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VIRTUALITA' DELLA SECONDA ONDATA FUTURISTA

SLANCI FUTURISTI VERSO IL XXI SECOLO

 

L'evoluzione delle tecnologie, e in particolare delle nuove forme di comunicazione, ottiene effetti sulle pratiche estetiche del nostro tempo. Gli artisti hanno infatti al giorno d'oggi la possibilità di manipolare potentissimi strumenti della creatività, manufatti tecnologici complessi, capaci di esiti mirabili. Eppure, a ben vedere, le numerose novità che sono nell'aria a ben vedere furono almeno in alcuni casi intraviste fin dai primi decenni del secolo. Certo, le nuove tecnologie di comunicazione originano condizioni inedite. Tuttavia, prese in sé le risorse tecniche non creano poetiche, cosicché può ben venire alla luce una nuova risorsa espressiva senza che questa sia riconosciuta come tale, almeno per qualche tempo. Ma può accadere anche il contrario: domini estetici ancora sconosciuti possono essere intuiti, o perfino descritti dalla genialità di alcuni. Questo fenomeno caratterizzò la seconda ondata futurista, in seno alla quale numerosi esponenti di primo piano sospinsero la propria immaginazione oltre il loro tempo, preconizzando linguaggi del nostro attuale presente e perfino di un probabile futuro. Siamo dunque negli anni del lancio in grande stile dell'aeropittura, momento storico in cui l'aereo è ormai un potente mezzo di comunicazione, e in più sensi. Certo è che gli autori del manifesto de L'Aeropittura Futurista erano consapevoli delle conseguenze psicodinamiche introdotte dal volo umano, al punto da dichiarare che "L'aeroplano, che plana si tuffa s'impenna, ecc., crea un ideale osservatorio ipersensibile appeso dovunque nell'infinito, dinamizzato inoltre dalla coscienza stessa del moto che muta il valore e il ritmo dei minuti e dei secondi di visione sensazione".2 Marinetti, Somenzi e in generale i futuristi degli anni '30 annunciano senza indecisione modalità estetiche sorprendenti, fantasmagoriche, inquietanti: "Si avvicina il giorno il cui gli aeropittori futuristi realizzeranno l'Aeroscultura sognata dal grande Boccioni, armoniosa e significativa composizione di fumi colorati offerti ai pannelli del tramonto e dell'aurora e di variopinti lunghi fasci di luce elettrica". 3 Asserzione, quest'ultima, che va inquadrata alla luce della progressiva sparizione del soggetto dall'opera d'arte causato dall'avvento dell'era delle comunicazioni elettroniche. Del resto, com'è noto, lo stesso Boccioni, a partire da Scultura e pittura futuriste (dinamismo plastico) espose i suoi dubbi sulla persistenza del soggetto nell'opera d'arte in un'era che preannunciava la fine delle grandi individualità meccaniche. Infatti, già dagli anni Dieci in seno all'universo futurista e astrattista (questi due aggettivi marcano una ricca reciprocità di esperienze) si era profilato qualcosa di assolutamente inedito. Partendo dalle intuizioni di Boccioni si dibatteva appunto su ciò gli attuali psicologi sociali definiscono la progressiva ristrutturazione della psicodinamica dei comportamenti umani. L'immersione in nuovi ambienti tecnopoietici ridefinisce i limiti e le potenzialità delle culture, e l'avvento delle tecnologie elettroniche, sia pure nella forma primitiva che esse assunsero durante la prima metà di questo secolo, segnò senza dubbio l'inizio di un passaggio di stato, il superamento di una soglia della percezione umana che dall'avvento della stampa, in Occidente, aveva assunto caratteristiche pressoché stabili. Boccioni, sia pur vagamente, aveva intuito tutto ciò, e aveva immaginato e descritto alcuni scenari che rimandano alle evoluzioni sistemiche della civiltà elettronica, scenari che rammentano in modo impressionante le odierne realtà virtuali.4 In futuro, scriveva Boccioni: "Le opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore odorose di enormi gas colorati, che sulla scena di un libero orizzonte elettrizzeranno l'anima complessa di esseri nuovi che non possiamo oggi concepire". 5 Dunque, forme "gassose", evanescenti, quasi entità "elettroniche" ante litteram. Forme che vivono in un vuoto metamorfico e tecnotronico. La forza trainante del Futurismo, e la sua inesausta vitalità, sono insite non tanto nei manifesti di questo o di quel periodo, e per certi aspetti non stanno neppure nelle opere d'arte che furono realizzate, quanto piuttosto vivono in una singolare e ancorché unica combinazione dell'ideale dell'uomo che costantemente rinnova se stesso in funzione delle varie culture che egli stesso rinnova e produce, segnando ogni gradino di questa infinita scala ascensionale con i materiali estetici e poetici tipici di ciascun momento storico. Ma materiali in sé, per definizione, mai definitivi, sempre esposti al superamento. Da qui la necessità dell'anticipazione, del paradosso, dell'azzardo. L'effetto secondario ma straordinario di una siffatta impostazione implicò il costante riferimento alle tecnologie in fieri, ma di là da venire, considerate come fonti e potenti canali dell'immaginazione e dello spirito. In questo quadro si inserisce il tema della definitiva liquidazione della mimesi nelle arti all'alba della civiltà elettronica, cosicché, paradossalmente, nel Futurismo degli anni '30 e '40 iniziarono a emergere idee e concetti che anticipavano l'estetica televisiva della seconda metà del ventesimo secolo. Insomma, il primo futurismo idolatrò la macchina (ma anche le prime forme di comunicazione elettronica, marconiana) e se si esclude il singolare volo fantastico di Boccioni, teorico ante litteram di mondi virtuali, il movimento nel suo complesso interpretò soprattutto le istanze del suo stesso presente. Al contrario, negli anni '20, '30 e anche nei primi anni '40, il Futurismo maturò una pluralità di visioni che gli consentirono in molti casi di penetrare effettivamente nei tempi a venire, anticipando, talvolta in misura stupefacente, alcune realtà culturali e psicodinamiche affioranti nel secondo dopoguerra e perfino nei giorni nostri. Molti artisti attivi soprattutto nella seconda metà del secolo si trovarono perciò, loro malgrado, a percorrere strade in parte già battute, o almeno ad ampliare sentieri già tracciati. Il che giustificherebbe le prese di distanza, le omissioni, che contraddicono i contenuti delle loro opere. In Italia, la forza di penetrazione del Futurismo si avvertiva anche in quei movimenti che a cavallo delle due guerre, pur nell'orbita dell'estetica futurista, tentavano già allora di differenziarsi in qualche punto. Per esempio, il tema delle tecnologie di comunicazione comparve anche nei discorsi degli astrattisti, e in particolare nei fondamentali scritti di Carlo Belli, secondo il quale "[...] lo spirito moderno che ha risolto il fatto natura con la fotografia, con il cinematografo e con la televisione chiede all'arte di essere se stessa"6. Asserzione che tirava in causa appunto la televisione, mezzo di comunicazione del futuro e non del presente storico in cui Belli scrive Kn. Le notazioni di Belli - agli inizi futurista nella cerchia di Depero - erano insomma tributarie del genio marinettiano, che in quegli anni iniziò a esplorare con la sola forza dell'immaginazione le potenzialità spettacolari, ma anche rituali, cerimoniali e ludiche della televisione. Insomma, l'estetica radiotelevisiva, inesistente nei fatti, paradossalmente a un certo punto finisce con l'occupare un posto centrale nella visione marinettiana e futurista. Come mai Marinetti si interessa tanto della televisione e da chi attinge le necessarie informazioni tecniche? Dai giornali, innanzi tutto, che parlano degli esperimenti di Banfi e Castellani in Italia, o di Zworykin, Farnsworth e Jenkins in Usa. Certo è che il neologismo televisione, ideato dallo statunitense John Logie Baird nel 1926, implica una forma di simultaneità che sposa le idee del leader del Futurismo. Il quale, non va dimenticato, era amico di Guglielmo Marconi e dunque aveva la rara opportunità di conoscere i dettagli delle ricerche tecnologiche più avanzate. In realtà negli anni '20 e '30 l'universo futurista è animato da nuove vibrazioni. Dalla pittura cosmica di Prampolini, ad esempio, che è totalmente priva di orizzonti o di punti di vista, che al contrario caratterizzano le semplici vedute aeree: "Nuovi elementi costruttivi e nuove atmosfere pittoriche attendono di rivelarsi per esaltare le rarefazioni della stratosfera o misurare le traiettorie siderali" 7 afferma Prampolini, i cui quadri di questo periodo, dal Pilota cosmico del 1925 al Personaggio interplanetario del '30 a Spiritualità extraterrestre del '32 inneggiano né più e né meno che alle future imprese spaziali. Dunque, estetica radiotelevisiva e voli interplanetari. Ancora una volta la domanda è: da dove provengono queste idee? Dai fatti, è evidente. Circa le suggestione sulla radiotelevisione si è accennato, ma è vero che negli anni 'Trenta le V-2 tedesche sono ancora di là da venire. Certo, gli esperimenti su vasta scala di Werner Von Braun cominciarono soltanto nel '37 ma le basi teoriche dell'astronautica erano però già nell'aria. Com'è noto, nel 1922 il fisico Robert H. Goddard aveva pubblicato Un metodo per raggiungere altezze estreme, testo in cui si prospettava anche la possibilità di sbarcare sulla Luna. E appena un anno dopo, nel '23, il fisico Hermann Oberth pubblicava Il razzo verso gli spazi interplanetari, e poco dopo sperimentò lanci che suscitarono vasta eco nella stampa statunitense. Ancora Goddard, che era oltretutto amico del celebre aviatore Charles Lindbergh, nel 1930 realizzò un razzo che raggiunse la velocità di 750 chilometri l'ora; e si sa che lo stesso Lindbergh era convinto che per realizzare il vero potenziale dell'aviazione occorreva abbandonare il motore a elica. E ancora: la V - 1, che volò per la prima volta nel '42, era un pulsoreattore brevettato dall'ingegnere tedesco Paul Schmidt nel 1931 (ma l'idea risaliva al 1906). E nel 1910 il francese Henri Marie Coanda decollò con un biplano dotato di propulsore a getto da lui definito motore "a reazione". Insomma, nei primi anni Trenta si moltiplicarono i brevetti di modelli alternativi di turboreattori, in assenza dei quali non è possibile realizzare il volo umano ad altissima quota. Ora, il Secondo Futurismo si rivolge con slancio verso gli spazi siderali, anche in questo caso anticipando dimensioni estetiche lontane, legate appunto al connubio fra lo spazio e le trasmissioni televisive, diremmo oggi al "satellitare". La pittura cosmica di Prampolini e di Fillia, che è soltanto un esempio, è ricolma di presenze che sono "sospese" nel vuoto, che sono poi palesemente in uno stato di assenza di gravità, condizione che invece permane nelle opere di quella schiera di aeropittori che privilegiava la rappresentazione meccanica dei velivoli o l'eroismo degli aviatori, con ciò restando ancorati al loro tempo. Ma non solo. Quando Prampolini afferma che "La scultura emigra dal blocco plastico e dai piani ausiliari" 8 egli anticipa nelle intenzioni esperimenti plastici che caratterizzeranno alcuni scultori saliti alla fama nel dopoguerra: si pensi soprattutto a Calder, che fu forse il primo a realizzare forme tridimensionali che danno l'impressione di librarsi nel vuoto spaziale. (Ma non si dimentichi Munari futurista).

Il secondo futurismo tra viaggi interplanetari e robot

Lo spazio esterno entra a far parte dell'immaginario futurista. E così, ad esempio, Enzo Benedetto nel '26-'28 pubblicò a puntate nel "Popolo di Calabria" un romanzo intitolato Viaggio al pianeta Marte, mentre Marinetti, nel Manifesto del teatro radiofonico auspicò "...un superamento della terra con l'intuizione dei mezzi escogitati per realizzare il viaggio sulla Luna". 9 Per non dire delle straordinarie vedute dall'alto immaginate da Marinetti, Mazzoni e Somenzi nel Manifesto futurista dell'architettura aerea, in cui fra l'altro si teorizza il controllo dell'atmosfera e in cui l'avveniristica descrizione delle aereostrade e degli "abitati rifornitori" somiglia più a una scenografia da "Guerre stellari" che a una sia pur avanzatissima prospettiva aerea. 10 In ogni caso, come si è accennato, negli anni '30 l'idea del viaggio e della colonizzazione della Luna non è nuova. Basti pensare a Verne o a Herbert George Wells, autore già nel 1910 di I primi uomini sulla Luna, racconto che descrive una comunità lunare stanziale e simile a un infernale formicaio. Nuove sono invece le suggestioni filosofiche che si trovano negli scritti di Marinetti. Inoltre Wells, eterno pessimista, nella Guerra dei mondi (1898), immagina la terra invasa dagli alieni, mentre al contrario il Futurismo è un movimento ottimista, allegro, propositivo; tanto le visioni di Benedetto, quanto la pittura cosmica di Prampolini e cosmico-mistica di Fillia, quanto ancora l'aeropittura trasfiguratrice lirica spaziale di Dottori e di Benedetta, affermano ottimisticamente che il Cosmo sarà presto o tardi il vero territorio in cui si esprimerà il potenziale umano. Anzi, i voli ascensionali, insomma I paesaggi di Dottori, sovente rappresentano la terra come oggi si vede dall'orbita di un satellite, cioè con la classica curvatura dell'orizzonte che consente di apprezzare per intero la sfericità del pianeta, effetto ottico che all'epoca nessuno aveva avuto l'opportunità di apprezzare, anche perché esso inizia a manifestarsi soltanto una volta superata la stratosfera. Insomma, Marinetti e i futuristi della seconda e terza ondata certamente percepirono e trasformarono in visioni gli effetti delle novità in nuce. Questo universo tecnologico in via di definizione trapela poi nella vasta produzione di opere immaginifiche che alimentano le aspettative e le visioni diffuse della cultura popolare. Non è improbabile che Marinetti conoscesse di prima mano i cartoons americani, e in particolare il personaggio di Flash Gordon di Alexander Raymond, fumetto incredibilmente anticipatore e non solo perché incentrato sui viaggi interplanetari o su futuribili armi atomiche, "raggi della morte" e quant'altro fa parte del classico repertorio della science fiction, ma anche perché in Flash Gordon (che oltretutto è un eroico aviatore ricalcato sull'immagine di Lindbergh) compare la televisione. Anzi, la fantasia di Raymond partorisce addirittura uno strumento televisivo che è a metà strada fra la televisione a circuito chiuso e la moderna videoconferenza. Ma si deve anche ricordare che la serie di Flash Gordon (nonché "Radio Patrol" di Sullivan e Smith e altre chicche della cultura popolare statunitense) fece il suo ingresso in Italia soltanto nel 1934 nelle pagine del settimanale "L'Avventuroso", realizzato da Mario Nerbini. 11 Ed è noto che il Superman di Joe Shuster e Jerry Siegel, quantunque preceduto da una serie di personaggi del fumetto dalle caratteristiche più o meno straordinarie, sarà creato soltanto nel 1938. Al contrario, le idee di Marinetti sull'estetica radiotelevisiva coniugata all'universo di macchine volanti (che è improprio definire semplicemente "aeroplani") e alla nascita di futuribili ultrauomini (entità che oggi definiremmo "cyborg", o mutanti, o entrambe le cose) risalgono almeno a un decennio prima. Queste anticipazioni fanno abbondantemente capolino ad esempio nel manifesto Il Macchinesimo di Di Bosso e Scurto (1933), testo che descrive una esilarante meccanizzazione dei morti; ipotesi stravagante, non c'è dubbio, ma alla quale Marinetti, nella prefazione, annette una qualche verità recondita. 12 E poi qualcosa di ben più solido e compiuto lo troviamo in Il teatro aereo radiotelevisivo pubblicato su "L'Impero" il 18 gennaio 1932. Nel testo Marinetti sviluppa anche alcune idee già presenti nel manifesto Ricostruzione futurista dell'universo e prefigura tra l'altro, e a chiare lettere, le attuali performances elettromacchiniche di Marc Pauline, o le sculture robotiche dotate di personalità patetiche e costruite con materiali di scarto dal neozelandese Brett Goldstone; per non dire delle assurde "tecnomarionette" e degli uomini-macchina creati da Chico MacMuttrie. Tutto questo ha certamente origine ad esempio nei protoumanoidi dipinti da Depero (che sembrano avere ispirato gli statunitensi August Herbin e Mark Kostabi, nonché per certi aspetti l'italiano Ugo Nespolo).13 Ma lo stesso Marinetti riteneva utile "...perfezionare il Teatro Aereo mediante: 1 Speciali altoparlanti montati su automobili camuffati originalmente e trasformabili dal tragico al comico". Dunque manufatti tecnologici dotati di personalità: veri e propri robot guidati, o c'è da credere radioguidati. Del resto, tanto il tragico quanto il comico agiscono attraverso la maschera, la persona. Robot dotati di volti e di membra? Chi sa. Ma al di là di ciò Marinetti si interessa soprattutto all'estetica radiotelevisiva, alla possibilità della telepresenza, del teletattilismo, del teleprofumo. E immagina ad esempio suono e immagine lanciati dalle onde hertziane ma raccolti e ritrasmessi dalle ali degli aeroplani in volo: Marinetti parla infatti di: "Smisurati pannelli di aeropoesia e schermi per televisione che sospesi a speciali aeroplani, si sposteranno per offrire a tutti gli spettatori quella parte di rappresentazione aereo (sic) molto alta e quindi poco visibile". Una frase che merita una riflessione: che cosa fanno gli schermi radiotelevisivi immaginati da Marinetti? Nient'altro che trasmettere su un grande schermo, sospeso a una quota ragionevole ma piuttosto bassa, accessibile alla vista del pubblico situato a terra, quel dramma estetico aereo che in realtà sta accadendo a quote altissime, e che il pubblico non può certo vedere, nemmeno disponendo di potenti binocoli. Dramma che tuttavia sarà possibile trasmettere mediante la televisione. Non c'è quasi bisogno di ricordare che soltanto negli anni '60, grazie ai prodigi della televisione e della missilistica, il pubblico di tutto il mondo poté comodamente seguire da terra, di fronte allo schermo televisivo situato in ogni casa (ma oggi disporremmo anche di schermi giganti, del tipo descritto da Marinetti) quanto avveniva in quel meraviglioso dramma che segnò i primi passi dell'uomo nello spazio. La potenza estetica e mitopoietica che muove dal connubio fra lo spazio cosmico e le comunicazioni elettroniche audiovisuali non fu dunque partorita ex novo dalla mente degli spazialisti, come si afferma, ma proviene direttamente dai lobi cerebrali di Marinetti e di un nutrito gruppo di futuristi degli anni '30, che in quel torno di tempo interpretarono in vario modo l'estetica degli spazi interstellari. Del resto, Lucio Fontana fu un ammiratore di Marinetti 14 e com'è noto nel '37 dedicò un omaggio al leader del Futurismo; ma a parte alcune citazioni di Boccioni, egli lasciò indeterminata l'entità e la caratteristica delle derivazioni. Critici e studiosi del Futurismo hanno così accentuato il debito nei confronti del lontano primo futurismo, omettendo quelli ben più consistenti che Fontana senza dubbio contrasse nei confronti della pittura cosmica e della nascente estetica radiotelevisiva. 15 Esiste anzi una derivazione pressoché diretta di alcuni contenuti centrali nel Manifesto spazialista dal Manifesto della radio di Marinetti e Pino Masnata, nonché dal manifesto marinettiano Il teatro futurista aeroradiotelevisivo del 1931. Per esempio, nel Manifesto tecnico il movimento spazialista affermava che: "Col dominio dello spazio, l'uomo costruisce la prima architettura dell'Era Spaziale: l'aeroplano. A queste architetture spaziali in movimento trasmetteranno le nuove fantasie dell'arte. Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi". 16 E nel Manifesto del movimento spaziale per la televisione i firmatari dichiararono tra l'altro quanto segue: "La televisione è per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti". 17 Dal canto suo Fontana affermò che: "Non ci può essere una evoluzione nell'arte con la pietra e con il colore, si potrà fare un'arte nuova con la luce, televisione, solo l'artista creatore deve trasformare queste tecniche in arte".18 E a proposito dell'architettura Fontana scrive: "[...] Esiste già l'elemento spaziale architettonico, l'aeroplano, elemento dello spazio, dove i punti di fuga sono infiniti in tutte le sue dimensioni, architettura in movimento, nello spazio, contro architettura statica, base altezza e profondità... l'architettura del futuro sarà il missile". 19 Un confronto fra queste notissime citazioni (estrapolate da un corpus ben più ampio di considerazioni del tutto analoghe) e i contenuti dei manifesti futuristi esaminati in questo scritto non lascia certo dubbi sui debiti contratti. Questo senza dire che tra i firmatari del Manifesto del Movimento Spaziale per la Televisione anche Guido La Regina aveva frequentato I futuristi a Napoli, ed era stato citato una volta da Marinetti in un articolo.

Cyborg ed estetica radiotelevisiva

Nell'universo dei futuristi troviamo anche una nutrita serie di incursioni in un'altra realtà di là da venire: quella delle speculazioni sulla sensibilità mutante, e infine sulla vita sintetica. Le intuizioni contenute nel manifesto Ricostruzione futurista dell'universo anni dopo fecondarono in modi inattesi le idee contenute il manifesto Per una Società di Protezione delle Macchine, scritto dall'aviatore, poeta e pittore futurista Fedele Azari nel 1925 20. Azari, personalità estroversa, multiforme, perfino "psichedelica" ante litteram, affermava che in futuro la vita umana acquisterà un senso indecifrabile grazie all'avvento dell'intelligenza e della sensibilità artificiali. Per la verità anche Ruggero Vasari aveva scritto nel '23 e pubblicato nel '25 L'Angoscia delle macchine. Segno che le idee erano nell'aria. Tuttavia per Azari non soltanto "[...] la macchina è figlia del nostro cervello", ma in realtà essa si trasformerà in "[...]un uomo perfezionato e moltiplicato". E aggiungeva che in questi esseri "[...] già sentiamo un embrione di vita, di istinto e di intelligenza meccanica". Ma ancora: "Le macchine e gli uomini - sosteneva Azari - soffrono entrambi"; e alla lunga condivideranno lo stesso destino. La sensibilità delle macchine - al di là della lettera - è anche un riflesso delle nuove sensibilità umane ristrutturate da un ambiente che muta e che coinvolge l'apparato percettivo in nuove e sempre più complesse formulazioni categoriali. Quantunque l'idea del meccanismo cibernetico sia a venire rispetto al pensiero scientifico del suo tempo, tuttavia Azari sapeva che i cyborg di un futuro che è a tutt'oggi annunciato saranno entità che penseranno e soffriranno, come lo shakespeariano Nexus 6 nel film Blade Runner di Ridley Scott. Esseri che immaginano, anelano, aspirano. Come i robot inventati da Karel Capek, narratore ceco filofuturista e grande ammiratore di Marinetti. Com'è noto, Capek mise per la prima volta in scena il suo dramma in quattro atti intitolato R.U.R (Rossum's Universal Robots) il 25 gennaio del 1921 al Národní Divadló di Praga, il teatro nazionale. 21 E fu subito un avvenimento, non soltanto per il battesimo del termine "robot", che nelle lingue slave è la radice del vocabolo che significa "lavoratore". Il "robot" inventato da Capek era destinato a lunga vita e a moltiplicarsi in infinite varianti letterarie e cinematografiche, come si sa. E la persistenza di questo nuovo archetipo dimostra che già negli anni '20 il macchinismo aveva fatto il suo tempo. Non a caso lo stesso Marinetti, che già aveva interpretato il superamento del macchinismo, dalla metà degli anni '30 in poi si spinge verso valutazioni che anticipano l'estetica metamorfica e perfino internettiana dei nostri giorni. 22 Ma da dove gli derivò un simile acuto presentimento? Si ricordi che siamo nel pieno dell'aeropittura. Se è vero che il regno dell'aereo è l'intangibile atmosfera, luogo senza precisi punti di riferimento e senza direzioni prestabilite, ambiente che si piega a stento all'uso referenziale del segno e dunque alla rappresentazione, è anche vero che perfino questo mondo etereo è destinato a metamorfizzarsi davanti all'immaterialità e della quasi-simultaneità di tecnologie ancor più avveniristiche, ma per descrivere le quali nella prima metà del secolo mancano perfino le parole. Ciò spiegherebbe l'insolita trasmutazione del genere operata da Marinetti all'atto della stesura del manifesto de La Radia (1933).23 "Radio" al femminile perché Marinetti tratta di qualcosa che appunto non ha parole adeguate, perché la parola scaturisce dalle istanze del presente. Dunque "La Radia", che essendo femmina, ma femmina tecnologica, partorisce qualcosa di cui non è dato sapere, ma di cui è possibile intuire. Non a caso nel manifesto affiora l'idea fatta propria da McLuhan che Il medium sia appunto il messaggio. Marinetti tematizza l'estetica radiale-irradiante e policentrica partendo dagli sviluppi futuri. La femminile Radia non è ma "sarà", scrivevano Marinetti e Pino Masnata. Entrambi così coscienti di una mutazione antropologica in atto da porre l'accento sul fatto che "[...] possediamo ormai una televisione di cinquantamila punti per ogni immagine grande su schermo". Sicché "La Radia" è il preludio alla superiorità della "luminosità autoemessa della radiotelevisiva". Ed ecco che nel manifesto de "La Radia" Marinetti e Masnata immaginano perfino l'invenzione del "teletattilismo, del teleprofumo e del telesapore", percezioni femminili, sfumate, oltreché misteriosamente analoghe alle frontiere dell'odierna comunicazione reticolare. Infatti, uno dei sogni che circola fra gli artisti che attualmente scandagliano le possibilità dell'Internet, consiste proprio nella possibilità di interagire in rete con tutti i sensi umani, compreso l'olfatto. Si pensi in Italia ai tentativi di teletrasmettere gli odori inventati da Ennio Bertrand, alle presenze interattive ideate da Mario Canali e dal suo gruppo, o agli esperimenti psicodinamici sui corpi virtuali creati negli Usa da Catherine Richards, Brenda Laurel e altri, o ancora alle esperienze con i telecolori inventate da Joanna Berzowska; o in Europa da Monika Fleischmann, Wolfgang Strauss, Christian Bohn. O ancora si pensi alle installazioni tecnologiche di Paul Sermon o di Piero Gilardi che in vario modo creano veri spazi virtuali interattivi. E questo solo per citare alcuni esempi fra centinaia. Certo negli anni '30 siamo enormemente distanti da tutto ciò, eppure Marinetti (ma anche altri) intuisce che si prepara qualcosa che andrà ben al di là dei banali suoni lanciati sulle ali delle onde hertziane. E così afferma che la Radia sarà anche "... captazione amplificazione e trasfigurazione di vibrazioni emesse da esseri viventi e da spiriti viventi", sintesi di plurime simultaneità messa in gioco da un medium che confonde e mescola i luoghi, che nell'ordine delle grandezze cosmiche annulla il tempo, che scompagina le immagini o le sonorità, ricombinandole in variazioni imprevedibili. Dunque, Marinetti immagina un ambiente tecnotronico che incarna la sensibilità di una umanità che si affranca dalla tirannia delle parti e dei ruoli. Chi naviga in Internet sa bene che questo tipo di sensazioni e di sollecitazioni corrisponde esattamente a quanto avviene in grandi comunità virtuali, per esempio nel cosiddetto Palace, dove la costruzione dei ruoli sociali virtuali si basa proprio sulle caratteristiche di un ambiente virtuale che consente gradi di libertà e ristrutturazioni della personalità mai viste prima. Il manifesto della Radia parla anche del superamento della macchina "...con un'identificazione dell'uomo con la macchina stessa destinata a liberarlo del lavoro manuale". Asserzione solo apparentemente pre-marcusiana, anche perché questa identificazione ha lo scopo di "immensificare lo spirito". Una istanza che può venire soltanto dal "...superamento della morte "con una metallizzazione del corpo umano e una captazione dello spazio vitale come forza di macchina". Ed è vero che Marinetti coltiva da quasi un trentennio l'idea del superamento anche organico delle attuali forme umane, tant'è che nel 1915 scrive che l'uomo del futuro sarà "[...]costruito per una velocità onnipresente[...] dotato di organi inattesi, adatti alle esigenze di emozioni continue". 24 Ma nel manifesto del '33 il tema della velocità che modifica il corpo non ha più alcun senso. Infatti, la quasi istantaneità delle comunicazioni elettroniche connessa alle interazioni a distanza fra corpi e menti annulla la sensazione della velocità. Ora Marinetti immagina una metallizzazione dei corpi e una captazione di spazi che anticipano, ma in una concezione ideale e positiva, le problematiche del post-human, per dirla con Paul Virilio, o del corpo post-organico o disseminato, e sperimentato in tempi recenti da artisti come Stelarc o come Marcel.Lì Antunez Roca.25

Ipercorpi, ultracorpi, menti artificiali.

Del resto, il tema dell'essere artificiale era piuttosto diffuso nella protofantascienza statunitense degli anni '10 e '20, e molto deve ai suoi precedenti letterari o fantastici, dalla leggenda praghese del Golem al Frankentein di Mary Shelley ai racconti di Hoffmann. Come si sa il robot femminile del film Metropolis di Fritz Lang (1926) suscitò una duratura impressione 26 anche perché esso rivelò l'archetipo oscuro ma in quel tempo già ben radicato dell'ansiogeno conflitto fra la sensibilità umana e l'alienazione tecnologica. Tuttavia, in seno al futurismo degli anni '20 e '30 queste istanze vengono valutate come il prodotto di una necessità evolutiva. Non a caso Fillia, che più di altri si sentiva trasportato verso queste speculazioni, nel 1925 pubblicava Lussuria radioelettrica, con prefazione di Ernesto Falchetti intitolata Quel che sarà il mondo col dominio della Radio.27 Un anno dopo, nel 1926, nella raccolta Novelle d'oro Fillia pubblicava L'amante artificiale, e il 4 aprile dello stesso anno, nel giornale "La Fiamma", pubblicava Sensualità meccanica. Come sovente accade molte delle suggestioni stanno nei titoli, i quale, però, non sono irrilevanti, perché in essi si teorizza un nuovo ultramoderno tipo di feticismo, un erotismo che viene dallo sposalizio con l'universo macchinico ed elettronico. Come non paragonare a questo punto tutto ciò al cosiddetto "cibersesso"? Fenomeno che al giorno d'oggi sembra essere considerato dalle moltitudini degli internettiani uno fra i maggiori pregi dell'interattività elettronica? Marinetti intuisce in un baleno le intenzioni di Fillia e infatti sulla "Gazzetta del Popolo" del 1 giugno 1931, in Fillia e la Simultaneità scrisse che l'estetica della macchina dell'artista torinese: "...è basata sullo "spirito" della macchina e non sulla macchina stessa: simultaneità di forze che aspirano sempre più alla loro massima aspirazione". Ma non solo. Marinetti aggiunge che: "Unico modello è la Macchina, figlia necessaria dell'uomo, necessario prolungamento del corpo umano e unica maestra di simultaneità". Una ulteriore ed esaltante precognizione dell'estetica di là da venire emerge ne L'aeropoema di Gesù, dettato fra il gennaio e il marzo 1944 a Venezia.28 In questo testamento spirituale Marinetti individua nell'evoluzione della comunicazione (e dunque anche dell'estetica) 29 un fattore dinamico e storico che per analogia suggerisce l'esistenza di una dimensione cosmica che si affaccia all'orizzonte dell'intelletto umano. Sette radio interloquiscono sullo sfondo dei paesaggi in cui visse Gesù, ma mescolando fra loro situazioni evangeliche, numeri, tempi e luoghi diversi, in un crescendo di relazioni e di oscillazioni asintotiche che trasformano questa parte de L'Aeropoema di Gesù in una polifonia simultanea e mistica che richiede una partecipazione estatica. Ancor più notevole è il fatto che Marinetti faccia parlare fra loro sette radio, e non sette persone che usano la radio. L'universo de L'aeropoema di Gesù, disegnato da una comunicazione istantanea, simultanea, telepatica e psichedelica è abitato da un nuovo tipo umano che è impersonale, astratto, e lanciato verso l'esplorazione di mondi di nuova concezione. Viene poi da chiedersi: quanta parte dell'opera del coreano Name June Paik, che com'è noto coniuga spiritualità orientale e media elettronici, fu anticipata in queste straordinarie righe? Ma c'è anche dell'altro. In questo testo sette radio comunicano tra loro in forza della loro stessa architettura tecnologica. Ma si rifletta: non è forse vero che i programmi dei computer in rete comunicano tra loro, forse, come affermano alcuni, creando una sorta di mente collettiva, o senza dubbio, come credo, creando una memoria esterna integrativa e interattiva, una memoria mista - umana ed elettronica - che è ormai parte propria del nostro attuale stadio di ominizzazione? E infatti Marinetti immagina un pluriverso dominato dall'empatia grazie all'espansione anche tecnologica dei sensi e dell'umano intelletto. Una sensibilità complessa e lucidamente sognante, capace di apprezzare a colpo d'occhio l'astratta continuità di una funzione d'onda incarnata in un segmento di realtà artificiale. Come del resto assolutamente astratta è anche e soprattutto l'ubiquità, la pluridimensionalità dei sensi umani dislocati in un sistema di comunicazioni senza punti di riferimento. Questa dimensione viene suggerita dalla settima radio, voce della "Stella Perfetta" che "imbrillanta di sé tempo e spazio" e che indica agli artisti la necessità di creare opere di "geometrica e quasi astratta semplicità". Ma come? Allegramente sposando "... le macchine che sono vostre figlie e diventano consorti moltiplicatrici". Intuizione che tutti avrebbero giudicato visionaria, ma che assume un senso alla luce del nostro presente.

 

2 Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Marinetti, Prampolini, Somenzi e Tato, L'Aeropittura, (1929), in E. Crispolti, Il secondo Futurismo, Torino 1961 p. 280 e sgg. L'aereo è certamente un medium nel senso mcluhaniano, giacché McLuhan, com'è noto, inglobava in questa espressione la radio, la televisione, i giornali, ma anche la ruota, l'automobile e l'aereo.

3 Ibidem.

4 U. Boccioni, Pittura e scultura futuriste (dinamismo plastico), Edizioni futuriste di "Poesia", Milano 1914, p. 203; poi in U: Boccioni. Scritti editi e inediti, a cura di Z. Birolli, Feltrinelli, Milano, 1971. R. Notte, Boccioni profeta di mondi virtuali, in "Terzo Occhio", a. XX, n. 73, dicembre 1994, pp. 10-13; e ulteriormente ampliato in Millennio virtuale, Seam, Roma 1996.

5 U. Boccioni, op. cit., p. 203.

6 C. Belli, Kn, (1935), Edizioni di Vanni Scheiwiller, terza edizione accresciuta, 1988, p. 150.

7 Dal catalogo della Mostra futurista di aeropittura e di scenografia, Milano Galleria Pesaro, ottobre-novembre 1931. La pittura cosmica di Prampolini, di Delle Site e di altri che esplicitamente inneggia ai viaggi interplanetari suscita interesse anche all'estero. Per esempio in un libretto di Ruggero Vasari pubblicato a Lipsia nel 1934 sono riportate alcune aeropitture relative allo spazio cosmico: Paesaggio cosmico di Fillia, Paesaggio spaziale di Pippo Oriani, Aviatore nello spazio di Prampolini e Ritmo d'aria di Mino Rosso: (Italien in Vergangenheit und Gegenwart Herausgegeben, von Ruggero Vasari - Heft 3 Flugmalerei Moderne Kunst und Reaktion von Ruggero Vasari - Verlag von Max Mohring, Liepzig, febbraio 1934).

8 Ibidem.

9 Gino Agnese, Marinetti. Una vita esplosiva, Camunia, Milano, 1990 p. 264.

10 F.T. Marinetti, A. Mazzoni, M. Somenzi, Manifesto futurista dell'architettura aerea, "Sant'Elia", II, 3, Roma, 1 febbraio, 1934, in Aereo e pittura. Mostra dell'aria e della sua conquista a cura di Bruno Mantura, Patrizia Rosazza-Ferraris, Livia Velani, De Luca Editore, Roma, 1989, pp. 250-51.

11 Giannalberto Bendazzi, Cartoons, Marsilio, Venezia, 1988, p. 122; Fausto Colombo, La cultura sottile, Bompiani, Milano, 1998, p. 167 e sgg. Occorre ricordare che l'impianto delle idee marinettiane non si confonde con gli scopi e i limiti delle espressioni della cultura popolare in progressiva espansione. E quantunque Marinetti apprezzasse le potenzialità insite in tutti gli strumenti di comunicazione egli tuttavia contemplava le caratteristiche dei nuovi media da grandi altezze. Soltanto da queste vette egli poteva spingersi davvero verso il futuro.

12 Cit. in Leonardo Clerici, Salite finalmente. Intenzioni e documenti nel futurismo di F. T. Marinetti, in Aereo e Pittura. Mostra dell'aria e della sua conquista, op. cit, pp. 43-44.

13 In realtà occorrerebbe aprire un intero capitolo sulle risonanze del Futurismo anche in Arthur Dove, in Licktenstein (che ha ammesso il suo debito col Futurismo) in Warhol, in Rosenquist. Ma davvero il discorso ci condurrebbe troppo lontano.

14 Claudia Salaris, Artecrazia, La Nuova Italia, Firenze, 1992, p. 205-207. La Salaris ricorda che che Fontana fu tra gli aderenti alla tumultuosa manifestazione in difesa del moderno promossa da Marinetti del al Teatro delle Arti di Roma il 3 dicembre 1938.

15 Si vedano ad esempio i contributi critici nel catalogo della mostra antologica dedicata a Fontana che si inaugurerà a giorni al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Ad eccezione di Crispolti non c'è critico o storico dell'arte che, dopo avere citato Boccioni, non affermi poi che lo spazialismo di Fontana sia in realtà cosa ben distinta dal Futurismo. Mentre al contrario il debito di Fontana si estende soprattutto al futurismo degli anni '30, come si dirà. Cfr. Lucio Fontana, catalogo della mostra al Palazzo delle Esposizioni, a cura di Enrico Crispolti e Rosella Siligato, Electa, Milano, 1998.

16 Lucio Fontana, cit.., p. 175. Cfr. Anche R. Notte, Megalopoli e arche stellari, in "Simultaneità", Roma, a. III, n° 4, gennaio 1999.

17 Manifesto del movimento spaziale per la televisione, firmato da Ambrosini, Burri, Crippa, De Luigi, De Toffoli, Donati, Dova, Fontana, Giancarozzi, Guidi, Joppolo, La Regina, Milani, Morucchio, Peverelli, Tancredi, Vianello, Milano, 17 maggio 1952, in Lucio Fontana, cit. p. 176. Ma cfr. anche E. Battisti e R. Buono, Quei pittori profeti all'alba della televisione, in "Mass Media", Roma, a. VII, n° 3, 1988, p. 38.

18 Ibidem. E ancora: "[...] Precisazione dell'arte spaziale - è fare un poco il processo dell'arte moderna - e dicendo arte moderna accenno ai due movimenti più importanti di questo secolo - Cubismo e Futurismo - nomino prima il cubismo per ragioni di alfabeto". Ma Fontana prosegue: "[...] il quadro è arrivato alle tre dimensioni, usciti dal quadro entriamo nel dinamismo plastico dei futuristi realizzato colla nuova dimensione, che è la quarta, tempo e spazio. Ai critici "preparati" prevengo che l'arte spaziale è coerente solo al dinamismo plastico dei futuristi - Bottiglia in movimento di Boccioni - 1910 - previene tutti i movimenti evolutivi e creativi dell'arte contemporanea", quasi a voler vincolare l'intero sviluppo del Futurismo agli esordi del movimento.

19 Ib., p. 178.

20 in F. Azari, Vita simultanea futurista, a cura di Lucia Collarile, Edizioni Museo Aereonautico G. Caproni, Trento, 1992, p. 93. Occorre ricordare che nell'estetica futurista è assente il pessimismo di altri pensatori, artisti, scrittori interessati al mondo delle macchine. Si pensi ad esempio a Oswald Spengler, che nel 1931 afferma che le macchine, moltiplicandosi, finiscono col negare il loro stesso scopo. Per esempio la moltiplicazione delle automobili nelle città produce il traffico, distruggendo la velocità.

21 K. Capek, R.U.R. (Rossum's Universal Robots). Da dove nacque la progenie del Cyborg, a cura di Vanni De Simone, Synergon, Bologna, 1995.

22 Un aspetto interessante di questi e di altri esperimenti sta proprio nelle metamorfizzazioni dei corpi, oggi facilmente suggerite dalle potenzialità di programmi. L'universo futurista fu prodigo di personalità che sperimentarono il brivido della fusione dei corpi, basti pensare alla fotografa Wanda Wultz, che mescolando il suo volto a quello di altrettanti musi animali anticipò nei fatti ciò che oggi viene agevolmente realizzato usando il morphing.

23 "La Radia", manifesto futurista firmato da F.T. Marinetti e da Pino Masnata, fu pubblicato nelle "Gazzetta del Popolo" di Torino dell'ottobre 1933.

24 F. T. Marinetti, Guerra. La sola igiene del mondo, opuscolo interventista del 1915 cit. in Marianne W. Martin, Futurist Art Theory 1909-1915, Oxford, 1968, p. 172. E cit. in Stephen Kern, The Culture of Time and Space 1880-1918, Cambridge, 1983, trad. it. Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo tra Otto e Novecento, Il Mulino, Bologna, 1988, p. 154.

25 R. Notte, L'Olocausto virtuale, in "Juliet" n. 78 giugno 1996.

26 A. Caronia, Il corpo virtuale, Franco Muzzio Editore, Padova, 1996, p. 24 e sgg.; G. P. Ceserani, Gli automi. Storia e mito, Laterza, Roma-Bari, 1983. A. Caronia - D. Gallo, Houdini e Faust, Baldini&Castoldi, Milano 1997.

27 Fillia (Luigi Colombo), Lussuria radioelettrica, Edizioni Sindacati Artistici Torino, 1925. Buona parte delle suggestioni contenute in questo libro sta nel titolo che collega la lussuria alla radio. Com'è noto precedentemente Fillia aveva pubblicato una poesia sulla lussuria della bicicletta e aveva affermato di preferire il popolare mezzo di trasporto alla donna. Il volumetto contiene parole in libertà, L'estetica della Macchina di Marinetti e una serie di componimenti intitolati "Autoradio", "Amore futurista", "Supersensi" ecc.

28 F.T. Marinetti, L'aropoema di Gesù, (1944), con una nota di Claudia Salaris, Edizioni del Grifo, Montepulciano (Siena), 1991.

29 G. Agnese, Il profeta Marinetti cinquant'anni dopo, in "Il Tempo", Roma 1 dicembre 1994, poi ampliato in "Mass Media", a. XIII, n° 5, novembre-dicembre 1994, pp. 38-41. La tesi di Agnese è stata poi ripresa da Ludwig Seifarth; cfr. L. Seifarth, Wyndham Lewis und der Vortizismus, in "Blast". Vortizismus die erste avantgarde in England 1914-1918, catalogo della mostra, Hannover-München 1996-1997, p. 100.

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