department  DEMONT ©  morphology

Home ] Up ] Contens ]

2000 media

Home ] Up ] NEW ENGLISH ] MORPHOLOGY ] MEMBERS ] Gallery ] Archive ] Services ] NEWS ] VRML GALLERY ] EDUCATION ] DESIGN ]

XXXXXXXXXX

Home
Up
2000 media
Villa Gates
Ultraumano
Giganti
Futurismi
New Age
Virtuale
Non Luoghi
Generazione
Arte in Rete
Accademia

2000 Media Event

 

2000: il più grande media event della storia

Passi neoumani sul pianeta Terzo Millennio

Il millennio volta pagina lanciandosi in un futuro avveniristico, in un sorgente secolo ventunesimo che si annuncia mirabolante, terribile, spettacolare ma anche estraneo al nostro sentire al punto da provocare una molteplicità di segnali di nuovo conio. Le differenze con l’anno Mille sono molte e non tutte evidenti. Intanto il carattere mondiale, planetario dell’evento, reso possibile dall’istantaneità delle comunicazioni. È stato anzi affermato che il 2000 altro non è che il prodotto hollywoodiano per eccellenza, media event di caratura irraggiungibile, il più importante mai inscenato e concepito dai grandi, medi e piccoli fratelli dell’universo massmediatico. Questa idea, probabilmente esatta dal punto di vista della costruzione razionale delle azioni umane, cioè della parte diurna, meridiana del senso della storia e del destino umano, non rende però giustizia al lato oscuro, notturno, subconscio di quelle stesse azioni.

Intanto i critici non hanno tenuto conto di alcune caratteristiche del tutto peculiari di questa particolarissimo, e anzi unico "rito di passaggio". La rappresentazione storica dell’azzeramento del secondo millennio sarà infatti uno spettacolo in qualche misura utopico, cioè privo di uno specifico luogo, di un ben distinto palcoscenico. Tutto il mondo, in ogni suo punto, sarà il boccascena dell’evento. Dunque, si prepara un "rito collettivo" esteso all’intera umanità, e sotto la forma di "rito ecumenico". La Chiesa sa bene che il 31 dicembre 1999 segnerà l’affermazione mondiale di quell’evento metastorico che congiungerà il suo principio e il suo fine, l’alfa e l’omega della temporalità. Il prossimo Giubileo sarà pertanto diverso da tutte le precedenti ricorrenze.

Millennio delle masse e delle forze incontrollabili: la forza dell’anti-illuminismo

In "Genealogia della morale" Nietzsche definì il Cattolicesimo una "fabbrica dei santi". Se fosse vissuto al giorno d’oggi questo grande spirito avrebbe sostituito al termine ottocentesco "fabbrica" l’espressione "catena di montaggio". E infatti tale appare la corsa alla beatificazione avviata da Karol Wojtyla (117 in una sola volta i martiri vietnamiti di nuovo conio, 108 quelli polacchi sterminati nei lager nazisti, procedure accelerate per la santificazione di Madre Teresa di Calcutta, imminente la beatificazione di Padre Pio, e non poche sorprese che si preparano in vista del Giubileo). Da solo, Papa Wojtyla ha elevato più santi e beati di tutti i papi precedenti messi insieme. Perché?

Il segreto è forse celato dagli stessi numeri. Mille santi e beati potrebbero degnamente celebrare la fine del secondo millennio dell’era cristiana. Uno spirito eletto per ogni anno. Dare il nome alle cose terrene, spaziali, e dunque alle piazze, alle strade, ai monumenti, rientra nelle facoltà dei grandi della storia. Lo spazio – si sa - è il dominio delle vicende terrene; ma il tempo lo è di quelle ultraterrene. Il tempo tende a rifiutare le figure umane, per quanto eccelse, ma accetta facilmente i nomi divini, o divinizzati, e questo, nella nostra tradizione, è accaduto al mese di agosto.

Il calendario occidentale è davvero paragonabile a un grande condominio di santi più o meno noti, un condominio riunito nella grande casa del Signore. Ora però, con lo scadere del millennio la ciclicità dell’anno astronomico viene a incardinarsi in una nuova e ben più poderosa ciclicità. Mille anni non costituiscono l’inizio di un periodo, non sono periodizzanti. Duemila sì.

Dall’anno 2000 in poi è possibile immaginare un terzo millennio, succeduto da un quarto, da un quinto, da un sesto… Due sono i fronti che conducono avanti questa lotta cosmica per l’appropriazione del tempo di là da venire ed entrambi si servono tanto dell’iconografia quanto della narrazione. Da un lato troviamo la Chiesa. Il Cattolicesimo estende il suo potere sul tempo rifiutando il messianesimo e la fine tempi; con le sue schiere crescenti di santi e di beati, con le sue millenarie cronistorie, con il suo ecumenismo metatemporale la Chiesa si prepara oggi a riscrivere la sua stessa storia, forse conscia che i millenni di là da venire saranno gravidi di tali storie che al confronto tutte le storie passate saranno paragonabili a trascurabili episodi dei periodi bui.

Il futuro è nelle mani della masse umane. Così la Chiesa oppone le masse alle masse, e oppone le masse dei santi alle masse dei dannati e dei corrotti, le masse dei beati alle masse degli sciagurati e dei maledetti. Non è irrilevante ricordare che a tanta elevazione delle figure umane la Chiesa attuale oppone sospettosi sguardi verso le schiere degli angeli di conio new age e verso moltitudini dei demoni che costituiscono il contrappeso della bilancia dei pagamenti angelicati.. Alla Chiesa non piace l’odore di new age che circola fra gli avvistatori di cherubini e serafini. Ma non piace neppure Monsignor Miringo.

Ciò non stupisce. L’alba del 2000 è stata infatti già colonizzata da Arthur Clarck e dallo scomparso Kubrick, che in "2001, Odissea nello spazio" mettono in scena l’incontro con l’Entità al di là del tempo e dello spazio, tramutando un comune mortale in qualcosa di molto simile a un angelo del cielo. Infatti, il secondo fronte della narrazione è interamente occupato dalla fiction, ad esempio rappresentata dal successo oceanico di tutti quegli arcinoti scrittori capaci di sfornare best seller che fanno crepare d’invidia gli autori "impegnati". Ma questi ultimi, poveri relitti della cultura illuminista, razionale, dirigista, non hanno mai fatto i conti con la forza degli archetipi, il cui dominio oggi inizia proprio nell’alveo della cosiddetta letteratura popolare, e spaziando nel cinema attuale finisce col trovare la sua casa naturale nelle possibili applicazioni virtuali, dai videogiochi alla postproduzione, dall’Internet alla manipolazione digitale delle immagini e dei suoni.

Secolo vs. Millennio

Del resto, tutti avvertono più o meno intensamente che con l’anno 2000 il computo del tempo subirà una metamorfosi. In primo luogo l’anno zero si trasforma in un secondo inizio cosmico. I secoli sono profani, ma i millenni sono cosmici: si dice infatti "secolo di Pericle, di Augusto, di Leone X, di Luigi XIV", tutte persone fisiche, tangibili, concrete, quantunque gigantesche. E si dice "Papa Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla"; "secolarizzare" significa non a caso "sciogliere dai voti religiosi", espressione completata e bilanciata da "ritirarsi dal secolo", cioè ritirarsi in un monastero.

abbracciare un secolo o quasi in una vita non è inconsueto; nel nostro è accaduto ad esempio a Ernst Jünger o a Jean Guitton (e fra gli italiani è stato ad esempio il destino di Prezzolini o dell’architetto Alberto Sartoris). Ma abbracciare un millennio è al di là delle attuali possibilità umane. Da qui il fascino dell’irraggiungibile, del limite invalicabile. Questa condizione, questa ubiquità senza scampo, agisce anche sul tempo, privando l’utopia della sua caratteristica ucronia. Ad una assenza di uno specifico luogo corrisponde una totale presenza di quel cardine temporale istantaneo, e ciò separerà nei fatti e nei pensieri il passato dal futuro. Siamo perciò alla vigilia non soltanto di una circostanza unica, ma addirittura di un accadimento unificato.

L’anno Mille fu festeggiato in Europa e in parte dell’Africa fra i brividi di sollievo. L’apocalisse risultava procrastinata a tempo indeterminato. Ma l’anno Duemila sarà salutato da tutti, anche da quelle nazioni che computano gli anni secondo il loro sistema. Le cronologie delle varie religioni e nazioni, così diverse fra loro perfino nelle unità di misura (anno solare e anno lunare sottendono filosofie di vita fra loro opposte), risulteranno magicamente sospese per un istante. E in quel momento il mondo storico e culturale nato nel vicino oriente e sviluppatosi in Europa celebrerà una non trascurabile vittoria psicologica sul resto del mondo.

Infine, mentre l’anno Mille fu gravato dal timore della fine del mondo, l’attesa del Duemila manifesta un suo caratteristico dualismo (specchio della prima cifra della data). Ed ecco che accanto agli echi apocalittici, rimarcati da un’abbondante e perlopiù scadente produzione cinematografica di marca statunitense, si affiancano speranze di vario genere. Aspettative tutte da verificare, ma ciascuna recante in sé il liquore della fede, dell’auspicio, della chimera perfino, o della positiva illusione. Siamo alla vigilia di una ciclopica immersione in un sogno collettivo a occhi aperti.

Se dunque, secondo le cronache, l’anno Mille fu immerso nella tetra caligine di un mondo che attendeva l’ultraterreno colpo di scure, l’anno Duemila sarà invece proteso verso spazi cosmici non più ultraterreni ma soltanto extraterrestri, come si dirà.

Contemporaneamente, con il volgere di quella data, il pianeta non soltanto si prepara a chiudere la sua partita con seimila anni di storia, ma di fatto esso si appresta ad archiviare le forme e le identità assunte dall’intera umanità nell’arco dell’ultima fase della sua evoluzione.

Metabásis eis állo ghénos

In questi mesi i media si soffermano a ragione sul valore simbolico del passaggio di millennio. Il terzo millennio – si dice – è annunciato dalla percezione del mutamento in atto grazie al potere delle tecnologie, che da "protesi" esterne, o tutt’al più interiorizzate nelle forme psichiche, si è ormai palesata come un complesso di conoscenze in grado di trasformare la forma e la sostanza della specie umana.

Per la prima volta l’eredità delle lingue, degli stili di vita, delle memorie collettive che distingue fra loro le diverse culture sarà superata dall’ereditarietà. Presto o tardi l’ingegneria genetica sarà applicata in forme nient’affatto soft, e su vasta scala. Oggi, alla vigilia del terzo millennio, possiamo solo immaginare gli scenari futuri. Ma è anche vero che ben pochi affrontano l’arduo tema dell’avvicinarsi di quel tempo che segnerà una oggettiva superiorità del "sangue": di una superiorità magari non immediatamente visibile, ma oggettiva; e di una superiorità completamente estranea ai pregiudizi che riguardano il colore della pelle o la cultura di provenienza. Il film Gattaca, che anticipa queste suggestioni, ed è opportuni stendere un velo sulle insignificanti proteste elevate anche in Italia, recentemente, da famosi intellettuali. Di costoro e delle loro idee tardo-illuministe le forze generative del potenziale umano in via di trasformazione faranno polpette.

Il sangue torna ad essere la fonte di ogni magica trasformazione. E il sangue, metafora polivalente della struttura del genoma, è appunto invisibile, trans-specifico, oltreché tecnicamente proteiforme. In prospettiva la superiorità e l’inferiorità non saranno più distinguibili (e arbitrariamente distinte) in base all’abito culturale, linguistico, antropologico che denota l’appartenenza a una determinata etnia. In prospettiva la superiorità e l’inferiorità, oggi qualità attentamente negate, nascoste, ma in realtà implicite e perpetuate con i vecchi strumenti aristotelici, saranno dati di fatto, realtà geneticamente misurabili.

Con esse sarà definitivamente seppellito il distinguo operato sulla forma apparente, sul colore della pelle, sul sistema parentale, sull’appartenenza confessionale, sulle tradizioni locali, sulle visioni globali, sulle interpretazioni "glocali". Si può ben comprendere la preoccupazione che suscita fra gli umanisti un simile scenario: da qui i proclami, le invettive, le ricusazioni che riempiono la bocca dei più.

Tutto questo sfarfallio di carta stampata, tutta questa premuta di cervelli non muterà di una virgola gli eventi che si preparano. Le mutazioni sono eventi darwiniani, non intenzionali. Qui non c’è spazio per la Ratio illuminista. In ciò, le masse umane mostrano una comprensione istintiva degli eventi che va ben al di là delle sottili disquisizioni degli intellettuali.

Gli intellettuali scrivono e pontificano. Le masse celebrano. La celebrazione del 2000 sarà officiata in quei luoghi del pianeta che più di altri rappresentano l’ultramodernità. Tra questi New York. Infatti, Gotham City è essa stessa il simbolo del passaggio di millennio. Le masse umano lo sanno, e si riverseranno ai piedi delle ziggurat di ferro-cemento per officiare il rito del passaggio. Un passaggio e una promessa di mutazione.

Crescete e moltiplicatevi… in specie

Programmare la qualità della specie implica oltretutto la possibilità di moltiplicare le specie. Il vecchio sistema di valori che fino a oggi, a dispetto di tutto, ha nei fatti diviso l’umanità in miriadi di razze e culture separate e sovente tra loro ostili, sarà superato dalla possibilità di amalgamare il materiale protoplasmatico in forme inedite e in direzioni evolutive finora vietate dell’ereditarietà. L’archiviazione delle differenze razziali si accompagna alla fine dei generi, evento avvertito dall’ideologia transgenderista, ma annunziato dalla realizzazione, in un futuro molto prossimo, dell’utero tecnotronico.

Presto o tardi la cultura umanistica dovrà fare i conti con una realtà tecnologica che eliminerà la presunta indifferenza del concetto di "qualità". Del resto, l’idea che la Natura sia intrinsecamente "democratica", che la Natura non operi salti, o in altre parole che essa manifesti lo stesso piano in ogni sua disposizione e grado, che insomma ogni sua parte partecipi dello stesso identico valore, deriva dal frequente errore in cui si cade quando si confonde la totalità con le sue parti. Si dice allora che la Natura in sé non presenta stati e stadi ontologici distinti o gerarchicamente ordinati.

Dunque, la Natura sarebbe indifferente a quelle dinamiche del mutamento che pure costituiscono la sua stessa evidenza fenomenologica. Seguendo questo ragionamento si deve affermare che il mutamento banalmente rivela l’esistenza e anzi l’onnipresenza di un principio energetico, di una forza che si traduce in manifestazioni fisiche, ma si deve anche sostenere che il fine di tutta questa azione si stempera e infine si dissolve in un indifferenziato continuum. In natura non esiste differenza, né inorganica né organica, e ogni distinzione non è che il prodotto di un’arbitraria distinzione locale. Così, per esempio, nella vita organica non sussiste distinzione valutativa fra un ammasso di materia protoplasmatica, una popolazione di batteri e un essere umano.

Questa idea (e ideologia) è sostenibile nella misura in cui si pretende di conoscere la Totalità. Ma risulta logicamente fallace quando si deve ammettere che nessuno è in possesso di una simile verità. E’ necessario allora ricondurre la ragione all’osservazione dei fatti; ma così facendo si intravedono le proprietà ferocemente gerarchiche della Natura. La quale, infine, non diversamente dalla Cultura, sembra imprimere in ogni suo elemento distinguibile una schopehaueriana volontà ad esistere, ad esserci, a predominare, la quale può (e talvolta deve) sgomentare la sensibilità dei contemporanei. Ma che nondimeno deve essere considerata per quel che è.

Le forze che regolano questi frequenti passaggi di stato, e che contribuiscono al superamento dei limiti, appartengono all’universo delle domande a tutt’oggi irrisolte. L’umanità ha però assai spesso esibito una oscura previsione dei futuri contingenti attraverso la produzione visionaria; e si può forse azzardare che lo scopo ultimo e il fine pratico delle arti, se ne esiste uno, risieda proprio nella attitudine delle arti a presentificare oscure premonizioni dell’avvenire, del significato profondo, e della vita sopra ogni cosa. L’ontogenesi lascia talvolta scrutare alcuni elementi di un siffatto finalismo, il quale è però tanto interamente concentrato sulla fioritura delle forme specifiche quanto assolutamente indifferente alle vicissitudini storiche della specie. A queste ultime si può forse attribuire soltanto un valore meramente strumentale. Mai come in questo nostro turbato presente si è assistito a un tale concentrarsi di forze violentemente opposte, e a un tale capillare intrecciarsi di interessi umani orientati in direzioni antitetiche. Certamente, alla base di questi dinamismi sussiste l’approssimarsi a un passaggio di stato che coinvolge i destini dell’intera specie, del pianeta nella sua totalità, e a medio termine dell’intera regione di spazio siderale che l’umanità si trova a occupare. Questa passaggio di stato implica la formazione di una nuova inedita gerarchia intraspecifica, forse perfino la formazione di una nuova razza umana, o più probabilmente di più razze.

Concepisco l’universo delle arti (e soprattutto delle arti che hanno un immenso impatto emotivo sui grandi insiemi umani, non certo delle forme d’arte che si consumano nelle gallerie) come il crogiolo in cui si forma l’idea del futuro, in cui sorgono all’essere non già gli enti, ma gli idoli che li preannunciano.

Riccardo Notte

 

 

 

 

 

XXXXXXXXXX

Up

 

Home ] Up ] NEW ENGLISH ] MORPHOLOGY ] MEMBERS ] Gallery ] Archive ] Services ] NEWS ] VRML GALLERY ] EDUCATION ] DESIGN ]

Mail to demontmorphology@hotmail.com
© 1999 DEMONT morphology Copyright
      The contents of this site, including all images and text, are for
      personal, educational, non-commercial use only.
      The contents of this site may not be reproduced in any form .