                        Tutto è distrutto! Meglio era morire!

CONTADINI 

Non più case né stalle! Più orzo! Più zolla per seminare!

CONTADINE 

Si seccheranno gli occhi per piangere, i seni per allattare!

CONTADINI 

Anche per le nostre vite l'uragano! Anche il nostro squallore 
sia inghiottito dai torrenti!

CONTADINE 

                                            No, sian salve le nostre creature! 
Un po' di cibo a mio figlio! — Pel mio un giaciglio! — Un po'di calore pel mio!

IL PADRONE DEL FONDACO 

(respingendole) 

E se dò tutto a voi, che rimane per me? La maluria 
passò pure sul mio tetto.

VOCI 

                                                        Dacci asilo ! — Pietà !

IL PADRONE 

                                                                                        Volentieri 
Se non salvaste le case, salvo è certo quel po' di denaro 
che occorre....

VOCI 

                                    Ci beffi anche?

ALTRE VOCI 

                                                            Mettici coi cammelli e coi somari, 
padrone, sullo strame; ma non negarci un misero ristoro.

LE DONNE 

Pietà! pietà!

IL PADRONE E I SERVI 

(respingendole) 

                            Passate! La carità chiedetela ai visiri 
e ai ricchi di Beiruth. Qui non c'è posto che per gli avventori. 

(Una donna, respinta, col suo bambino in braccio e con un altro più grandicello che le si attacca alle gonne, viene a cadere presso Sura e Ajub. Scoppia a piangere, e i figli con lei).

AJUB 

(appressandosele) 

Alzati. Non ài uomo teco?

LA DONNA 

(piangendo) 

                                                Il mio uomo è morto per salvare 
la nostra poca roba.

AJUB 

(dandole la sua più ricca collana) 

                            Prendi. Un mercante ti darà dell'oro 
per questo.

LA DONNA 

(meravigliata) 

                                Allah!

TUTTI GLI ALTRI 

(accortisi dello straordinario dono fatto da Ajub, e notando che egli à ancora molti gioielli addosso, accorrono a lui tendendo le mani) 

                                                Per noi! Pensa per noi come per lei, signore! 
Siamo meschini! siamo derelitti! Dà un obolo a noi pure! 

(Ajub a uno a uno si toglie e divide tra i supplici i suoi anelli, i braccialetti, le collane, le fibbie, resti della sua favolosa ricchezza. Sura rimane a contemplarlo, come in estasi. I beneficati ringraziano baciando i lembi delle vesti del benefattore, alcuni piangendo, altri ridendo folli di gioia).

I BENEFICATI 

Rifarò la mia casa! — Riavrò un armento! — Comprerò un podere nuovo! -— 
Ti invocheremo con l'angelo Israfil nella preghiera. 

(Divenuti gioiosi, non avendo più nulla da prendere da lui, si allontanano e in folla corrono via, verso la città. Nell'impeto travolgono un VECCHIO lacero e seminudo che stava tra loro e che non era riuscito a farsi notare). 

AJUB 

(accorre al caduto e amorevolmente lo aiuta a rialzarsi) 

T'àn calpestato?

IL VECCHIO 

                            Un poco. Nulla ti resta per la mia miseria? 
Non importa. O' qualcosa per te nella bisaccia del mio cuore:
una benedizione, figlio. Io non avrò da camminare 
molto: a ogni passo ormai posso dir che son giunto.

AJUB 

                                                                                        Vuoi mangiare? 
Riposarti? Io non ò più nulla, infatti.

IL VECCHIO 

                                                                No, figlio: a sfamare 
il mio piccolo ventre uso al digiuno, basta un pugno d'erba 
o un frutto. Ma la terra che coprirà la mia carcassa, ancora 
da vivo non mi veste; pochi panni ebbi già, ma le intemperie 
e i cani li strapparono a morsi; e il sangue non si sa scaldare 
da sè. 

AJUB

                    Dunque qualcosa mi rimane per te. Posso coprire 
le tue povere spalle. Prendi il mio mantello. 

(Si toglie il burnus che lo copre e rimane in semplice camiciuola).

IL VECCHIO 

                                                                        Figlio, tu non puoi restare 
seminudo per me.

AJUB

                                Toglilo. Io troverò altro vestire 
lungo il viaggio.

IL VECCHIO 

(si lascia coprire del caldo mantello, s'inginocchia e piange quietamente) 

                                Ed io che ti darò? Tu sei già dal Signore 
benedetto, lo vedo.

AJUB 

                                            Mi dài il tuo pianto. Lasciami specchiare 
soltanto dentro queste lacrime dei tuoi occhi. 

(Gli appoggia le mani sulle spalle e si curva a guardarlo negli occhi; poi si rialza, per la prima volta sorridente. Fa un cenno alla fanciulla). 

                                                                            Vieni, Sura. 

(Il vecchio resta in ginocchio, avvolto nel mantello. Egli e Sura si allontanano verso la campagna desolata. Si ode l'ululato del vento e il brontolo dei tuoni).

 
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