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  Con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole
(regia di Gabriele Linari da e per Ennio Flaiano)
di Daniele Timpano
RACCE AMNESTICHE
La spada di King Arthur
Qualche aneddoto su S. Freud


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IVACE INQUISIZIONE
Minority report - Pinocchio
Anomalie di un racconto - Caccia 'l drago
Concerto di Natale
Cerami - Piovani vs Flaiano
Coi piedi fortemente poggiati sulle nuvole


O EHIUOI
Caccia 'l 900. Appunti su Tolkien, Beckett, Joyce
Da e per Ennio Flaiano: 20 Nov 1972
Vocabolario dell'inutile (G-P)

"Forse col tempo conoscendoci peggio" aveva già allietato lo scorso anno, nel nome usurpato di Flaiano, le serate digestive del pubblico di merda romano (vale a dire: italiano). Una operazione tutto sommato torbidasquallidimmondaridicola. "coi piedi fortemente poggiati sulle nuvole" viceversa è uno spettacolo che è anche divertente ma soprattutto si sforza di rendere, di Flaiano, entrambe le corde: la spiritosa e la serissima. Il LABORATORIO TEATRO IPOTESI dimostra una adesione collettiva a questo assunto che è la qualità più evidente dello opera. I colori base sono il bianco e il nero; la scena è ricoperta di pagine bianche buttate alla rinfusa, spaginato archivio della mente di Flaiano finalmente strappata al dimenticatoio e ai cassetti, "ipotesi" di letteratura in attesa di qualcuno che un giorno impari a leggerla; l'impostazione è fondamentalmente quella laboratoriale, collettiva, con tutti gli attori sempre in scena vestiti di bianco come gli angioletti, o meglio come pazzi al sanatorio, meglio ancora come tanti marziani-Flaiano in tuta spaziale a passeggio per Roma. Per tre quarti dello spettacolo nessun "personaggio" appartiene a uno specifico attore ma a tutti, quando uno o più attori fanno qualcosa c'è sempre "il gruppo" che fa qualcosa'altro a vista, in un riuscitissimo collage fisico e testuale accatastato per frammenti. L'unica critica è al percorso che palesemente guida lo spettacolo: tutto appare come una lenta progressione dal frammento al senso, dall'orgia anarchica di stimoli iniziale al testo completo finale, alla farsa "la donna nell'armadio" che chiude lo spettacolo. Un ritorno all'ordine che sa di concessione al pubblico, quasi un regalo (non richiesto per quel che mi riguarda) allo spettatore, un ricondurre l'irriducibilità, il magma di contrasti, il tormento e l'incorente coerenza di un autore fuori dal comune entro i limiti angusti di una storia, di un racconto, di una "farsa", sia pure autobiografica. Riserve queste, impressioni relative; perché lo spettacolo nel suo complesso, nello spirito, nella forma e nella resa, risulta divertente, affettuoso, stimolante e - soprattutto - bello.

Daniele Timpano

 


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